La vita agra (di Luciano Bianciardi)

Proposto da Luisella

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di novembre 2020

LUISELLA (sì)

Ho proposto questo libro, modificando la mia terna iniziale, poiché era stato suggerito da Marinella di cercare tra gli audiolibri disponbili sul programma "Ad alta voce", per evitarci giri in libreria o in biblioteca. Suggerimento saggio che ho accolto volentieri. Tra Bufalino, Flaiano e Bianciardi, è stato scelto quest'ultimo. Contrariamente alle regole del gruppo, ho azzardato di proporre anche un testo che non conoscevo. Infatti non avevo letto "La vita agra".

Conoscevo Bianciardi di fama anche perché, in seguito ad un giro milanese improntato alla letteratura (sui passi di Buzzati e di altri autori) avevo preso un piacevole volume che vi consiglio: "Milano di carta". Tra i vari suggerimenti letterari per scoprire la città, c'era anche appunto Bianciardi sulla zona di Brera.

Avevo quindi solo questa infarinatura...

Prima di proporlo, mi ero informata sulla trama e avevo trovato quel che trovano tutti: un uomo va a Milano a cercare giustizia, per far saltare in aria il "torracchione" e vendicarsi della Montecatini che ritiene responsabile di un gravissimo incidente minerario a Ribolla in cui sono morti 43 minatori... ecc...

Ecco, proprio perché conoscevo un po' la trama, sono rimasta molto perplessa dinnanzi alle prime puntate dell'audiolibro. Mi aspettavo qualcosa di serissimo, amaro, rabbioso. E invece il testo e la lettura che ne fa Benvenuti mi accolgono con un vortice di invenzioni lessicali, con questa vulcanica ironia toscana... All'inizio insomma, non riuscivo a trovare il nesso tra quel che sapevo del libro e quel che ascoltavo.

Poi invece sono entrata nello spirito e ho trovato, sì, l'amarezza la rabbia la sete di giustizia. Semplicemente venivano espresse in un modo inatteso, innovativo e probabilmente geniale.

L'interpretazione attoriale non poteva essere più giusta.

Il romanzo mi è piaciuto moltissimo. Come in un altro libro che ho molto amato ("Un amore"), anche qui credo che la protagonista assoluta sia la città di Milano, tentacolare, disumana, grigia. Molto diversa da quella di oggi. Io trovo Milano bella e vivibile, ripulita dalle sue ombre, oserei dire "a misura d'uomo". Quella di Bianciardi invece è ancora la Milano scura e desolante, che condanna alla solitudine. Chi desidera andarsene, è costretto a starci dentro, a stare nell'ingranaggio, se non vuol perdere il lavoro e i contatti.

Il romanzo è evidentemente molto autobiografico. Tutto quello di cui Bianciardi parla (le difficoltà economiche, l'organizzazone del lavoro, il trovare casa, quanto tempo occorre per tradurre una cartella, quanto si guadagna a cartella, ecc...) sono cose che Bianciardi ha conosciuto, vissuto, patito.

Prepotentemente visionario, pieno di presagi, quando parla del consumismo portato all'eccesso (un frigorifero, anzi due, un'automobile, anzi due...) l'autore sembra davvero parlare della nostra società attuale.

Bianciardi con questo libro voleva scandalizzare e far arrabbiare molte persone dell'establishment culturale dell'epoca. Il sistema invece, per nulla scalfito, addirittura lo premiò con un successo immediato (anche se poco duraturo). Per Bianciardi probabilmente fu una beffa molto frustrante e dolorosa che lo portò a isolarsi sempre di più fino alla prematura fine.

Sono molto contenta di averlo proposto e mi auguro che Bianciardi venga degnamente recuperato e valorizzato. Il prossimo anno saranno cinquant'anni dalla sua morte: speriamo sia l'occasione giusta.

Infine, sono curiosa di vedere il film di Carlo Lizzani, anche se probabilmente Ugo Tognazzi nel ruolo del protagonista c'entra come i cavoli a merenda. A lui però va il merito di aver letto il romanzo e di aver chiesto alla produzione di realizzare il film.

PIERPAOLO (sì)

Milano, il boom e il Miracolo economico: due romanzi che abbiamo letto negli ultimi anni ce ne danno un ritratto impietoso, prima Un amore (1963), e adesso questo di Bianciardi (1962). Due libri che mi sono piaciuti moltissimo.

