Sì: Gabriella, Katia, Luisella, Marinella, Oscar, Sonja
Nì: Adriano, Alberto
Gabriella (sì, proponente): Sono stata molto indecisa sul fatto di dare un parere favorevole, ma la rilettura di alcune parti del libro, mi ha convinta per il SÌ. A differenza di alcune persone del gruppo, ho apprezzato gli aforismi di Wilde. E la storia in sé mi ha fatto pensare a quanto sia vacuo ed effimero il desiderio di voler essere per sempre giovani e avvenenti. Purtroppo un must nella società odierna. Che senso ha restare evergreen fuori, quando dentro si accumulano brutture e macerie, portate da scelte sbagliate e spesso dettate dall’egoismo? La vera bellezza che dovremmo conservare è quella interiore.
Luisella (sì): Il mio è un “sì” condizionato, e tra poco spiegherò cosa intendo dire.
Ho letto questo libro da adolescente, quando tutti lo leggono. Nell'affrontarlo di nuovo ora, mi sono resa conto di ricordare pochissimo. Certamente la vicenda (così famosa, impossibile non conoscerla), ma del linguaggio straordinario, ricco, sfrenato, opulento, non ricordavo nulla. Mi viene persino il sospetto di aver assolto all'epoca al compito di leggere saltando a piè pari certi passaggi che sicuramente mi dovevano apparire noiosi. E per un momento, anche adesso mi sono sembrati pesanti e ampollosi.
Per metà libro sono stata perplessa e negativa. Ero irritata dalle conversazioni, brillanti sì ma in fondo vacue, nonché poco credibili (nessuno, per colto e sagace che sia, parla così!), e dai personaggi piatti, ritagliati come nel cartoncino, figurine senz'anima asservite a ciò che Wilde voleva raccontare.
Poi sono arrivata al capitolo 11, che è stato “centrale” non solo perché effettivamente centrale nel libro composto di venti capitoli, ma nel senso di fondamentale e decisivo. È il capitolo che guarda in faccia il lettore e gli dice chiaramente che cosa il libro è o non è. È un capitolo sontuoso, fastoso, coltissimo, magniloquente, esagerato. È il capitolo che dovrebbe darci la sensazione del passare del tempo (infatti nel cap. 12 ritroviamo Dorian trentottenne) ma per descrivere questo trascorrere in maniera non banale Wilde parla di tutte le passioni che Gray ha avuto negli anni: le collezioni, gli interessi, gli strumenti musicali da ogni parte del mondo, i profumi... Anche i vizi e gli orrori, mai del tutto palesati, entrano in una sfera di estrema cultura e raffinatezza. Lo dirà più avanti, verso la fine, che cultura e corruzione lui le ha sempre viste insieme.
Un capitolo che mi ha fatta sentire profondamente ignorante. Avrei avuto bisogno di ricorrere all'enciclopedia quasi a ogni paragrafo per comprendere tutti i riferimenti. Poi ho deciso di lasciarmi andare alla forza delle parole, all'onda di bellezza superba, alla musicalità.
E, infine, un capitolo che mi ha fatto capire che questo non è un romanzo. Sì, ci sono i personaggi, c'è una vicenda, c'è un colpo di scena finale, ma di fatto questo è un manifesto dell'estetismo.
Il “libro corruttore” che Lord Wotton regala a Dorian è, anche se non viene detto espressamente, “A ritroso” di Huysmans, uscito nel 1884. “Il ritratto di Dorian Gray” nient'altro è che la risposta di Wilde all'opera francese. Non gli interessa nemmeno di nasconderlo, il capitolo 11 è una dichiarazione. Al lettore viene chiesto di fermarsi alla sola bellezza che è, appunto, la sola cosa che importa.
Il lettore a quel punto è o completamente sedotto (e allora prosegue di gran lena) o perduto (e abbandona la lettura). Io sono stata sedotta. È stato un cambio di prospettiva prodigioso. Ciò che prima mi dava fastidio (la vacuità dei discorsi e la piattezza dei personaggi, non veri, non autentici) mi è apparso necessario. Inaccettabile per un romanzo come piace a me, ma necessario per un “manifesto”, appunto.
In questo senso, il mio sì è condizionato, cioè il libro mi piace a condizione di sapere cosa sto leggendo: non un romanzo (di cui troverei le incongruenze narrative) ma un manifesto sulla bellezza e per la bellezza.
Inoltre, mi sembra che la seconda parte sia effettivamente scritta meglio. Anche le descrizioni mi sono piaciute di più. Mentre non mi importava niente di sapere come era fatto un salotto, un tappeto, una tavolino, ecc..., sono rimasta colpita da descrizioni più dinamiche: magistrale la corsa in carrozza quando Dorian chiede al vetturino di portarlo nei bassifondi, dove cercherà l'oppio. Mi sono sentita letteralmente sobbalzare nella carrozza, ho sentito il rumore degli zoccoli del cavallo, ho visto il vapore e il sudore alzarsi dalla schiena del cavallo, ho visto la nebbia dei vicoli malfamati.
