In Val Trebecca, poste all'imbocco della Val d'Ambiez. Di queste alpi, oggi nascoste nel bosco, rimangono solo le mura ed i numerosi ricoveri sparpagliati al di sotto di ciclopici massi. L'alpeggio, dominato dai blocchi rocciosi, sfruttava dell'acqua della scoscesa Val d'Ambiez (vi è una preziosa fontana presso un grosso masso) ed il magro pascolo della ripida conca sospesa che, poco a monte, giunge sino a quota 1250m ca (piccolo rudere). Tra le baite svetta un enorme esemplare di Tiglio.
Il sentiero di carico (al servizio anche dell'Alpe Sparavera) risaliva la valle tra Motta dell'Orso ed il Sasso dell'Orla; cancellato dagli sconvolgimenti di enormi frane ed abbandonato ai rovi, questo accesso è stato ben ripulito e bollato, così da rendere l'accesso in Trebecca agevole evitando le pericolose placche del traverso di Motta dell'Orso.
difficoltà: T3
dislivello: 800m
tempo: 2h
Alle spalle delle case più alte di Porettina Alta (235m) si prende una traccia che verso NE entra nell'ampio vallone (Val Squadra) a S del terrazzo di Motta dell'Orso. La traccia guadagna quota nel bosco talora invaso da blocchi di frana, dove diviene più effimera; verso quota 500m ca si prosegue per la regolare valle che verso E conduce sino alla selletta a N del Sasso dell'Orla (950m ca) oltre cui si entra nella destra idrografica della Val Trebecca; un buon sentiero (alcuni bolli rossi) traversa in quota e, congiunto al sentiero che giunge da Motta dell'Orso, in breve conduce ad Al Monte (1002m - 2h).
maggio 2020
giugno 2017
Sentiero segnato ma non privo di ostacoli e difficoltà: percorre infatti un lungo traverso molto esposto su ripide placche con tacche incise e cordini metallici non del tutto affidabili; per difficoltà ed esposizione non è da sottovalutare: consigliabile materiale da assicurazione (corda da 15m) . Per raggiungere Al Monte resta consigliabile il percorso da Porettina (itin 46).
difficoltà: T5
dislivello: 300m
tempo: 0,20h
Da Motta dell'Orso (758m) si segue il sentiero che verso E, con radi segnavia, conduce in lieve salita raggiungendo il centro del vallone in una zona ingombra di blocchi di frana, da cui in breve si raggiunge la spalla boscosa (900m ca) sul costone di separazione con la valle successiva. Da qui il sentiero traversa pianeggiante lungo un'esposta cengia raggiungendo il sistema di placche esposte: si transita su di un tratto scavato lungo il fianco della parete, quindi per cengia si giunge alla seconda placca che occorre risalire per un paio di metri (II), da cui ad una successivo breve attraversamento roccioso e quindi alla placca più lunga (6m ca) e delicata che si supera sfruttando le numerose tacche. Riguadagnata la traccia si prosegue in traverso ascendente, e superata una prima pietraia si giunge ad una seconda composta da grossi blocchi: la si attraversa in piano sino al suo margine meridionale nei pressi di una pietraia detritica, dove si piega nettamente a sinistra e senza traccia (bolli poco visibili) si riattraversa il campo di grossi blocchi portandosi al piede delle pareti rocciose sulla destra orografica del vallone; qui la traccia ricompare e senza difficoltà conduce in salita ad una sella boscosa sullo spartiacque con la Valle Trebecca (1000m ca). Il sentiero, facile ed evidente, entra in lieve discesa lungo la destra idrografica della Valle Trebecca ed in breve conduce ai ruderi di Al Monte (1002m - 1h)
Posta su di un panoramico e tranquillo pianoro circondato dai dirupi della Val d'Ambiez e della Vallaccia, l'Alpe Matra (Monte Matra su Igm, mentre il toponimo locale è Màtar) incuriosisce chi raggiunge la soprastante Croce di Matra: isolata sul proprio scoglio, l'alpe è ben visibile ma appare irraggiungibile tanto è assediata da precipizi. Le cascine, ridotte ormai a misere mura perimetrali, godevano di questo docile pianoro solivo e panoramico, scontando però l'assenza di una fonte d'acqua e la minuscola estensione del pascolo.
Il sentiero è nascosto nella parte iniziale, dopodiché diviene obbligato e senza problemi, a parte la ripidità del terreno, si abbassa (alcuni resti di grossolani gradini) al pianoro dell'alpe.
difficoltà: T3+
dislivello: -100
tempo: 0.15h
Dalla Croce di Matra (1820m ca) si segue per una decina di metri verso E il sentiero de La Porta, quindi si scende verso destra (S) aggirando in senso orario un grosso roccione: un traccia, dapprima labile poi più marcata, scende ripida con numerosi risvolti seguendo lo stretto filo boscoso tra la Val d'Ambiez e la Vallaccia giungendo in breve al pianoro dell'Alpe Matra (1725m Ctr- 0.15h)
ottobre 2021
E' un piccolo ricovero in buone condizioni e senza nome, indicato solo sulle mappe catastali. Il toponimo locale potrebbe essere Aigolera. Si trova su un piccolo ripiano esposto a S che interrompe brevemente le alte e verticali pareti della Motta d'Avedèe. Sul bordo del ripiano ha trovato posto un curioso masso in bilico, poco sotto il quale vi è il terrazzo della vecchia teleferica da cui si gode uno straordinario panorama: ci si trova su di un salto verticale di alcune centinaia di metri al di sopra della mulattiera della Val Codera. Per giungere all'Alpe Motta di Sopra normalmente viene utilizzato il sentiero da Avedèe, breve ma che presenta un punto delicato, mentre quello dall'Alpe Motta è più semplice ma è da ricercare.
