DI UNO STATUTO MUNICIPALE
CONFERMATO ALL’UNIVERSITÀ DI SCANNO
nel secolo XVII
Una copia autentica dello Statuto Municipale, onde la cospicua terra di Scanno si reggeva negli scorsi secoli, da me salvata, con poche altre carte, presso gli eredi di un chiaro legista napolitano, oggi arricchisce la mia privata raccolta di memorie e documenti per la storia del Comuni e delle Famiglie del forte e gentile Abruzzo. Con la promessa di trattare in un’altra volta delle fasi, che nella terra di Scanno subiva il feudo e l’università, a me piace ora di dar sommaria contezza di questo inedito e sconosciuto monumento del civico governo di quel Comune, di cui erano finoggi confuse ed incerte le antiche e venerande memorie.
Dopo i brevi cenni lasciati intorno a Scanno nei volumi pubblicati dal Liberatore[1], dal Torcia[2] e dal Gravina[3], cenni limitati alla descrizione o del vestire delle donne, che ricorda gli antichi costumi sabini, o del temperamento dei paesani, come fecero i due primi scrittori, o del lago e delle piante raccolte sulla montagna, secondo si occupò l’altro, è mancata una monografia storica sul Comune, in cui avrei raccolto fatti e memorie per gli opportuni riscontri con questo Statuto. Metto quindi a profitto le ricerche da me compiute, come accennai, per la storia municipale e familiare abruzzese, perché sia più facile valutare il pregio del documento in esame.
La terra di Scanno, tralasciando le più antiche memorie medioevali, era infeudata dal re Alfonso d’Aragona nel 1448 in Francesco d’Aquino, Conte di Loreto e Satriano, Consigliere Collaterale e Gran Camerlengo, marito di Giovannella del Borgo, contessa di Moteodorisio, nata dal famoso Cecco. Indi, nel 18 Agosto 1458, passò per successione nelle mani di Berardo Gaspare d’Aquino, con Loreto, Collecorvino, Caramanico, Rocchetta, Luco, Cantalupo, Pescasseroli, Sangro, Vastogirardo, Arpino, Aquino ecc., finché ricaduta, a ragion di dote, nella famiglia d’Avalos, dalla medesima si possedette fino allo scorcio del secolo XVI[4]. Venduta poi ad Annibale de Pascale nel 1599, pervenne nel 1630 in potere di Francesca Albrizio, duchessa di Barrea.
Sotto la signoria della duchessa Albrizio la terra di Scanno otteneva la conferma del proprio Statuto.
Infatti l’università e i cittadini con memoriale diretto a quella feudataria, dopo di avere esposto di tenere «in generale et in Universale li loro privilegij Franchitie et immunità concesseli per la felice memoria delli antepassati Baroni di detta Terra» la supplicarono che si fosse degnata «quelli confirmare, et di nuovo quatenus opus est, concederli, et conservare essa Università, et huomini di essa in detta immunità, et da ogni angaria, et perangaria con supplicarla ancora si degni in specie confirmarli et etiam di nuovo concederli l’infrascritte gratie, et immunità, contenute in particolare nelle infrascritti Capitoli, e in ciascuno di essi».
Ma la duchessa di Barrea non approvava un corpo di capitoli nuovi, formati dall’università di Scanno per il proprio reggimento interno, ma confermava consuetudini più antiche, ridotte in iscritto, che i suoi predecessori nel feudo lasciarono a questo godere. E novella prova dell’abuso introdotto in quei tempi dai feudatari circa l’imposizione di gravosi tributi o l’usurpazione di beni comunali per conferme e riconcessioni di grazie e d’immunità, spesso ipotetiche, si raccoglie nel nostro documento.
Senza intrattenermi a lungo su questa parte, riassumendo l’istanza presentata al vicerè di Napoli, Duca di Medica Coeli, dalla feudataria e dai cittadini, imploranti il dovuto assenso su i reciproci patti, concessioni e promesse, sarà meglio dimostrato quanto di sopra ho detto, nonché lo stato di soggezione in cui era caduto il Comune.
Fin dal 9 Giugno 1602 il feudatario Annibale Pascale - nell’istanza fu esposto - aveva conceduto all’università i capitoli, ci cui ora si tratta, roborati da regio assenso. I medesimi furono quindi confefmati dal duca di Barrea Michele d’Afflitto marito dell’Albrizio con nuovo assenso del 27 Agosto 1618 «preterche il sotto scritto Capitolo 66 in lo quale si differisce la decretatione senza interesse di parti, et li sotto scritti altri dui capitoli 92 et 93, quali furono aggiunti in la detta nuova Confirma fatta per il detto quondam Predecessore Duca, poiché nella detta Concessione fatta per il detto quondam Annibale, non furono fermati detti duoi Capitoli, et al presente in la sotto scritta rattificatione fatta per essa supplicante (Albrizio), non vi è altremente posto il detto Capitolo 93.» L’Università di Scanno «stante il Beneficio et utilità ad essa perveniendo dalla detta rattificatione, et nova Confirma di detti Capitoli» stimò conveniente di cedere e rinunziare alla della Duchessa un credito di quattromila ducati, che, per cessione di taluni cittadini, doveva conseguire sull’asse ereditaria del defunto duca Michele, rinunciandole ancora «ogni ragione, attione, et Iphoteca che ad essa Università et huomini, come Cessionarij ut supra li competono, et possono competere contro la detta eredità del detto quondam Duca predecessore, etiamdio alienati et per altri posseduti con haver posta essa Duchessa in luogo di essa Università, et huomini, et costituitola Procuratrice irrevocabile in rem propriam».
