Si trova pochi metri a N della quota 1026m nei pressi dell'Alpe Mottali, e vi prende avvio l'erto spigolo del Filone del Cantone. Facilmente accessibile dalla Val Lobbia, è di raggiungimento più complesso dal versante occidentale (Valle del Mottone) dove un vecchio sentiero in disuso (Travers Lungh) vi giunge da Somaggia.
La bocchetta si trova subito a monte dei ruderi di Mottali, dai quali basta seguire la dorsale boscosa sino al valico affacciato sulla Valle del Mottone
E' un percorso articolato su tracce molto labili di non facile reperimento e con alcuni punti esposti. Risale i vasti e ripidi pendii soprastanti Somaggia che, interrotti da numerose fasce rocciose, si risolvono tortuosamente per un dedalo di cenge e costole boscose. Del vecchio sentiero, abbandonato da decenni, rimangono solo alcuni tratti e la rarefatta frequentazione sta lasciando campo libero ai roveti che soprattutto nel vallone dei Sassi Rossi si oppongono come tenace ostacolo: una forbice da potatura o una piccola roncola possono essere indispensabili. Il tratto terminale presso la bocchetta si svolge su terreno infido, ripido e con tratti fortemente esposti.
Nota: volendo evitare la tortuosa parte iniziale è possibile raggiungere il piede della Schèna di Scarp (900m ca) risalendo la Valascia per il Munt Figaröo (itin 36)
difficoltà : T5+
dislivello: 800m
tempo: 3,30h
Dalle case più settentrionali di Somaggia (208m) si entra nel bosco per una stradina forestale, che si lascia subito alla curva per seguire un sentiero che poco avanti si sdoppia: si tiene la traccia di sinistra, e dopo essere passati davanti ad un rudere di abitazione si prosegue in traverso sino ad una pineta, dove si sale per alcune decine di metri; si riprende quindi la traversata verso NW che lungamente, su discreta traccia, conduce ad una balma (370m ca) al piede di una pietraia. Si risale la pietraia a monte della balma e poggiando brevemente verso destra si raggiunge il margine di una seconda pietraia ed alzandosi ancora si tocca una grande balma (450m) quindi per bosco caotico ci si alza ripidamente sino ad una fascia rocciosa (550m ca) e se ne percorre il piede verso sinistra (NW) sino ad una piccola vallecola che si risale per una trentina di metri; con traverso ascendente verso destra (E) si segue la labile traccia che conduce sino al piede della seconda fascia rocciosa da cui si prosegue giungendo alla cengia obbligata (Travers Lungh, 630m ca) che si percorre sino al suo termine in un breve canaletto: lo si risale per alcuni metri e poco prima di raggiungerne la sommità (chiusa da un breve salto) ci si appoggia a destra (sinistra orografica) e si risale una placca con gradoni (I, 4m), che porta su di un punto panoramico (640m ca). Si sale il facile costone boscoso che presto sfuma sulla successiva fascia rocciosa: si segue la traccia che si alza con diversi risvolti sfruttando le debolezze della balza, e ci si porta verso destra sull'orlo di una valle (Valle delle Ghiande, 700m ca) caratterizzata da un largo scivolo roccioso alto diverse decine di metri: da qui la traccia piega nettamente a sinistra e dopo un breve traverso obbligato (segnale confinale di vernice) si rimonta un breve gradino roccioso (I, 3m) guadagnando il vasto bosco superiore (qui a quota 760m ca, a ridosso di una roccia, si trova un'abbandonata baracca di lamiera). Per terreno facile si traversa il bosco verso sinistra (N) in traverso ascendente sino al netto crinale W della Cima Scarpe (Schéna di Scarp) presso un tondeggiante roccione panoramico (800m ca - 2h).
Si sale per il facile filo del crinale sino a dove sfuma nella parete al piede della Schena di Scarp (900m ca) quindi, per traccia, si traversa in quota verso destra superando una piccola valletta di petrame (Valle delle Ghiande, 920m ca) oltre cui la traccia prosegue sempre in traverso e superata una balma (970m ca) si entra in un ampio vallone (Valle dei Sassi Rossi o Valle dei Capin): lo si attraversa superando una breve ma tenace cortina di rovi e scavalcata la costola rocciosa si entra nella destra idrografica della valle successiva (Valle della Parete) superandone l'impluvio al di sotto di un'alta parete rocciosa (930m ca); si rimonta la ripida sinistra idrografica e se ne percorre il filo per facili ma esposte roccette (I) lungo una traccia di animali che poco sopra piega a destra e traversa un breve ma estremamente esposto colatoio di terriccio (980m ca), entrando così nel fianco dell'ultima valle (Valle del Mottone): la traccia conduce al piede di un'alta parete rocciosa franosa di roccia degradata e con traverso su terreno ripido e friabile ci si porta su un'erta nervatura esposta sui risalti sottostanti: con delicata e ripida salita si guadagna quota e con un ultimo breve traverso si raggiunge il crinale pochi metri sopra la Bocchetta di Mottali (1021m - 3.30h).
dicembre 2015
dicembre 2019
Sulle vecchie carte viene chiamato Passo Brutto, per divenire su IGM (e di conseguenza sulla Guida del Bonacossa) Travers de Sas Brut: tale toponimo, del tutto sconosciuto localmente, probabilmente è anche malamente ubicato in quanto il Sas Brut (oggi Zuc dei Pradei) si trova molto più a N.
E' un intaglio che separa nettamente la regolare elevazione de La Paretaccia dagli ondulati rilievi delle Motte, ed il suo arcuato profilo è visibile dalla Piana di Chiavenna mentre rimane del tutto nascosto una volta entrati in Val Pisarota.
La cartografia oggi lo posiziona senza troppa convinzione in un punto imprecisato della cresta S de La Paretaccia, mentre le vecchie carte lo collocavano in modo meno fantasioso riportando anche i sentieri che vi salivano da entrambi i versanti: di questi sentieri oggi non rimane nulla, e mentre l'accesso dal versante della Val Codera avviene senza grosse difficoltà, quello dalla Val Pisarota si propone alquanto laborioso e transita dalla Baraca del Pòles (non verificato).
La salita al passo dalla Val Codera non presenta punti difficili o particolarmente esposti: l'ostacolo maggiore risiede nella quasi completa mancanza di traccia (reperibile solo per sporadici tratti) e per il terreno faticoso, che alterna pietraie, zone di bassa vegetazione e ripidi prati. L'orientamento è abbastanza semplice essendo il percorso logico ed obbligato, ma se affrontato in discesa l'ingresso del canale che conduce alla valle laterale di discesa (val Prona) non è di immediata individuazione.
