Una domus dei giovanniti

Una domus dell’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme a Telese

Se “fra il 1119 e il 1124 il papa donò al Santo Sepolcro una chiesa a Benevento” (1) e se una domus dei Cavalieri di S. Giovanni è a Capua prima del 1180 (2), quest’ultima città culmina la sua ascesa a sede di un priorato intorno alla metà del XIII secolo secondo Salerno (3), mentre Luttrell, che accetta il dato di Wiest, registra al 1255 la notizia di un priore nella città (4). Solo un secolo dopo, nel 1363, in un documento del papa Urbano V indirizzato al priore di Capua viene nominata una domus a Telese, come pure le domus di Aversa e Maddaloni (5). Dieci anni dopo una inchiesta del papa Gregorio XI che intendeva conoscere l’entità dei beni giovanniti attraverso processi verbali condotti dai vescovi, ottiene poche risposte e non arriva quella di Telese, come non arrivano quelle di Maddaloni e di Caiazzo (6).

Una “sorta di graduatoria”, stilata in base alla ricchezza per gli anni 1378-80, vede le case di Cicciano e Telese pagare 53 ducati nel 1378: “item a predicto fratre Riçardo pro responsione domorum Ciçani et Thelesie duc. quinquaginta tres, tar. duos” e nel 1379: “item de responsione Ciçani et Thelesii duc. quinquaginta tres, tar. duos”, mentre non si conosce la cifra per il 1380 (7).

Una fonte documentaria del territorio di Telese, il Quaternus Reddituum, trascritto nel 1426 (8), ma a mio giudizio risalente ad un cinquantennio precedente, per ben tre volte sui confini di appezzamenti di terre in casali Amerusii riporta una “terram hospitalis”: “terram Johannis de prucio juxta terram hospitalis”, “terra ubi dicitur toronus juxta terram hospitalis”, “terra Roberti baldini et Philippi ubi dicitur la corte juxta terram hospitalis” (9) con evidente riferimento alla terra della casa giovannita. E alla casa giovannita può riferirsi la menzione di un vallone di S. Giovanni nel 1405 in un Quaternus bonorum stabilium monasterii Sancti Lupi della città di Benevento: “peczium unum terrarum ubi dicitur a basarano iuxta rem domne Constantie de Cerrito a duabus partibus, iuxta vallonem Sancti Iohannis, iuxta vallonem Sancti Sebastiani et iuxta rem domni Angeli de Amberosi et eius fratrum, rem Andree Docta de Torello et flumen Caloris et alios suos fines, et est capacitatis in semine thuminorum viginti vel circa” (10)

Alla metà del ‘500 i Cavalieri di S. Giovanni mantengono i loro possessi, ma la loro chiesa intitolata al santo è diventata nel 1552 beneficio di patronato del feudatario, il quale aveva diritto di nomina, come per gli altri benefici del casale di Amorosi, dei rispettivi rettori (11).

Quando nel ‘600 la documentazione si infittisce, in un elenco di beni del priorato di Capua, che figurano in una relazione del 1647 del priore fra Camillo Pamphili, la grancia di Telese e Sorropaca risulta affittata a G. C. Maresca (12) e quando, in seguito, le rendite dell’Ordine furono ridistribuite, il patrimonio del priorato di Capua fu diviso e una parte fu assegnata nel 1678 a quattro commende di nuova istituzione, tra cui quella di S. Agata dei Goti e Maddaloni e in essa entrarono a far parte le grange di Caiazzo, Campagnano e Telese (13).

