Commento spedito da Marisa (proponente):
Premetto che, pur non avendolo letto prima, ho proposto questo libro in base a una mia vecchia lettura di Maalouf - "Samarcanda" - che mi aveva appassionato. Le aspettative erano quindi alte e in parte sono state disattese, sia per quanto riguarda la scrittura che per il contenuto. La scrittura è asciutta, facile anche a una lettura veloce, ma di carattere giornalistico. Il contenuto non lascia molto spazio a quell'immaginazione che il lettore ha bisogno di poter sviluppare man mano che il racconto prosegue, e molto è già dato per scontato.
L'approccio del narratore - l'alter ego di Maalouf - con il protagonista nasce dalla curiosità di toccare con mano un vero eroe della Resistenza francese. Lo segue, gli parla e riesce a vincere la riluttanza dell'altro a confessarsi. La storia passata si fa presente, il mito diventa realtà.
Il caso (o la fatalità?) porta il protagonista a entrare, suo malgrado, in clandestinità e a svolgere compiti delicati in seno alla Resistenza.
Fin qui il tono cronachistico del racconto non suscita particolare pathos nel lettore, che viene invece più coinvolto quando Baku - pseudonimo dell'"eroe"- subisce un trauma provocato da un'insolazione, ma più verosimilmente dalla separazione dalla moglie in seguito agli eventi drammatici della guerra in Israele.
"Io, dall'altra parte di quella frontiera invalicabile, avevo lasciato quello che di più caro avevo al mondo. Ero di fronte al destino come un topo di fronte a un gatto che ha smesso di giocare e si appresta a ucciderlo, Non si dice forse che in quel momento il topo, impaurito, si mette a girare in tondo, incapace di nascondersi, incapace di trovare una scappatoia per sopravvivere?" (pag.136)
Si assiste con un senso di malessere al suo internamento in manicomio e al suo progressivo smarrimento. Diventa completamente abulico, in balia dei farmaci e dei guardiani sanitari. E dice: "Se sono tuttavia sopravvissuto, è perché ci vuole una certa volontà per non sopravvivere. E non avevo nemmeno più quella volontà.... La vigliaccheria è senza dubbio disprezzabile, ma nondimeno appartiene al regno della vita. È uno strumento di sopravvivenza, come la rassegnazione" (pag.157)
Infine, il risveglio della propria coscienza e la riconquista della propria dignità di uomo e di padre. Ma anche la rinascita di un - stavolta - vero eroe che osa sfidare la morte, consapevole che porsi di fronte al rifiuto dell'ottundimento della ragione può significare la fine dei suoi sogni e l'abdicazione definitiva alla vita come essere pensante e come essere libero.
Un punto a favore di questo romanzo consiste, secondo me, nell'assenza di considerazioni morali da parte dell'autore-narratore. L'esposizione dei fatti è storica ma asettica, priva appunto di quei giudizi che avrebbero potuto, per bocca dei personaggi, restringere la visione globale del lettore e infirmarne le impressioni soggettive.
Chissà perché (!?), ho la sensazione di essere stata troppo prolissa e inconcludente, ma la verità è che il romanzo non mi ha "preso".
Presenti:
Loredana (new entry), Donatella, Marinella, Franca, Giovanna, Maddalena, Massimo, Concetta e Alessandra.
Il libro è stato proposto da Maria Luisa che questa sera non è con noi. Così per rispettare le tradizioni siamo costretti a leggere la relazione inviataci. La scelta del libro è legata alla lettura di Samarcanda dello stesso autore, letto anni addietro, la relazione si conclude con la constatazione : ..”il libro però non mi ha preso”.
I presenti ritengono l'assenza di Maria Luisa fatto grave e ingiustificato e da punire. Si è deciso che per 3 anni sarà esclusa dalla scelta e dalla proposta dei testi. (Spero di aver riportato correttamente la sentenza, ho dubbi su tempi e modalità. Vorrei suggerire il ricorso in appello.)
Il libro è piaciuto a: Massimo Frico (che benché assente aveva inoltrato meticoloso resoconto), Concetta, Donatella, Marinella.
Ni: Franca e Giovanna
Il libro non è stato letto da: Loredana (new entry), Maddalena, perché non ne aveva il tempo (doveva giocare a “piante contro zombi”, un gioco fantastico), Alessandra e Massimo.
Concetta: Il linguaggio del libro è corretto, un po' ricercato, colto. Originale l'inizio: in punta di piedi vengono esposte la vita del protagonista, la storia, le emozioni.
La conclusione, da impostazione buonista, lascia la speranza di una soluzione positiva.
(Ti prego Concetta integra, penso di aver riportato pochissimo di quel che hai detto)
Giovanna: Voto 6/7. La struttura narrativa è indiretta. Preferisco la storia narrata in prima persona o dal narratore esterno, che si immedesima di volta in volta nei vari personaggi. L'insieme mi è risultato mediocre.
Il personaggio però mi è piaciuto, anche se con moglie e figli non era un gran che, per il resto mi piaceva molto per la sua apertura mentale, cosmopolita, aperta.
Lascia la speranza che tutto finisca bene. E ora film e romanzi attinenti: Film “Plenty”, con Meryl Streep. Flashman dove la figura dell'eroe è legata a malintesi, destino e illusioni. Golda Meir.
Q: libro di un'ebrea sefardita, personaggio sincretico; paneuropeismo che trascende tempo e spazio.
Franca: Non posso dire che mi è piaciuto, ho apprezzato molto l'impianto, ma alla fine sono rimasta senza il motivo di questa scrittura. Perché è stato scritto? Concetta ci legge il lieto fine, quasi una catarsi nella speranza, ma io lo trovo poco realistico. Le coincidenze sono forzate, la seconda parte è proprio tirata.
Marinella: Facile e scorrevole alla lettura e bello l'aspetto della multiculturalità.
Ma lo stile non mi piace, è scritto male, forse le traduzioni tradiscono il testo originale.
I problemi sono vissuti in modo superficiale, si lascia intuire con superficialità le situazioni e la storia. Scrittura corretta, ma sciapa. Troppa carne sul fuoco trattata in modo superficiale.
Donatella: anni fa mi era piaciuto, rileggendolo: la delusione! Il personaggio mi infastidiva. Si fa vivere. Non coglie le situazioni. L'internamento e tutto il resto sembra un evento irreale, artificiale, una storia imbastita, inverosimile.
Marinella legge una frase che spiega percezioni diverse sintetizzate emblematicamente e racconta il rapporto fra fratelli (a pag 42)... Per lei mio padre era un tetto, per me era un soffitto.