Sì: Alessandro, Alessandra Co., Alessandra Ce., Gabriella
No: Maddalena, Massimo I.
Alessandro (sì): Ho trovato il libro interessante e mi ha interrogato molto nonostante non mi sia piaciuto l'uso di generalizzazioni e di categorie semplicistiche (uomo/donna; Occidente/mondo mussulmano, anche se quest'ultimo viene descritto nella sua complessità e descritto senza gli stereotipi oggi popolari in Occidente).
Due passaggi del libro che ho citato e che mi hanno colpito particolarmente:
- "le osservazioni di Ibn Battuta indicano che non esiste una sola, univoca cultura musulmana." (osservazione che condivido in ragione della mia piccola conoscenza con persone provenienti da paesi quali Turchia, Iran, Pakistan e Malaysia);
- "Mentre l’uomo musulmano usa lo spazio per stabilire il dominio maschile escludendo le donne dalla pubblica arena, l’uomo occidentale manipola il tempo e la luce. Egli dichiara che la bellezza, per una donna, è dimostrare quattordici anni. Se osi dimostrarne cinquanta, o peggio sessanta, sei inaccettabile (...) Questo chador occidentale definito dal tempo era più pazzesco di quello definito dallo spazio e sostenuto dagli Ayatollah.": 1) ci sono uomini e uomini, mussulmani e mussulmani, occidentali e occidentali, 2) trovo che la preferenza per la donna filiforme non ci azzecchi molto con le sanzioni subite da donne in paesi quali Iran e Arabia Saudita.
Massimo I. (no): La tesi di fondo è che in Oriente la donna è limitata nello spazio dovendo indossare il velo, in Occidente è limitata nel tempo, essendo costretta ad apparire sempre bella, snella e giovane.Confesso di aver avuto dei pregiudizi (che sono com'è noto sempre sbagliati) prima di iniziare la lettura, però si sono rivelati con mia grande soddisfazione fondati. Il “saggio” è di una qualità imbarazzante e i presupposti alla tesi di cui sopra completamente sballati. Come osservato da Maddalena, nota estremista di destra, esiste il fondato rischio che dopo averlo letto, più di qualcuno diventi leghista. Per cominciare, infastidisce un certo tono indisponente ironico e un po' antipatico verso gli occidentali, quando l'autrice si sofferma a rimarcare le differenze culturali, facendo degli autogol clamorosi.
Alcuni esempi:
(pag. 23) “Rispettare un occidentale è un 'impresa eroica, un vero tour de force, perché la loro cultura è così aggressivamente presente nella nostra vita
quotidiana che si ha l'impressione di conoscerla per intero” ecc. ecc. (e quindi? (ndr))
(Pag. 33) In un teatro tedesco: “Dovevo starmene zitta, perché, realizzai di colpo, qui non era come al teatro Mohamed V di Rabat, dove si può continuare a piacimento una conversazione a sipario alzato: qui, se non mi fossi concentrata sullo spettacolo in un solenne silenzio da moschea, mi avrebbero buttata fuori”.
(Pag. 145) “Ammiro le donne francesi perché si mettono a dar battaglia nei caffè, chiedendo ai camerieri di non trascurare le donne e di servirle prima degli uomini, mentre io mi stanco tremendamente se devo buttare energie nelle strade e nei luoghi pubblici del Marocco, quando gli uomini mi passano sempre davanti nelle code... tuttavia, questa volta, volevo che Christiane desse un taglio alla sua crociata repubblicana...”
(Pag. 26) “Non riuscireste mai a immaginare quanto sia eccitante per me curiosare in una libreria tedesca, dove è permesso aprire i libri a piacimento, e persino sedersi a leggerli comodamente su degli sgabelli messi appositamente negli angoli. A Rabat, il padrone ti butta fuori se solo osi toccare una delle pubblicazioni in mostra: prima di aver il piacere sensuale di aprire un libro, te lo devi comprare”.
