Sì: driano, Alberto, Alessandro, Gabriella, Luisella, Marinella, Pierpaolo, Sonja
Nì: Katia
Alberto (sì, proponente): Il motivo per cui ho proposto questo libro è l'amore grande e pieno di empatia di Silone per queste dolenti popolazioni di "cafoni" (nel senso primitivo del termine, non nel senso derivato di "maleducato"). È il romanzo manifesto dell'antifascismo operativo e del progressismo europeo. Il PSDI (che pure era partito bene) non meritava un intellettuale della statura di Silone e il PCI lo ha trattato indegnamente. Ho poi proposto questo romanzo perché lo stile di Silone mi piace proprio.
Adriano (sì): l’avevo letto un mese prima della scelta come libro del mese, l’avevo studiato al liceo. Ero appassionato a ‘Il segreto di Luca’ e ero curioso di questo libro, di una terra povera come era quella friulana, l’ho trovato commovente e poetico. La scrittura è lineare e non artefatta. E’ un vero peccato che certi autori non vengano letti più.
Katia (nì): Libro che ho riletto, è scritto molto bene, mi ha provocato tanta rabbia e quindi non è stata una lettura piacevole.
Marinella (sì): l’avevo letto molti anni fa, ora l’ho riletto ma non tutto perché mi sono impelagata con un libro di 780 pagine. E’ un libro scritto molto bene da cui traspaiono la pietà e l’amore che l’autore ha per le sue storie
Sonja (sì): Ringrazio Alberto per avermi fatto rileggere un libro che avevo letto per la prima volta in prima o forse seconda liceo. Allora mi piacque molto ma rileggerlo ora mi ha aperto tutta una nuova serie di orizzonti che allora non avevo colto. Mi ha colpito soprattutto la leggerezza e l’amorevole ironia con cui Silone racconta fatti tristi e tragici e che da giovane non avevo colto nel pieno del suo significato. Il libro è pervaso dall’amore per la propria terra e per il paese natio e dall’immensa forza che hanno queste persone semplici ma splendide nella loro rozzezza.
Alessandro (sì): Fontamara è un libro che mi è piaciuto molto: mi ha emozionato e mi ha fatto riflettere a fondo. Ciò che mi ha colpito di più è quanto l’ingiustizia e la disuguaglianza raccontate da Silone quasi un secolo fa restino, pur in forme diverse, sorprendentemente vive anche oggi (il top 1% dei ricchi possiede la metà di tutta la ricchezza della terra; le 8 persone più ricche possiedono quanto posseduto da 3,6 miliardi di persone, ovvero la metà più povera della popolazione mondiale) – forse ancora meno percepite, perché più disperse tra le pieghe della nostra quotidianità. Tre cose mi hanno colpito in maniera particolare: 1. la miseria come ciclo eterno e l’assenza di via d’uscita («Le ingiustizie più crudeli vi erano così antiche da aver acquistato la stessa naturalezza della pioggia, del vento, della neve» «Sempre la stessa canzone, lo stesso ritornello»); 2. l’oppressione sociale che produce un ordine sociale rigido e interiorizzato. Lo si vede in modo potentissimo in una frase che mi ha colpito ogni volta che l’ho riletta: «E noi? Non siamo cristiani anche noi?» – «Voi siete cafoni… Carne abituata a soffrire.», 3) l'individualismo e l’impotenza collettiva, un’incapacità strutturale di unirsi. Silone lo mostra in maniera lucidissima: «Nessuno voleva compromettere se stesso più degli altri. Ognuno pensava a se stesso.» Questa impotenza collettiva arriva fino alla fine del romanzo, che termina con una domanda che mi sembra ancora oggi attualissima e aperta: «Dopo tante pene… che fare?»
Prossimo libro: "L'ultimo mago" di Francesca Diotallevi (preferito a "A Roma non ci sono le montagne" di Ritanna Armeni e a "Sharon e mia suocera" di Suad Amiry)
Prossima proponente: Sonja
Prossimo incontro: 30 gennaio