Il sentiero, abbastanza visibile e senza particolari difficoltà di orientamento, compie un breve traverso pressoché pianeggiante; vi è un punto delicato in corrispondenza di uno scosceso canale roccioso
difficoltà: T5-
dislivello: 200
tempo: 0,20
Da Avedèe (790m) ci si dirige alle spalle delle baite dove, salendo sui prati a monte del nucleo, si individua una vaga traccia che sale nel castagneto, al termine del quale si raggiunge una baita isolata. La si supera portandosi alle due baite poco sopra (940m ca) quindi, raggiunta la base della pietraia soprastante, si piega a sinistra (S) e per traccia si prosegue in piano raggiungendo subito uno scosceso canale roccioso (960m ca): sfruttando le asperità della roccia, talora coperte di detrito, lo si attraversa (molto esposto) riprendendo sul margine opposto la buona traccia che senza più difficoltà conduce, pianeggiante, all'Alpe Motta di Sopra (975m ca – 0,20h)
marzo 2016
Il vecchio sentiero è abbandonato ma reperibile a tratti (muri a secco): l'orientamento è comunque facilitato dall'orografia che obbliga a mantenersi tra una fascia rocciosa ed un dirupato canalone
difficoltà: T4
dislivello: 300
tempo: 0,45
Dalla piccola costruzione alle spalle dell'Alpe Motta (668m) ci si alza nel bosco individuando una labile traccia; si giunge così al piede di una fascia rocciosa, dove si piega a destra e mantenendone il piede ci si alza passando da due piccoli terrazzamenti; si giunge al terzo terrazzamento (800m ca), più grande, oltre cui alzandosi ci si sposta sulla destra sul filo di una panoramica costola che si risale sino a ricongiungersi più sopra nuovamente con la fascia rocciosa; la traccia entra così nella destra orografica di un selvaggio canalone: si prosegue in salita e attraversata una piccola valletta (930m ca) si raggiunge il bordo del canalone, si prosegue in salita sino a quota 980m ca dove è possibile attraversarlo e lungo la sinistra orografica del canalone si raggiunge in breve l'Alpe Motta di Sopra (975m ca – 0,45h)
marzo 2016
Quale variante al percorso sopra descritto è possibile risalire il vallone posto poco più ad W: senza traccia, è privo di difficoltà ma faticoso nella parte inferiore per la vegetazione (rovi), mentre nella parte alta segue un labile sentiero che porta ad attraversare una delicata ed esposta placca
difficoltà: T5-
dislivello: 300
tempo: 0,45
Dall'Alpe Motta (668m) si segue per poche decine di metri il sentiero verso Montagnola, quindi senza traccia ci si alza sulla destra per il vallone sfruttando le pietraie sgombre di vegetazione; verso quota 770m ca si giunge ad una confluenza: ci si alza per la valle di destra, risalendo un facile canale roccioso sino a dove la valle si allarga e senza percorso obbligato si prosegue la salita verso le alte ed incombenti pareti della Motta d'Avedèe. Piegando a destra si raggiunge infine una sella pianeggiante sul panoramico crinale di separazione col canalone da cui sale il sentiero dell'Alpe Motta: da qui si individua una traccia che pressoché in piano prosegue verso E al piede delle pareti rocciose, supera una breve ma esposta placca (tacche) e si ricollega col sentiero dell'Alpe Motta in corrispondenza dell'attraversamento del canalone (980m ca); seguendo la traccia sulla sinistra orografica del canalone si giunge infine all'Alpe Motta di Sopra (975m ca – 0,45h)
marzo 2016
Prospiciente a Mottali, la Palada ostenta una collocazione allucinante: le dirute mura svettano sul selvaggio sperone, all'apparenza inespugnabile, in cui termina la cresta che scendendo dallo Zuc dei Pradei separa la Valle Lobbia dalla Valle del Pericchio. All'abituro, la cui falda di copertura era curiosamente a forte inclinazione, sono affiancate due minuscole stalle in cui probabilmente si radunava il gregge prima della transumanza in Val Codera. Il nome potrebbe derivare dal'erta pala rocciosa che sostiene l'alpeggio. Nel sottostante bosco sul fianco S, sopra le pareti, si trova un filo a sbalzo ancora parzialmente in tensione che probabilmente convogliava la legna a Mottali.
E' il percorso più semplice per l'Alpe Palada: ferma restando la severità dell'ambiente non vi sono passaggi particolarmente difficili ed il percorso, nonostante appaia tortuoso, è invece logico e lineare. L'orientamento rimane però tutt'altro che semplice, in quanto del vecchio sentiero rimangono vaghe tracce saltuarie e l'orografia complica di molto l'individuazione dei giusti passaggi. Il pericolo maggiore risiede nel pietrame instabile, in particolare nel canale di salita all'Alpe Palada.
difficoltà: T5
dislivello: 250m
tempo: 1.30h
Da Mottali (975m) si segue la traccia che pianeggiante prosegue verso N e raggiunge la pietraia al di sotto della Bocchetta di Mottali. La si oltrepassa e si prosegue in piano (950m ca), si supera una piccola nervatura boscosa e si giunge ad un ampio canale con pietraia chiuso sulla sinistra orografica da una costola rocciosa: ci si abbassa di una decina di metri per recuperare il sentiero che su una cengetta di erba ed arbusti scavalca la costola, risale pochi metri per superare una spaccatura, prosegue il traverso toccando una minuscola balma (950m ca) e conduce ad un successivo canale di pietrame (Valle della Schena di Tiun); ci si porta nel bosco sulla sinistra orografica del canale dove la traccia dopo un breve tratto in piano si abbassa e superato un grosso masso con una sottostante cavità raggiunge un ricovero con muri a secco addossato alla fascia rocciosa (900m ca). Da qui ci si abbassa e si raggiunge il tranquillo alveo del torrente Lobbia al di sotto della triangolare parete che sostiene l'Alpe Palada; si risale il torrente fino all'imbocco del canale che scende alle spalle dell'Alpe Palada (920m ca): su pietrame instabile (attenzione) lo si risale (conviene mantenersi sulla boscosa destra orografica fin dove possibile), quindi verso quota 980m ca, poco prima di un grande masso sporgente, si passa non facilmente sul fianco sinistro orografico dove si rinviene una labile traccia che verso destra (W) traversa in piano il ripido fianco di boscaglia passando sotto una fascia rocciosa, oltre cui, con stretti risvolti, conduce ripidamente all'Alpe Palada (1042m – 1,30h).
