L'area di Santo Stefano

Nicola Busino

L'area di Santo Stefano/Quattroventi (Raviscanina, Caserta) Appunti per una ricerca

in «Civitas Aliphana. Alife e il suo territorio nel Medioevo», Atti della conferenza tenuta ad Alife il 19 e 20 gennaio del 2013,

2015, pp. 179-191

1. Introduzione

Al di là degli evidenti nessi con la viabilità antica, l’edificio a pianta centrale ubicato in località Santo Stefano/Quattroventi, nel settore pedemontano del territorio di Raviscanina (area occidentale dell’ager Allifanus), pone seri dubbi interpretativi circa le sue funzioni, che potrebbero in parte essere sciolti da auspicabili indagini archeologiche.

Posta a ridosso di uno dei guadi dell’alto corso del fiume Volturno (in proprietà Longo), la struttura sorge nei pressi di un diverticolo viario moderno della ex strada statale 158 (ora provinciale 331) che collega la piana alifana con quella di Venafro, a meno di un chilometro oltre l’incrocio stradale chiamato Quattroventi, nel comparto occidentale di Alife, da cui dista oltre dieci chilometri. L’edificio viene interpretato da qualcuno (Caiazza 2005: 66) come battistero altomedievale connesso ad un coevo complesso di Santo Stefano ai Quattroventi (monastero e chiesa), a sua volta citato dall’erudizione di fine XVIII-inizi XIX secolo (Trutta 1776: 145; di Meo 1819: 179-180).

Senza pretendere di dirimere la questione circa la funzione (o le funzioni) del monumento, si presentano in questa sede alcuni dati dell’indagine autoptica che offrono qualche spunto preliminare, in attesa di auspicabili attività di scavo.

2. Il contesto topografico: il comprensorio dell’area di Santo Stefano

L‘edificio sorge a ridosso di una delle direttrici viarie antiche che mettevano in collegamento l’ager Allifanus con il tratto di via Latina tra Venafrum e Teanum Sidicinum, quest’ultimo importante centro dell’ager Calenus (fig. 1): tracce di questa viabilità, consistenti in una strada glareata con muri a secco di fianco (datata al II-I a.C.), sono emerse in località Torrione, lungo la ex statale 158 ad ovest di Alife che in parte ricalca la rete pregressa (Miele 1997: 63-65; Miele 2005: 496; Mataluna 2012: 45). Altre tracce indirette della maglia viaria sono i monumenti funerari d’età imperiale con annessi sepolcreti, disseminati nel suburbio orientale ed occidentale di Allifae: espressione della crescita socio-economica del territorio tra la fine dell’età augustea e i secoli successivi, i mausolei riconoscibili in particolare lungo il tratto di strada ad ovest del centro abitato costituiscono un’evidente monumentalizzazione di un’area cimiteriale e di un’annessa maglia insediativa che era già consistente in età tardo repubblicana (Mataluna 2012: 122).

Le più antiche frequentazioni di questo settore risalgono tuttavia al bronzo medio, secondo quanto emerso in località Quattroventi (località Le Cappelle, all’altezza di uno dei guadi del Volturno) nel corso delle indagini svolte dalla Soprintendenza archeologica per le province di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta alla fine del secolo scorso: in occasione dei lavori idrici condotti dal Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, è stata infatti evidenziata un’ampia necropoli di cui sono state indagate più approfonditamente dieci tombe (una ad incinerazione, nove ad inumazione) con corredi databili tra il VII e la prima metà del V a.C. Non lontano dall’area funeraria sono emersi i resti di un’abitazione datata al VII a.C. e quindi obliterata da una delle esondazioni del Volturno (De Caro 1997: 409). Nel comprensorio sono stati altresì portati alla luce quattro ambienti con muri in opera incerta, pertinenti probabilmente ad una villa rustica: di essi, notevole interesse rivestono i due vani maggiori con pavimentazione in opus signinum e soglie in pietra calcarea, disposti lungo un corridoio con battuto in cocciopesto. Sulla base delle tecniche di costruzione, l’impianto è stato genericamente riferito al periodo compreso tra il II/I secolo a.C. e il II d.C., con successive forme di frequentazione sempre più episodiche, che scompaiono in ogni caso entro il IV-V secolo (Miele 1997: 61-63; Miele 2007: 208).