La Val Prona, posta più a settentrione della tributaria del passo, è un'ampia e fonda spaccatura ingombra di pietrame d'ogni dimensione dove hanno trovato posto alcuni minuscoli ricoveri, perlopiù costruiti al di sotto dei massi più grandi, a comporre una sorta di cittadella di sassi. Il vecchio sentiero che prendeva avvio da Tiùne è invaso nella parte iniziale da ginestre e rovi, e nel traverso lungo le bastionate rocciose presenta alcuni punti esposti. Consigliabile quindi raggiungere l'imbocco della Val Prona dalla presa idrica come di seguito descritto.
difficoltà: T4+
dislivello: 800m
tempo: 2h
Da Codera (825m) seguendo la mulattiera o la carrozzabile si continua nella valle sino alla presa idrica poco prima di Tiùne (950m – 0,30h): qui si lascia la strada e ci si porta, senza traccia e nella bassa vegetazione, all'ampio imbocco aperto tra due alte pareti rocciose della Val Prona (Val Pruna). Mantenendosi sulla sinistra idrografica ci si alza trovando la traccia pianeggiante (960m ca) che giunge da Tiùne, la si segue brevemente per lasciarla e rimontare una ripida costa erbosa che si risale per vaghe tracce sin verso i 1000m dove si piega a destra e, traversata una pietraia, ci si porta al di sotto della chiara parete rocciosa settentrionale. Ci si alza fino a quota 1100m ca dove ci si sposta a sinistra (S) portandosi verso la parete opposta, così da passare al di sotto dell'estesa pietraia di grossi blocchi, e raggiungendo verso quota 1150m ca la zona dei piccolo ricoveri. Da qui, sfruttando quel poco che rimane del sentiero, si prosegue nel vallone sino a dove si biforca: si prende la valle a sinistra (W) e ci si alza tra la bassa vegetazione sfruttando i corridoi degli animali sino a 1300m ca dove si stringe e diviene canale ripido: ci si appoggia a sinistra (destra orografica) e per boscaglia si sale sino al filo spartiacque con la valle di Sas Olt, tributaria del passo (1360m ca – 1,30h).
Si segue la sottile cresta per buona traccia, senza difficoltà, e la si abbandona verso quota 1400m ca per entrare a sinistra nella valle del passo seguendo una labile traccia (vecchio cavo di teleferica). Ci si mantiene nel bosco sulla sinistra orografica, lambendo la base della parete rocciosa e quindi, per ripido prato, si traversa verso il passo passando al di sotto di uno sperone roccioso. Aggirata una piccola pietraia si rimontano gli ultimi ripidi metri sino all'ampia sella della Bocchetta di Sas Olt (1587m – 2h).
novembre 2014
Ampia sella tra la Motta Alta (1682m) a S ed il Piz Tripartusa (1674m) a N. Le somiglianze con la bocchetta Vol del Prà sono tanto nella morfologia quanto nelle opposte caratteristiche dei suoi versanti: quello di Codera lineare e semplice, quello della Val Pisarota tormentato e selvaggio. L'accesso lungo quest'ultimo si presenta più impegnativo di quello del Vol del Prà in quanto occorre penetrare in maggiore profondità nelle oscure ed ostiche pieghe della Val Pisarota per guadagnare il canale di salita. L'accesso dalla Val Codera lungo la Valle di Tripartusa, non verificato, dovrebbe invece svolgersi senza particolari difficoltà lungo il regolare vallone di pietrame.
Percorso selvaggio e molto laborioso, è in parte comune con la via di salita al Vol del Prà e alla Bocchetta di Sas Olt. Importante punto di riferimento è la confluenza di quota 1380m ca, dove i due canali separati dalla cresta W del Piz Tripartusa convergono (quello settentrionale, torrentizio ed inaccessibile direttamente, è tributario della Bocchetta di Sas Olt, mentre quello meridionale, ampio e pietroso, è tributario della Bocchetta di Tripartusa).
difficoltà: T5+
dislivello: 650m
tempo: 2h
Dall'Alpe Valà de la Cresta (940m ca) si entra in piano verso il solco della valle (SE), tagliando il ripido bosco lungo le sporche tracce di animali. Si passa da una balma e senza perdere quota si prosegue superando alcune vallette passando anche sopra un piccolo terrazzamento con muro a secco (non visibile in quanto si giunge da sopra). Si supera una prima pietraia, quindi si raggiunge una seconda pietraia di un largo canale (950m): lo si risale fin verso quota 1020m ca da dove ci si porta sulla ripida costola boscosa sulla sua destra idrografica. Se ne percorre l'erto e stretto filo (tracce di animali), aggirando a destra una parete franata, fino a quota 1080m ca dove si lascia la costola e verso sinistra si raggiunge un secondo torrente che si attraversa portandosi sulla successiva rampa boscosa. Qui compare una labile traccia che presto conduce ai resti di un ricovero presso un grosso masso, sul ciglio che precipita nel solco del torrente principale, dove poco sopra si trova una piccola croce in ferro commemorativa infissa nella roccia (1150m ca – 0,30h). Dalla croce in ferro ci si alza seguendo il crinale, si rimonta un breve canale terroso e per un ripidissimo pendio erboso ci si alza sino a quota 1300m ca. Piegando a sinistra si segue una traccia, a tratti ben definita, che in piano conduce al fianco sinistro idrografico del torrente in corrispondenza della confluenza del canale che scendendo da N si immette perpendicolarmente nel solco principale; si lascia la traccia (che con esposto traverso prosegue in piano sullo scosceso fianco della forra) e ci si abbassa su terreno ripido di alcuni metri raggiungendo il torrente (1290m ca). Se ne risale l'alveo torrentizio, e per facili roccette e blocchi si raggiunge l'ampia confluenza di quota 1380m ca: non resta che piegare a destra e risalire su terreno faticoso ma privo di difficoltà il largo canale sino alla bocchetta (1554m – 2h).
aprile 2016
maggio 2015
dicembre 2015
E' l'evidente depressione ad E della Motta Piana, da cui la cresta separante le valli Lobbia e Pisarota riprende a salire col Filone dei Pianacci sino al Pizzo Torricchio e da lì, col Filone del Torricchio, alla quota 2102m. Verso la Val Pisarota si affaccia sulle balze rocciose risolvibili grazie alla traccia (in parte riportata sulla Igm) mantenuta dai cacciatori, mentre verso la Val Lobbia è al culmine del solco della Valle Piccola, un selvaggio canale di pietrame che è possibile risalire tra i malfermi blocchi dell'alveo
Il percorso, che senza la continua pulizia di cacciatori e pastori sarebbe impercorribile per l'esuberante vegetazione, sfrutta dapprima la grande cengia diagonale che taglia la parete meridionale della Motta Piana, quindi con un sorprendente traverso lungo una stretta ed aerea cengia rocciosa, invisibile sino all'ultimo istante ed attrezzata con cavi, risolve la verticale bastionata rocciosa superiore. Se percorso in discesa, la cengia è nascosta e di difficile individuazione.