Dalla Palada è possibile seguire la buona traccia che in salita, superati i resti della stalla superiore (1080m ca), conduce al panoramico roccione del Corno della Palada (1130m ca)
dicembre 2016
novembre 2023
E' più diretto e veloce del percorso che transita da Mottali, in quanto raggiunge l'imbocco del canale di salita rimanendo sempre nell'alveo del Torrente Lobbia. Raggiunto il torrente nel punto 808m col percorso 37 si rimane nell'alveo e, superato un breve risalto roccioso, si raggiunge senza più difficoltà il punto di guado del percorso 45
Gruppo di baite posizionate pochi metri al di sotto della Sella di Sparavera, sul versante orientale.
Il nome deriverebbe dagli sparvieri, rapaci un tempo molto diffusi in queste valli. Nonostante questo gruppo di baite si trovi in una zona alquanto defilata, dall'accesso lungo e difficile e ad una quota che ne limitava lo sfruttamento alla sola stagione estiva, l'alpe compare già negli Estimi del 1643 (Alpe della Sparavera) e fino alla prima metà del secolo scorso veniva regolarmente caricata con bovini per l'incredibile sentiero della Val Trebecca, dove lungo le pericolose placche che attraversa sono ancora rinvenibili alcuni dei vecchi fittoni di sostegno alle passerelle in legno (oggi scomparse). Sulle vecchie mappe non è indicata, mentre compare un Alpe Mottali poco distante: è quasi certamente un errore di posizionamento (troppo a S) e di una confusione di nome (col Mottali posto nella bassa Valle Lobbia).
Oggi alcune delle baite sono riattate ed utilizzate dai cacciatori, e l'accesso è il medesimo di quello della Sella di Sparavera.
Posta nel cuore della Val Pisarota su di uno scosceso sperone, è l'unico alpeggio della valle riportato sulla Igm. Era composta da due minuscole costruzioni (stalla ed abituro) di cui ora rimangono le mura diroccate. Il nome deriverebbe dalla singolare emergenza rocciosa che al di sotto del pianoro dell'alpeggio definisce una breve ed isolata cresta. Viene citata nel volume del geologo bernese Studer “Geologie der Schweiz” (anno 1851), che raggiunse Codera da Somaggia passando dalla Val Pisarota e, superate le “baite di Cresta”, proseguì svalicando molto probabilmente dal Vol del Prà (nel libro “Itinerari Mineralogici in Val Codera” si identifica erroneamente Cresta col Dos di Vach).
E' punto di passaggio per i valichi Vol del Prà, Bocchetta di Tripartusa e Bocchetta di Sas Olt.
Itinerario selvaggio per ambiente e isolamento: il sentiero è invaso da rovi e ginestre che trovano terreno favorevole sulle bastionate rocciose che si attraversano. La traccia è reperibile con attenzione, e presenta un punto delicato in corrispondenza di una placca gradinata nella parte iniziale del traverso: non particolarmente difficile, è comunque molto esposta. Dopo le bastionate la traccia diviene più sporadica e faticosa per la vegetazione. Possono essere indispensabili un paio di robuste forbici per aprirsi la strada tra i rovi.
difficoltà: T4+
dislivello: 400m
tempo: 1,30h
Da Motta dei Corvi (577m) si prosegue in piano per traccia entrando in Val Pisarota tra arbusti invasivi; ben presto il sentiero viene inghiottito dalla fitta vegetazione: occorre quindi seguire una traccia che verso destra, in lieve discesa, conduce ad una pietraia; la si supera e ci si alza leggermente toccando una tettoia in legno crollata (640m ca) da cui ci si alza recuperando la traccia del vecchio sentiero. Da qui prende avvio il lungo traverso sulla destra idrografica della Val Pisarota: la traccia mantiene la quota 650m ca e raggiunge presto una placca rocciosa molto esposta che si supera grazie alle numerose scabrosità e ad alcune tacche incise. Si prosegue sino ad una successiva placca che si aggira facilmente alzandosi di pochi metri e, sempre per cenge, ci si porta oltre i ripidi fianchi della cima 1154m raggiungendo una zona aperta con pietraia (700m ca). Ci si porta al torrente e lo si guada facilmente subito sotto una piccola cascata (740m ca) che sgorga da una stretta gola. Sul versante opposto si individua faticosamente la traccia che sale per la rampa di erba e pietrame sorretta sulla sinistra dalla muraglia rocciosa che precipita nel torrente. Si sale tenendo sulla propria sinistra una pietraia fino a quota 810m ca dove si aggira a destra un roccione su cui si rinviene un piccolo muretto a secco: lo si percorre e per traccia ci si porta in una stretta valletta boscosa che si sale sino a raggiungere una balma, da cui ci si porta sul filo della stretta dorsale che verso N precipita nella forra del torrente. Non resta che piegare a destra e seguire il filo che in breve conduce ai due minuscoli ruderi dell'Alpe Valà de la Cresta (940m ca – 1,30h) posti sullo sperone che si protende verso la confluenza di due forre.
dicembre 2014
maggio 2015
ottobre 2015
novembre 2021
E' un piccolo riparo posto nel Valàa, il lungo vallone di pietrame al piede delle alte pareti del Filone del Prodaccio (cresta che dal Filo di Piodalancia scende in Val Trebecca). E' composto da tre mura di pietrame a secco che chiudono il piccolo anfratto sottostante un roccione squadrato; sfruttava i disagevoli pascoli di Bedügn ed i suoi accessi sono tutti laboriosi ed impegnativi. Su una pietra vicina alla porta vi sono incise alcune date (1930, 1940 ed un'altra non decifrabile probabilmente del 1800). Si tocca in salita a Bedügn per il Valaa (itin 35) o alla Sella del Briz (itin 63)
Sorgono a poca distanza dalla Bocchetta di Valfùbia, sul versante della Val Spiligolt. Due edifici sono subito a N della bocchetta, mentre un gruppo più numeroso è posto alcune decine di metri più in basso. Seppur abbandonate, in buona maggioranza si trova ancora in discrete condizioni; curiosi i vicini crotti, costruiti con blocchi rocciosi di sproporzionate dimensioni e dal peso considerevole.
Per gli accessi si vedano i percorsi della Bocchetta di Valfùbia.
Rustici abbandonati, sorgono sulla dorsale meridionale della Motta d'Avedée. Si toccano salendo alla Motta d'Avedèe da Avedèe.