Al 1680 risale un cabreo del priorato di Capua, rogato dal notaio Santo de Puca di Sant’Antimo su richiesta del priore Gaspare Gabuccini e oggi conservato presso la National Library of Malta. L’ esecuzione dei rilievi e dei disegni che corredano il cabreo fu affidata al “regio ingegnere” G. B. Manni, il quale, eseguita la commissione, dichiarò “d’haver misurato e posto in pianta tutti i territorij, Case, Palazzi, Chiese, et altro, che possiede detto Priorato tanto in Terra di Lavoro quanto in altre Province” (14). Nel cabreo – affermatosi nel secolo l’uso di corredarli con i disegni degli immobili di proprietà dell’Ordine (15) – si descrivono i beni afferenti alle vicine grance di Caiazzo, Campagnano, S. Agata dei Goti e della Baronia di Solopaca. Mentre per le altre tre grance il priorato capuano possiede in quell’anno anche una chiesa (16), nella baronia di Solopaca, che include anche i possessi di Telese, ha solo terre. Così dei “bona demanialia sistentia in civitatis (sic) Telesiae” vengono analiticamente descritti cinque pezzi di terra, il quinto dei quali è così presentato: “sito nelle pertinenze di detta città, campestre nello loco detto alle Prerazze, di moia sedici, none due, et quinte tre e mezze, iusta la via publica, dalla parte di levante, iusta li beni del Dottore Pietro Perontio, et Giovanni Battista Palummo dalla parte di tramontano, iusta il vallone di Santo Giovanni dalla parte di maestro, et dalla parte di ponente, mezzo giorno, et scirocco, Santa Maria dello Casale, et Santo Stefano” (17).

Gli appezzamenti di terra nelle pertinenze di Telese si trovano nelle località Vommaro (Tav. 1:25000, IGM 173 IV S. O. Telese: Vomero), la Nocella, seu Tuono, Grocella, Lanternina, Prerazze (IGM Telese, cit.: Sperazzo), toponimi, come si vede, ancora in parte conservati. La località Tuono dovrebbe riferirsi al torrente Truono, che lambisce ad occidente le mura della città romana di Telesia, andando successivamente a chiudere per tre lati la Telesis nova longobarda, nata nel IX secolo (18). Se è così, si ha ancora una prova della logica dell’accorpamento, che presiede alla organizzazione territoriale di enti monastici e religiosi. E’ ancora da osservare che sui confini delle terre telesine appartenenti al priorato giovannita corrono i beni della chiesa di S. Antonio di Cerreto (19), dell’abbazia di San Menna di S. Agata dei Goti – nel nostro testo modificata in Santa Agata, delli Ligoti (20) -, della chiesa di S. Stefano di Telese, di S. Maria dello Casale (=S. Salvatore Telesino) e ancora i beni della Corte della città di Telese.

Particolarmente interessante mi pare l’ubicazione di un pezzo di terra, sito “in baronia Solipacae” di quattro moggia “nello loco detto à Santo Angelo … iusta li beni dello Signore Duca di Telesa dalla parte di levante, iusta il fiume Volturno dalla parte di tramontano, iusta il Vallone, dalla parte di tramontano, dico ponente, iusta la via publica dalla parte di mezzogiorno, et scirocco, et altri confini” (21), perché chiama in causa una località di S. Angelo, che potrebbe riferirsi ad un possesso della chiesa di S. Angelo ad Amorosi o meno probabilmente ad una chiesa di S. Angelo, vale a dire il primo S. Angelo del borgo amorosino. Sempre nel cabreo del 1680 compare la località Grocella dove un pezzo di terra confina con i beni della corte della città di Telese (22). Ora, poiché nel Quaternus Reddituum una terra si situa “ubi dicitur la corte juxta terram hospitalis” (23), è pensabile che si tratti della medesima porzione di terra, anche alla luce della via pubblica “dalla parte di mezzogiorno, et scirocco”, che abbiamo visto circoscrivere la terra giovannita sita nel luogo

“à Santo Angelo”. Siamo cioè nella medesima zona dove si dislocano le località “à Santo Angelo” e “Grocella” con i beni dei Cavalieri di S. Giovanni e della corte della città di Telese ovvero del duca di Telese e le due località sono presso la confluenza dei due fiumi.

