Alpe Lanchia
Valmaggia
Sperdute sulla selvaggia dorsale che separa la Valle di Pertüs dalla Val Tomè, delle minuscole cascine dell'Alpe Lanchia rimangono miserevoli mura: la loro storia è descritta in un bel articolo di Brenna apparso sul Giornale del Popolo:
Lanchia significa "pozza non duratura che tende a formarsi d’abitudine su un terreno a causa della pioggia" (Dario Petrini, nel Glossario dialettale che c’è nella guida del CAS). E Bruno Donati precisa appunto che in loco c’è "la presenza di pozze d’acqua stagnante alimentate dalle precipitazioni" e ci sono pure dei "Canig", resti di ruderi, "piccole costruzioni che fungevano da rifugio ai pastori al seguito delle mandrie di giovenche o che ospitavano temporaneamente le persone che in queste zone effettuavano il taglio e la raccolta del fieno selvatico". Si capisce pertanto l’importanza vitale delle "lanchie" su una cresta. (Pagine della montagna, ed 18 gennaio 2011)
Solo la Siegfried indicava l'ubicazione e parte del sentiero d'accesso a queste alpi: mirabile rimane la scalinata che conduce ad affrontare, inaspettatamente, il ripidissimo versante che precipita sulla Val di Prato prima di raggiungere il minuscolo pianoro dove riposano le esauste mura di Corte di Fondo; l'alpe più avanzata, Corte di Cima, contava invece due minuscoli alpetti adagiati su una tranquilla e solatia sella erbosa che, fra tanta ripidità, appare quantomai accogliente.