Joseph Ratzinger / Benedetto XVI

GESÙ DI NAZARET

Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione

(Libreria Editrice Vaticana, 2011, pp. 248-252)

Gesù muore sulla croce

[248] Secondo il racconto degli evangelisti, Gesù è morto pregando all’ora nona, cioè alle tre del pomeriggio. Secondo Luca, la sua ultima preghiera era tratta dal Salmo 31: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46; cfr. Sal 31,6). Secondo Giovanni, l’ultima parola di Gesù è stata: «È compiuto!» (19,30). Nel testo greco, questa parola (tetélestai) rimanda indietro all’inizio della passione, all’ora della lavanda dei piedi il cui racconto l’evangelista introduce sottolineando che Gesù amò i suoi «sino alla fine (télos)» (13,1). Questa «fine», questo estremo compimento dell’amare è [249] raggiunta ora, nel momento della morte. Egli è veramente andato sino alla fine, sino al limite ed al di là del limite. Egli ha realizzato la totalità dell’amore – ha dato se stesso.

Nel capitolo 6, trattando della preghiera di Gesù sul monte degli ulivi, abbiamo conosciuto, in base ad Ebrei 5,9, ancora un altro significato della stessa parola (teleioũn): nella Torà, essa significa «iniziazione», consacrazione in ordine alla dignità sacerdotale, cioè totale passaggio nella proprietà di Dio. Penso che, con riferimento alla Preghiera sacerdotale di Gesù, possiamo anche qui sottintendere tale significato. Gesù ha compiuto fino in fondo l’atto di consacrazione, la consegna sacerdotale di se stesso e del mondo a Dio (cfr. Gv 17,19). Così risplende in questa parola il grande mistero della croce. È stata compiuta la nuova liturgia cosmica. Al posto di tutti gli altri atti culturali subentra la croce di Gesù come l’unica vera glorificazione di Dio, nella quale Dio glorifica se stesso mediante Colui in cui Egli ci dona il suo amore e così ci attrae in alto verso di sé.

I Vangeli sinottici caratterizzano la morte in croce esplicitamente come evento cosmico e liturgico: il sole si oscura, il velo del tempio si squarcia in due, la terra trema, dei morti risuscitano.

Più importante ancora del segno cosmico è un processo di fede: il centurione – comandante del plotone d’esecuzione –, nello sconvolgimento per gli avvenimenti che vede, riconosce Gesù come Figlio di Dio: «Davvero, quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39). Sotto la croce prende inizio la [250] Chiesa dei pagani. A partire dalla croce, il Signore raduna gli uomini per la nuova comunità della Chiesa universale. In virtù del Figlio sofferente essi riconoscono il vero Dio.

Mentre i Romani, come intimidazione, lasciavano volutamente pendere i crocifissi dopo la morte dallo strumento di tortura, questi, secondo il diritto giudaico, dovevano essere tolti il giorno stesso (cfr. Dt 21,22s). Per questo era compito del plotone d’esecuzione di accelerare la morte spezzando loro le gambe. Avviene così anche nel caso dei crocifissi sul Gòlgota. Ai due «briganti» vengono spezzate le gambe. Ma poi i soldati vedono che Gesù è già morto. Allora rinunciano a spezzargli le gambe. Invece di ciò, uno di loro trafigge il lato destro – il cuore – di Gesù «e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,34). È l’ora in cui vengono immolati gli agnelli pasquali. Per essi vige la prescrizione secondo cui non deve esserne spezzato alcun osso (cfr. Es 12,46). Gesù appare qui come il vero Agnello pasquale, che è puro e perfetto.

Possiamo quindi in questa parola scorgere anche un tacito rimando all’inizio della vicenda di Gesù – a quell’ora in cui il Battista aveva detto: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29). Ciò che allora doveva rimanere ancora incomprensibile – era soltanto un’allusione misteriosa a qualcosa di futuro – è adesso realtà. Gesù è l’Agnello scelto da Dio stesso. Sulla croce Egli porta il peccato del mondo, e lo «toglie» via.

Al tempo stesso risuona, però, anche il Salmo [251] 34, dove si legge: «Molti sono i mali del giusto, ma da tutti lo libera il Signore. Custodisce tutte le sue ossa: neppure uno sarà spezzato» (v. 20s). Il Signore, il Giusto, ha sofferto molto, ha sofferto tutto, eppure Dio lo ha custodito: non gli è stato spezzato alcun osso.

Sangue e acqua uscirono dal cuore trafitto di Gesù. In tutti i secoli la Chiesa, secondo la parola di Zaccaria, ha guardato a questo cuore trafitto e riconosciuto in esso la fonte di benedizione indicata anticipatamente nel sangue e nell’acqua. La parola di Zaccaria spinge addirittura a cercare una comprensione più profonda di ciò che lì è accaduto.

Un primo grado di questo processo di penetrazione lo troviamo nella Prima Lettera di Giovanni, che riprende con vigore il discorso del sangue e dell’acqua usciti dal costato di Gesù: «Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi» (5,6ss).

Che cosa intende dire l’autore con l’affermazione insistente che Gesù è venuto non soltanto con l’acqua ma anche col sangue? Si può probabilmente supporre che egli alluda ad una corrente di pensiero che attribuiva valore soltanto al battesimo, ma accantonava la croce. E ciò significa forse anche che si considerava importante solo la parola, la dottrina, il messaggio, ma non «la carne», il [252] corpo vivente di Cristo, dissanguato sulla croce; significa che si cercava di creare un cristianesimo del pensiero e delle idee, dal quale si voleva togliere via la realtà della carne: il sacrificio e il Sacramento.

I Padri hanno visto in questo duplice flusso di sangue e di acqua un’immagine dei due sacramenti fondamentali – l’Eucaristia e il Battesimo – che scaturiscono dal fianco trafitto del Signore, dal suo cuore. Essi sono la corrente nuova che crea la Chiesa e rinnova gli uomini. Ma i padri, di fronte al costato aperto del Signore dormiente sulla croce nel sonno della morte, hanno pensato anche alla creazione di Eva dal costato di Adamo addormentato, vedendo così nella corrente dei sacramenti al contempo l’origine della Chiesa: hanno visto la creazione della nuova donna dal costato del nuovo Adamo.