Si aprirebbe a questo punto la quaestio del S. Angelo Vethuso menzionato in un Catasto dell’anno 1544 (24), che porta diritto alle origini di Amorosi. Se il ricordo di un Casalis Amorosi e di una ecclesia S. Angeli de Amorosis è pacificamente legato alle Rationes Decimarum del 1325 (25), più incerta è la datazione da assegnare all’obito di un Laudisius de Amorosi registrato nell’ Obituarium S. Spiritus della Biblioteca Capitolare di Benevento (26), testo che probabilmente pertiene alla prima metà del XIII secolo, se non più tardi (27), mentre è ad un Inventario della città di Telese risalente al 1369 che si deve la notizia di un feudo delli Raymi in casali Amerosi (28). Dal che si deduce che la prima esistenza di Amorosi come borgo, sulla base della documentazione oggi disponibile, non risale più indietro del XIV secolo, diversamente da altri centri della valle telesina testimoniati già in età longobarda (29), ma questo non vuol dire chiudere la porta ad una esistenza di Amorosi in tempi anteriori.

La questione di S. Angelo diventa perciò stesso di altissimo rilievo, considerando che l’intitolazione ad un santo particolarmente venerato dai Longobardi a cominciare dalla seconda metà del VII secolo (30), potrebbe riportare indietro o molto indietro nel tempo un piccolo agglomerato di case attorno ad un centro cultuale. A ciò si aggiunga che una località ad Sanctum Angelum si ritrova già nel 1380 circa: “Birrillus Petrus fussi pro medietate terre dicti Nicolai ubi dicitur ad Sanctum Angelum”(31) ed è riconoscibile alla confluenza dei due fiumi. Inoltre nel Catasto Onciario di Amorosi alla data del 3 dicembre 1741 il “dott. D. Domenico Foschini della suddetta terra della Guardia possiede nel luogo chiamato sopra li Pontoni un territorio aratorio di moggia cinque. Giusta li beni del beneficiato di S. Sebastiano chierico doct. D. Marcellino Castelli della terra di Gioia, il fiume chiamato Calore da mezzogiorno, et il fiume chiamato Valturno da Ponente” e ancora nell’elenco dei “Forastieri non abitanti ecclesiastici secolari” il medesimo Foschini viene detto in possesso del suddetto “territorio aratorio di moggia cinque nel loco detto Li Pontuni, giusta li beni del beneficio di S. Angelo, e fiume Calore e vallone” (vedi qui nel testo dell’Onciario). Compare dunque nel Catasto anche un beneficio di S. Angelo, individuato nel punto in cui il Calore si getta nel Volturno.

Così un luogo chiamato S. Angelo, che il Quaternus Reddituum del 1380 circa e il documento giovannita del 1680 danno alla confluenza dei fiumi, viene ulteriormente confermato nel sito, ma questa volta come beneficio di S. Angelo (32).

Che cosa si può dedurre? Per ora, accertata l’esistenza di un luogo detto S. Angelo e di un beneficio di S. Angelo all’incontro dei due fiumi, la questione del S. Angelo Vethuso e della sua ubicazione rispetto al S. Angelo chiesa parrocchiale deve rimanere aperta (33).

Ritornando al nostro assunto, la cappella di S. Giovanni risulta nel 1750 nuovamente costruita, mentre rimangono dirute le cappelle di S. Donato, S. Cipriano, S. Salvatore, S. Sebastiano, S. Marzano (34).

Con decreto del 5 luglio 1816 - questo è anche l’anno della “formazione dei nuovi comuni nati con decreto del 1816, frutto della politica dei napoleonidi, ma si ignorano le ripercussioni ed il reale impatto che la riforma determinò sul territorio” (35) - la commenda di S. Agata dei Goti e Maddaloni venne concessa a fra Francesco Beccadelli di Bologna con possedimenti estesi ai territori di S. Agata, Maddaloni, Caiazzo, Campagnano, Limatola, Telese, Solopaca, Castel Amorosi (36).

