Sono presenti 13 persone di cui, alla domanda “Vi è piaciuto il libro?”, 7 (Alessandro, Gabriella, Marinella, Loredana, Alessandra Ce., Marco, Michele) rispondono sì, 2 no (Pierpaolo e Tomas) e 4 nì (Marisa, Luisella, Massimo I., Oscar).
Alessandro, il proponente, dice di aver pensato di proporre “Ernesto” perché, dopo averlo riletto una seconda volta a 30 anni dalla prima, è rimasto colpito dalla naturalezza della descrizione dell’esperienza omosessuale del protagonista e dalla descrizione della Trieste di fine ‘800.
Gabriella è rimasta sorpresa dal linguaggio ‘diretto’ usato da Saba, ha apprezzato il protagonista visto come un ragazzo con tutte le paure dell’adolescenza e anche a lei è piaciuta la descrizione di Trieste.
Marinella concorda con quanto affermato da Gabriella ricordando e sottolineando la circostanza che il romanzo è stato pubblicato postumo contrastando con la volontà del suo autore che avrebbe chiesto di distruggere quanto da lui il manoscritto della bozza del romanzo.
Loredana aveva letto “Ernesto” per la prima volta 15 anni fa e, pur apprezzandolo, trova che l’inizio sia ‘troppo veloce’, la madre non sia fredda ma accogliente e che il protagonista sia un po’ antipatico.
Massimo I. evidenzia, quali criticità del libro, la sciatteria della forma, e anche lui trova interessante la descrizione di Trieste.
Alessandra Ce. trova il libro scorrevole e sottolinea il suo carattere autobiografico (‘come se l’autore tornasse indietro all’età dell’adolescenza’).
A Tomas il libro non è per nulla piaciuto specialmente perché è incompleto. Non lo convince la successiva ‘scelta etero’ di Ernesto nell’incontro con la prostituta.
Michele ricorda che Saba è un poeta e non un romanziere particolarmente attento alla naturalezza dell’umanità quale tratto distintivo del suo stile.
Marco, nel corso della lettura del libro, è rimasto colpito dalla dimensione autobiografica del romanzo e si è domandato più volte come mai un 70enne decidesse di scrivere un tale romanzo.
Oscar riflette sul fatto che non sappiamo fino a che punto il romanzo sia autobiografico. Segnala che “Ernesto” ha ispirato l’omonimo film uscito nel 1979, il cui sceneggiatore ha esteso il racconto parlando dell'attrazione tra Ernesto e Ilio, e chiudendo con un "lieto" fine non molto convincente.
Seguono i commenti di Pierpaolo, Marisa e Luisella, come inviati da loro stessi.
Pierpaolo: Volevo leggerlo perché da tantissimo ne sentivo parlare e per approfondire la biografia di Saba. Purtroppo però non mi è piaciuto. Io di un libro valuto soprattutto l’aspetto letterario, in questo caso rispetto agli anni in cui fu scritto e all’opera poetica dell’autore non lo trovo assolutamente all’altezza. Marinella sa da testimonianze dirette la fama di cattiveria che circondava il poeta, qui ne troviamo altre conferme. In particolare mi sembra polemico verso Giotti, di cui Saba era notoriamente geloso almeno da quando una rivista italiana aveva osato accomunarli come i due più grandi poeti di Trieste. Tanto che negli ultimi anni gli tolse il saluto e la parola. Quello di Saba è quasi un delirio solipsistico, non ammette nessun confronto e vuole assolutamente essere il migliore. Ecco quest’uso volgare di una specie di dialetto triestino, ecco il rarissimo nome di Tanda (quello della figlia di Giotti) dato alla prostituta. Come tipico di un lirico, gli altri personaggi fuori di lui/Ernesto non hanno peso, spessore, non gli interessano che per il loro riflesso in lui, se di classe sociale inferiore non meritano nemmeno il nome proprio. Immagino che il libro fu scritto forse per consiglio di qualche psicologo, la scrittura era vista come una forma di terapia nella Trieste di allora, città della psicanalisi. La malattia, o un sopravvenuto disinteresse hanno distolto Saba dal continuare l’opera, che immagino sarebbe divenuta ancora più chiaramente l’ennesima auto-celebrazione di un poeta che fu superbo e vanaglorioso, e non fu certo solo, conosciamo quanto lo furono anche Montale e Ungaretti. In ogni caso non basta un argomento come questo a fare di un romanzo una novità, quando dal punto di vista letterario ha così poco da dire. Specie da parte di un autore che dal punto di vista poetico ha raggiunto ben altri risultati (per quanto secondo me inferiori a quelli di Giotti!!!)