Gruppo di baite poco discoste dalla mulattiera per Codera. Poste su di un bucolico terrazzo panoramico, conservano un aspetto rustico e sono ingentilite dalla graziosa chiesetta dell'Oratorio di S. Antonio. Il nome probabilmente da avéd: abete.
E' la frequentata strada maestra della Val Codera, che percorre con strabiliante sapienza il dirupatissimo fianco meridionale della motta d'Avedèe. E' un'opera affascinante che regala un percorso interessante e con numerosi scorci panoramici.
difficoltà: T1
dislivello: 500m
tempo: 1,30h
Da Castello (316m) si sale per l'ampia e comoda mulattiera che, con numerose gradinate, si alza sulla destra idrografica della Val Codera. Si giunge ad una cappella (Söra i Sasei, 430m), si prosegue la salita e superata la poco evidente deviazione per Montagnola (630m ca) si rimonta una lunga scalinata ed un tratto scavato artificialmente (La Tajadéla); passati dalla cava del Giòlia si supera il Sass dei Mort. La mulattiera transita quindi da una seconda cava (dove si trova un inatteso escavatore abbandonato) e guadagna il panoramico poggio di Sùradöo (715m) dove sorge una seconda cappella. Da qui si raggiunge in lieve discesa la Val d'Avedèe oltre cui la mulattiera si alza con alcune ripide svolte e raggiunge infine Avedèe (790m – 1,15h)
Il sentiero che collega Montagnola con Avedèe è una splendida balconata sulla Piana di Chiavenna e sul Lago di Mezzola, che privo di difficoltà e marcato con segnavia percorre un inatteso sistema di comode cenge lungo la precipite parete sudoccidentale del Motto d'Avedèe. In epoca passata era un importante collegamento tra la frazione di Montagnola ed il paese di Codera, mentre oggi è scarsamente frequentato.
difficoltà: T3
dislivello: 300m
tempo: 1h
Da Montagnola (579m) ci si porta a monte delle case dove, poco visibile, prende avvio il sentiero. Ci si alza nel bosco su terreno in parte pietroso quindi, piegando a destra, si inizia a traversare su traccia più visibile. Passati al piede di una cava su di un terrazzamento (La Piàza) ci si alza ripidamente (catene) e si prosegue nel lungo traverso sino ad un terrazzo panoramico (735m); il sentiero inizia una lieve discesa, e passati da una pietraia (Ganda Bianca) si supera una sorgente (Puzzàl) raggiungendo infine il rustico di La Motta (662m) da cui in breve ci si immette sulla mulattiera che giunge da Novate Mezzola (630m ca). Per il percorso sopra descritto si giunge quindi ad Avedèe (790m - 1h)
Minuscolo alpetto arroccato nelle profondità della Val Pisarota, tra le tormentate pieghe della sospesa Valle dei Pradei. Posto sull'arcuata sella di una prua rocciosa proiettata verso valle, è difeso da piccole ma ostiche forre. Nonostante l'ubicazione d'avamposto, appare molto meno estremo di altri ricoveri presenti in queste valli, godendo del torrente vicino e di una luminosa balconata da cui la vista batte d'infiliato il lineare solco della Val Pisarota sino alla piana di Chiavenna.
Le mappe catastali riportano nei pressi il toponimo "Bocca Tre Caurghe", forse riferito alle tre forre che lì confluiscono.
Percorso laborioso con tratti privi di traccia. Nel tratto iniziale occorre risolvere la balza che sorregge la Valle dei Pradei: la traccia esiste ma è poco evidente seppur obbligata. Toccato un nutrito gruppo di balme (collegate con la Bocchetta di Val Pisarota da una buona traccia), si prosegue ancora su terreno con tracce di difficile reperimento fino al traverso nella forra della Valle delle Baite, oltre cui la traccia diviene evidente sino al torrente della Valle dei Pradei. Gli ultimi metri di salita si svolgono senza traccia.
note:
- le quote indicate sono alquanto approssimate non essendo stato possibile rilevarle con l'altimetro
- giungendo da Motta dei Corvi si può evitare la salita all'Alpe Valà de la Cresta risalendo, dal guado di quota 740m, il Torrente Pisarota (possibile solo con portata d'acqua ridotta) lungo il selvaggio canyon che con alcuni brevi passi di II sui roccioni più grandi conduce al piede piede della costola tra il Vallone delle Spine e la Valle dei Pradei dove transita la traccia descritta (diff T6-)
difficoltà: T5+
dislivello: 400
tempo: 2.30h
Dall'Alpe Valà de la Cresta (940m ca) ci si abbassa verso E per il facile fianco boscoso (resti di sentiero) sino al Torrente Pisarota; si prosegue verso valle rintracciando, sulla destra idrografica, una traccia che al piede della costola tra il Vallone delle Spine e la Valle dei Pradei conduce, con un esposto traverso (vi è qualche punto delicato), nella conca di pietrame dove il torrente della Valle dei Pradei cade con una scenografica cascata (la conca si trova al di sopra dell'ultima cascata con cui il torrente si immette nel Torrente Pisarota). Poggiando a sinistra (destra idrografica della cascata) si risale un canale erboso con blocchi rocciosi sino al crinale affacciato sulla Valle dei Capin (da qui è possibile raggiungere il labbro superiore della cascata dove si trova un muretto a secco, forse una postazione di cacciatori); dal crinale si prosegue entrando nel ripido canale erboso della Valle dei Capin che si rimonta brevemente, uscendo verso destra (E) per una rampa-cengia che conduce sui pendii della destra idrografica della Valle dei Pradei, dove in salita si raggiunge un nutrito gruppo di balme addossato ad una fascia rocciosa (930m ca). Si segue verso sinistra (W) l'evidente sentiero che prosegue verso la Bocchetta di Val Pisarota, per abbandonarlo quasi subito e risalire verso N il pendio boscoso a monte delle balme (vaghe tracce confuse) sino ad una rampa che al di sotto di una paretina sporgente di roccia rossastra sale da sinistra verso destra e permette di superare un'alta balza rocciosa e raggiungere un pendio erboso sospeso (alcune betulle tagliate). Lo si risale, rimanendo prossimi al baratro che precipita improvviso nella Valle delle Baite: verso quota 1100m una traccia lascia il pendio e verso destra entra nel fianco della Valle delle Baite e, senza difficoltà, conduce sulla sua sinistra orografica; la traccia prosegue in piano (alcune roncolate e dei gradini) e toccata una balma isolata si raggiunge il rudere di un isolato alpetto (1135m ca), oltre cui, sempre per buona traccia, in breve si è al torrente della Valle dei Pradei (1150m ca): lo si attraversa e tenendo la destra si risale un canale poco ripido ingombro di pietrame fino al termine della paretina rocciosa che ne delimita il fianco destro idrografico; per una breve placca (1180m ca), bagnata ma non difficile, si esce dal canale sul fianco destro idrografico e rimontando gli ultimi erti metri tra la bassa vegetazione si guadagnando il piccolo terrazzo dove sorge la Baraca del Pòles (1230m ca - 2.30h)
Marzo 2017
Novembre 2021
Localmente Basùm. E' tra gli insediamenti più antichi della zona, e fu abitato stabilmente fino agli anni 40. Renzo Sertoli Salis nel suo “Principali Toponimi in Valtellina e Val Chiavenna” (1955) lo indica come Albasona. E' posto al piede del selvaggio costone che separa la Val Pisarota dalla Valle Lobbia, subito a S del torrente Lobbia ma al riparo dalle sue rare ma devastanti piene.