Altri dati sono emersi dalle ricognizioni condotte dalla cattedra di Topografia antica della Seconda Università di Napoli, attività che hanno implementato in modo sensibile le conoscenze circa le dinamiche del popolamento di questo settore in età romana (Mataluna 2012: 44-59, 62-63), allorché il paesaggio era caratterizzato da alcune ville rustiche e da piccole fattorie, identificate sulla base del materiale di superficie, con fasi di frequentazione che vanno dalla tarda età repubblicana fino al IV-V secolo: sono stati riconosciuti almeno quattro distinti nuclei di dispersione (ville), nonché due di minore entità (fattorie) nella porzione gravitante intorno a Santo Stefano. Oltre al già menzionato tratto di strada rilevato in località Torrione (supra), altre infrastrutture sono segnalate nella fascia più a monte oltre la ex ss 158: si tratta di un tratto di acquedotto, segnalato negli anni ’90 del secolo scorso a seguito di una piccola frana del costone montuoso posto sui lembi nord-orientali del comprensorio in esame (Mancini 1998: 29; Mataluna 2012: 62); la struttura, non più visibile, era realizzata in opera cementizia con copertura di tegole alla cappuccina ed era con ogni probabilità inserita nella rete di irreggimentazione delle acque individuate nell’ager Allifanus (Cera 2005: 196). In aggiunta alla documentazione inerente le aree funerarie disseminate lungo la strada, sono altresì segnalati altri due piccoli nuclei di deposizioni nelle località Santo Spirito e Cerrete, verso nord-ovest: il primo è costituito da due tombe alla cappuccina, genericamente riferite ad età romana; il secondo, un’inumazione riferibile ad epoca tardo repubblicana-imperiale, costituisce indizio di un’area sepolcrale più ampia di cui è stato riconosciuto il relativo materiale di superficie.

Questa porzione di territorio non è molto lontano da un altro terreno privo di reperti di superficie, in cui alcune tracce ortogonali da foto aerea fanno tuttavia pensare ai resti di una villa o di una fattoria.

Sempre in località Le Cerrete si segnalano infine alcune strutture murarie non ben identificate e interpretate da F. Miele come un probabile impianto termale di II secolo a.C., appartenente forse ad una statio (Miele 1997: 63; De Caro, Miele 2001: 538; Cera 2005: 196): pur non essendo attualmente ben leggibili le strutture murarie, le ricognizioni confermano in buona sostanza le ipotesi fatte, riconoscendo poco lontano sorgenti sulfuree ad ulteriore riprova (Mataluna 2012: 62-63). Di notevole interesse sono infine le congetture (invero da verificare) circa il reimpiego delle strutture antiche per l’allestimento di un articolato complesso cultuale di età post-antica (Mancini 1998: 29), situato poco lontano e identificato sulla base di tratti di muratura di età tardoantica.

Nell’area di Santo Stefano sono inoltre segnalate alcune epigrafi più volte citate (si rimanda a Mataluna 2012: 52-53 per una disamina più approfondita e per la bibliografia relativa), qui richiamate sommariamente: alcune di esse sono ben databili, come l’iscrizione riferita al I secolo a.C. che attesta ad Alife il collegio dei dendrofori. Tra quelle funerarie se ne ricordano due inerenti rispettivamente un esponente della gens Fufia, non altrimenti nota ad Alife ma ben attestata nel Samnium, ed altri rappresentanti della gens Grania, famiglia documentata nel centro urbano: fratturato in due blocchi, di cui uno è visibile all’interno della masseria Longo, quest’ultimo manufatto costituiva probabilmente la base per le imagines dei personaggi onorati ed è datato alla prima metà del I secolo d.C. Un’altra epigrafe riferisce di alcuni liberti di un certo Caius (CIL IX, 2373), i quali erigono un epitaffio funebre quando erano ancora in vita: datata alla prima metà del I a.C., l’iscrizione si trova adesso nell’ex convento dei domenicani a Piedimonte Matese. Di difficile lettura, dato il loro stato frammentario, erano altre due epigrafi (una rinvenuta nel 1842) ormai scomparse, di cui restano le trascrizioni.

3. Descrizione e analisi dell’edificio

La lettura di consistenti parti dell’edificio è compromessa dalla fitta vegetazione di rampicanti che tuttavia tiene insieme gli apparati murari, altrimenti soggetti a distacchi continui; l’interno è in gran parte occupato da detriti e da un albero di acacia che hanno innalzato il piano di calpestio interno in modo diseguale... leggi tutto