La lingua salvata (di Elias Canetti)

Proposto da Michele

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di maggio 2012

Sì: Gabriella, Massimo M., Giuseppe, Marinella, Loredana, Marisa, Giovanna, Tomas, Michele, Concetta, Annamaria, Alessandra

Nì: massimo I, Mirella

Michele (Proponente): Sì

Non è un libro facile, sia per il numero di pagine sia per i contenuti intellettuali (autori, opere d’arte di musica, ecc). Lo lessi in passato e mi entusiasmò tantissimo: ero “esaltato” dal leggere di queste vicende continue (inventate o no) e dalle riflessioni sulla morte che ricorrono sempre (dalla morte del padre, al tentativo di uccisione della cugina con la scure…).

Sento questo libro molto vicino a me, mi dice cosa che fanno parte della mia vita, soprattutto il riferimento a quel clima e mondo mittle-europeo cui noi ne facciamo parte.

La madre che alla fine non si rivela per nulla autoritaria come poteva sembrare a prima vista, è quella che gli insegna non solo il tedesco ma soprattutto ad essere libero dai pregiudizi.

Giovanna: Sì

Mi è piaciuto così tanto che mi sono comperata anche gli altri 2 volumi(“Il frutto del fuoco” e”Il gioco degli occhi”). Purtroppo non ho capito quale sia la “lingua salvata” del titolo (se ne discuterà).

Sempre in tema di lingue, ho trovato affascinante il poliglottismo di quella famiglia: bellissimo anche l’affresco di quel microcosmo interno all’impero austro-ungarico, una piccola babilonia in cui trovare la lingua paneuropea del futuro.

La madre era una donna eccezionale e in confronto alle ragazzine di oggi c’è davvero un abisso. Pur essendo libera non è andata alla ricerca di un nuovo marito ma si è prodigata per i figli.

Il libro mi ha ricordato “Ebrei sefraditi di Tripoli” e l’autobiografia di Agatha Cristie.

Concetta: Sì

Non ho terminato il libro ma ho un giudizio positivo per come scrive Canetti e per quello che descrive (l’ambiente natale, i dettagli di quel mondo come se fosse un affresco). Ho trovato interessante il contrasto tra la voglia di progresso della Vienna di quel tempo e la Bulgaria arretrata. Tutto è descritto in modo disincantato, un tuffo prima dell’arrivo della prima grande guerra.

Tema chiave del libro sono le aspirazioni represse dei genitori e il rapporto tra madre e figlio un po’ morboso perché forse troppo forte.

Giuseppe: Sì

L’ho divorato in pochissimo giorni: il modo di scrivere di Canetti ha reso la lettura molto piacevole e molto scorrevole. Il rapporto con il padre, anche se finisce dopo non molte pagine, mi ha accompagnato per tutto il libro: quel padre che ha spinto il figlio a leggere e che è rimasto nella memoria di Canetti, mi ha molto colpito.

Ma anche la madre si è rivelata una persona di estremo spessore: mentre a metà libro iniziavo a farmi l’idea di una persona poco affidabile, il finale ne ha rivelato la determinazione. Ed ero con lei quando insultava quel figlio che pure io ho quasi odiato per i comportamenti da saputello che teneva sempre con tutti. Nelle pagine centrali il libro è stato noioso per questo motivo ma il finale è stato un fulmine a ciel sereno che mi ha colpito moltissimo.

Leggerò pure io i libri successivi.

Loredana: Sì

Ho fatto molta fatica a finirlo perché, oltre alla lunghezza, è un libro denso; l’ultimo terzo l’ho letto però solo per dire di averlo letto più che per il piacere della lettura. Anche a me è piaciuta la figura del padre. La madre era sì in gamba ma devo dire che era molto facilitata dal fatto che non aveva la necessità di lavorare e ha potuto dedicarsi ai figli. E su questo è stata brava.

Marinella: Sì

L’ho letto tutto d’un fiato: bellissimo. Bellissima la figura della madre, una donna che educa i figli alla cultura e alla vita. Anche se il suo comportamento può sembrare a volte inconcepibile, quando alla fine “scaccia il figlio dal paradiso”, da un posto che non esiste nella realtà, conferma la sua forza e la sua determinazione. E lo fa per il bene del figlio.

Concordo poi con quanto è stato detto sul bel affresco di quel mondo mittle-europeo, della sua cultura, borghesia ecc.

Marisa: Sì

Già il titolo è bellissimo. La lingua cui si riferisce è per me sia quella che gli viene tagliata sia il tedesco che impara e riscopre poi più tardi, salvando così la lingua dei suoi genitori, quella che usavano nei loro discorsi.

La biografia che ha scritto parte da ricordi molto lontani che hanno toccato l’indole sensibile di Canetti: la morte del padre che amplifica il rapporto con la madre, sia come paure sia come gelosia, quella che sarà la passione nella sua vita “verso cui non esiste ragionamento e convinzione per superarla”.

Il finale è secondo me il tentativo della madre di rimpossessarsi del figlio che si era staccato durante il periodo a Zurigo.

Gabriella: Sì

Parto dal finale perché secondo me non è un atto di riconquista da parte della madre dei poteri sul figlio, ma è la lezione per dire al figlio che l’infanzia è finita, che con la cultura che ha accumulato ora devo imparare cos’è la vita e crescere.