Per il resto, trovo intrigante l'interpretazione del libro come un'autoanalisi di Wilde. I tre personaggi sono le tre parti di lui. Basilio è l'artista (che sia pittore o scrittore, non importa), rappresenta il tormento dell'artista (l'esigenza di avere una solida ispirazione, l'entusiasmo di quando la si trova e la tristezza di quando la si perde). Lord Wotton è come Wilde appariva in società: cinico, brillante, salottiero, tutto aforismi ed epigrammi pungenti. Dorian forse rappresenta il tipo fisico di uomo di cui frequentemente si innamorava. O forse quello che Wilde (non molto bello in verità) avrebbe voluto essere...
Chi di noi non vorrebbe essere bello? La bellezza è un dono assoluto e gratuito. Se ho il dono di una bella voce, dovrò comunque studiare canto, studiare musica, faticare, esercitarmi... Se ho attitudine per uno sport, quanti massacranti allenamenti dovrò fare per ottenere dei risultati? La bellezza invece non richiede alcuna fatica, alcuno sforzo. L'incanto che esercito sugli altri non è assolutamente legato ad un merito. La bellezza è un dono profondamente ingiusto.
Concludo con alcune frasi che mi hanno colpita. Sono ovviamente moltissime, ne cito solo un paio.
Nel capitolo diciannovesimo, Lord Wotton, finalmente sincero dolente e sentimentale come mai prima, dice: “non cercare di ingannarti, Dorian... Tu puoi immaginarti salvo e forte, ma una casuale nota di colore... un particolare profumo... il verso di una lirica dimenticata che ti torna innanzi... Dorian, da cose come queste dipende la nostra vita”
E poi cito quelle che mi sembrano le parole d'amore più eccezionali che abbia mai letto... Quando Dorian ricorda le varie lettere appassionate che nel corso degli anni gli sono state scritte, rammenta questa frase: “La curva delle vostre labbra rinnova la storia”.
Oscar (sì): Rileggere questo libro dopo quasi trenta anni dalla prima volta mi ha fatto uno strano effetto. Alle riflessioni finali di Dorian Gray sugli errori commessi, ho sovrapposto le mie considerazioni su quanto errori più o meno consapevoli possono influenzare il corso della nostra vita. Certamente si tratta di un libro complesso, che guarda in maniera disillusa nell'animo umano, analizzando aspetti positivi e negativi dei vari personaggi (tutti degli alter-ego di Oscar Wilde). Quanto fastidio per il cinismo di Lord Henry e quanto dispiacere per l'influenza corruttrice di quest'ultimo nei confronti di Dorian Gray!
Alberto (nì): L’ho letto la prima volta nel 1991 e mi era piaciuto, l’ho riletto in inglese e l’ho abbandonato, mi hanno irritato tutti gli aforismi anche se in inglese la scrittura è più asciutta. E’ un saggio di estetismo e di decadentismo e, in parte, una commedia teatrale. Mi ha molto irritato il Lord che lo porta alla perdizione.
Adriano (nì): L’avevo letto quarantacinque anni fa, a rileggerlo adesso lo trovo un romanzo consumato perché si abusa degli aforismi di Wilde. E’ datato, non mi dà più niente. Era dirompente per quegli anni ma è stato massacrato dalla storia.
Katia (sì): La scrittura mi ha conquistato, è un libro profumato. Dorian è il sogno di tutti noi, bellezza, giovinezza…
Marinella (sì): L’avevo letto moltissimi anni fa, poi l’ho riletto in inglese anni fa. E’ stato difficile, faticoso ma mi ha conquistato la bellezza della scrittura. Il personaggio di Dorian è attuale, mai come in questa epoca si sognano bellezza e giovinezza eterne a costo anche di vendere l’anima al diavolo…
Sonja (sì): Dopo averlo letto più volte nel tempo, visto a teatro e sul piccolo schermo, questo racconto di Oscar Wilde non cessa mai di meravigliarmi svelandomi sempre nuovi aspetti. E’ una delle sue opere che prediligo e lo dimostra il fatto che tempo fa lo proposi anch’io ma non venne scelto. Ora che l’ho riletto in età “matura” mi ha rivelato un’altra ottica: Dorian è lo specchio di tutti noi, riflette ciò che siamo e iò che vorremmo essere. Ma nessuno di noi, purtroppo, riuscirà mai a essere così perfetto come vorrebbe. E Wilde ce lo dimostra attraverso questa figura bella all’inizio che però poi il trascorrere del tempo e le vicissitudini della vita viliscono e finiscono per distruggere.
Prossimo libro: "Il barone Bagge" di Alexander Lernet-Holenia (preferito a "La mano" di Georges Simenon e a "Il Libro di Mush" di Antonia Arslan)
Prossima proponente: Marinella
Prossimo incontro: 30 agosto