Una pianeggiante strada sterrata, chiusa ai veicoli non autorizzati, lo raggiunge in pochi minuti della strada statale.
Si trova sulla comoda dorsale erbosa tra la Val di Caser e la Valle Grialese, al piede di aperti e pendii pascolivi; sebbene in posizione indubbiamente favorevole, l'alpe fu tra le prime ad essere abbandonate probabilmente per la mancanza di un corso d'acqua nelle vicinanze. Già negli anni 50 era ridotta a rudere, e la Igm degli anni 30 già indicava il sentiero di carico come “sentiero difficile”, verosimilmente più per lo stato di abbandono che per le sue difficoltà, pressoché assenti. Le carte riportano anche un altro sentiero che saliva sul costone più occidentale passando dall'Alpe Corte di Sotto.
Dell'antica costruzione oggi resta solo un basso muretto di pietrame a ricordare il contorno delle mura.
Sebbene Igm lo identifichi come “sentiero difficile” non esistono difficoltà particolari, se non quelle di orientamento; in particolare nella parte bassa la traccia è irreperibile ed occorre alzarsi tra brevi placche rocciose sfruttando le numerose fasce erbose
difficoltà: T4
dislivello: 850
tempo: 2h
Da Saline (1045m) ci si porta sulla destra idrografica della Val di Caser e verso W, sfruttando confuse tracce, si entra nel bosco da dove si segue una dorsale boscosa (c'è anche un rudere imboscato) che sale in direzione delle pareti meridionali della bastionata che sorregge Forcella. Usciti dal bosco la dorsale prosegue con traccia sin verso i 1200m ca, dove sfuma nel pendio basale delle bastionate: si risale il pendio senza traccia, tra brevi placche rocciose e fasce erbose, portandosi verso il fianco occidentale delle bastionate; ci si alza fin verso quota 1300m ca dove, raggiunta una spalla erbosa, si entra nella valle seguendo una traccia che mantenendosi in quota percorre una facile e lunga cengia tra le bastionate e la sottostante valle. La cengia sfuma quindi sul fondo pietroso della valle, che si risale senza percorso obbligato rimanendo sempre sulla sinistra orografica, prossimi al piede delle bastionate. Poco oltre quota 1500m si abbandona la valle per rimontare sulla destra (N) un ampio canale che, faticosamente ma senza problemi, conduce ai resti di Forcella (1600m – 1,30h). al culmine di una pietraia. Si prosegue verso NW, seguendo la dorsale spartiacque: il vecchio sentiero è in gran parte soffocato da un giovane bosco di conifere, che costringono a numerose deviazioni per guadagnare quota; verso quota 1700m ca si raggiunge l'innesto con la dorsale che giunge da Corte di Sotto, si prosegue sempre in salita uscendo finalmente dal bosco: senza più problemi si prosegue sull'erboso filo, a tratti sottile, della dorsale spartiacque tra la Val di Caser e la Vale Grialese sino a raggiungere il misero rudere di Corte di Sotto (1877m – 2h)
giugno 2016
Alpeggio ristrutturato nel 2014, si trova su di una panoramica e solare spalla erbosa della destra idrografica della Val Spiligolt. Sulle carte è nominato Alpe Prato delle Vacche, toponimo sconosciuto localmente. Sul Catasto Lombardo Veneto è indicato come "La Baita".
E' il percorso più semplice ed è mantenuto dal pastore. Non è comunque di immediata individuazione e richiede un minimo di orientamento.
difficoltà: T3+
dislivello: 500m
tempo: 1,30h
Da Montagnola (579m) ci si porta alla radura a NE delle case, quindi ci si porta alle spalle di un grosso masso al limite del bosco dove si individua una balma. Qui, seguendo i bolli rossi, si traversa la vasta pietraia in salita oltre cui il sentiero diviene evidente e, sempre su sentiero bollato, si aggira un costone e ci si abbassa transitando su di una breve placca (attenzione) fino al torrente della Valle Spiligolt. Lo si attraversa per risalire il versante opposto con una breve ma ripida rampa (gradini), si prosegue per pochi metri quindi si piega a destra e si prende a salire, sempre per buona traccia bollata, per il costone boscoso della destra idrografica della valle sino a raggiungere la radura del Dos di Vach (1059m – 1,30h).