La domus giovannita, oggi nel contado di Telese in sinistra del torrente S. Giovanni, al confine con Amorosi e a poca distanza dalla stazione ferroviaria di questo borgo (IGM Telese, cit., con segnalazione di ruderi), si pone a un tiro di schioppo dalla confluenza del fiume Calore nel Volturno, in una zona di preminente interesse viario, agricolo e strategico, in piena continuità con l’età preistorica e romana, che hanno lasciato segni inequivocabili.

Già Iannacchino annotava che “nei pressi di Amorosi, ove il Calore si immette nel Volturno, si sono scoperti assai oggetti litici come cuspidi di frecce di un solo formato, però di colore diverso” (37) e di recente scavi a cura della Soprintendenza di Caserta e Benevento hanno rilevato presenze di età preistorica presso il Montetto, tanto che l’area è stata vincolata (38). Gli abitanti del luogo mi parlano di resti di tombe antiche e di cisterne romane nelle campagne vicine e ancora di frammenti di mosaico e di freccette silicee.

L’interesse viario e strategico è dimostrato dall’impianto, alla confluenza, di un casale nel XII secolo finora non localizzato dagli storici (39) e dalla attrattiva esercitata da quest’area su abbazie di prestigio, come, si è visto, quelle di S. Lupo di Benevento e di San Menna di S. Agata dei Goti, che qui avevano delle proprietà. E anzi il nome del feudo di S. Agatella con relativa cappella, appannaggio per secoli del vescovato di Telese, indizia un rapporto privilegiato con la città di S. Agata, che, già ipotizzato dal vescovo telesino Mr Savino (40), viene sottolineato peraltro dalla linea di confine tra le due diocesi, che giunge appena al di là del fiume Volturno lungo il corso di un suo affluente, il torrente Maltempo (41). I rapporti si concretizzano sia sotto il profilo della rete di comunicazione viaria e fluviale tra le due aree di S. Agata e Telese sia sotto il profilo politico-amministrativo, che vide le due aree prima all’interno della più ampia entità della Longobardia minore quali gastaldati/comitati dipendenti dai principi di Benevento e di Capua (42) e poi per un ottantennio circa quali contee del principato capuano sotto il controllo della attivissima dinastia normanna dei Drengot-Quarel di Capua e di Telese/S. Agata (43), la dinastia che diede vita alla prima struttura politica, in ordine di tempo, del sud normanno, cioè la contea di Aversa, e che seppe opporsi anche vittoriosamente (44) agli Altavilla a difesa dell’autonomia del principato.

NOTE

(1) A. Luttrell, Gli Ospedalieri nel Mezzogiorno, in Il Mezzogiorno normanno-svevo e le Crociate, Atti delle quattordicesime giornate normanno-sveve, Bari 17-20 ottobre 2000, a cura di G. Musca, Bari 2002, p. 294.

(2) A. Pellettieri, Capua e l’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, a cura di A. Pellettieri, Matera 2008, p. 41.

(3) M. Salerno, Da domus a sede priorale: l’evoluzione della fondazione giovannita capuana nei suoi aspetti giurisdizionali ed economici, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, cit., pp. 60-61.

(4) Luttrell, Gli Ospedalieri nel Mezzogiorno, cit., pp. 299-300.

(5) Salerno, Da domus a sede priorale, cit., p. 62.

(6) Ibid., p. 61 con i relativi rimandi alla bibliografia precedente.

(7) Ibid., pp. 90-91 e appendice a pp. 95, 97. Sulla casa di Cicciano si vedano le ricerche di Domenico Capolongo – verso il quale sono debitore di preziosi suggerimenti e chiarificazioni su aspetti dell’insediamento dei Cavalieri di S. Giovanni nell’area campana -, e in particolare La commenda gerosolimitana di Cicciano nel 1515, Marigliano 1991.

(8) D.B. Marrocco, Il ”Quaternus Reddituum Civitatis Thelesie” del 1426, in “Annuario dell’Associazione Storica del Medio Volturno”, 1977, pp. 144-179.

