La Mennulara (di Simonetta Agnello Hornby)

Proposto da Oscar

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di gennaio 2017

Sì: Oscar, Michele, Tomas, Gabriella, Giuseppe, Marisa, Maddalena, Alessandra Co., Alessandra Ce.
No: Massimo I.
Nì: Pierpaolo

Oscar (sì, proponente): qualche anno fa avevo l'abitudine di ascoltare i podcast dell'autrice su Radio Feltrinelli. Ricordo la sua introduzione ai podcast: "I pensieri di Simonetta Agnello Hornby: le riflessioni di un avvocato londinese trasformato in scrittrice italiana". Erano appuntamenti piacevoli perché raccontava delle sue esperienze professionali, del suo quotidiano, sia in Inghilterra che in Italia, e di tutte le implicazioni che derivavano dal fondersi di culture diverse. Dopo aver sentito tanto della sua vita mi è venuto naturale avvicinarmi alle sue opere. "La Mennulara" mi ha appassionato molto e ho trovato che un romanzo così avvincente andava condiviso con voi Assorbilibri.

Marisa (sì): Una Sicilia assolata, agreste, con i campi di mandorli, il canto dei grilli, i contadini all'opera, e un paese, Roccacolomba, con due classi sociali ben distinte, quella delle famiglie ricche e nobili e l'altra meno abbiente: è questo lo scenario che l'autrice ci descrive con una scrittura piana, scorrevole ed essenziale. La mennulara rappresenta un'anomalia che mal si adatta a questo mondo paesano, dove spadroneggia la pratica del pettegolezzo e dell'ipocrisia. È colei che da semianalfabeta riesce con la sua intelligenza, tenacia e sensibilità ad elevarsi culturalmente, fino ad acquisire quelle conoscenze che le permetteranno di diventare un'abile amministratrice dei beni di casa Alfallipe e un'appassionata estimatrice dell'arte greca. Soltanto pochi conosceranno la verità e, con essa, quegli eventi drammatici che hanno segnato l'infanzia e l'adolescenza della mennulara e che l'hanno portata ad essere quella che è in realtà: una persona schiva, generosa, onesta, fedele ai propri sentimenti e inflessibile contro ogni ingiustizia, ad onta dell'opinione generale e delle umiliazioni subite. Questo romanzo mi richiama l'ambiente un po' picaresco dei racconti di Camilleri da cui forse l'autrice ha tratto certi spunti, e mi ricorda un altro libro, "La porta" di Magda Szabò: anche qui troviamo lo stesso rapporto di sudditanza serva/padrona - padrona/serva e la stessa componente di orgoglio e di inaccessibilità che la “criata” erge a difesa della sua vera personalità, che rimane avvolta fino all'ultimo in un velo di mistero.

Pierpaolo (nì): Elenco innanzitutto gli aspetti positivi alla base del mio "nì". Mi è piaciuta la narrazione degli eventi attraverso le voci degli abitanti del paese: questa tecnica crea suspance e porta gradualmente a costruire un quadro complesso. Tra le cose che mi sono piaciute di meno: c'era qualcosa nella lingua che non mi convinceva. Anche la scelta dei nomi mi ha a volte lasciato perplesso: ad esempio quello degli Alfallipe, costrituito in maniera emigmistica, per anagramma. E ho trovato alcuni punti della trama troppo artificiosi. Mi ha fatto pensare a "C'era una volta in America", il film di Sergio Leone: anche lì si narrava della mafia d'un tempo, diversa da quella di oggi. Altro aspetto negativo: mi sono sentito trascinato in una sequenza fastidiosa di pettegolezzi di paese, fatta di morbose attenzioni per le vite degli altri.

Maddalena (sì): Ringrazio Oscar perché questo libro mi è proprio piaciuto. Penso a quanto dev'essersi divertita la scrittrice a costruire questa trama quasi poliziesca. E che piacere cominciare a leggere un libro che ti butta subito nella storia, già dalle prime pagine! Riguardo alla narrazione attraverso i pettegolezzi di cui parlava Pierpaolo: devo dire che fanno parte della vita di tantissimi contesti (e lavorando al comune di Trieste sono un'esperta). L'autrice ha saputo rendere molto bene le dinamiche anche complesse che le dicerie e i pettegolezzi possono generare. Se devo trovare un aspetto negativo, direi che non mi è piaciuto che il personaggio del mafioso sia quasi stato dipinto come un personaggio positivo. Al di là di questo, ho trovato avvincente seguire l'evoluzione del personaggio principale, da persona di umili origini a figura autorevole e geniale: quanto senso di rivalsa in questa storia!

Alessandra Ce. (sì): Il senso di curiosità verso le vite degli altri è descritto molto bene in questa frase del romanzo: "Quella storia era più avvincente del teleromanzo a puntate che le era permesso vedere". La storia è popolata da personaggi intensi e il libro mi ha proprio preso: negli ultimi giorni mi sono alzata alle 4 di mattina per finirlo di leggere. Tra le situazioni più grottesche, ricordo la scena della rottura dei vasi: una vera baraonda! Il finale, per i miei gusti, è stato troppo positivo: avrei preferito che la storia si concludesse con più pathos. Simonetta Agello Hornby si è rivelata una bella sorpresa e penso prioprio che leggerò altre sue opere.