difficoltà: T5-
dislivello: 550m
tempo: 1.30h
Da Motta dei Corvi (577m), lasciando il sentiero che si addentra in piano verso l'Alpe Valà de la Cresta, ci si alza verso E lungo il poco accennato crinale boscoso dove, toccati alcuni ruderi imboscati, compare una buona traccia che tra l'invadente vegetazione (numerose roncolate) si alza lungo la destra idrografica della Val Pisarota con lungo traverso; con uno strappo ripido conduce quindi la base di una vasta fascia rocciosa dove si piega a destra (E) e superati dei blocchi di roccia scura (860m ca) raggiunge in piano un placca (vecchio fittone), oltre cui si aggira uno sperone roccioso verso sinistra raggiungendo una successiva placca che si risale con l'aiuto di alcuni cavi di metallo; un breve canaletto ripido e dei gradini conducono infine sulla sommità di uno sperone panoramico (930m ca - 0.45h). Si giunge ad una pianta isolata con dei rami tagliati da dove si sale verso il piede della fascia rocciosa superiore: prima di toccare un ricovero per capre si piega a sinistra (W) e si rimonta il ripido pendio seguendo una traccia di animali che conduce al terrazzo pianeggiante al piede della bastionata superiore, dove si piega a destra (E) e, al di sopra di un grosso faggio, si raggiungono le funi di una stretta ed esposta cengia rocciosa (980m ca) con numerose tacche incise che da W verso E, passando al di sotto di un tetto spiovente, permette di risolvere la fascia rocciosa. Si guadagna così il pendio erboso sospeso (1000m ca) che, ripidamente, si risale verso NW raggiungendo la Bocchetta di Val Pisarota (1092m - 1.30h)
marzo 2017
Percorso laborioso nella parte inferiore dove occorre risolvere la balza che sorregge la Valle dei Pradei: la traccia esiste ma è poco evidente seppur obbligata. Toccato un nutrito gruppo di balme compare un buon sentiero che senza difficoltà raggiunge i pendii sottostanti la Bocchetta di Val Pisarota che si raggiunge per ripido traverso senza traccia.
difficoltà: T5
dislivello: 300m
Dall'Alpe Valà de la Cresta (940m ca) ci si abbassa verso E per il facile fianco boscoso (resti di sentiero) sino al Torrente Pisarota; si prosegue verso valle rintracciando, sulla destra idrografica, una traccia che al piede della costola tra il Vallone delle Spine e la Valle dei Pradei conduce, con un esposto traverso (vi è qualche punto delicato), nella conca di pietrame dove il torrente della Valle dei Pradei cade con una scenografica cascata (la conca si trova al di sopra dell'ultima cascata con cui il torrente si immette nel Torrente Pisarota). Poggiando a sinistra (destra idrografica della cascata) si risale un canale erboso con blocchi rocciosi sino al crinale affacciato sulla Valle dei Capin (da qui è possibile raggiungere il labbro superiore della cascata dove si trova un muretto a secco, forse una postazione di cacciatori); dal crinale si prosegue entrando nel ripido canale erboso della Valle dei Capin che si rimonta brevemente, uscendo verso destra (E) per una rampa-cengia che conduce sui pendii della destra idrografica della Valle dei Pradei, dove in salita si raggiunge un nutrito gruppo di balme addossato ad una fascia rocciosa (930m ca). Si segue verso sinistra (W) l'evidente sentiero che in lieve salita compie un lungo traverso sino ai resti di un alpetto (1050m ca) oltre cui, senza più traccia, si traversa il fianco erboso, con rade placche e alcune piante, sino alla Bocchetta di Val Pisarota (1092m).
marzo 2017
Oltre al tortuoso avvicinamento (occorre raggiungere il punto di confluenza dei torrenti Lobbia e Pericchio) è un percorso che richiede attenzione per il pietrame instabile della Valle Piccola. Sconsigliabile effettuarlo in discesa se non si conoscono i sentieri di uscita dalla Val Lobbia
difficoltà: T5
dislivello: 400m
tempo: 2h
Da Ent la Roar (800m ca) ci si porta sul versante della Valle Lobbia e si segue una labile traccia che, in piano, prosegue verso E. Superato un piccolo affioramento roccioso si giunge ad una breve placca gradinata (800m ca): la si supera e si prosegue sempre in quota, su buona traccia; si supera una seconda facile placca oltre cui la traccia si perde facilmente per via di alcuni brevi saliscendi, si aggira quindi una nervatura e tornati nel bosco si giunge ad una zona franosa (esposto) oltre cui, ignorata una traccia che scende a destra verso il torrente, si prosegue in piano raggiungendo il torrente Lobbia in prossimità del punto 808m (fin qui il percorso è comune con la variante di salita a Mottali). Ci si porta sulla sinistra idrografica del Lobbia e in lieve discesa si raggiunge una vasta pietraia di grossi blocchi: ci si abbassa parallelamente al torrente (vi sono alcune balme sotto i blocchi più grossi) e si raggiunge la confluenza tra il torrente Lobbia e Pericchio (730m ca). Superato il torrente Pericchio si rimonta verso SE il selvaggio solco della Valle Piccola: la si risale raggiungendo una breve strozzatura che si supera per una placca facile ma bagnata, oltre cui la valle si allarga e con percorso meno obbligato si guadagna quota sul pietrame instabile sino a raggiungere la Bocchetta di Val Pisarota (1092m - 2h)
marzo 2017
Bocchetta Pobbia su Igm. E' un'ampia sella subito a N della Motta d'Avedèe ed al culmine della Valghera che collega abbastanza facilmente la Val Codera con la Val Spiligolt. Nei pressi della sella si trovano due rustici abbastanza grandi, mentre alcune decine di metri più sotto verso la Val Spiligolt vi sono le Alpi di Valfùbia. Nessuno dei sentieri che la raggiungono è segnato. Secondo il libro edito dagli Amici della Val Codera Il toponimo non deriverebbe da alcuna valle Fùbia ma dal nome di un bandito di epoca remota, Valfùbia. Carteggi di epoca medievale riportano invece il nome Val Fobia per l'attuale Valghera.