(9) Ibid., p. 161. Una terra dell’ospedale è anche nel casale di Fragneto: “Jacobus guillelmi de Angelo pro curti una que est juxta viam publicam et juxta terram hospitalis” (p. 170).

(10) Ms Benev. 117 s. i. p. della Biblioteca Capitolare di Benevento; C. Lepore, Monasticon Beneventanum, in ”Studi Beneventani”, 6, 1995, p. 81 e nota 168 con rimando alla cartella 379, n. 20 dell’anno 1482 (fondo “La Pezza di S. Lupo” in territorio di Amorosi) della medesima Biblioteca. Devo all’amico Carmelo Lepore la conoscenza del Ms Benev. 117 con la relativa trascrizione.

(11) R. Pescitelli, Chiesa Telesina, Benevento 1976, p. 230; P. Maturi, Amorosi. Vita religiosa e luoghi di culto, Amorosi 2003, pp. 26-27 e 101, nota 1, che dalla Santa Visita di Mr Savino ricava che nel 1596 alla chiesa parrocchiale erano uniti quattro benefici: S. Sebastiano, S. Giovanni, S. Donato e S. Nicola e che tali benefici “erano stati costituiti da pochi anni”.

(12) A. Casale-F. Marciano-V. Amorosi, Il Priorato di Capua dell’Ordine di Malta in una relazione inedita del 1647, Boscoreale 2004, p. 12.

(13) E. Ricciardi, Il patrimonio edilizio del Priorato di Capua, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, cit., p. 140.

(14) Pellettieri, I registri patrimoniali capuani, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, cit., pp. 109-112. Maturi, Amorosi, cit., p. 105, nota 21, che trae la notizia dal Libro Magno conservato nell’Archivio Diocesano di Cerreto Sannita, senza indicarne la pagina, riferisce di una lite giudiziaria tra il priore di Capua e il vescovo di Telese per la riscossione di 36 carlini annui.

(15) Ricciardi, Il “regio ingegnere” Giovan Battista Manni, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, cit., p. 141.

(16) Vedi ad esempio M. Romano, Sant’Agata de’ Goti. La chiesa di S. Giovanni Battista, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, cit., fig. 1.

(17) Romano, Il documento. Cabreo del Priorato di Capua fatto dallo Eccellentissimo Priore Gabuccini 1680, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, cit., pp. 264-267, a p. 267.

(18) L.R. Cielo , La “Telesis nova” longobarda del IX secolo, in “Annuario dell’Assoc. Storica del Medio Volturno”, 1977, pp. 62-72; Id., L’incastellamento nel Matese campano. L’area telesina, in “Rivista Storica del Sannio”, 3a Serie, X, 2003, p. 61.

(19) R. Pescitelli, I Francescani Conventuali a Cerreto Sannita. La chiesa e il convento dedicati a S. Antonio di Padova, Cerreto Sannita 2002.

(20) San Menna ha possessi nell’area telesina già intorno al 1380 (Marrocco, Il ”Quaternus Reddituum Civitatis Thelesie” del 1426, cit., p. 157). Su San Menna a S. Agata dei Goti cfr L.R. Cielo, Monumenti romanici a S. Agata dei Goti, Roma 1980; Id., voce S. Agata dei Goti, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, Treccani, X, Roma 1999.

(21) Romano, Il documento, cit., p. 265.

(22) Ibid., p. 266.

(23) Marrocco, Il ”Quaternus Reddituum Civitatis Thelesie” del 1426, cit., p. 161.

(24) Maturi, Amorosi, cit., p. 24.

(25) Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Campania, a cura di M. Inguanez-L.M attei-Cerasoli-P. Sella, Città del Vaticano 1942, p. 163.

(26) L’Obituarium S. Spiritus della Biblioteca Capitolare di Benevento (secc. XII-XIV), a cura di A. Zazo, Napoli 1963, p. 9.

