Limite (di Remo Bodei)

Proposto da Marisa

Riferimenti: IBS

Discussione di lulglio 2016

Presenti: Marisa, Oscar, Massimo I, Alessandra Co. e Gabriella

SÌ: Marisa, Alessandra e Gabriella

NO: Oscar e Pierpaolo (assente causa gara podistica, ma ha inviato il suo pensiero)

Massimo I. non lo ha letto, ma si dimostrava curioso di conoscerne il pensiero.

Marisa (sì, proponente): L'autore parte dai limiti fisiologici, come l'udito, la vista, il tatto, per spiegare come la nostra immaginazione arriva a supplire i vuoti che i nostri sensi non riescono a percepire e da dove nasce il desiderio d'infinito verso tutto ciò che è irraggiungibile. L'uomo è anche l'unico animale vivente a sapere di dover morire e per aggirare questo limite invalicabile ha elaborato strategie di carattere leggendario e religioso che cercano di attribuire un significato alla morte e di rimuoverlo o di sublimarlo. La risposta alla minaccia della mortalità si riflette nel tentativo di procrastinare il più possibile questo limite, oltre il quale vi è l'ignoto. L'idea di limite viene cioè intesa alternativamente come rassicurazione o come angoscia. La paura della morte, il desiderio d'infinito, ma anche l'istinto di sopravvivenza, la smania di possesso e di autoaffermazione, convivono da sempre nell'uomo, sono le molle che lo spingono ad abbattere e a superare sempre nuovi limiti. Se si guarda al passato, le conquiste di Alessandro Magno, di Cristoforo Colombo o dei nostri progenitori che colonizzarono la Mezzaluna Fertile, si constata come la natura umana è contraddistinta dal bisogno di difendere la propria territorialità e nello stesso tempo dall'impulso a varcarne i confini. I limiti oggi si sono allargati a dismisura soprattutto in seguito al progresso della scienza e l'uomo tende all'onnipotenza, a sostituirsi al dio dei credenti. Più che allontanarsi dalla natura, egli la sta pericolosamente stravolgendo, come fosse il suo artefice e padrone. L'autore infine si chiede fin dove è lecito spingersi, concludendo che si dovrebbe poter riconoscere e distinguere i limiti a seconda delle situazioni lasciandosi guidare da quei valori morali e intellettuali che pongono a capo di ogni azione il senso di responsabilità nei confronti di se stessi e degli altri.

Gabriella (sì): Anche per rispondere alle domande di Massimo, che cercava di collocare il libro senza averlo letto, Gabriella espone le modalità di stesura, mostra l'indice con i suoi 3 capitoli: 1) limiti fisiologici, 2) civiltà, 3) imparare a distinguere. Parla di come la vita si prolunghi oltre il limite, con protesi tecnologiche che creano possibilità di vita impensabili. Nel libro si trovano citazioni scientifiche: è stato scoperto che la durata di vita dipende dalla lunghezza dei telomeri; ogni volta che si duplicano (si parla di duplicazione cellulare ;) si accorciano... Ma è stato scoperto l'enzima telomerasi per vivere in eterno :) Le sono piaciuti anche i discorsi: aristotelico su infinito limite e matematica, Cantor, Giordano Bruno, Confini culturali lavoro giovani e anziani. Tutto muta e si mischia. Sapersi accontentare è un'arte che può risultare difficile. Allo stesso tempo il non accontentarsi permette di scoprire tanto altro.

Alessandra Co. (sì): Ho letto il libro in viaggio. E' un libro breve, adatto da leggere in viaggio, ma non sciocco. Adatto all'estate, porta a percorrere un'architettura di pensiero che un po' mi ha anche innervosito: la sua visione mi è parsa un po' troppo superficiale. Sembrava saltare qui e là toccando argomenti che avrebbero bisogno di saggi per essere approfonditi. Ma se questo da un punto di vista potrebbe risultare un limite, dall'altro può avere il pregio di stimolare tante riflessioni. In molti casi mi sono ritrovata in concetti che amo ribadire. L'impossibile e sciocco tentativo di giudicare (e ci casco sempre, anche ora ;) e il desiderio dell'impossibile che porta a realizzare utopie. Ma il pregio forse è proprio il disegno, l'architettura del pensiero che si sviluppa iniziando dal microcosmo per arrivare al macro, con un superamento tra tesi e antitesi di tipo sintetico, a mio avviso. Senza aut aut termina come una funzione matematica, stimolando al continuo piccolo superamento di se stessi.

Oscar (no): Per farla breve... io non ero in viaggio. Alcune argomentazioni (poche) risuonavano nei miei pensieri, mentre le altre non costituivano cose nuove su cui riflettere. Interessante e vera la riflessione per la quale imporre dei limiti stimola certi istinti e comportamenti (come il sesso). Tra le tesi esposte che non ho gradito, quella secondo cui una società che ha "ammazzato dio" e che ha sempre più derive laiche, e' destinata a essere in balia di se stessa (l'autore sottovaluta evidentemente la forza dell'etica laica). E' vero che nel libro vengono più che altro esposte posizioni di pensiero altrui (non dell'autore), ma su questa non sono state presentate tesi alternative.

Pierpaolo (no, via mail): Un esempio di un pensiero se non debole, certo non forte. Ho trovato faticoso seguire il dipanarsi di un pensiero che tocca tantissimi aspetti senza approfondirne nessuno, e lo fa programmaticamente, con lo scopo di descrivere una tassonomia dei limiti, quasi a volerli circoscrivere e quindi a loro volta, limitare! Ne esce così un excursus rapido citazionista e confuso, superficiale soprattutto nel voler definire (limitare?) le conquiste della scienza. Più convincente quando affronta la dimensione etica, che è quella che sta veramente a cuore all’autore, ma anche qui, tra una bellissima citazione neo umanista di Tolstoj e una diciamo “minimalista” di Marco Aurelio, si finisce addiruttura per riabilitare il proverbio «Chi lascia la strada vecchia per la nuova…» Alla fine mi sembra di aver letto una tesi compilativa, priva di ricerca, venata da un po’ di rimpianto per il passato, tipico forse di un pensatore anziano, o magari portata dal fatto che la tesi è proprio che i limiti vanno riabilitati. Alla fine mi sfugge quale sia il contenuto nuovo, l’incremento che questo libro porta alla storia del pensiero. Forse perché io, nel fondo del cuore, conservo traccia di quella fiducia nel progresso che Bodei chiama Libido sciendi.


Prossimo saggio: "La banalità del male" di Hanna Arendt (preferito a "Il cinema secondo Hitchcock" di François Truffaut e a "Ave Mary" di Michela Murgia)

Prossima proponente: Gabriella

Prossimo incontro: 14 ottobre