Mantenuto pulito dai pastori e cacciatori, il sentiero, non indicato sulle carte e privo di segnavia, percorre comodamente il dirupato fianco nordorientale del Motto d'Avedèe grazie a diverse cenge che consentono di risolvere diversi canali e placche. E' un bel percorso privo di difficoltà se non quelle dovute alla mancanza di indicazioni.
difficoltà: T3+
dislivello: 550m
tempo: 1,30h
Da Avedèe (790m) ci si dirige alle spalle delle baite dove, salendo sui prati a monte del nucleo, si individua una vaga traccia che sale nel castagneto, al termine del quale si raggiunge una baita isolata. La si supera portandosi alle due baite poco sopra (940m ca) dove si prende il sentiero che verso destra entra nell'ampio solco della Valghéra. Il sentiero, ben visibile, percorre la destra idrografica e verso i 1100m raggiunge un breve canale pietroso: ne risale il fianco alzandosi con una bella scalinata per traversarlo verso i 1150m (tra l'ultimo tornante e l'attraversamento del canale si trova la poco visibile deviazione per le alpi Motta d'Avedèe). Ci si porta così su di una bella ed aerea cengia, oltre cui si riprende il traverso e dopo una seconda provvidenziale cengia su di un'estesa placconata si giunge alla sommità della Valghéra: il sentiero si porta verso destra (sinistra idrografica) e lambendo la base di un'alta e verticale parete rocciosa (balma e grotta) giunge senza difficoltà alla Bocchetta di Valfùbia (1322m – 1,30h).
maggio 2014
novembre 2014
dicembre 2015
Poco frequentato, il sentiero è in parte pulito dai cacciatori ma la traccia è comunque da ricercare ed in qualche punto scompare. Il percorso è comunque logico ed obbligato dall'ampia frana (che deve essere aggirata dall'alto). Le Alpi di Valfùbia sono numerose ed ancora in buono stato, e costellano il bosco con singolari crotti edificati con blocchi di sproporzionate dimensioni.
difficoltà: T4+
dislivello: 300m
tempo: 1,30h
Dal Dos di Vach (1059m) si prende la traccia che, in lieve discesa, si abbassa verso E in Val Spiligolt nella fitta abetaia. Si supera una breve pietraia (1040m ca) e si giunge al solco pietroso che si attraversa, quindi in lieve salita si attraversa una seconda pietraia su di un camminamento evidente. Si rientra nel bosco e si prosegue sino al terrazzo panoramico su cui sorge un isolato baitello (1060m ca), individuabile da due enormi abeti gemelli. Dal baitello si rimonta su discreta traccia (roncolate) il ripido bosco, che più sopra diviene un obbligato crinale definendo la destra orografica di una vasta frana; se ne percorre il ciglio, passando da una minuscola balma (1150m ca) posta fianco ad un ricovero posto sotto un grosso masso, quindi si prosegue fin verso quota 1250m ca, dove la frana ha termine e diviene possibile spostarsi a destra (S): senza traccia si traversa quindi nella betulleta tra le felci e si attraversa senza difficoltà l'impluvio vallivo portandosi sul versante opposto dove la traccia ricompare (1270m ca) e pianeggiante conduce alle Alpi di Valfùbia (1267m). Non resta che risalire il facile bosco sino all'ampia sella della Bocchetta di Valfùbia (1322m – 1,30h)
maggio 2014
novembre 2014
dicembre 2015
Percorso ad uso dei cacciatori, è consigliabile percorrerlo in discesa (come di seguito descritto) per la difficoltà di individuazione del canale che da Selvetta permette di abbassarsi in Valghera e per la fastidiosa zona di boscaglia da attraversare a monte di Selvetta
difficoltà: T4+
tempo: 0,45h (in discesa)
Dalla Bocchetta di Valfùbia (1322m) si scende per il vallone di Valghera mantenendosi sulla sinistra idrografica sino a quota 1200m circa, dove per traccia ci si inerpica brevemente lungo una debolezza del fianco roccioso. Con un breve passo di II° aiutato da catene si guadagna il pendio superiore uscendo dal vallone (1220m circa). Si traversa verso E su ripido pendio di erba scivolosa, quindi superato un piccolo canale franoso (attenzione) si risolve pazientemente la selva di ontanelle sino ai ruderi di Selvetta da dove, per vaghe tracce, ci si abbassa senza più problemi verso Codera (825m – 0,45)
maggio 2014
E' il piccolo ma netto intaglio che separa il Corno di Piodalancia dalla Cima Lavina e vi si transita percorrendo il Filo di Piodalancia (itin 60). Nella metà del secolo scorso vi fu installata una teleferica che, passando da Mottali e da Motta di Branca, convogliava il legname a Somaggia; vi dominava un imponente larice, la cui carcassa fossile oggi giace sconquassata nella pietrosa Val Forcella di Trebecca. Sul versante verso la Val Lobbia la forcella precipita con una paretina di gneiss verde (simile a quello cavato in alta Valle Spluga) al cui piede si trova un'inattesa piccola grotta il cui imbocco presenta una sagoma stranamente regolare: sebbene non vi siano segni di scalpellatura è possibile che fosse un'anfratto naturale adattato ed utilizzato quale ricovero dagli operatori del filo a sbalzo. La grotta (il cui nome forse è Grota de la Sterléra) viene toccata nella salita della Val Forcella di Lobbia (itin 70).
L'esplorazione di questo lungo canalone (effettuata in discesa) ha rivelato che la parte medio-bassa è insuperabile in salita per la presenza di un paio di risalti, frutto della disordinata sovrapposizione degli strati rocciosi che ha anche costellato la sinistra orografica di numerose cavità naturali.
Per la discesa occorre una corda da 60m; per gli ancoraggi sono state sfruttate delle piante, ma data la natura del canalone, soggetto a frequenti e devastanti frane, è consigliabile prevedere alcuni chiodi qualora i già scarsi ancoraggi naturali risultino non più sfruttabili. Lungo tutto il canalone vi è un non trascurabile pericolo oggettivo di caduta sassi.
difficoltà: F+
tempo: 2h
Dalla Forcella (1780m ca - 1760.4m Ctr) si scende per il canalone, facile ma con pietrame del tutto instabile, passando al di sotto dell'aggettante parete della destra orografica raggiungendo quindi una rada boscaglia che rende un poco più sicura la progressione sul pietrame malfermo. A quota 1500m ca si passa al di sotto di uno slanciato dente roccioso (posto sul ciglio destro) e al piede di diverse grotte (sui pendii di sinistra), e poco oltre si poggia sulla destra entrando in un piccolo canaletto per evitare un primo risalto giungendo alla confluenza con un vallone franoso (dx). Verso quota 1350m ca si giunge al primo risalto: lo si supera in corda doppia (15m) e si prosegue sino al secondo e più importante risalto (1250m ca); sfruttando un diedro spaccato (sx) ci si cala (25m) quindi si giunge all'ultimo piccolo risalto che si disarrampica raggiungendo quindi la confluenza col torrente Trebecca (1170m ca). Si supera senza difficoltà il torrente e rimanendo in quota si traversa per ripido bosco senza traccia sino a raggiungere il sentiero che da Al Monte conduce all'Alpe Sparavera (2h).
maggio 2020
La Val Forcella di Lobbia (così viene qui nominata la valle che dalla Forcella scende verso S) scende abbastanza regolare dalla grotta sottostante il valico sino alla confluenza nella Lobbia. E' stretta tra fianchi ripidi che solo in pochi punti sembrano concedere qualche possibilità (difficile) di uscita. La sua risalita avviene lungo l'alveo di pietrame a cui si accede dal punto di confluenza nel Lobbia; una breve ma importante difficoltà si oppone nella sua parte iniziale dove occorre rimontare un esposto risalto erboso aiutandosi con alcune provvidenziali piante. Altrettanto delicata è l'uscita nella parte alta, dove toccata l'enigmatica Grota de la Sterléra è necessario traversare l'esposto e delicato fianco di erba, sterpi e roccette.
