Sulla fondazione di San Salvatore

Luigi R. Cielo

SULLA FONDAZIONE DI S. SALVATORE AD CURTEM DI CAPUA

in II Convegno Internazionale su Longobardia e Longobardi nell'Italia Meridionale: "Le Istituzioni Ecclesiastiche", Benevento 29-31 maggio 1992», Milano 1997, pp. 321-347

Il problema della fondazione di S. Salvatore in Corte può essere affrontato da tre prospettive: quella della committenza, quella del cursus studiorum, presso le scuole della chiesa, e della carriera ecclesiastica di Stefano, futuro vescovo di Caiazzo, quella della valutazione artistica dell’edificio (fig. 1-6).

Finora non è stata colta l’efficacia di una convergenza delle due prime prospettive e insieme è stato trascurato un prezioso dato, pur offerto dagli storici, che riporta la chiesa alla fine del IX secolo.

Quale fondatrice della chiesa è indicata, a cominciare da Michele Monaco[1], una domina Adelgrima ricordata in una carta del 961, nella quale si dichiara che l’«ecclesia Domini Salvatoris constructa a bone memorie Domine Adelgrime» possiede la quarta parte di un territorio oggetto dell’atto.

Il testo è parzialmente edito da Pratilli, dal quale Belting riprende l’informazione che il documento si trovava nei manoscritti di Michele Monaco[2]. In una preziosa nota Tescione – scopritore presso la Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Napoli del codice, contenente anche opere manoscritte di Michele Monaco di cui si erano perse le tracce – ipotizza che Pratilli proprio a Napoli possa aver avuto tra le mani tale codice ospitante, oltre alla Historia del monastero di S. Giovanni delle Monache di Capua, altre opere del medesimo autore, tra cui il De rectoribus et cappellanis parochialium Capuae, dal quale «estrasse il documento in cui si parla di Adelgrima costruttrice della chiesa di S. Salvatore a Corte»[3].

Poiché nel documento, databile, sulla base degli anni di principato di Landolfo II e dei figli Pandolfo I Capodiferro e Landolfo III, al 961, Adelrima ricordata come già defunta, è da dedurre che la fondazione della chiesa deve essere retrodatata[4]. Un documento, sia pure frammentario, conservato a Montecassino, menziona infatti già tra l’899 e l’890 (tempo degli imperatori bizantini Leone e Alessandro) una chiesa di S. Salvatore in Capua, presso la quale, infermo, il prete Ermeperto lascia nel testamento un campo in località Tribunata al monastero cassinese retto da Ragembrando, campo che egli aveva in precedenza sottratto ai servi del monastero stesso[5].

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[1] M. MONACO, Sanctuarium Capuanum, Napoli 160, pp. 179-180.

[2] C. PEREGRINUS, Historia principum langobardorum, a cura di F.M. Pratilli, III, Napoli 1751, p 239, nota 4; H. Belting, Studien zur beneventanischen Malerei, Wiesbaden 1968, p 76, nota 18.

[3] G. TESCIONE-A. IODICE, Il monastero di S. Giovanni delle Monache di Capua e l’inedita storia di Michele Monaco, in Il contributo dell’archidiocesi di Capua alla vita religiosa e culturale del Meridione, Atti del Congresso Nazionale (Capua 26-31 ottobre 1966), Roma 1967, p. 411, nota 40. Il volume – MS A. 4. 6 – è ora conservato a Napoli nella Biblioteca della Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, sez. S. Tommaso. Il testo del documento, trascritto (più fedelmente rispetto a quello edito da Pratilli) dal MS A. 4.6, è il seguente: «In nomine Domini nri Jesu Christi Vicesimo secundo anno principatus Domini Landulfi gloriosi principis, et octavo decimo anno principatus Dni Pandolfi, et tertio anno princ. Dni Landolfi gloriosis Principibus, mense Martio IV Indict. Ideoque ego Agelsisi filius q.m Gelmundi, qui fuit castaldus declaro… Ecclesia Domini Salvatoris constructa a bone memorie Domine Adelgrime relicta bone recordationis Landenulfi qui fuit Gastaldus, ubi Petrus Presbiter et Abbas custus esse videtur habet quarta pars secundum suis rationibus de omnibus territoriis quae fuerunt etc.».

[4] BELTING, Studien, p. 76, che riferisce il documento al 960 e in nota al 960/961. Defunto è anche il coniuge di Adegrima, il gastaldo Landonulfo, che Pratilli si inventa gastaldo di Caserta (vedi G. TESCIONE, Caserta medioevale e i suoi conti e signori, Caserta 1990, p. 25). Non si giustificano i dubbi di BELTING, Studien, p. 76, circa l’identità con la nostra di una badessa di S. Maria delle Monache a Capua, di nome Adelgrima, riportata, all’anno 952, in un elenco pubblicato da F. GRANATA (Storia Sacra della Chiesa Metropolitana di Capua, Napoli 1766, 2 voll., p. 303), essendo la badessa in carica dal 981 (H. BLOCH, Monte Cassino in the Middle Ages, Roma 1986, p. 247), quando la fondatrice del S. Salvatore era già morta.

[5] L’esame del documento è stato condotto da H. HOFFMANN, Die älteren Abslisten von Montecassino, «QFIAB», 47 (1967), P. 265, il quale, pur nel dubbio suscitato da una lacuna davanti all’indizione (poi sanata con octava), propende per l’accettazione di questa indizione (1 sett. 889-31 ag. 890), come anche E. CUOZZO– J.M. MARTIN, Documents inédits ou peu connus des archives du Mont-Cassin (VIIIe-Xe siècles), «Mélanges de l’École française de Rome», I (1991), I, pp. 174-176, con pubblicazione integrale del testo. T. Leccisotti in Abbazia di Montecassino. I Regesti, VI, Roma 1971, p. 262 data il documento all’890 post (e così G. FUSCO, Capua all’epoca di Stefano Menicillo e della elevazione a sede metropolitica, in Studi in onore di Mr. Luigi Diligenza, Aversa 1989, p 179), ma in Montecassino, Badia di Montecassino 1974, p. 50 segna l’inizio dell’abbaziato di Ragembrando all’889. La data dell’889/890 rimane, allo stato attuale, incerta ma di relativa influenza sul nostro problema, in quanto la menzione degli imperatori Leone e Alessandro sul trono dall’890 al 910 e di Ragembrando alla guida dell’abbazia dall’889 – l’abbaziato del predecessore, Angelario, arriva fino alla fine di questo anno (HOFFMANN, Die älteren Abslisten, p. 264; Chron. Mon. Cas., pag. 124) – all’899 (HOFFMANN, Die älteren Abslisten, p.268; Chron. Mon. Cas., ibidem) permette in ogni caso di circoscrivere la prima informazione sull’esistenza del S. Salvatore all’ulimo decennio del IX secolo o poco prima.