Poi c'è tutta la parte centrale dedicata a Sheherazade e ad altre eroine della Mille e Una Notte (con una insistenza tale che si ha l'impressione che la letteratura araba non possa offrire di meglio), e alla differenza tra harem orientale (purtroppo vero) e harem occidentale (di fantasia e quindi inesistente, con la figura un po' strana del suo amico Jacques che si cambia cravattino a seconda del museo nel quale è esposto una dei numerosi quadri di argomento harem del pittore Ingres, sulla vita sentimentale del quale l'autrice si sofferma lungamente, domandandosi come la moglie non fosse gelosa del fatto che il pittore passasse il tempo a dipingere odalische nude). Inaspettati risvolti sociologici e altamente letterari dalle “Mille e una notte” che non posso esimermi dal citare a pag. 37: “Poi i dieci schiavi neri montarono le dieci ragazze, mentre la signora chiamava Masud, Masud e uno schiavo nero saltò da un albero sul suolo, corse verso di lei, e, sollevandole le gambe, si mise tra le sue cosce e fece l' amore con lei. Masud stava sopra la signora, mentre i dieci schiavi neri stavano sopra le schiave, e andarono avanti fino a mezzogiorno”. “La frase “Masud stava sopra la signora” sembra condensare la tragedia dell' harem: il fatale bisogno della donna di rovesciare la gerarchia costruita dal marito che l'ha rinchiusa, schierandosi e accoppiandosi con il suo schiavo maschio”. E via così freudianamente... Poi arriviamo a momento clou per me. L'amico Jacques (quello che si cambia cravattino a seconda del museo) propone all'autrice: “Perché mentre mi aspetti al bar non ti leggi “Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime di Kant?”. Due ore dovrebbero bastarti per leggere tutto il libro (ndr: trattasi di Kant, solitamente per comprendere un suo paragrafo è necessaria mezza giornata). Ma nessun problema per la nostra Fatema anche se pag. 72 confessa che “la mia istruzione elementare era consistita principalmente nel mandare a mente il Corano, gli dissi, e i miei anni alle superiori erano stati dedicati alla poesia preislamica”. Pertanto trova facilmente una sintesi e afferma nientemeno (pag. 73): “ La sola differenza tra un Imam e Kant è che la frontiera non concerne la divisione dello spazio in privato (riservato alle donne) e pubblico (riservato agli uomini), ma opera una divisione chirurgica in una inestricabile matassa di qualità umane come la bellezza (riservata alla donne) e l'intelligenza (riservata agli uomini)”.
Prescindendo dal fatto che mi sembra una forzatura considerare quello che pensavano grandi pensatori misogini (non solo Kant, ma Nietzsche, Shopenauer, Kierkgaard, tutti tra l'altro con enormi problemi caratteriali) due secoli fa e attualizzarlo (è come omologare i cattolici di 400 anni fa quando imperava l'Inquisizione con i fondamentalisti islamici moderni), è quasi sacrilego paragonare Kant ad un Imam, magari semianalfabeta...
Ricordo solo che Kant è colui che ha concluso la sua “Critica alla ragione pratica” con queste parole: "Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me".
L'ineffabile Jacques consiglia ancora la lettura di un trattato di Leon Battista Alberti, del quale volonterosamente l'autrice riporta alcuni brani, di cui non si capisce il nesso con la trattazione, ma probabilmente ciò contribuisce a dare al tutto un tono colto.
Ancora, una domanda a pag. 77, la quale è meglio che resti senza risposta, tanto è assurda: “Si può ipotizzare che l'attuale violenza verso le donne, nel mondo musulmano, sia dovuta al fatto che si attribuisce loro un cervello funzionante, e che in Occidente le cose siano più tranquille perché le donne sono ritenute incapaci di pensare, o questo fingono di essere, se i loro Imam hanno bisogno di ritualizzare questa illusione?”
L'apoteosi del libro è l'ultimo capitolo, nel quale la nostra Fatema ci informa che in un negozio di abbigliamento americano non ha trovato una gonna causa la sua taglia abbondante. Il corollario è che nell'Occidente la moda è in mano a stilisti uomini (il che è falso, basti pensare a Mary Quant, Cocò Chanel, Crizia, Fendi ecc.) e le donne sono in schiavitù perché costrette sempre ad apparire giovani, magre e belle, pena esclusione dalla vita sociale e lavorativa.
(Pag. 71): “Congelata in tal modo nella situazione passiva di oggetto, la cui stessa esistenza dipende dallo sguardo dell'osservatore, la moderna e istruita donna occidentale si ritrova nella posizione della schiava dell' harem.”
Concludo con una banale osservazione: se incrocio per strada una sessantenne “siliconata” con tacchi a spillo e minigonna, o una ragazza completamente tatuata, posso scuotere la testa e dissentire sulle loro scelte, ma se mi imbatto in una bambina completamente velata, o in una famigliola al mare con lui panzone in mutante e moglie e figlioletta bardate come astronauti mi indigno e mi sento profondamente offeso come uomo e come occidentale. Non si tratta di distinguere tra spazio e tempo; la distinzione è tra obbligo e volontà: non è tanto difficile da capire.
