Cronaca familiare (di Vasco Pratolini)

Proposto da Marinella

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di aprile 2017

Sì: Alessandra Ce., Marisa, Marinella, Gabriella, Luisella, Tomas, Oscar

No: Pierpaolo

Nì: Alessandra Co.


Proposto da Marinella che l’ha letto la prima volta ai tempi della scuola, poi da adulta e adesso in vecchiaia. Tutte e tre le volte l’ha trovato un romanzo bellissimo, di disarmante sincerità nel descrivere l’amore fraterno, la tristezza di due vite mancate, trascorse in solitudine.


Marisa (sì): È la storia di due solitudini che s'incontrano e cercano consolazione nel desiderio di comprendersi l'un l'altra. Due fratelli, due vite divergenti, l'uno allevato amorevolmente dalla nonna materna con stenti economici, l'altro cresciuto in una famiglia benestante ma privato dei giochi e dei compagni tipici dell'infanzia. L'uno già abituato ai disagi e alle contrarietà della vita, l'altro del tutto impreparato ad affrontarli. Aleggia in tutto il romanzo l'ombra della madre scomparsa e mai conosciuta da viva: sarà l'immagine nitida e struggente di lei sul letto di morte che l'autore conserverà per sempre nella sua mente, sublimandone il ricordo. Scritto in un linguaggio piano, questo romanzo autobiografico suscita intensa commozione proprio in virtù della semplicità con cui vengono descritti gli stati d'animo e gli avvenimenti che ruotano attorno ai due fratelli. È un romanzo che ha il valore di “un'inutile espiazione”, come lo definisce l'autore, perché la morte di chi ci è caro spesso richiama in noi il senso di colpa per non aver saputo aprire del tutto il nostro animo permettendo così alle emozioni di esprimersi liberamente. E rimane il rimpianto di non aver fatto in tempo a concludere un dialogo iniziato e lasciato per sempre in sospeso: un'interruzione che qui l'autore cerca di rimuovere riallacciando post mortem un rapporto familiare indissolubile pur nella sua precarietà e apparente inconsistenza.

Tomas (sì): All’inizio avevo paura di leggerlo pensando alla mia famiglia e perché lo sentivo triste. Invece parla della vita e comprendo che ci si senta tristi quando muore qualcuno cui si vuole bene. Mi sembra strano che non ci sia il ricordo della madre nei primi anni di vita. Bella la lingua.

Alessandra Co. (nì): E’ ben scritto, l’argomento è importante, però è un libro che non avrei avuto voglia di leggere. Per me sono storie quotidiane davanti alle quali mi tocca stare inerme senza poter fare niente. Confronto la leggerezza di scrittura de "La schiuma dei giorni" nel trattare un argomento tanto triste. Si rivolge a Tomas dicendogli che è normale che il primo ricordo sia quello della mamma morta perché prima c’è la quotidianità.

Pierpaolo (no):

Il Vangelo secondo Vasco.

Voto no perché lo trovo sentimentale e lacrimoso, con un’idea di letteratura che deve essere utile a qualcosa (qui alla consolazione da un lutto) che non condivido. Pratolini, forse per una reazione tipica di quegli anni contro la prosa d’arte, ha sempre esigenze superiori che non lo lasciano libero di usare il suo talento. Questo è un libro molto diverso dagli altri dell’autore: per me è un’agiografia piagnucolona della figura idealizzata del fratello Dante/Ferruccio. Quasi un vangelo secondo Vasco, tanto si ripetono i rimandi alla vita di Gesù. Ci sono i 30 denari, prestito del patrigno al papà, corrispettivo dell’abbandono definitivo, il valore di scambio di una vita. C’è il tradimento della fiducia di Dante/Ferruccio da parte di Vasco, che lo rinnega alla sala da ping pong come aveva fatto Pietro con Gesù (Mio fratello? Nemmeno per sogno). C’è un tono generale da vita dei santi che doveva essere delle storie che la nonna raccontava al piccolo Vasco.

Le parabole incrociate.

Il racconto delinea per episodi il fallimento del fratello. Solo quando sarà povero e malato, pronto per il martirio il fratello, che da bimbo lo odiava e sognava la sua morte, credendolo responsabile di quella della madre, solo allora potrà amarlo. A questa traiettoria discendente di Dante/Ferruccio corrisponde il percorso del fratello, cresciuto in miseria, sempre più cosciente delle proprie ambizioni e dei propri mezzi come letterato, pronto per diventare il cantore della classe operaia di Firenze.

