Sì: Luisella, Adriano, Alberto, Gabriella, Pierpaolo, Oscar
Nì: Katia, Marinella, Sonja
Luisella (sì, proponente): Quando ho letto questo libro, alcuni mesi fa, avevo immediatamente pensato al gruppo e mi ero ripromessa di proporlo quando il turno fosse toccato a me. Ovviamente desideravo avere un parere dall’interno del mondo accademico da parte dei nostri tre docenti. Ma pensavo anche che potesse essere una lettura gradevole per tutti. Ho apprezzato soprattutto la varietà di sentimenti che riesce a smuovere. Si sorride, si ride, si riflette, ci si commuove. La struttura “testo dentro al testo” di solito non mi entusiasma, ma qui l’ho perdonata. Il processo di identificazione tra Marcello e Tito Sella è lento e convincente.
Se qualcuno mi avesse chiesto, prima di questa lettura, di immaginare come possa nascere una banda armata, o come possa un ragazzo venirne attratto o coinvolto, non avrei saputo farlo. E nessun saggio sul tema avrebbe potuto aiutarmi. Ora invece sì. È un tipo di apertura e di suggestioni che solo la narrativa può regalare.
Marinella (nì): E' un libro che non avrei mai scelto di leggere se non fosse stato scelto nel gruppo, perché descrive mondi nei confronti dei quali non ho interesse, invece l’ho trovato un libro interessante e intelligente, molto ironico. Non l’ho finito perché non mi ha preso fino in fondo e alla lunga mi ha stufato…
Katia (nì): L'avevo preso perché elogiato dalla critica, è scritto molto bene ma facevo fatica ad andare avanti e non l'ho finito.
Oscar (sì): Già dalle prime pagine mi è stato facile provare empatia per il protagonista (i romanzi ambientati nel contemporaneo riescono a coinvolgermi più degli altri). Le dinamiche tra i personaggi sono realistiche e credibili. Mi ci è voluto un po', invece, per appassionarmi ai capitoli della Fantasima (il libro nel libro), ma da un certo punto in poi mi hanno coinvolto anche le storie della Brigata Ravachol. Interessanti anche le giornate parigine e le scoperte che Marcello pian piano fa riguardo a Tito Sella e al suo gruppo, ma anche riguardo a se stesso e ai propri obiettivi di vita. Non sarei riuscito a trovare un esito migliore del finale a sopresa che l'autore ha escogitato.
Gabriella (sì): Ho appena concluso la lettura di "La ricreazione è finita", ed ho deciso di scrivere queste righe ancor pregna delle sensazioni – tutte estremamente positive – che mi ha lasciato. E' un libro nel libro, in cui s'intrecciano e sovrappongono destini in spazi temporali diversi. La prosa è: sciolta, ironica e schietta. L'autore utilizza le parole come un giocoliere esperto, divertendosi a rendere edotto l'ignaro lettore, in merito al lessico "accademichese". Squarciando un velo, sulle dinamiche che regolano quell'ambiente pieno di ombre e ipocrisie. Ho rivissuto anni a me cari, in cui credevamo in molti di poter cambiare il mondo. Marcello, si ritaglia il ruolo di un giovane inconcludente, e lascia trapelare una profonda sfiducia in se stesso, forse prodotta in parte dal rapporto difficile con il padre, che sembra non apprezzarlo, ma che a sua insaputa lo loda, quando parla di lui con gli altri. Alla fine, il protagonista trova il coraggio di sfidare e snidare l'eccelso. Colui che tutti venerano. A costo di rinunciare al dottorato, ormai quasi concluso; pur di non svendersi e per vendicare l'amico morto suicida. In questo gesto è racchiuso il suo riscatto. Mi ha lasciata un po' perplessa lo stereotipo femminile di cui si attornia. Si tratta sempre di donne appartenenti all' upper class; persone ricche, intelligenti e colte. Quasi a voler rimarcare la sua di lui, estrazione sociale inadeguata. E in questo manca di amor proprio.
Alberto (sì): L'autore è riuscito a descrivere quel meccanismo che portava una persona verso la lotta armata. E' molto ironico, un'ironia mai forzata. E riflette molto bene il mondo universitario.
Adriano (sì): Nel complesso il giudizio sul romanzo è positivo, l'ho letto a tratti con divertimento e sempre in agilità. Per naturali ragioni professionali mi ha catturato l'affresco gustoso dell'ambiente accademico (in questa occasione la scrittura ironica si è liberata in maggiore scioltezza). La prospettiva è quella del dottorando che osserva i riflessi dell'accapigliarsi accademico interpretando gli indizi, supponendo le cause, patendo a volte gli effetti. Per una visione più spietata dell'agone accademico (sempre umanistico e sempre pisano) e dal punto di vista dello scontro diretto interno consiglio un romanzo più ostico, "Scuola di nudo" di Walter Siti. L'ironia e l'autoironia dell'io narrante sono la colonna principale del romanzo esterno che inviluppa un romanzo interno. L'architettura complessiva dei romanzi esterno-interno dove l'interno ricorda quasi un excursus manzoniano, lascia invece a me qualche perplessità. Mi pare si potrebbe trarre giovamento da qualche accorgimento stilistico più affilato (non so quale, non è mestiere mio). Ripensandoci non ci sono personaggi per i quali abbia parteggiato affettivamente ad eccezione di uno che funge però solo da comparsa: il prete comunista. Nel romanzo interno dedicato alla cellula eversiva in fieri ho trovato il racconto più interessante. E' un periodo storico che ho vissuto di riverbero e che vorrei conoscere meglio. Ne avevo già curiosità e la lettura del romanzo l'ha ringalluzzita. Ho trovato in alcuni dettagli del racconto trasposizione di fatti storici (ad esempio la lavanda delle banconote frutto del riscatto materialmente fatta dalle brigate rosse in preparazione del sequestro Moro). Il colpo di teatro finale è astuto ma poco emozionante. Un buon libro che ho avuto piacere di leggere.
Prossimo libro: "Lo stadio di Wimbledon" di Daniele Del Giudice (preferito ad "Alma" di Federica Manzon e a "Mandami a dire" di Pino Roveredo)
Prossimo proponente: Pierpaolo
Prossimo incontro: 29 agosto