Interessante variante (parzialmente indicata su Igm) sulla sinistra idrografica della Val Spiligolt: percorre il dirupato fianco della Motta d'Avedèe sino alla presa d'acqua di Montagnola, quindi risale un costone boscoso sino al sentiero che dal Dos di Vach sale alla Bocchetta di Valfùbia. Fino alla presa d'acqua è indicata con bolli rossi, molto utili per non smarrirsi nel dedalo di cenge, costole e canaletti. Il passaggio chiave, molto esposto, è una placca di ca 3mt di III° attrezzata con una catena (la cui solidità è sempre da verificare). La Cava della Derta (da "dèrta", salita), completamente abbandonata, era servita da una teleferica che prendeva avvio dalla Cascina Ghislanzoni; oggi non è rimasta alcuna traccia della passata attività estrattiva.
difficoltà: T5-
dislivello: 500m
tempo: 1,30h
Da Montagnola (579m) si segue il percorso per Doss di Vacch sino a dove inizia a scendere verso il torrente della Val Spiligolt(650m ca). Lo si abbandona e si sale sulla destra per una traccia poco evidente ma ben presto indicata con bolli rossi. Si passa alla base di una parete rocciosa, quindi si traversa a sinistra e si sale sulla sinistra orografica di un piccolo canale; verso quota 690m ca lo si attraversa e rimontando la destra orografica per una ventina di metri si giunge alla placca con catena, esposta sul solco della Val Spiligolt. Risalita la placca (tubo dell'acquedotto) si prosegue con traverso sulla sinistra idrografica della Val Spiligolt, quindi si giunge ad un breve diedro roccioso (800m ca) che si rimonta per pochi metri (un singolo passo di II-) oltre cui, in piano, si raggiunge lo sbocco della Cava della Derta, chiusa da un'alta parete di roccia scura. Si prosegue in piano superando alcuni blocchi e per facili roccette ci si porta su uno spigolo affacciato sulla Val Spiligolt: lo si scavalca quindi, sempre in traverso, su terreno erboso si raggiunge il torrente nei pressi della presa d'acqua (870m ca).
Poco prima della presa d'acqua si sale a sinistra per una poco evidente traccia (roncolate), si supera una breve placca e si prosegue ripidamente sino al filo di una costola boscosa, oltre cui si risale per una valletta pietrosa che si attraversa verso quota 930m ca portandosi sul filo della costola successiva, affacciata sul profondo solco della Val Spiligolt. Si sale per la costola, e dopo aver poggiato brevemente sulla destra si riprende la salita superando alcune brevi placche di roccia scura, quindi per traccia nel bosco si raggiunge il panoramico terrazzo dove sorge un isolato baitello (1060m ca). Si segue il labile sentiero pianeggiante che verso sinistra (N) porta ad una pietraia, la si attraversa raggiungendo il solco pietroso di una valletta, si recupera la traccia sulla sponda opposta e attraversata una seconda pietraia (1040m ca) si raggiunge il bosco di conifere; per buona traccia lo si risale sbucando alla radura del Dos di Vach (1059m – 1,30h).
dicembre 2015
Posto su di un terrazzo boscoso alle pendici occidentali della Motta d'Avedèe, è un antico nucleo che conta oggi numerose abitazioni ristrutturate. In epoca passata fu un'importante punto strategico, anche fortificato, per il controllo della sottostante piana e del porto di Riva.
E' la via di accesso più frequentata ed è indicata da segnavia ufficiali. Offre una stupenda balconata sul Pozzo di Riva e sulla Piana di Chiavenna.
difficoltà: T2
dislivello: 360m
tempo: 0,45h
Nei pressi della cava della Foppa, nella parte più settentrionale di Novate Mezzola (220m), prende avvio la strada della cava di Montagnola, chiusa da sbarra: la si imbocca e giunti al cancello si prende il sentiero (segnavia) che sale nel bosco. Si intercetta la strada diverse volte sino ad un tornante dove la mulattiera si allontana definitivamente dalla strada e transitando sull'orlo della bastionate rocciose. Si passa da una cappella (400m ca) in località Ronco, quindi dopo una sorgente (il Puzzöo) con una bella scalinata si prosegue sino a sbucare nella radura di Montagnola (579m – 0.45h)
E' un antico sentiero da tempo in disuso che, più diretto di quello di Novate, seguiva il percorso della vecchia teleferica Riva-Montagnola. Oggi è pressoché interamente scomparso ed invaso dal bosco: richiede pazienza per il terreno sovente faticoso e per diverse macchie di rovi da aggirare; non vi sono comunque punti difficili od esposti. Il passaggio obbligato con gradini è di difficile individuazione se ricercato in discesa.
difficoltà: T4
dislivello: 380m
tempo: 0,45h
Da Riva (205m) si sale sul ciglio della cava e si sale per una traccia lungo la recinzione sino ad una zona di antichi terrazzamenti. Poggiando sulla destra ci si allontana dalla cava e, passati sotto la teleferica, senza percorso definito ci si alza nel caotico bosco sulla massima pendenza sino ad una fascia rocciosa (360m ca). Si piega a sinistra (NW) e mantenendosi paralleli alla fascia rocciosa se ne percorre lungamente il piede, allontanandosene brevemente solo per evitare i roveti. Verso quota 450m ca, in corrispondenza di un grosso masso, si ripassa sotto il cavo della teleferica, e proseguendo nella medesima direzione si raggiunge una larga cengia (500m ca) dove il sentiero diviene più evidente; si percorre la cengia e subito dopo un masso sporgente si sale a destra per un breve diedro con gradini che conducono al terrazzo boschivo sopra la fascia rocciosa. Non resta che salire senza traccia tra il caotico bosco passando dagli antichi terrazzamenti sbucando a Montagnola (579m – 0.45h)
dicembre 2015
Sentiero oggi in disuso, era anticamente un importante collegamento tra la piana e la fortificazione di Montagnola. L'abbandono di Basone e le piene della Val Spiligolt hanno fatto cadere nell'oblio questo percorso; lungo la salita si rinvengono vecchi segnavia Cai, ma la manutenzione del tutto assente richiede buone capacità di orientamento nel reperire la traccia che alterna tratti evidenti a tratti del tutto scomparsi. Vi è un punto delicato in corrispondenza dell'attraversamento della Val Spiligolt , dove parte del sentiero è franato e richiede attenzione per l'esposto traverso. Anche l'individuazione del punto di accesso non è facile.