difficoltà: T6+
dislivello: 600m
tempo: 3h
Dal poggiolo 1250m ca (toccato dall'itin 69) si entra nella Valle dell'Acqua Rossa e ci i porta ad un enorme masso isolato nel centro della valle. Ci si alza ancora di alcuni metri fin verso quota 1350m ca, dove verso sx una traccia consente di rimontare il fianco dx idrografico della valle, e con una ripida salita per una rampa boscosa si raggiunge lo stretto displuvio tra la Valle dell'Acqua Rossa e la Val Lobbia (1424.5m Ctr). Una stretta ed esposta traccia prosegue verso N e con alcuni passaggi delicati dalla forte esposizione entra in Val Lobbia tagliandone il fianco sx idrografico e raggiungendone l'impluvio sassoso. Ci si abbassa di alcuni metri lungo l'impluvio giungendo alla confluenza della Val Forcella di Lobbia (1300m ca) che si risale per il comodo alveo di pietrame sino ad una confluenza con un tributario dove l'alveo principale, curvando a dx, s'impenna con delle esposte placche rocciose: si rimonta la ripidissima dorsalina erbosa tra l'alveo principale ed il tributario (II e III su erba, esposto) e dopo un piccolo gradino roccioso la dorsalina si appoggia brevemente; appena il terreno lo consente la si lascia per abbassarsi verso dx dei pochi metri necessari per toccare nuovamente l'alveo principale che, ampio e senza più difficoltà, si alza sino al piede roccioso dell'evidente depressione della Forcella, dove si trova una piccola grotta dall'ingresso squadrato (1760m ca). Per uscire dall'alveo occorre poggiare sulla dx orografica dove, traversando verso S, ci si alza per lo scosceso pendio di erba e placchette rocciose, e traversando lungo un'espostissima traccia di selvatici ci si porta sulla dorsale che scende dalla quota 1803m Ctr, che si risale tra i rododendri sfruttando i passaggi degli animali sino alla sommità boscosa. Per l'itin 60 si scende quindi a Forcella (1780m ca - 3h dal poggiolo 1250m ca).
aprile 2024
Netta e profonda spaccatura nella cresta SW (Filone del Portun) del Pizzo di Prata. Collega la Val Trebecca con la Val Lobbia ma la sua posizione lo rende inutilizzabile quale passaggio tra le due valli (che invece avviene dalla sottostante Sella di Sparavera). Vi transita la via di salita al Pizzo di Prata da Pratella. Verso N il passo scende con un lungo, ombroso e ripido canalone di pietrame e blocchi (Valle del Portun), mentre verso S si affaccia sui solari ed erti pendii erbosi soprastanti l’Alpe Sparavera.
E’ la via di transito per chi raggiunge il Pizzo di Prata partendo da Pratella. Vedi la relativa descrizione
Leggendario passaggio di cacciatori, il sentèe dela rusca è un lungo traverso che in quota taglia l’intera parete meridionale del Pizzo di Prata collegando la cresta SE con la cresta SW. Il nome deriva dalla trappola usata dai cacciatori, che nel tratto più esposto ed obbligato delle sentiero (il colatoio roccioso iniziale) spargevano scaglie di corteccia (rusca) su cui i camosci scivolavano precipitando nei baratri sottostanti; è un sentiero emblematico anche dell’orografia di questi ambienti, dove i passaggi avvengono sovente lungo vertiginosi ballatoi. Lungamente sospeso su pareti alte centinaia di metri, il sentèe dela rusca è di quei percorsi che appaiono impossibili e che solo procedendovi passo passo svelano la loro inattesa e sorprendente percorribilità: le numerose costole rocciose che segnano la vasta e dirupata parete meridionale del Pizzo di Prata si impongono come ostacoli insuperabili, ma tra strette rampe erbose ed esili cenge si fanno superare con difficoltà contenute. Occorre esperienza su terreni difficili dovendo superare pendii erbosi ripidi (sovente estremamente esposti) e brevi passi su roccia (II). E’ necessario anche intuito nell’individuare i giusti passaggi nei tratti dove il terreno è meno obbligato e la traccia non evidente. Può anche essere percorso da W verso E, ma in tal caso occorre superare in discesa il tratto franato nei pressi del colatoio roccioso (estremamente delicato, sconsigliabile).
difficoltà: T6
tempo: 2h
Dalla Sella dei Tri Zücch (2200m ca) si rimonta la cresta SE del Pizzo di Prata fin verso quota 2450m ca dove una larga ed evidente cengia erbosa entra nella parete S del Pizzo. La cengia, in discesa, ben presto si restringe e con estrema esposizione conduce sino ad un colatoio roccioso (2380m ca): si supera la facile placca rocciosa e si rimonta un breve tratto franato (terreno infido ed estremamente esposto) quindi si risale per cengia erbosa sino ad una selletta; superato un canale detritico si scavalca la successiva nervatura (2410m ca) oltre cui si traversa il pendio erboso sino a raggiungere una marcato crestone roccioso: lo si oltrepassa e ci si alza ripidamente su terreno aperto sino a quota 2470m ca dove uno stretta spaccatura scende verso W nel successivo ampio vallone; ci si abbassa nella spaccatura per pochi metri, quindi la si abbandona per uscire sulla sinistra (S) su di una ripida rampa erbosa che si abbassa in diagonale: la si ridiscende (molto ripido) fin verso quota 2430m ca, dove si traversa a destra (N) e per una cengia si entra nel canale della spaccatura; qui ricompare la traccia che con facile traverso discendente prosegue verso W e sale ad una larga sella (2390m ca) oltre cui in discesa si raggiunge una facile placca che si supera risalendo per un breve camino ad un selletta con un dente roccioso; si prosegue il traverso e con un’ultima risalita si raggiunge la cresta dove v’è un foro nella roccia (2430m ca): si sbuca così nel pendio erboso su cui transita la via di salita del Pizzo di Prata da Pratella. Abbassandosi per il pendio si raggiunge il Passo della Porta (2258m).
ottobre 2017
Dall'Alpe Matra una traccia traversa in quota e, superato il solco del ramo più settentrionale della Val d'Ambiez, sale ricollegandosi al sentiero che dalla Croce di Matra conduce al Passo della Porta (n 21). E' un sentiero che sfrutta un comodo susseguirsi di cenge e permette di affacciarsi sulla selvaggia ed aspra Val d'Ambiez: privo di particolari difficoltà, il percorso non è di facile individuazione e dopo l'attraversamento del torrente risale un canalone ingombro di fastidiosa boscaglia.
