Madre e ossa (di Danielle Girard)

Proposto da Oscar

Riferimenti: IBS

Discussione di agosto 2009

Erano presenti: Alessandro, Alessandra II, Maddalena, Luisella, Massimo II, Giovanna, Donatella, Oscar e, per la prima volta

ed per ora in qualità di ascoltatrice, Patrizia.

Il romanzo di agosto ha riscosso l'apprezzamento di tutti i presenti a iniziare dal proponente Oscar che aveva voluto affrontare il tema delle relazioni familiari anche negli altri libri della terna da lui individuata. A Oscar "Madre e ossa" è piaciuto molto in quanto vicino alla sua sensibilità e in quanto l'ha fatto riflettere su eventi non "metabolizzati". Il finale è stato giudicato "sensato" e pieno di speranza.

Altrettanto ha sostenuto Alessandra che è rimasta molto colpita dal libro e ha trovato molto reali le esperienze descritte di incesto e di essere figli di un genitore sordomuto.

Nel dibattito della serata, tra le altre cose, ci si è domandati se il testo fosse veramente un memoriale oppure fosse frutto di un artificio letterario. Maddalena opta per la prima ipotesi e apprezza la bellezza del sacrificio della figlia per la madre. Massimo invece sceglie la seconda ipotesi in quanto il finale gli sembra troppo "perfetto" e si domanda: qual'è la verita? la verità

della madre? o quella non scritta della figlia? Anche Luisella rileva questa "carenza" ma esprime empatia per la madre. Ad Alessandro sarebbe piaciuto conoscere i punti di vista anche del marito e della psicologa.

Giovanna ha trovato tra madre e figlia una complementarietà "maledetta" come tra due ingranaggi ed è stata colpita dalla personalità della madre che "scivola" ma non agisce. Infine, Donatella ha apprezzato il libro per forma e per contenuti, è rimasta colpita dall'anafettività totale della madre, ritiene trattarsi di una storia vera ma le viene il sospetto che il memoriale sia frutto di una visione distorta.

Giovanna ha aggiunto: La mia opinione su questo libro è in eguale misura positiva e negativa. Positiva per il contenuto, negativa per la struttura. Non so se è vera la modalità con cui è arrivato alla Casa Editrice, in ogni caso avrei apprezzato una revisione e una sistemazione in forma più "normale", diciamo, magari scegliendo la dottoressa Dupré (o era Dubois???) come voce narrante. Le circostanze in cui è stato scoperto il libro, e la forma disordinata e incompleta in cui ci viene presentato, mi sembrano un inutile espediente per aumentare il pathos: cosa assolutamente non necessaria! Mi ricorda certe prefazioni a libri, il più famoso è "Manoscritto trovato a Saragozza", quando fintamente viene detto che il testo è stato trovato in situazioni del tutto casuali o avventurose. Ecco, presentarlo semplicemente come un racconto fatto dalla dottoressa della clinica psichiatrica, avrebbe tolto quell'effetto drammatico troppo calcato. Le frasi lasciate in sospeso, i fogli di carta con un'unica frase, e quant'altro, mi hanno infastidito perchè non sono convinta della loro naturalezza. E se anche fosse, non aggiunge nulla alla storia che di per sè è sufficientemente dolorosa. Dico subito che a me è sembrata più "matta" Sophie che non la madre Danielle; costei a mio parere ha solo peccato di debolezza, di passività, ha fatto l'enorme sbaglio di sposarsi e poi di non sciogliere il matrimonio quando era il momento, non giustificata nè dall'età nè dall'epoca. Infatti se facciamo attenzione, Sophie è nata quando Danielle non aveva neppure vent'anni; non era quindi una donna in età matura che sposerebbe chiunque pur di avere una famiglia e figli, non aveva motivi economici (anzi, per sposarsi aveva lasciato un lavoro che amava) e soprattutto lo ha fatto in un'epoca che io ricordo molto bene, primi anni Settanta, quando già le donne avevano capito che era preferibile lavorare anzichè sposarsi, e quando i divorzi cominciavano ad essere socialmente accettati. Per cui, il vero peccato di Danielle è stato quello di fare una scelta sbagliata, i cui effetti negativi sono ricaduti sia sul marito che sulla bambina; e ha raddoppiato il suo peccato di passività e di insipienza nel portare avanti il suo matrimonio. La descrizione precisa, a un certo punto del libro, del suo benessere economico mi ha fatto pensare che forse, se avesse avuto più fame, avrebbe avuto meno grilli per la testa e si sarebbe crogiolata di meno nelle sue paranoie! Quanto a Sophie, secondo me la vera "matta" è lei; il pensiero controfattuale che manifesta fin dall'infanzia, applicandolo a una serie di cose reali che dovrebbero essere incontestabili, è il segnale più chiaro della sua follìa. Secondo me lei era consenziente nel rapporto con il padre (guarda caso, l'ultimo numero di Panorama parla di abusi familiari e anche di bambini e ragazzini tutt'altro che vittime) e quando la madre glielo ha sottratto, lei le ha giurato un odio eterno. Non solo, ma il fatto che Sophie da grande si sia scelta un amante di vent'anni più vecchio, benestante, e perdipiù con lo stesso nome del nonno materno, indica l'esistenza di un complesso di Edipo irrisolto. Alla fine questa giovane donna pratica, pragmatica, concreta ecc. (bello l'esempio di Sophie in montagna, che invece di guardare il cielo pulsante di stelle si mette a piantare la tenda) finisce per suicidarsi all'improvviso. Che dire? Io penso che vivesse nella finzione, davanti a sè stessa prima che davanti agli altri; il suo legame con l'uomo anziano e ricco le dava la possibilità di rivivere il legame col padre, protettivo e rassicurante; venuto meno per la seconda volta, essa improvvisamente si è trovata spiazzata ed ha preferito autodistruggersi. La madre Danielle ha provato tre volte a suicidarsi, senza riuscirvi: la figlia c'è riuscita al primo colpo. La madre, Danielle, si dovrà far carico della povera nipotina: e questo mi ricorda la nonna e la nipotina di "Và dove ti porta il cuore", sperando che non finisca allo stesso modo: e cioè che la bimbetta, crescendo, si rivela crudele e odiosa come la mamma nei confronti della vecchia nonna!!!