Su "La vita agra" basta dire poco:

  • Eccezionale la lettura di Alessandro Benvenuti, mi ha fatto passare la voglia di cercare il film di Lizzani, con un improbabile Tognazzi

  • Ironia, sarcasmo, parodia, polemica, invettiva, analisi sociale-sociologica-culturale, sono queste almeno alcune delle chiavi stilistiche e interpretative di cui lo scrittore si avvale per raccontare la sua storia

  • Romanzo della prima persona, diario di una lotta e di una sconfitta, nel ‘900 italiano fa pensare subito a La coscienza di Zeno, 40 anni dopo

  • Romanzo della solitudine assoluta, cui la società condanna chi non si integra, e rimane inseguito e perseguitato solo dai creditori

  • Romanzo dell’impossibilità dell’amore, non in famiglia, non fuori - dove il rapporto con Anna diventa quasi quello che si può trovare in una piccola impresa

  • Romanzo che sembra prevedere anche le lotte degli anni ‘70 e le loro sconfitte, il terrorismo, la fuga dalla società dei fricchettoni e degli indiani metropolitani

  • Romanzo che sembra anche purtroppo offrire una premonizione della fine dell’autore, con l’ubriaco caduto nella notte, abbandonato da tutti e non soccorso che da Bianciardi, che sembra indicare all’autore la sua futura fine nell’alcool

Ha tante corde diverse: ironia, sarcasmo, parodia, analisi sociologica, culturale... È una specie di diario molto concreto, dove molte persone si devono essere riconosciute.

Bianciardi voleva far arrabbiare che più persone possibile si arrabbiassero. Esempio, il dottor Fernaspe nasconde Guido Aristarco, importantissimo per la vita culturale italiana (la cattedra di Storia e critica del cinema si deve a lui). Per Bianciardi è l'esempio del parolaio che non ha a cuore le iniziative vere. Ad esempio, considera il caso dei minatori morti troppo "vecchio". Bianciardi si vendica cucendogli addosso questo personaggio.

Il libro mi ha fatto pensare a "La coscienza di Zeno". Ad esempio, quando Bianciardi racconta come sarà il mondo dopo la fine del capitalismo, l'ho trovato molto simile alla celebre fine del romanzo di Svevo.

È un libro cupo: parla di una lotta e di una ribellione che fin dall'inizio sono senza sbocco.

È un libro visionario che parla di molte cose che verranno. La lotta armata, l'omicidio politico, il consumismo eccessivo, il ritorno alla natura (come se ne parlava poi negli anni '70). Dal suo piccolo appartamento, dal quale usciva poco, Bianciardi vide molto...

Non lo conoscevo se non per sentito dire, è un outsider della letteratura italiana. Lo hanno osannato subito, ma poi lo hanno anche rapidamente dimenticato.

È stato una grandissimo traduttore (come è evidente da ciò che racconta). Ha tradotto oltre cento libri, tra cui tutto Miller.

La fine è molto amara. Quel volersi annullare almeno per sei ore nel sonno, lascia presagire quel desidero di annullamento più drastico che poi caratterizzerà la fine della sua vita.

MARINELLA (sì)

Ascoltare l'audiolibro non mi prendeva. Allora ho cominciato a leggere. La scrittura è bellissima. Il linguaggio è magnifico, l'uso delle parole incantevole. Ma non l'ho finito. Perché in questo periodo non riesco a concentrarmi.

SONJA (sì)

Inizialmente mi ha destato tantissima perplesità. Non amo gli audiolibri, però mi sembrava giusto ascoltare per restare nella medesima fruizione degli altri (per partire con lo stesso piede, diciamo così). Quindi mi sono un po' sforzata.

La lettura era molto rapida e l'ho trovata ostica.

Dopo un po' ho iniziato ad apprezzare il linguaggio, le espressioni, la tanta ironia che poi si rivela essere soprattutto autoironia. È molto autobiografico, ad esempio anche le due famiglie sono una vicenda reale. Nella realtà, infatti, la moglie si recò a Milano scoprendo la situazione con l'altra donna e ne venne fuori uno scandalo.

Procedendo nelle puntate, l'attore ha cominciato anche ad andare più piano e per me è stato meglio.