difficoltà: T4+
tempo: 1.15h
Dall'Alpe Matra (1725m) senza alcuna traccia ci si abbassa verso E nel bosco ed aggirando il ramo più settentrionale della Val d'Ambiez (Val dell'Erba, 1680m ca) ci si porta sulla sua sinistra orografica rinvenendo una buona traccia che, pianeggiante, scavalca una nervatura (1750m ca) e sempre su buona traccia entra nel fianco del vallone successivo; con qualche tratto moderatamente esposto la traccia si abbassa percorrendo una larga cengia boscosa sino all'alveo roccioso del vallone, che si guada senza difficoltà (1700m ca) al piede di una larga parete, quindi si rimonta sul fianco opposto un largo canalone di boscaglia e ci si alza sino al filo della cresta spartiacque con la Val Bona, portandosi su di uno speroncino roccioso (1900m ca) subito a N della quota 1897.8 Ctr. Piegando verso E, si prosegue in quota con brevi saliscendi sempre su buona traccia fino all'impluvio della Val Bona dove, tra fastidiose ontanelle, ci si alza sbucando sul sentiero che giunge dalla Croce di Matra (1970m ca - 1.15h)
ottobre 2021
La Val Bona è una laterale in destra della Trebecca ed è incisa da un torrente la cui acqua (sempre presente) si attraversa durante la salita a Sparavera. E' un vallone sospeso difeso da una cascata inaccessibile: l'ingresso in Val Bona (tutt'altro che semplice) avviene per un sistema di cenge che si raggiungono superando una compatta paretina rocciosa di 5m scalabile grazie a delle vecchie funi su cui issarsi a forza. Non vi sono sentieri ma sporadiche tracce di animali, e l'uscita avviene verso l'alto, congiungendosi sul sentiero che dalla Croce di Matra conduce al Portone. Il percorso è alquanto articolato, con difficoltà di orientamento e numerosi tratti esposti su terreno estremamente faticoso.
difficoltà: T6+
tempo: 4.30h
Si lascia il sentiero per la Sella di Sparavera (dopo aver superato la cascata della Val Bona) verso quota 1300m ca, e verso sx (W) ci si porta ad un sistema di balze rocciose dove si individua una placca con tacche (è l'unico punto debole della costola rocciosa) oltre cui si prosegue su di un esposto traverso erboso; si supera un breve gradino roccioso (I, 2m) ed in traverso ascendente si giunge ad un piccolo pendio erboso chiuso sulla testata da una paretina rocciosa. Ci si dirige verso la paretina dove si individuano due cavi in metallo, che non facilmente consentono di alzarsi per la paretina (III, 5m) da cui si esce verso sx guadagnando una esposta cengia. Si prosegue in traverso mantenendo una traccia di animali, quindi ci si alza portandosi sulla dorsale di displuvio con la Val Bona nei pressi di un roccione triangolare isolato (1380m ca).
Per traccia di animali si entra nel fianco sx idrografico della Val Bona, e restando in quota se ne raggiunge l'alveo, che si segue brevemente per tornare sulla sx idrografica da cui si prosegue con un traverso ascendente parallelo al torrente; si supera un esposto canale nell'unico punto possibile e salendo ci si porta sulla dorsale dx orografica del canale (qui profondamente inforrato): si entra nel fianco della forra e con un espostissimo traverso su tracce di animali ci si alza verso SE sino al filo del crinale separante la Val Bona dalla Val Trebecca (1618.4m Ctr). Si prosegue verso E, talora sul filo roccioso di cresta (passi di II) talora poggiando sul ripido fianco della Val Bona sino ad una selletta erbosa (1750m ca) dove la cresta piega nettamente a sx (N). Dopo un breve traverso verso E si rimontano le rocce di cresta (II) sino ad una successiva sella posta subito a E della cima 1889.5 Ctr, quindi verso NE, rimontato un altro tratto di cresta, per terreno ripidissimo ingombro di arbusti ci si alza faticosamente sino ad intercettare il sentiero che dalla Croce di Matra conduce al Portone (2050m ca - 4.30h).
settembre 2024
Senza nome, è un poco identificabile punto di scollinamento sulla cresta spartiacque tra l'alta Val di Càser e l'alta Val Lobbia. Si trova sulla cresta SE del Pizzo di Prata poco a S del rilievo roccioso di quota 2254m e permette un facile collegamento tra i due versanti. Risulta più agevole della depressione 2136m, posta a N dello Zuc dei Pradei il cui sentiero è da tempo soffocato dalla bassa vegetazione. Ha valore quale collegamento tra la Sella di Sparavera e la Val Codera.
Nella prima parte il vecchio sentiero (utilizzato in epoca passata per raggiungere le zone di sfalcio) è ancora reperibile, poi scompare cancellato dal tempo e dalle valanghe. Il terreno, faticoso nella parte finale, è perlopiù aperto quindi le difficoltà di orientamento sono contenute.
difficoltà : T4+
dislivello: 400m
tempo: 1h
Dalla Sella di Sparavera (1814m) si prende la traccia che verso N entra nel bosco: con leggera salita compie un arco verso E portandosi verso il piede delle bastionate rocciose del Pizzo di Prata: il sentiero rimane alto risolvendo così le forre della testata della Valle Lobbia. Dopo una breve discesa (gradini) si raggiunge una conca dove sgorga un torrente da una pietraia di granito bianco (1860m ca): si passa a monte della pietraia dove si recupera la traccia che prosegue in falsopiano sugli aperti pendii erbosi. Raggiunti i pendii occidentali della cresta spartiacque con la Val Codera, in prossimità di un torrente la traccia svanisce: non resta che abbandonare la traversata e rimontare in maniera decisa su terreno aperto ma faticoso in direzione del filo di cresta, puntando poco a destra (S) del rilievo roccioso di quota 2254m. La via è obbligata in quanto sulla destra (S) vi è un risalto importante. Si guadagna così il filo di cresta nei pressi della Sella dei Tri Zücch (2200m ca – 1h).
settembre 2013
Salita monotona e faticosa che sfrutta il sentiero segnato che sale dalla Val Codera alla Bocchetta della Belèniga.
difficoltà : T4-
dislivello: 400m
tempo: 1h
Da Saline (1045m) si individua non del tutto facilmente il sentiero segnato che sale la dorsale tra la Val di Càser e la Valle della Belèniga. Si rimonta la dorsale per il sentiero, sovente invaso dall'erba, che mantenendosi sul filo tra i due dirupati versanti guadagna velocemente quota. Verso quota 2050m ca, poco prima di raggiungere il rudere di Basel, si abbandona il sentiero e con ampio arco verso W si supera la Val di Càser e si risalgono i facili pendii erbosi sino della Sella dei Tri Zücch (2200m ca – 2,30h).
settembre 2013
E' una dolce sella erbosa posta all'innesto tra il sottostante Filo del Cantone ed il soprastante Filo di Piodalancia. Non è noto il toponimo locale, talora viene chiamata "Munt del Briz" come la soprastante vetta. Dalla sella scende verso la Val Trebecca (W) il lungo vallone del Valaa, mentre verso la Val Lobbia (E) si abbassa il selvaggio solco della Val di Asee che con un'alta cascata si getta a sua volta nella Valle della Schena dei Tiun.