Marisa: Questo romanzo a sfondo autobiografico che Saba scrisse alle soglie della vecchiaia dà luogo a un'autoanalisi complessa, che richiede uno sforzo notevole di identificazione per interpretare la narrazione là dove sembra assumere un significato un po' ambiguo: ad esempio, all'inizio si ha l'impressione che alla base degli impulsi sessuali che turbarono l'adolescenza di Saba, alias Ernesto, vi fosse la sua immaturità e che l'inclinazione omosessuale fosse frutto di un “incidente” passeggero dovuto alla giovane età. Ed ecco allora Ernesto incoraggiare, con finta noncuranza, gli approcci di un uomo che per primo gli dimostra un interesse particolare. In realtà, egli è in conflitto con la propria identità sessuale, conflitto reso ancor più complicato dall'iniziazione amorosa con una prostituta e dalla consapevolezza di aver raggiunto ormai l'età adulta. Egli è sempre in cerca d'amore, come dimostrano la sua devozione verso la madre austera e poco prodiga di effusioni, e la sua infatuazione per Ilio, figura da lui innalzata a emblema dell'ideale di bellezza e di poesia. In ogni caso, il breve romanzo ha il pregio di delineare l'immagine della Trieste di fine '800, con uno stile che sfiora a tratti il lirismo della produzione poetica di Saba, e con un ampio ricorso al dialetto triestino, che bene s'inserisce nell'ambientazione e nella realtà cosmopolita e multiculturale della città, dove fioriva un commercio ricco ed eterogeneo. Nonostante si tratti di un dialetto sfrondato di locuzioni troppo gergali per meglio adattarlo a un lettore inesperto, i dialoghi tra certi personaggi (come quelli tra Ernesto e “l'uomo”) non avrebbero avuto un sapore altrettanto genuino senza il suo uso sapiente.
Luisella: L’ho letto la prima volta anni fa quando ho ereditato il libro, insieme a tanti altri, da un cugino che non c’è più. Lo dico per ammettere che non l’ho comprato, non l’ho scelto. In verità non lo conoscevo neppure, conoscevo soltanto Saba poeta.È stata una sorpresa. Mi è piaciuto. Ho apprezzato molto la naturalezza con cui viene descritta l’esperienza di Ernesto, ho apprezzato le atmosfere della Trieste di fine Ottocento, piena di attività e di commerci, mi hanno intenerita certi atteggiamenti della madre (“oh, e io che ti credevo ancora innocente come un colombino…”). Provo spesso un’enorme distanza e irritazione nei confronti dell’adolescenza e quindi anche Ernesto mi sta piuttosto antipatico. È leggero, superficiale, viziato; uno stupidino. Non credo dia particolare rilevanza ad alcuna delle sue esperienze. Una vale l’altra, basta farne, in modo affamato e non troppo consapevole, come spesso appunto nell’adolescenza. Forse la relazione con Ilio porterà a un coinvolgimento maggiore, ma non lo sappiamo. Nemmeno Saba ne esce granché bene. Si dice avesse un carattere scorbutico. Probabilmente è vero, io vedo cattiveria nell’aver dato alla prostituta il nome Tanda (come la figlia di Virgilio Giotti). Poteva scegliere tra migliaia di nomi. Aver scelto questo (per altro particolarissimo) non gli rende onore. Vedo snobismo e classismo nell’aver dato un nome a tutti i personaggi tranne che al bracciante (definito “l’uomo”… nulla di più). Come se un bracciante non avesse diritto a un’identità. Comunque il mio giudizio sul libro era assolutamente positivo. Nel 2016 ho deciso di scriverne sul Ponte rosso dopo las trage di Orlando, perché volevo in qualche modo trattare di omosessualità con un libro che la presentasse come cosa normale. Saba faceva al mio caso. Il mio articolo (se a qualcuno interessa) è qui: https://luisellapacco.wordpress.com/2016/09/02/ernesto-di-umberto-saba/ Se la mia esperienza del libro si fosse fermata qui, avrei detto un convinto "Sì". Dico NI perché per il gruppo di lettura l’ho riletto, ma a voce alta, con Pierpaolo. Questo (sia leggendo sia ascoltando) mi ha permesso di rendermi conto che è scritto male, ma davvero male, con una quantità assurda di incisi e di frasi arzigogolate, veramente poco scorrevoli. Una cosa di cui nella lettura silenziosa non mi ero accorta. Rimane la mia ottima impressione legata alla naturalezza con cui viene raccontata la vicenda anche nei suoi dettagli più scabrosi. Ma la scrittura è pessima e occorre dirlo, anche a costo di osare toccare il mostro sacro! Come dice Massimo I., non credo che sarebbe mai stato pubblicato se non fosse stato di Umberto Saba.
Prossimo libro: "Villetta con piscina" di Herman Koch (preferito a "Molto forte, incredibilmente vicino" di Jonathan Safran Foer e a "Still Alice" di Lisa Genova)
Prossimo proponente: Michele
Prossimo incontro: 23 febbraio