La figura della madre mi è piaciuta perché pur venendo da una famiglia ricca non si è viziata ma ha dedicato il suo tempo alla cultura e ai figli.

Mi è piaciuto il temperamento passionale spagnolo che Canetti si trova ad avere, il suo voler essere sempre in prima fila e al primo posto in tutto. Ma mi sono piaciuti anche i suoi ricordi d’infanzia (molto dettagliati) di cose che facevo anch’io, ad esempio il parlare con le “persone” che vedevo nei disegni della tappezzeria!

La lettura è stata per me difficile all’inizio ma poi è stata molto più rapida.

Massimo M.: Sì

Lo lessi 15 anni fa e mi era piaciuto molto, soprattutto per la sua bella scrittura. Poi lessi “Le voci di Marrakesh” ma mi risultò molto più ermetico. “La lingua salvata” era il più semplice. Eppure ora che l’ho riletto, mi ha deluso: lo stile scrittura mi sembra sorpassato, la storia (forse perché a me già nota) non mi ha dato nulla di più di quanto avevo avuto nella prima lettura.

Tomas: Sì

Secondo me la lingua del titolo è solo quella che non gli viene tagliata e non il tedesco che lui ha dovuto imparare in modo alquanto forzato.

Ho trovato il libro molto interessante ma ci sono alcune cose mi sono piaciute di meno. Il rapporto madre e figlio mi ha infastidito perché lei non si è comportata poi tanto bene con lui e con gli altri figli: oltre a non lavorare, se era malata se ne andava in ospedale lasciandoli a casa, anzi separandoli e disperdendoli uno in una città e uno nell’altra. Anzi uno alla fine lo manda in Germania e tenendo conto che erano ebrei, quello non era certo il periodo migliore per una simile scelta (ma ovviamente non lo sapeva).

Ma anche il figlio non si è fatto amare tanto dal lettore: questo suo essere sempre “il più bravo” lo ha reso davvero fastidioso.

Annamaria: Sì

Secondo me, dal punto di vista stilistico è davvero un capolavoro.

Lo lessi quando ero piccolo mi fece nascere una forte curiosità verso la cultura un po’ come è successo a Canetti. E così ho letto tutti e tre i suoi libri autobiografici.

Non ho mai pensato che la lingua salvato fosse quella non tagliata: per me era il tedesco, senza ombra di dubbio, ma ora ci devo riflettere di nuovo. Per me è il tedesco perché la madre ci teneva che questa lingua venisse assorbita dal figlio dato che con essa era garantito l’accesso a una società superiore: era un passaporto per la cultura e per quel mondo mittle-europeo che tanto affascina anche noi.

Ma la madre è anche perfida; quando ad esempio dice al figlio “tu figlio incosciente, giochi e tuo padre è morto”.

Alessandra: Sì

Bellissimo lo stile di scrittura essenziale , il parlare di un adulto come se però a raccontare fosse un bambino. In questo stile percepivo le immagini e il vissuto di quel bimbo.

Gli adulti invece appaiono come figure piene di limiti: il comportamento della madre che insulta il figlio mi ha fatto soffrire moltissimo, sia perché colgo il dolore di lei, sia perché posso capire lo shock subito dal bambino. I bambini infatti vivono attraverso gli adulti, vivono qualcosa che viene filtrato dai grandi. E in effetti il libro racconta tutto attraverso gli occhi degli adulti: il padre, il nonno, la madre…

Per me la lingua salvata sono tutte le lingue presenti nel testo perché tutte sono i diversi modi di comunicare ed è per questo che vanno salvate. E così lui si ricorderà delle fiabe bulgare, dell’ebraico, del tedesco, dello spagnolo, ecc: tutto rimane salvato.

Mirella: Nì

L’inizio del libro è bellissimo, scritto bene e pieno di cose interessanti, ma l’ho trovato costruito, pieno di stereotipi.

La madre ha un rapporto “razionale” con il figlio, non certo di cuore: mai una carezza, un abbraccio, una manifestazione di affetto.

Nella seconda parte del libro lui è proprio stronzetto, continua ad autolodarsi, trascura i suoi fratelli (che non cita mai) vuole sempre essere il primo della classe e quindi la lavata di capo finale ci stava benissimo! Anche se pure in quell’occasione ha voluto criticare le parole della madre e continua a sostenere di essere stato derubato di quelli che erano “i suoi anni più felici”.

Massimo I.: Nì

Anni fa lessi “Il frutto del fuoco” e mi piacque abbastanza. Oggi, di questo, ho letto però solo poche pagine. Anche escludendo il mio pregiudizio (negativo) sulle autobiografie, devo dire che come Massimo M. anch’io ho trovato ben poco in questi ricordi. E infatti, se leggendoli uno dovesse saltare dei paragrafi, non cambierebbe nulla. Secondo me sono ricordi e storielle (anche non sue) che lui ha incollato a posteriori per ricavarne un libro.

Ho detto Nì perché effettivamente lo stile di scrittura rendere la lettura molto piacevole. La vostra discussione sul finale mi ha incuriosito e proverò a finirlo.


Prossimo libro proposto da Massimo M.: “Firmino” di Savage (scelto a “Se una notte d’inverno un viaggiatore” Calvino, “Un amore di Swann” Proust, “L’isola di Arturo”; Morante).

Prossimo proponente: Alessandro