Presenti: Alessandra Co., Gabriella, Luisella, Marinella, Marisa, Oscar, Pierpaolo e Tomas
Sì: Marisa, Alessandra Co.
No: Luisella, Pierpaolo, Marinella, Oscar
Nì: Gabriella, Marisa, Tomas
Marisa (sì, proponente): Ho proposto questo romanzo in seguito al conferimento recente del premio Nobel a Ishiguro, autore già apprezzato in questo gruppo di lettura. La narrazione che si colloca nel Medioevo è a metà tra storia e mito: storia senza reale concretezza e mito senza l'aura di sacralità. In un'atmosfera onirica e inquietante, perennemente avvolta dalla nebbia, su cui incombe il malefico incantesimo del drago-femmina Querig e dove si muovono grigi personaggi dai ricordi negati, spicca l'amore tenace tra Beatrice e Axl, che sopravvive senza il concorso della memoria o piuttosto grazie all'incapacità di evocarla. Ed è proprio il tema della memoria a fare da sfondo al racconto, tema peraltro affascinante perché legato al nostro passato e tuttora non abbastanza esplorato. Qui l'amnesia collettiva - metaforicamente simboleggiata dalla nebbia alitata da Querig - sembra essere l'unica via capace di assicurare la pace fra i Sassoni e i Britanni, oltreché la durata dell'amore fra i due anziani protagonisti. E allora, a cosa può preludere l'uccisione finale di Querig e con essa la scomparsa della nebbia e dell'oblio? Forse al declino di questo amore ora vincolato dai ricordi e dai sensi di colpa, o a nuove guerre e sventure o magari, chissà, a un nuovo mondo in cui gli uomini possano finalmente convivere in rapporti stabili di amicizia e di rispetto, riconoscendosi l'un l'altro come propri simili e non come eterni nemici da combattere? Non vi è una risposta univoca, l'unica certezza che permane nell'uomo è la spinta di ricerca della conoscenza. Scrittura solitamente limpida, quella di Ishiguro: eppure in questo caso si ha l'impressione che si sia messa troppa carne al fuoco anche a causa dell'abuso di immagini e significati allegorici, rischiando così di frastornare il lettore.
Gabriella (nì): Ho detto nì perché ho apprezzato lo stile narrativo e la lettura abbastanza scorrevole. La trama mi ha lasciata perplessa in quanto non ho capito quali fossero le intenzioni dell’autore quasi fino alla fine del libro, mi aspettavo un colpo di scena che poi non si è verificato. I personaggi erano altrettanto confusi e poco delineati. Le mie aspettative sono andate deluse, in parte perché apprezzo moltissimo l’autore di cui ho letto altri romanzi e in parte perché immaginavo qualcosa di più eclatante. La conclusione invece mi è piaciuta moltissimo: quando i protagonisti arrivano alla fine del viaggio della vita e trovano il barcaiolo pronto a traghettare soltanto uno dei due e non entrambi, come avrebbero voluto. Pochi son quelli che riescono a fare l’ultimo viaggio insieme. Nota comune di tutti i libri che ho letto di Ishiguro, è il tema della morte che ci accomuna e ci attende strappandoci alla vita. Quella vita che amiamo tanto e da cui non vorremmo mai separarci, nonostante le prove ardue da superare che talvolta troviamo sul nostro cammino terreno.
Pierpaolo (no): Voto no perché:
● il romanzo è molto noioso, tanto che ne ho letto un centinaio di pagine e poi sono saltato alla conclusione;
● amo la narrativa “trans gender” , nel senso che mescola stili e strutture tipiche di più generi, ma mi sembra che aver provato a unire l’epica arturiana con i toni favolistici non abbia portato a un risultato ben amalgamato;
● i dialoghi sono troppi, ripetitivi e dopo poco risultano ridicoli, col ripetersi dei nomi propri e dei soprannomi Principessa - Axel –Principessa – Axel…;
● certi nomi sono ridicoli - in particolare il Mona_co Yonus - sarebbe stato meglio chiamarlo in Italiano Fra Yonus, Padre Yonus;
● queste avventure di smemorati, che iniziano a fare una cosa e dopo un poco si dimenticano cosa stavano facendo, sembrano una parodia di una casa di riposo per malati di Alzheimer;
● mi è difficile prendere sul serio certi temi quando tutto mi fa ridere;
● l’ultimo capitolo, dove la parola passa al barcaiolo, mi sembra attaccato, cambia troppo col resto del romanzo, è molto superiore, più moderno anche come stile, con il narratore interno: una perla in mezzo a tutto il resto;
● se ho capito bene il tema, ad esprimerlo trovo più efficaci due soli versi, bellissimi, di Pasolini, che 300 pagine di romanzo: “Chel ch’a si dismìntia a zova / pì di chel ch’a si recuarda”
Marinella (no): E’ un genere di racconto che non amo. Mi avessero detto di indovinare il nome dell’autore avrei detto Coelho che non sopporto. Mai avrei immaginato trattarsi dell’autore di ‘Quel che resta del giorno’ e di ‘Non lasciarmi’, libri che ho amato molto. A tratti mi ha ricordato Saramago, ma non c’è paragone… Non l’ho finito perché non ce l’ho fatta a reggerlo, noioso, pedante e ripetitivo.
Oscar (no): Inizialmente mi incuriosiva la storia, ma da un certo punto in poi ho iniziato a disaffezionarmi per via della trama "inafferrabile" e piena di dialoghi superflui. Sono arrivato quasi in fondo, ma non l'ho finito proprio per questo senso di disaffezione.
Tomas (nì): E’ scritto bene ma il tema e l’ambientazione non mi interessano. Non l’ho trovato noioso.
Prossimo libro: "Trilogia della città di K." di Agota Kristof (preferito a "Pinocchio" di Carlo Collodi e a "Baudolino" di Umberto Eco)
Prossimo proponente: Alessandro
Prossimo incontro: 29 dicembre