difficoltà: T4
dislivello: 350m
tempo: 0.45h
Da Basone (250m) superato un recinto privato (accesso lungo i segnavia cai) si percorre il sentiero che alla base della fascia rocciosa porta verso la cascate della Pisarota, si oltrepassa l'alveo scavalcando i muraglioni artificiali e si prosegue verso S al margine del campo per circa 200m; si individua al margine del bosco una traccia che verso sinistra inizia a salire sulla destra idrografica di una valletta, per attraversarla verso quota 250m dove il sentiero prende a salire con numerosi risvolti. Ci si alza così lungo la dorsale boscosa sulla sinistra idrografica fin verso quota 440m ca, dove il sentiero piega verso S e compie un traverso in lieve salita lungo una larga cengia boscosa. Si passa al piede di una pietraia ed in piano ci si porta ad un poggiolo (490m ca) affacciato sulla Val Spiligolt : ci si abbassa per traccia in parte franata e disceso un breve gradino roccioso (I) si raggiunge il torrente della Val Spiligolt (476m); si rimonta il versante opposto alzandosi per una valletta (abbeveratoio) da cui si esce poggiando a destra e raggiungendo un terrazzo, quindi per buona traccia si riprende a traversare verso S in piano giungendo a dei vecchi terrazzamenti: ci si alza di pochi metri e guadagnato un’evidente sentiero lo si segue raggiungendo in breve le case di Montagnola (579m – 0.45h)
aprile 2016
Nutrito nucleo di baite abbandonate, perlopiù diroccate ed invase dalla vegetazione. Il dosso su cui sorge, certamente già insediato in epoca remota quando la piana del Mera era un'insalubre palude, è posto all'ingresso della Val Pisarota (nota anche come Val Pissota, Val Piscia, Valle dei Corvi, Valle della Motta). Il nucleo di "Motta de Corvi" è citato in un documento del 1507.
Vengono raggiunte da un sentiero che, sebbene segnato Cai, non è sempre di immediata individuazione.
difficoltà: T3
dislivello: 400m
tempo: 1h
Dall’antico nucleo di Basone (250m) ci si porta alle case più a monte, dove prende avvio il sentiero (segnavia) che alzandosi traversa verso S la parte superiore di una pietraia e quindi, su dicreta traccia, entra nel bosco e raggiunge un punto panoramico. Da qui il sentiero piega verso sinistra (E) e si alza veloce per una stretta valletta sino a sbucare sul poggio boscoso di Motta dei Corvi (577m – 1h).
Come Montagnola e Motta dei Corvi è verosimile che il terrazzo di Motta dell'Orso fu insediato in epoca remota: la favorevole posizione, soleggiata e lontana dall'insalubre piana del Mera, non passò certamente inosservata alle popolazioni che stanziavano in queste zone. Fino agli anni 30 fu stabilmente abitato, poi il progressivo abbandono lasciò spazio all'avanzata del bosco e le abitazioni oggi, sebbene ancora in piedi, scontano i decenni di incuria. Poco a W delle baite è possibile abbassarsi raggiungendo una panoramica balconata che domina la Piana di Chiavenna dove ha trovato posto la statua della Madonna. Sul catasto Lombardo Veneto compare come "Monte Motta"
Il vecchio sentiero è ancora ben conservato ed indicato.
difficoltà: T3
dislivello: 550m
tempo: 1h
Dal termine di via Macolini a San Cassiano (226m) si prosegue per la stradina che presto diviene sentiero; attraversata la Vallascia verso quota 500m ca, si prosegue per il buon sentiero che con numerosi risvolti sale sino alla pianeggiante sommità della Motta dell'Orso (758m – 1h)
Un sorprendente passaggio, ricavato con numerose tacche lungo un salto roccioso verticale, risaliva da Porettina a Motta dell'Orso. Da decenni abbandonato, è di difficile individuazione soprattutto giungendo dall'alto. Una fune in metallo (indispensabile soprattutto se affrontato in discesa) fornisce un valido aiuto al superamento del tratto gradinato ed esposto.
difficoltà: T5+ (II)
dislivello: 550m
tempo: 1.30h
Alle spalle delle case più alte di Porettina (235m) si prende una traccia che verso NE entra nell'ampio vallone a S del terrazzo di Motta dell'Orso. La traccia guadagna quota nel bosco talora invaso da blocchi di frana, dove diviene più effimera; verso quota 500m ca si abbandona la valle principale per risalire verso sinistra (N), tra faticosi blocchi di frana, un ramo laterale. Verso quota 700m ca ci si porta verso il piede della bastionata che sorregge Motta dell'Orso: dove questa si interrompe si entra, in salita, in un largo canale boscoso che si risale facilmente; sulla destra orografica del canale (a sinistra salendo) si individua un salto roccioso: qui una cengia rocciosa conduce alle esposte tacche incise che, con l'aiuto di un cordino di metallo, permettono di superare la balza. Guadagnato il gradino boscoso superiore si raggiunge, tra quanto rimane dei terrazzamenti invasi dalla vegetazione, il dosso del belvedere di Motta dell'Orso (786m - 1.30h).
giugno 2017
Rustico abbandonato ancora in discrete condizioni, è posto su un panoramico poggiolo sulla precipite parete sudoccidentale della Motta d'Avedèe. Lo si tocca percorrendo il sentiero che collega Montagnola con Avedèe. Oggi noto semplicemente come Motta, il nome Motta di Andreetta compare nel Catasto Lombardo Veneto (1829).
Rudere sulla spalla boscosa che tiene nascosta la Valle Lobbia alla piana. Vi si trova l'unico filo a sbalzo rimasto ancora parzialmente in tensione: ancorato ad un grosso masso, convogliava al piano il legname ricavato dai difficili boschi della Valle Lobbia. Sul catasto Lombardo Veneto compare come "Prato della Valle Lobbia".
