Sì: Adriano, Alberto, Gabri, Marinella, Pierpaolo, Sonja
Nì: Katia, Luisella, Oscar
Sonja (sì, proponente): Sono stata molto contenta che la scelta sia finalmente caduta su questo breve racconto di Alexander Lernet-Holenia – avevo fatto un tentativo di proposta nel lontano maggio 2019 - perché è un piccolo gioiello di nicchia, scritto e tradotto molto bene, accattivante in un crescendo onirico che solo un grande autore può sviluppare senza cadere nel banale. Per me ha anche un valore aggiunto, a prescindere dalla figura politicamente controversa dell’autore che è stato messo nel dimenticatoio subito dopo la morte, in quanto mi era stato regalato dalla mia relatrice in occasione della festa di laurea. Me l’ha presentato come un autore “dimenticato” – e all’epoca lo era davvero – ma meritevole di essere letto proprio per la particolarità della sua prosa. Allora lo lessi volentieri e ancora più volentieri l’ho riletto ora notando – cosa che mi era sfuggita alla prima lettura – l’influsso del teatro e della poesia. Lernet-Holenia era infatti principalmente un poeta e autore teatrale, grande amico e collaboratore di Stefan Zweig, uno dei suoi pochi estimatori.
Adriano (sì): È ben scritto, inizialmente ero perplesso per la descrizione dell’esercito che marcia, poi diventa onirico, c’è un cambio di stile, la storia d’amore dà una virata completa al romanzo e mi è piaciuto. Alla fine mi è sembrata una sorta di Orfeo e Euridice.
Alberto (sì): All’inizio non mi è piaciuto, poi sì, è un viaggio di fantasmi insieme a altri fantasmi. Quando entra in gioco la morte il romanzo prende vita.
Gabriella (sì): Il libro mi è piaciuto ed ho apprezzato in particolar modo la dimensione onirica che permea gran parte del romanzo. Il finale non mi ha sorpresa perché si è capito da subito che il protagonista si trovava in una dimensione tra la vita e la morte. Il fatidico attimo che precorre l’ingresso nell’aldilà, in cui lo scorrere del tempo si dilata ed è la vita di ogni giorno a tramutarsi in sogno.
Oscar (nì): Ho faticato a proseguire nella prima parte del libro: la lunga descrizione di tattiche e strategie militari mi aveva convinto non fosse un libro interessante e stavo quasi per abbandonare la lettura. Poi la narrazione si è evoluta in quella che mi è sembrata una sequenza di realismo magico. A un certo punto, però, diventa evidente che l'autore sta raccontando un sogno e un'esperienza di pre-morte. Finale che riesce a trasformare da "no" a "nì" il mio voto al libro.
Marinella (sì): È l’affascinante descrizione di un sogno ed è la parte che mi è piaciuta di più. Bellissima scrittura.
Katia (nì): È scritto molto bene ma ho fatto fatica a leggerlo.
Pierpaolo (sì): Sì, perché il racconto lungo mi ha coinvolto con la sua atmosfera onirica, che ho apprezzato, immaginandomi anche che sarebbe ottimo come sceneggiatura per un film.
A differenza di altri ho apprezzato anche la descrizione degli aspetti più militari, perché mi hanno sempre affascinato i racconti bellici su sconfitte inevitabili che si affrontano per nobile spirito cavalleresco, oggetto anche di alcuni racconti cinematografici che mi sono cari: La carica dei 600 (Michael Curtiz), Kagemusha, l’ombra del guerriero (Kurosawa), Il mucchio selvaggio (Sam Peckinpah).
Il racconto mi è piaciuto anche per il raffinato stile letterario di un autore che non conoscevo.
Luisella (nì): Ho detto "nì" perché, pur apprezzando lo stile elegante del racconto e alcune descrizioni vivide e belle, il libro mi ha inspiegabilmente molto annoiata. Spesso mi sono ritrovata a benedirne la brevità!
Mi è stato subito evidente (come a tutti voi, credo) che i compagni d'armi del barone fossero morti nell'attacco. Come non rendersene conto? Insistere tanto sul fatto che Semler avesse cambiato espressione e modi; che tutti gli altri avessero un volto impassibile, impietrito; che non ci fosse più traccia del nemico; che nel villaggio ci fosse una bizzarra atmosfera di allegria... Tutto ciò non poteva voler dire che questo.
Il seguito, quindi, ha subito assunto le caratteristiche del sogno o dell'incontro con fantasmi, a seconda di come la si voglia vedere.
Mi sono chiesta che effetto potesse fare il racconto alla sua prima pubblicazione, ai lettori del 1936. Forse c'era la sorpresa? Forse il lettore medio sobbalzava sulla sedia alle ultime pagine? Chissà...
Certo per noi non funziona così. Abbiamo un background cinematografico (Il sesto senso, The Others...) che ci ha formati e resi più smaliziati su questo gioco al margine della vita e della morte.
Così come Adriano aveva detto a proposito di Wilde (la sua scrittura brillante ci appare come troppo nota e "invecchiata", a causa dell'uso e abuso che si fa dovunque dei suoi aforismi), così mi sembra che "Il barone Bagge" sia un libro datato che non può più sorprenderci. Non per colpa del libro in sé, ma del nostro bagaglio su questi argomenti.
Sono comunque felice di averlo letto e di aver colmato una grave mancanza: confesso che è stato il mio primo approccio con Lernet-Holenia.
Prima di votare il prossimo libro si discute se sia il caso di aumentare un po’ il budget di spesa previsto, tutti sono concordi che si possa arrivare a 20 euro. Non si ritiene invece possibile che venga fissato il numero massimo di pagine che il libro possa avere e si ritiene che la proposta debba essere dettata dalla ragionevolezza…
Prossimo libro: "Il treno dei bambini" di Viola Ardone (preferito a "Un gentiluomo a Mosca" di Amor Towles e a "La diva Julia" di William Somerset Maugham)
Prossimo proponente: Pierpaolo
Prossimo incontro: 27 settembre