E per la completa osservanza di tutti i patti e promesse, obbligando i proprii beni feudali, demaniali e particolari, come più ampiamente era contenuto nell’istrumento rogato dal not. Gramazio Amodio di Napoli, supplicarono il Vicerè per la concessione del regio assenso, che previo parere dei reggenti Brancia e Casanate, dal duca di Medica Coeli era firmato in Napoli, nel R. Palazzo, a 16 Giugno 1639.
Lo Statuto municipale di Scanno, conservato in questo diploma di assenso, è uno fra i più completi che siano fino a noi pervenuti. Consta di ben novantadue articoli, di cui i primi cinque sono scritti in idioma latino e i restanti in volgare del tempo. Le norme per l’amministrazione della giustizia vi sono espressamente sancite (1-6, 9, 10, 49, 51): la medesima era retta dal Capitano, a cui l’Università era tenuta di dare l’alloggio (18), e che, al pari degli altri ufficiali, doveva sottoporsi a sindacato (20, 26). In assenza del capitano, il camerlengo ne faceva le veci (7, 92), e sia l’uno, che l’altro erano assistiti dal mastrodatti, di cui sono specificati i doveri (11, 14, 48, 76), tenuto del resto alla stretta osservanza della Pannetta della Corte, per regolare i suoi emolumenti sugli atti, che furono stabiliti (78 a 90). Certa garentia contro gli abusi degli ufficiali per la condanna dei cittadini a pene corporali era prescritta (13, 25, 70, 77), come era vietato tener le carceri feudali in luogo aspro o sotterra (68, 69). Le elezioni del Mastro Massaro e degli altri ufficiali dell’Università si facevano nel mese di Giugno e i parlamenti erano sottratti all’ingerenza feudale (47, 71-73, 91). La terra poi si reggeva per catasto (19), e ritraeva risorse dalle bonatenenze, dai proprii demani, dagli usi civici, dalla fida degli animali e da pascoli (16, 22, 29, 30). A gravi pene era sottoposto chi avesse fatto danni ai demani comunali, ai campi e proprietà particolari (27, 31-33, 41-44, 52-55), essendo vietato financo al Barone il pascolo dei suoi animali nelle terre comunali e dei cittadini (61), con espressa proibizione del taglio di alberi nella via nuova del lago e nelle adiacenti difese (74, 75). Tutti i generi, con preveggenti disposizioni, erano sottoposti all’assisa (34-37, 65). E con opportuni accordi, il barono non poteva molestare i possessori dei beni soggetti a quartaria, né vietare la libera pesca nel lago (63-64). Mentre però erano proibite le angarie (66), eranvi prestazioni per il molino feudale (56-58), per le valchiere (59, 60) e per la colta di S. Maria (62).
Insomma, per dirne sommariamente, questo Statuto stabiliva e regolava tutti i rapporti dei cittadini di Scanno circa la società, e gli interessi particolari, individuava le pene per coloro che avessero commesso azioni vietate contro il bene pubblico o privato, precettando con misura eguale le attinenze di ciascuno secondo le disposizioni del giusto.
Facendo tesoro delle molteplici notizie serbate negli archivi, confrontandole con questo statuto, chiaro apparirebbe l’importante vita e l’antico reggimento municipale di Scanno.
E finalmente la copia del riferito Statuto, oggi presso di me, estratta à suo proprio Originali in pergameno, sistente in Archivio Universitatis Terre Scanni e autenticata dl Notaio Pietro Angelo de Crescentijs della terra medesima, consiste in mediocre stato di conservazione, e di minuto carattere del principio dello scorso secolo, come dimostrano la forma delle lettere e dei dittonghi e le poco frequenti abbreviature.
Raffaele Alf. Ricciardi
[1] Giuseppe Liberatore - Ragionamento topografico-istorico-fisico-ietro sul Piano di Cinquemiglia ecc. Napoli Manfredi 1789 pag. 171.
[2] Lettera sul Monte Argatone o piuttosto Ergatone oggi Chiarano diretta al sig. Abate D. Marino Tomasetti dei baroni di Prezza in Pescina in data 15 Settembre 1702, da Michele Torcia. Napoli 1793, presso i socii Nobili e Ferraioli, pag. 124.
[3] Giornale della peregrinazione botanica eseguita nella Montagna del Circondario di Scanno dal signor Pasquale Gravina, da pag. 3 a pag. 19 dell’anno VI del Giornale Enciclopedico di Napoli. Napoli, Perger, 1811.
[4] Vedi per questa successione feudale nella Nobiltà delle Due Sicilie, da me pubblicata in continuazione dell’opera del Ricca, Serie II, fascicolo I. Napoli 1887, pag. 7 e seg. nel trattato di Aquino.
<<< Torna a Raffaele Alfonso Ricciardi