Dante/Ferruccio: cavia per medici e scrittori.

Vasco sta facendo pratica come romanziere in quegli anni. Trasformando la sventura del fratello in letteratura fa di Ferruccio forse il suo primo vero protagonista. Ce lo dice, quando assimila il rapporto che c’è tra il narratore ed i personaggi a quello del medico con un malato di malattia sconosciuta. Quella del fratello è usata come caso di scuola dal primario, che aveva guarito Mussolini da una grave infezione. La sua vita invece diventa caso di scuola per lo scrittore Vasco, che lo trasforma in un carattere da romanzo.

Suonare sempre il piffero per la Rivoluzione.

La parte del libro che mi piace di più è l’inizio, la descrizione nostalgica e malinconica di Firenze, molto vivida e piena di sensazioni, colori, odori: una prosa vivace, sensoriale, che sa essere anche divertente quando racconta episodi picareschi, come nell’episodio dell’imbroglione, una specie di Totò che ruba i vestiti dei malati in ospedale con l’involontaria complicità di Dante/Ferruccio. Anche i numerosi dialoghi all’inizio sembrano funzionare, poi diventano sempre più schematici e si riempiono di retorica, come quando Vasco fa catechismo comunista al fratello morente!

Resta l’interesse per il film che ne trasse nel 1962 Zurlini, premiato a Venezia.

Oscar (sì): E’ un libro che parla non di morte ma della scoperta tra due persone, scoperta che viene vissuta in modo molto bello. Il finale è triste ma è il consolidamento di una conoscenza che avrebbe anche potuto non esserci. Il libro è semplice e per questo mi è piaciuto.


Gabriella (sì): Mi è piaciuto moltissimo. E’ un libro che mi ha dato sensazioni di amore e tenerezza. Alcune immagini sono scolpite nella mia mente, quando I due fratelli dormono insieme, quando il fratello piccolo si ammala e gli porta la marmellata di arance... E’ molto forte l’ultima parte, si sente l’amore, c’è l’incontro espresso con il cuore.


Luisella (sì): Ho detto sì, il libro mi è piaciuto moltissimo, soprattutto per lo stile che trovo sensoriale, fisico. Ho sentito odori, sapori, ho visto gesti, che mi resteranno nella memoria. Sono personaggi molto vivi e rotondi. Mi ha commosso il tema: so cosa vuol dire un rapporto tra fratelli che pur volendosi molto bene sono stati per una ragione o per l'altra distanti, anche solo per una semplice consistente differenza d'età, che li rende di fatto due figli unici. Non basta nascere dagli stessi genitori, si diventa fratelli, si costruisce da adulti la "fratellitudine", a volte con fatica, con imbarazzi, anche se con amore. Non avevo mai letto Pratolini, anche se mi pare di capire che questo è un suo testo particolare. Cercherò di leggere qualcos'altro di meno atipico della sua produzione.


Alessandra Ce. (sì): Sono d’accordo con Luisella. Mi è piaciuto il momento storico, la separazione da piccolo, il cercarsi, il capire cosa vuol dire avere un fratello... E’ un legame che non è scontato. Si percepisce una scrittura maschile, essenziale, semplice.


Marco (non è presente ma ci ha mandato via mail il suo commento) (sì): Premetto che adoro la marmellata di arancio. Ho dunque percorso la traiettoria narrativa avendone come sottofondo il dolce che avvolge e l’amaro che punge. Un dolce e amaro che ho ritrovato dalla prima all’ultima pagina. Il libro mi è piaciuto moltissimo e ho già iniziato a rileggerlo. Un po’ come in Cent’anni di solitudine, il tema dell’appartenenza familiare (o famigliare?) è strettamente legato con quella della ricerca e definizione della propria identità adulta. La figura della nonna è straordinaria, sia nella vicenda narrativa, sia per la sua costante e continua funzione di ponte tra il passato e il presente, un ponte che collega il tempo e gli spazi degli affetti e delle relazioni possibili e apparentemente impossibili perché negate o ostacolate. Un vero tutore di resilienza nella vita di questi bambini poi giovani poi adulti indissolubilmente legati e forzatamente separati. Mangiare la marmellata d’arancio avrà per sempre un sapore più inteso e profondo.


Prossimo libro: "Malombra" di Antonio Fogazzaro (preferito a "Uno nessuno e centomila" di Luigi Pirandello e a "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Italo Calvino)

Prossimo proponente: Tomas

Prossimo incontro: 26 maggio