Nemesi (di Philip Roth)

Proposto da Michele

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di ottobre 2013

Il libro è piaciuto a: Michele, Luisella, Tomas, Oscar, Gabriella, Giovanna, Maddalena, Massimo M., Massimo I., Mirella, Marinella, Marisa.

Esprime un “ni” solo Donatella.

Non hanno letto il libro: Alessandra, Loredana e Giuseppe.

Michele racconta di aver letto il libro qualche anno fa ma di averlo riletto in modo diverso: la malattia passa ormai in secondo piano ed è lo scorrere della vita con la sua durezza e grandezza a catturarlo. Esprime contentezza per aver condiviso con gli altri questo libro e cede la parola.

Oscar ha letto il libro velocemente. Trova chiaro lo stile, nonché limpido e quasi adatto a dei bambini. Lo definisce: didascalico. Aggiunge che il libro potrebbe essere quasi un copione cinematografico. Lo delude che, come in “11 solitudini”, tutto viene spiegato senza lasciare al lettore nessuna possibilità interpretativa.

Anche Gabriella, come Oscar, trova piacevole la scrittura, la descrizione dei personaggi, degli ambienti. Focalizza la sua attenzione sul senso di colpa e su come possa tristemente modificare la nostra vita.

Massimo I., al contrario di Oscar, trova invece che la scrittura non sia affatto semplice. L’autore, infatti, usa un numero altissimo di parole. Ci fa notare come, secondo lui, la seconda parte del romanzo sia piuttosto scontata, e come ci sia una certa fissazione con Dio e la sua impotenza. Si sente, per alcuni aspetti della vita, molto vicino al protagonista, impersonificandosene. Infine, abbandonare la donna, e dunque rinunciare all’amore, è un segno di viltà.

A Donatella non è proprio piaciuto lo stile di scrittura. E nemmeno il libro l’ha convinta. Nell’analisi valuta soprattutto il senso di colpa presente, anche nei confronti della madre morta di parto. Ci confessa che questo probabilmente è dovuto al fatto che anche lei è preda dei sensi di colpa. Il libro, secondo lei, è pervaso da un senso di tragedia incombente.

Marisa, come non l’ha ancora fatto nessuno, focalizza la sua attenzione sul titolo. Il titolo rimanda chiaramente alla dea Nemesi, dea della giustizia e della vendetta, e dunque al significato e al contenuto del libro. Anche lei come Donatella riscontra un senso di colpa legato alla morte della madre ed uno spiccato disagio esistenziale. L’ideale di primeggiare è sconfitto dalla fuga che assicura, al nostro personaggio, l’apparente incolumità della malattia. Sono presenti pessimismo e fatalismo. Anche per Marisa la scrittura è semplice e capace di catturarci.

Maddalena riscontra invece che l’ambientazione del romanzo, Stati Uniti 1944, rappresenti il mito americano, a sua volta rappresentato anche dal protagonista: un atleta che predilige i “bravi ragazzi”. Quasi un modello di superuomo la cui vita termina a causa della malattia. Maddalena descrive lo stile come semplice ma accompagnato però da frasi molto profonde.

Tomas sottolinea come molte cose siano già state dette e che è, perlopiù, d’accordo con gli altri. Aggiunge che da piccolo, durante il comunismo, aveva visto un film su bambini paralizzati. E’ interessante ascoltare Tomas quando ci racconta del trattamento dell’handicap durante il regime comunista.

A Mirella è piaciuta la scrittura (l’ha letto in inglese) ed è rimasta sorpresa quando ha scoperto chi è il narratore. Anche lei riconosce nel libro molti miti americani, tipici di un mondo fittizio. Ed è questo mito americano che le fa comprendere il senso di colpa del protagonista per aver mancato il servizio militare e il suo compito di educatore. Infine Mirella trova, al contrario di Massimo I., che l’aver lasciato la ragazza, vista le condizioni fisiche del protagonista, sia stata una giusta decisione, legata più alla forza che alla debolezza.

Secondo Marinella il libro è bellissimo, scritto molto bene. La critica sostiene che Roth sia il più grande scrittore vivente. Pur non essendo in grado di affermarlo, anche per Marinella però è probabilmente vero. Il libro è ben costruito e la scoperta, verso la fine, della figura del narratore, è stata, anche per lei, una sorpresa. Il libro lo consiglia, dati i contenuti, a chi è contrario alle vaccinazioni. Marinella ha letto il libro come un grande romanzo della cultura ebraica, un “Libro di Giobbe” moderno che si pone questa domanda della teodicea: perché Dio permette le ingiustizie. Il libro le ricorda anche un film che ama molto: A serious man.

Luisella è d’accordo che il libro ha un linguaggio ed una narrazione semplici ma ricchi di dettagli soprattutto nella descrizione dei sensi di colpa. Anche a lei è piaciuto moltissimo. L’unica cosa che non la convince del tutto è la traduzione.

Massimo M. dice: la scrittura l'ho trovata molto scorrevole, l'ambientazione interessante (mi piace qualsiasi cosa che sia storia). Sono stato, invece, piuttosto infastidito dal comportamento del protagonista. Per quanto fosse scusato dalla giovane età, mi ha disturbato la continua indecisione. Quello che però proprio mi ha infastidito è stato il colpevolizzarsi per tutta la vita senza reagire minimamente. Questo comportamento mi stonava: un ragazzo forte e deciso tutto a un tratto si colpevolizza per qualcosa di cui, ragionevolmente, non lo si poteva incolpare. Nonostante fosse circondato dall'amore e fosse anche supportato da un futuro promettente si chiude in se stesso. So che queste cose succedono ma non riesco a provare empatia per chi getta la spugna e rinuncia a quello che gli viene offerto. Anche il tema di Dio è stato poco sviluppato dall'autore, buttato lì ma senza arrivare ad una conclusione. Per ultimo, il titolo: "Nemesi" [nè-me-ʃi] s.f. inv. 1 Avvenimento o serie di avvenimenti negativi che si ritiene seguano ineluttabilmente, quale fatale compensazione, un periodo di particolare prosperità; 2 estens. Vendetta fatale riparatrice di un'ingiustizia, di una colpa (Nemesi storica, che fatalmente vendica, anche nel susseguirsi delle generazioni, le ingiustizie, le colpe di cui si sono macchiati gli antenati nel corso della storia). Non riesco a vedere un nesso nella storia. E' forse riferito alla vita del ragazzo? Non mi pare abbia avuto una gioventù tanto facile da doverne pagare le conseguenze. La storia americana? Nel romanzo chi stava bene continua a stare bene (la ragazza e la famiglia ricca) e chi stava male sta peggio (i poveri che vedono i figli morire). Forse nemesi sta solo nella mente distorta del protagonista.

La discussione termina con Giovanna che ricorda come gli anni ’50 furono quelli della poliomelite in Italia e che a Trieste le vaccinazioni si facevano in via Torino. Ci fa notare come il protagonista, orgoglioso della sua forza, venga annientato dalla malattia, e come la vita dunque sia così vulnerabile in quanto colpita da qualcosa d’invisibile. Nota infine come i momenti di tensione e di “paura”siano abilmente descritti.


Prossimo incontro: 29 novembre 2013

Dove? Ne parliamo.

Prossimo libro: "Maurice" di E.M. Fortster, proposto da Mirella (preferito a "L'onda" di Todd Strasser e "Dentro il labirinto" di Andrea Camilleri)

Prossimo proponente: Massimo M.