Ho scoperto tante cose, innanzitutto questa Milano anni Sessanta che mi ricorda quella di Celentano della via Gluck... Ho conosciuto la madre di Celentano che mi ha raccontato tante cose di quella Milano che ho ritrovato nel libro.

E poi ho scoperto altre cose... Ad esempio, anni fa, mentre traducevo la storia della letteratura latina di Conte, leggevo di San Fruttuoso. Io conoscevo solo quella delle Cinque Terre e ora ho scoperto che c'è anche questa di Milano, sconsacrata.

Ma quello che mi ha proprio presa è stato che Bianciardi scrive con il cuore, e usando molta ironia anche su cose tristi.

Un autore che non conoscevo.

GABRIELLA (no)

Non amo gli audiolibri, ho bisogno di avere il testo davanti a me, perciò ho letto. Dico no, anche se ci sono tanti elementi interessanti (le critiche sul boom economico, i commenti sulle grande azienze...).

Ma al di là di questo, l'ho trovato paranoico e angosciante, troppo pessimista, senza un filo di luce.

Non stupisce che l'autore sia morto a cinquant'anni.

È scritto benissimo, questo sì, con linguaggio colto, latinismi, ecc... Ma per me è stato faticoso. C'è l'ironia di cui dite voi, sì, ma non supera l'angoscia.

Mi ha dato fastidio anche il modo in cui parla delle donne.

MARISA (no)

Romanzo dall’impronta autobiografica che narra le vicissitudini milanesi di un mancato dinamitardo alle prese con le difficoltà di ogni giorno - quelle soprattutto di ordine economico - e alla ricerca di una stabile sistemazione lavorativa e remunerativa consona alle sue aspirazioni, ai suoi interessi culturali. Per mezzo di divagazioni continue, zeppe di dettagli anche grotteschi e locuzioni coniate di sana pianta l’autore denuncia gli effetti negativi del boom economico di una Milano convulsa, opulenta, grigia, avara di sentimenti, una Milano che certamente non favorisce l’emergere di quelle persone di talento che non accettano facili compromessi.

Il linguaggio spesso prosaico e senza veli, che risente in parte dell’influenza letteraria del neorealismo, si contrappone volutamente alle regole del bon ton della borghesia milanese fino a sfiorare la volgarità, dove - a mio parere - quest’ultima viene spacciata per anticonformismo. Il protagonista non nasconde la sua idiosincrasia verso chiunque non sappia o non voglia riconoscere e valorizzare le sue doti intellettuali e fa trasparire qua e là un atteggiamento maschilista: ne risulta così un personaggio perdente, privo di autoironia e autoreferenziale che lascia intuire le sue frustrazioni e la sua tendenza a una sorta di vittimismo. Infine, la scrittura a tratti indecifrabile e la scelta dell’autore di mescolare satira e umorismo, rabbia e insofferenza, rendono la lettura molto faticosa.

ALESSANDRO (sì)

Inaspettatamente "La vita agra" mi è piaciuto molto. Ho ascoltato i podcast di Ad alta voce, trasmissione per la quale ho grande apprezzamento. Esprimo alcune considerazioni sulla storia narrata e sullo scrittore. Per quanto riguarda il primo punto ritiengo che il romanzo sia l'efficace descrizione della transizione dell'Italia verso il mondo e la società in cui viviamo oggi. Trovo il romanzo particolarmente attuale anche se è stato scritto sessanta anni fa. A tale proposito ricordo le descrizioni dell'impatto del telefono sulla vita del protagonista, del supermercato, della precarietà del lavoro e della disumanizzazione della grande città (ad esempio, quando l'autore confronta il tragitto quotidiano del protagonista, sconosciuto tra sconosciuti, con quello sul treno locale della sua Toscana dove tutti si conoscono).

Sono rimasto colpito dalla vicenda biografica dello scrittore morto prematuramente, probabilmente per il grande disagio provato nella nuova Italia degli anni '60 che aveva saputo descrivere così bene, nel suo finto luccichio e nelle sue contraddizioni.


Prossimo libro: "Una cosa divertente che non farò mai più" di David Foster Wallace (preferito a "Il barone rampante" di Italo Calvino e a "C'era due volte il barone Lamberto" di Gianni Rodari)

Prossimo proponente: Pierpaolo

Prossimo incontro: 18 dicembre