(27) Cielo, La nascita dei centri medievali nella valle telesina: il caso di Solopaca, in Convegno "Solopaca dal medioevo ai Ceva Grimaldi", Solopaca 25 maggio 2000, in "Rivista Storica del Sannio", 3a Serie, IX, 2002, n. 17, p. 99.

(28) Inventario di quello che s’appartiene alla città di Telese, Terre, Castelli e Giurisdizione dell’anno 1369 à 10 Marzo, p. 2 v, Archivio di Stato di Benevento, ad vocem.

(29) Cielo, L’incastellamento nel Matese campano. L’area telesina, cit.

(30) C.D. Fonseca, Ritualità e religiosità tra i Longobardi del sud. Ricerche e problemi, in AA. VV., Civiltà del Mezzogiorno. I principati longobardi, Cinisello Balsamo 1982, pp. 188-195; Cielo, Guardia Sanframondi da vicus a castrum longobardo, in "Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti", LXIII, 1991-92, pp. 199-214; N. Vigliotti, Il culto micaelico nella grotta della Leonessa in Cerreto Sannita, Cusano Mutri 2000.

(31) Marrocco, Il ”Quaternus Reddituum Civitatis Thelesie” del 1426, cit., p. 161.

(32) Già Maturi, Amorosi, cit., p. 28 aveva posto nell’angolo di confluenza il beneficio di S. Angelo.

(33) Ibid., pp. 24-26 con un primo tentativo di individuazione del S. Angelo Vethuso.

(34) Ibid., pp. 102-104.

(35) G. Cirillo, Il sistema amministrativo nel Mezzogiorno: dalle Università al Comune. Un primo approccio quantitativo, in “Archivio Storico per le Province Napoletane”, CXXV, 2007, pp. 235-236 e 251-254.

(36) Romano, Sant’Agata de’ Goti, cit., p. 197.

(37) A. M. Iannacchino, Storia di Telesia. Sua diocesi e pastori. Il Sannio caudino e la valle beneventana, ed. a. c. S. D’Onofrio, Telese Terme 1993, p. 20.

(38) Maturi, Amorosi, cit., p. 26.

(39) Catalogus Baronum, a c. E. Jamison, FISI, 101, Roma, 1972, p. 173; Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Campania, cit., p. 162 ; G. Tescione, Caserta medievale e i suoi conti e signori, 2 ed., Caserta 1990, nota 167. Su questo casale è di prossima pubblicazione una mia ricerca.

(40) Pescitelli, Chiesa Telesina, cit., p. 15.

(41) Cielo, Sui confini diocesani tra S. Agata e Telese nel X secolo, in “Annuario dell’Associazione Storica del Medio Volturno”, 2003, pp. 23-30.

(42) Cielo, L’incastellamento nel Matese campano. L’area telesina, cit., pp. 58 ss.; Id., Insediamento e incastellamento nell’area di S. Agata dei Goti, in "Mélanges de l'Ecole française de Rome", 118, 1, 2006, pp. 37 ss.

(43) G. Tescione, Roberto conte normanno di Alife, Caiazzo e S. Agata dei Goti, in “Archivio Storico di Terra di Lavoro”, IV, 1975, pp. 9-52; G. A. Loud, The Norman Counts of Caiazzo and the abbey of Montecassino, in Monastica, I, Montecassino 1981, pp. 206-207; Cielo, L'abbaziale normanna di S. Salvatore de Telesia, Napoli 1995, pp. 5-6.

(44) Cielo, L'iconografia del cavaliere nella Campania normanna, in L'épopée romane au moyen âge et aux temps modernes, Actes du XIVe Congrès International de la Société Rencesvals pour l'Etude des Epopées Romanes, Naples 24-30 juillet 1997, ed. S. Luongo, 2 voll., Napoli 2001, pp. 51-70; Id., Il castello di Alife: la documentazione medievale, in In Finibus Alifanis, a cura di D. Caiazza-L. R. Cielo, Piedimonte Matese 2001, pp. 71, 76.