Tomas (sì): Anche io ringrazio Oscar, che di solito propone bei libri (ad eccezione di "L'uomo che dorme", ma quando lo ha proposto io ancora non ero nel gruppo). Proprio come Marisa, anche io inizialmente sono stato disorientato per via dei tanti nomi dei personaggi. Il libro comunque l'ho trovato piacevole e l'ho letto velocemente perché ero curioso di scoprire cosa sarebbe successo. Mi sono chiesto "negli anni '60 in Italia le famiglie avevano ancora le domestiche?". In Repubblica Ceca è un'usanza sparita già dagli anni '30. Da noi la distinzione in classi sociali è stata eliminata dal regime comunista.

Michele (sì): Anche io avevo voglia di continuare a leggere questo libro per la curiosità. Tuttavia devo dire che poi non ho trovato evoluzioni eclatanti. Mi è piaciuto lo stile di scrittura, anche se poi non è molto più di un libro da ombrellone (la storia non porta a riflessioni). Essendo un avvocato, l'autrice è stata ben capace nell'ideare e scrivere una storia articolata di questo tipo (non ho molta fiducia negli avvocati italiani, per cui se fosse stata un avvocato italiano magari non si sarebbe rivelata così abile). Per finire, devo dire che, pur se spiegato nelle ultime pagine, sono rimasto perplesso per il fatto che l'autrice abbia dedicato il libro alla British Airways (come si fa a dedicare un libro a una compagnia aerea?).

Giuseppe (sì): Ho letto il libro in due giorni! Anche a me è piaciuto perché coinvolgente (decisamente meglio degli ultimi libri che ho letto col mio gruppo di lettura inglese). Anche io sono rimasto disorientato per via dei tanti nomi (ma è una cosa che mi succede sempre: nei libri non memorizzo i nomi dei personaggi, ma solo le loro iniziali e la loro lunghezza, o se hanno lettere ascendenti o discendenti). Mi è piaciuto lo stile di scrittura, tipico di un giallo. Come Alessandra, anche io sono un po' rimasto deluso dal finale. E mi ha contrariato che il personaggio del mafioso quasi fosse descritto con caratteristiche positive. Per non parlare poi del grosso fastidio che ho provato nella scena della distruzione dei vasi antichi: beni rari e preziosi distrutti in quel modo! Per ultima cosa cito una stranezza che ho notato: i titoli lunghissimi dei capitoli.

Alessandra Co. (sì): Mi ha colpito il maschilismo imperante. E anche il fatto che di una stessa persona si potessero cogliere rappresentazioni diverse a seconda di chi del paese venisse interpellato (ma dopotutto è normale: quando descriviamo qualcun altro un po' disegnamo noi stessi). Mi sono immedesimata nella Mennulara ragazzina, che stringe i denti nei momenti duri (mi ha fatto tenerezza e idealmente l'ho abbracciata). Al contrario di altri non mi ha stupito il comportamento riparatore del capomafia. La malavita ritiene lo stupro reato odioso. Chi finisce in carcere per questo motivo può passare dei brutti quarto d'ora.

Gabriella (sì): Il libro mi è piaciuto tantissimo: uno dei libri più divertenti e coinvolgenti che abbia letto di recente. Contiene una visione a 360 gradi della fauna umana. Interessante il fatto che la protagonista venga delineata gradualmente nel corso dei capitoli e in base alle testimonianze di varie persone (una specie di puzzle). La parte dei cattivi la fanno i figli Alfallipe, meschini fino in fondo. La Mennulara gli aveva lasciato beni preziosi e aveva predisposto tutto per facilitargli le cose, e invece loro fino all'ultimo non hanno capito come stavano veramente le cose. Ho trovato apprezzabile che pur potendo rifarsi una vita altrove, lei avesse scelto di restare con gli Alfallipe per amore e dedizione.

Massimo I. (no, via mail): Non mi è piaciuto e questi sono i motivi:

1) I pettegolezzi non mi hanno mai interessato e leggendo il libro si aveva l’impressione di spiare attraverso il buco della serratura, con tutte quelle comari che correvano da una casa all’altra a raccontarsi le ultime miserabili news

2) Non è sufficiente conoscere pirandello e camilleri per scrivere un buon romanzo, se da questi autori si prende il peggio

3) L’autrice sarà sicuramente di “sinistra”, si sarà sempre battuta in difesa dei deboli, degli emarginati, delle donne e bla bla bla, ma – sbaglierò sicuramente – il romanzo mi sembra l’apoteosi gattopardesca dello status quo, con la servitrice che può avere tutte le arie da padrona del mondo ma tale resta, con l’impiegato postale “comunista” ma raccomandato e fannullone, e una miriade di personaggi uno più negativo dell’altro, escludendo forse il vecchio medico.

4) Ma la cosa più insopportabile è la figura del vecchio padrino “severo ma giusto”: ma qualcuno si è accorto che l’autrice sembra fare l’apologia della buona vecchia mafia di una volta, quando c’era un codice d’onere, ovvero non si ammazzavano donne e bambini, ma solo quelli che se lo meritavano?


Prossimo libro: "Cent’anni di solitudine" di Gabriel Garcia Marquez (preferito a "Giro di vite" di Henry James e a "Rosso come una sposa" di Anilda Ibrahimi)

Prossima proponente: Gabriella

Prossimo incontro: 24 febbraio