Maddalena (no): A livello formale è impostato in modo raffazzonato, a livello sostanziale si riduce a un tentativo maldestro di mettere in cattiva luce la condizione della donna occidentale, rispetto a quella della donna di cultura islamica. Mi hanno dato molto fastidio: insistere sul fatto che la sessualità della donna islamica è più sofisticata e intellettuale (solo perchè hanno una parola che significa "chiacchierare col proprio moroso di notte"; noi non abbiamo una parola specifica ma credo che tutti abbiamo parlato di notte coi rispettivi morosi/morose...). Affermare che la donna dell'harem aveva un certo potere, un certo ruolo, sviluppava arti e cultura. Sarà, ma resta che era una schiava chiusa in prigione. Anche i carcerati nostri spesso sviluppano capacità di studio, di pensiero, tutte le persone rinchiuse devono trovare un modo di dare senso alla loro condizione. Sherazade delle mille e una notte (vista come una grande donna) era abilissima a inventare storie, ma lo faceva nel tentativo di distrarre il sultano in modo che si dimenticasse di ucciderla come aveva fatto con le donne precedenti. Credo che anche la donna meno fantasiosa avrebbe sviluppato di colpo una grande creatività, date le circostanze... Che tristezza! E poi la questione di taglia 42 (ovvero il colpo di genio finale). E' vero che in occidente le donne sono culturalmente orientate a dover essere magre, giovani ecc. Ed è una cosa negativa. La differenza però è che se una donna va in giro indossando una taglia 56 non viene arrestata, imprigionata, pestata dai parenti maschi, lapidata (come succede se ad esempio giri senza velo in alcuni paesi). Al massimo subirà un paio di frecciatine da parte di qualche collega. Tra frecciatine, battute e lapidazione io so cosa scegliere. La nostra autrice pare essere invece indecisa... Ultima osservazione: credo che i movimenti femministi dovrebbero evitare di omettere dai loro documenti il problema dell'oppressione insopportabile delle donne islamiche. I documenti femministi sono pieni di critiche alla chiesa cattolica, per le sue posizioni su aborto ecc., ma stranamente reticenti sulle posizioni islamiche come matrimoni combinati, obbligo del velo, obbligo di fare figli a nastro ecc. Grazie al cielo non tutto l'islam è estremo, ci sono posizioni accettabili e vanno consolidate. Si deve "modernizzare" così come è avvenuto per il cattolicesimo in occidente. Ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla sofferenza di tante donne nel mondo, e qui da noi quando vengono ad abitare in occidente. Per non parlare delle persone omosessuali, che devono nascondersi in molti paesi islamici, pena la morte. Insomma, c'era poco da difendere per l'autrice, non è riuscita sicuramente a convincermi di nulla.
Alessandra Co. (sì): A me il libro è piaciuto: leggero, mi ha dato conoscenze che non avevo e riflessioni. Ho condiviso qualche vissuto immaginativo infantile, e il desiderio di Shahrazad di provare a salvare e cambiare il mondo. Ho riletto il commento di Massimo, piacevolissimo, che non condivido, e sono andata a rileggermi pag 23, l'ho letta tutta, e poi in fondo ho trovato la frase riportata da Massimo col suo "e Allora"? Ho proseguito la lettura fino a metà pag 24... E ho compreso. I pregiudizi presuntuosi dell'autrice, che l'autrice espone, legati alla invadente presenza della nostra cultura occidentale (non parla di Dante, o Brunelleschi, ma di simboli come Superman, o della Nasa, con obbiettivi che lei legge e vive in un modo specifico, e specificato in poche righe, la hanno portata a restare spiazzata davanti ai sorrisi e alla fragilità e vulnerabilità degli uomini occidentali. Si è resa conto che i pregiudizi avevano spogliato l'uomo occidentale della sua umanità. E nemmeno la filosofia sufi era riuscita a proteggerla dalla mancanza di rispetto per lo straniero.
Prossimo saggio: "Intelligenza artificiale. Guida al futuro prossimo" di Jerry Kaplan (preferito a "Come uccidere il padre" di Eva Cantarella e a "Triste America. Il vero volto degli Stati Uniti" di Michel Floquet)
Prossima proponente: Alessandra Co.
Prossimo incontro: 18 ottobre