Oltre agli itinerari sotto descritti a sella si tocca anche durante la salita al Corno di Piodalancia da Mottali (itin. n 60)
Dall'Alpetto del Valaa la salita si svolge senza difficoltà lungo il canalone del Valaa che, sovrastato dall'immane parete del Filone del Prodaccio, è ingombra di blocchi
difficoltà: T4
dislivello: 500m
tempo: 1h
Dall'Alpetto del Valaa (1080m ca) si prosegue in salita senza percorso obbligato e, restando prossimi al piede della parete della destra orografica, si giunge ad un ultimo tratto ripido che si super senza difficoltà sbucando sui comodi prati della Sella del Briz (1537m - 1h).
maggio 2021
E' la via di uscita per chi, salendo alla Cima di Scarp, vuole evitare il rientro dal percorso di salita
Per traccia di animali si prosegue sulla cresta NE della Cima di Scarp, nettamente definita dai due fianchi precipiti, e superata una selletta si sale poggiando leggermente sulla destra (S) portandosi al piede di un canaletto: lo si risale e scalata una breve placca (III+) si guadagna l'erboso pianoro superiore; ci si dirige all'evidente crestina che da sinistra verso destra permette, percorrendone il facile filo, di raggiungere l'ampia Sella del Briz (1537m Ctr- 5h).
E' il varco più semplice per entrare in Valle Lobbia: si trova poco a N della selvaggia prominenza che domina Motta di Branca ed alla base della sommità rocciosa che sorregge Mottali; verso la Lobbia precipita con un salto di alcune centinaia di metri. Da qui prendono avvio il sentiero per il torrente e quello per Mottali. Nel bosco poco sopra la sella si trova un muro a secco, forse un basamento di una teleferica per il legname.
La vecchia traccia è ancora reperibile, e risale senza difficoltà una valletta boscosa sino a sbucare sulla sella.
difficoltà: T4-
dislivello: 120m
tempo: 0,30h
Da Motta di Branca (671m) si prosegue alle spalle dell'alpeggio (arbusti e rovi) lungo il sentiero pianeggiante che rimanendo sul versante della Valchiavenna sfrutta una cengia: superati alcuni facili affioramenti rocciosi si entra verso quota 700m in una valletta boscosa (Valle de la Meda o Val dal Pòz): la si risale ripidamente rimanendo prossimi alla nervatura sulla sinistra orografica al termine della quale si esce alla sella di Ent la Roar (800m ca – 0,30h)
aprile 2015
Pur essendo tra i luoghi più profondamente incastonati di queste valli, la Sella di Sparavera è servita da un sentiero con segnavia Cai e di tutti i toponimi di questo territorio è probabilmente l'unico ad avere una minima notorietà. Si trova lungo il contrafforte (inciso dalla spaccatura de La Porta, dove transita la via di salita al Pizzo di Prata descritta separatamente) che staccandosi dalla cresta occidentale del Pizzo di Prata scende dividendo la Valle Lobbia con la Valle Scarione (scarion, in dialetto, sono i roveti); oltre la Sella lo spartiacque piega verso W e disegna il regolare Filo di Piodalancia. Sotto la Sella, sul versante interno della Val Lobbia, si trova l'Alpe Sparavera.
La Sella di Sparavera è collegata senza grosse difficoltà con la Val Codera attraverso la Sella dei Tri Zücch [tp]
Il sentiero, indicato con segnavia, presenta un punto critico in corrispondenza dell'attraversamento di una placca inclinata, friabile ed estremamente esposta: normalmente è attrezzata con cordini metallici, che però sovente risultano danneggiati da frane e valanghe. E' quindi necessario prevedere del materiale da assicurazione (corda da 15m) per il superamento di questo tratto. Per il resto il sentiero non presenta particolari difficoltà.
difficoltà : T5
dislivello: 850m
tempo: 2h
Da Al Monte (1002m) si risale la vasta pietraia seguendo i segnavia, e per i resti di un buon sentiero in parte lastricato ci si alza sino alla grossa escavazione nella parete di roccia (1070m ca), da cui ci si alza verso destra (S) raggiungendo il filo della costola che precipita nella forra del Rio Scarione. Il sentiero prosegue verso l'interno della valle, e traversati in piano i ripidissimi fianchi della Val Scarione raggiunge una scoscesa placca (1100m ca) sporca di detrito ed estremamente esposta: la si attraversa (10m, II con tacche) oltre cui si rimonta facilmente una breve rampa e si prosegue per buona traccia sempre lungo le esposte cenge. Dopo una breve discesa (gradini) si supera un canale con torrente (Val Buna, 1100m ca) quindi, con ripida ascesa nel bosco si tocca una pietraia (1300m ca) da cui con lungo traverso ascendente si giunge al solco pietroso di un erto vallone (Val del Portòn) oltre cui si raggiunge l'inizio del canale boscoso che scende dalla sella di Sparavera nei pressi di un enorme masso spiovente (1370m ca): per ripide pietraie e vaghe tracce, mantenendosi a sinistra (destra orografica) lo si risale sbucando infine alla croce della Sella di Sparavera (1814m – 2h).
dicembre 2015
Lungo ed impegnativo percorso privo di traccia e con notevoli difficoltà nel reperire i passaggi corretti. Segue lungamente la forra della Lobbia, per poi abbandonarla e rimontare su terreno molto ripido ed esposto la selvaggia dorsale separante il ramo della Lobbia dal quello tributario dell'Acqua Rossa, sino alla selletta di Forcelletto da cui per esile sentiero si giunge all'Alpe Sparavera. Il percorso, da sempre noto a cacciatori e pastori, è tra i più significativi di queste valli ed offre una varietà di ambienti dai forti connotati. Consigliabile una corda da 15m.