Il vecchio sentiero è ancora discretamente conservato ed è semplice, ma il punto di partenza nella parte bassa non è di facile reperimento
difficoltà: T4-
dislivello: 450m
tempo: 1h
Dal cimitero di Somaggia (208m) ci si porta sul terrapieno del campo di calcio: si individua un sentiero che si addentra nel bosco verso SE e lo si segue (qualche vecchio segnavia) sino a quota 250m dove, poco prima di due ruderi imboscati (Prato della Val Lobbia), lo si abbandona per piegare a sinistra lungo una traccia abbastanza evidente che in salita torna verso nord. La traccia passa in un bosco di pini e raggiunta quota 320m circa in maniera molto poco evidente piega a destra, verso monte, ed in salita passa tra brevi placche rocciose. Proseguendo in salita il percorso torna più marcato: si passa dapprima nei pressi di una balma quindi mediante una rampa-canaletto si sale su di un panoramico salto roccioso. La traccia, più evidente, prosegue in salita quindi dopo un breve traverso pianeggiante verso destra attraversa un poco pronunciato canale di pietrame (450m ca – rudere) oltre cui si riprende quota ripidamente (si incontra una fune da teleferica) sino a guadagnare una stretta dorsale dove si apre il panorama sulla Valle Lobbia: la traccia piega a sinistra (N) e passato vicino ad un grosso masso che funge da ancoraggio alla teleferica si raggiungono i ruderi di Motta di Branca (671m - 1h).
novembre 2015
Piccolo alpeggio ridotto a rudere, è posto sullo sperone che, prosecuzione in altezza della Motta di Branca, tiene celata la Valle Lobbia. Era composto da due piccoli costruzioni, mentre una terza si trova poco distante lungo il sentiero di salita dove sono ancora visibili le nicchie in cui venivano rinchiusi i capretti. Alle spalle dell'Alpe si trova il rilievo 1026m, poco a N di esso la Bocchetta di Mottali.
Il percorso di seguito descritto è quello riportato sulle carte: diversamente da quanto disegnato, il terreno è molto accidentato ed il sentiero non ha una salita lineare in quanto sfrutta al meglio le fasce boscose per guadagnare quota tra balze e scoscesi pendii. Non vi sono punti particolarmente esposti ma l'orientamento è difficile per la tortuosità del percorso. Vi sono rari e sbiaditi bolli rossi, del tutto inutili in quanto perlopiù cancellati dal tempo: di maggiore aiuto risultano i rami ed i tronchi tagliati, da reperire e seguire con attenzione. La vecchia traccia del sentiero è comunque rintracciabile pressoché interamente.
difficoltà: T4
dislivello: 200m
tempo: 0,45h
Da Ent la Roar (800m ca) ci si alza per alcuni metri quindi si piega a sinistra (N) e per caotico bosco si scavalca una piccola costola boscosa (800m ca) portandosi nel ramo superiore del canale percorso salendo alla sella. Si traversa tra fastidiosa boscaglia sino ad una costola dove si riprende a salire sino alla base di una parete. Si piega a sinistra, ed alzandosi per alcuni gradini (850m ca) si percorre una breve cengia oltre cui si raggiunge una seconda costola. Si piega a destra entrando in una valletta, la si risale piegando a sinistra e seguendo i risvolti del sentiero ci si alza sino ad un cumulo di sassi artificiale (900m ca) posto sul costone SW del rilievo 1026m. Si piega verso destra e con lungo traverso ascendente si percorre il ripido ma facile fianco boscoso, portandosi così al di sopra della parete in corrispondenza di un roccione panoramico (970m ca). Si prosegue la traversata e dopo una breve discesa si passa da un minuscolo rudere, quindi da tre enigmatiche nicchie ed infine si raggiungono i ruderi imboscati di Mottali (975m – 0,45h)
aprile 2015
novembre 2015
Da Ent la Roar una intuibile traccia prosegue in quota tagliando il dirupato fianco della Val Lobbia: il sentiero, che transita per cenge a prima vista inavvicinabili, presenta diversi tratti esposti fra cui un'ampia placca gradinata che, pur semplice, offre un'esposizione letale e quindi deve essere evitata qualora bagnata. La traccia alterna tratti invasi da sterpi ad altri più puliti e, con brevi saliscendi, conduce al costone che scende da Mottali dove, abbandonata la traccia che prosegue al torrente Lobbia, si risale senza difficoltà il costone boscoso sino ai ruderi di Mottali.
difficoltà: T5-
dislivello: 200m
tempo: 1h
Da Ent la Roar (800m ca) ci si porta sul versante della Valle Lobbia e si segue una labile traccia che, in piano, prosegue verso E. Superato un piccolo affioramento roccioso si giunge ad una breve placca gradinata (800m ca): la si supera e si prosegue sempre in quota, su buona traccia; si supera una seconda facile placca oltre cui la traccia si perde facilmente per via di alcuni brevi saliscendi e si raggiunge il crestone (860m ca) che scende da Mottali: lo si risale su vaghe tracce e, senza difficoltà, per il facile bosco si raggiunge Mottali (975m - 1h).
Ottobre 2020
Variante del percorso 44, che anziché risalire il costone prosegue raggiungendo il Torrente Lobbia da cui, per una ripida vallecola di materiale malfermo, si alza portandosi poco sotto la Bocchetta di Mottali. Il tratto più delicato è in prossimità del torrente, dove il sentiero traversa una placca ed una zona instabile e franata; Se affrontato in senso contrario l'individuazione del sentiero in questo punto è molto difficile: occorre puntare all'evidente intaglio nella costola rocciosa.
difficoltà: T5
dislivello: 200m
tempo: 1.30h
Da Ent la Roar (800m ca) ci si porta sul versante della Valle Lobbia e si segue una labile traccia che, in piano, prosegue verso E. Superato un piccolo affioramento roccioso si giunge ad una breve placca gradinata (800m ca): la si supera e si prosegue sempre in quota, su buona traccia; si supera una seconda facile placca oltre cui la traccia si perde facilmente per via di alcuni brevi saliscendi che conducono ad un intaglio di una costola rocciosa oltre cui, per evidente traccia, ci si abbassa ad una placca delicata (II, molto esposto) e superato un pendio franoso si raggiunge l'alveo del torrente Lobbia in prossimità del punto 808m. Senza abbassarsi al torrente si prosegue in piano per alcuni metri, senza traccia, fino al gradino roccioso di una piccola nervatura: qui si piega a sinistra e ci si alza per il ripido pendio pietroso, costeggiando la base del gradino, sino a quota 950m ca raggiungendo la base delle fasce rocciose. Si piega a sinistra e su labile traccia, superati due piccoli canali, si raggiunge una pietraia; la si attraversa in piano ritrovando sul margine opposto la traccia che, in lievissima ascesa, taglia il versante boscoso raggiungendo i ruderi imboscati di Mottali (975m – 1.30h).
giugno 2016