difficoltà : T6+
dislivello: 1100m dalla confluenza 808m
tempo: 5.30h dalla confluenza 808m
Dalla confluenza 808m sul torrente Lobbia si supera un breve risalto del fiume sulla dx idr (vi è anche una fune fissa) e si prosegue nell’alveo, passando al piede dell’alta cascata della Val Caldera (970m); si oltrepassano una serie di piccole cascate giungendo al punto in cui il solco si biforca (1050m ca): si piega a destra (il ramo di sinistra è quello che scende dalla Sella del Briz), e si prosegue raggiungendo una rampa sulla sinistra idr: grazie ad una breve fune fissa (3m) si supera il gradino roccioso basale e su pietraia instabile si rimonta la rampa che divenendo sempre più stretta si riduce ad un’esilissima cengia, attrezzata con fune, esposta a picco sul torrente; la si percorre guadagnando il settore superiore della forra, occupato da una vasta pietraia. Si prosegue nell’alveo, poggiando sulla destra idr, sino ad una svolta a destra dove la forra sembra chiudersi contro una parete rocciosa, ma avvicinandosi si rivela l’angusto varco (1150m), nascosto sino agli ultimi metri, oltre cui si entra in una conca cieca sulla cui sinistra la Lobbia si getta con una bella cascata. Ci si alza per un’erta rampa erbosa verso la testata della conca, e puntando ad una grotta posta sulla sinistra si scopre una cengia che, da destra verso sinistra, si alza diagonale al di sotto di tetti spioventi e che consente di uscire dalla conca portandosi su di un poggiolo (1250m ca) a picco sulla cascata, da cui ci si alza entrando nel pietroso e largo alveo della Valle dell’Acqua Rossa, poco sopra la sua confluenza nella Lobbia. Lo si risale verso la testata da cui cade un’alta cascata, ma ben prima di raggiungerla si individua sulla sx (dx idr) un erto canale (1400m) che culmina ad un intaglio dominato sulla sinistra da un dente roccioso ed un abete; si risale il canale e si giunge all’intaglio (1424m Ctr - 3h), posto sul filo del crinale separante il solco principale della Val Lobbia dalla Valle dell’Acqua Rossa; con difficoltà ci si alza su terreno ripido tra le balze sino ad una parete rocciosa, che si aggira verso sx per una cengia da cui si traversa, si percorre la sommità arcuata di un canale precipite in Lobbia ed una successiva nervatura aperta, che verso dx (E) consente di salire (traccia di animali) all’aperto filo della cresta tra Lobbia e Acqua Rossa (1700m ca); se ne scalano le facili roccette giungendo ad un culmine panoramico (1739.6m Ctr) posto al di sopra di una caratteristica parete arcuata. Si prosegue nel bosco ma, evitando le invitanti deviazioni verso sx, ci si mantiene sul vago filo della dorsale (direzione NE) guadagnando quota sino a sbucare su di una sella (Forcelletto, 1817.7m Ctr - 4.30h) dove si trovano i resti di un recinto con muretto a secco (bàas). Dalla sella ci si abbassa verso sx (NW) per un ripido ma facile canalone, che si abbandona presto per seguire una traccia che verso dx conduce sul filo di una stretta nervatura da cui, nuovamente verso dx, ci si abbassa portandosi sull’ampia testata della Val Lobbia, nel circo al piede di alte pareti rocciose. Sempre per traccia si prosegue in quota e, percorsa una successiva larga cengia, si giunge ad un breve ma molto infido tratto franato (il superamento è molto delicato, può essere conveniente ripercorrere a ritroso la cengia per abbassarsi e rimontare il sottostante canale di pietrame). Guadagnato il pendio erboso sulla destra orografica della testata, senza più difficoltà si sale alla sella 1754.2m (posta subito ad W del rilievo panoramico 1777.2m Ctr) da cui, per traccia, si traversa sino alle baite dell'Alpe di Sparavera (1781m - 5.30h) e quindi alla Sella (1814m).
novembre 2023
E’ l’ampia depressione tra la Motta Alta (1682m) a N a la Motta de Marz (1645m) a S. Igm la quota 1498m, Ctr 1502m. Dalla Val Codera si raggiunge senza particolari difficoltà risalendo l'aperta Val di Prà, mentre dalla Val Pisarota vi si giunge con percorso selvaggio e difficoltà di orientamento.
La Val di Prà è un ampio canale ingombro di pietrame e dalla morfologia uniforme, che non presenta difficoltà se non quelle dovute all'assenza di traccia e ad alcuni punti su terreno franoso. E' soggetto alla caduta pietre.
difficoltà: T4
dislivello: 700m
tempo: 1,15h
Da Codera (825m) si prosegue brevemente per Bresciadega lungo lo sterrato, quindi raggiunto l'alveo della Val di Prà (vecchia cappelletta) lo si risale indifferentemente sulla destra o sulla sinistra orografica; per le sporche tracce dei vecchi terrazzamenti ci si alza per un centinaio di metri, quindi ci si porta nel centro della valle e si raggiunge la strettoia dove si trovano due massi incastrati (1000m ca), oltre i quali si entra nella valle vera e propria. Per terreno instabile e detritico ci si alza portandosi sulla sinistra orografica, e sfruttando le tracce di animali si traversa per la sponda di erba e roccette che rimane al di sopra della parte franosa. Passati alcuni metri al di sotto di una caverna si raggiunge il muro di un piccolo terrapieno (1230m ca) addossato ad una parete, si prosegue sempre rimanendo sulla sinistra orografica e per pietraia più stabile ci si alza per il vallone, in direzione di quello che appare come un grosso torrione roccioso. A 1400m ca si tocca il rudere di un alpetto, quindi sempre per pietraia si continua la salita e, toccato un secondo rudere a pochi metri dal valico, si raggiunge infine la bocchetta Vol del Prà (1502m – 1,15h)
dicembre 2015
Itinerario selvaggio per ambiente e isolamento. Non esiste più alcuna traccia se non quelle degli animali e l'orografia, complessa, crea importanti difficoltà di orientamento. Oltre l'Alpe Valà de la Cresta l'unico riferimento è una minuscola croce di ferro (a memoria di un boscaiolo deceduto la metà del secolo scorso), da cui si distaccano i percorsi per la il Vol del Pra e la Bocchetta di Sas Olt.
difficoltà: T5+
dislivello: 600m
tempo: 2h
Dall'Alpe Valà de la Cresta (940m ca) si entra in piano verso il solco della valle (SE), tagliando il ripido bosco lungo le sporche tracce di animali. Si passa da una balma e senza perdere quota si prosegue superando alcune vallette passando anche sopra un piccolo terrazzamento con muro a secco (non visibile in quanto si giunge da sopra). Si supera una prima pietraia, quindi si raggiunge una seconda pietraia di un largo canale (950m): lo si risale fin verso quota 1020m ca da dove ci si porta sulla ripida costola boscosa sulla sua destra idrografica. Se ne percorre l'erto e stretto filo (tracce di animali), aggirando a destra una parete franata, fino a quota 1080m ca dove si lascia la costola e verso sinistra si raggiunge un secondo torrente che si attraversa portandosi sulla successiva rampa boscosa. Qui compare una labile traccia che presto conduce ai resti di un ricovero presso un grosso masso, sul ciglio che precipita nel solco del torrente principale, dove poco sopra si trova una piccola croce in ferro commemorativa infissa nella roccia (1150m ca – 0,30h). Dalla croce in ferro si piega a destra (SE) e in traverso si raggiunge l'ampio canale di pietrame che scende dalla bocchetta. Lo si risale per terreno malagevole sin verso quota 1400m ca, dove lo si abbandona per rimontare a sinistra una ripida rampa erbosa con pietraia: poco dopo i 1450m ca si piega a destra (E) e si individua una discreta traccia che con traverso ascendente conduce a monte di una ripida abetaia e quindi alla bocchetta Vol del Prà (1502m - 2h).
maggio 2015
dicembre 2015