Oscar: Il romanzo è riuscito a coinvolgermi poco, condividendo in gran parte le opinioni degli altri sullo sviluppo incompleto di circostanze e personaggi. Pur provando a contestualizzare il romanzo nel periodo in cui è stato scritto, ho trovato poco interessante il richiamo continuo al lusso e a dettagli estetici poco significativi. I miei gusti in tema di situazioni e personaggi intensi avrebbero dovuto se non altro coinvolgermi nell'esito drammatico della storia, invece ho trovato non ben congegnata anche questa parte. Per chiudere con una battuta, vorrei sottolineare alcune carenze della scrittrice anche in tema di economia domestica: non è affatto facile pulire una chaise longue di velluto rosso da certi fluidi organici, soprattutto se si procede alla pulizia il mattino dopo. Il business dei tappezzieri si basa su certe superficialità.
Alessandra: Ipotizzavo questo congelamento emotivo e questa necessità di situazioni“Forti” come volontà da parte della scrittrice di comunicare il mondo emotivo della protagonista. Lei, congelata dal suicidio del fratello incestuoso, deve non più rifiutare il suo corpo, la sua sessualità è messa volontariamente al servizio in situazioni scorrette, trasgrassive, quasi a perdonare e a perdonarsi, vivendo nuovamente il danno mai perdonato, mai affrontato dalla famiglia.
E' vero, non possiamo dare le cause dei nostri problemi ai nostri predecessori, come mi è stato risposto, ma è chiaro che nell'adolescenza certi impulsi fortissimi e troppe emozioni, non sono ancora collocati.E' già cosi complesso farlo da adulti. C'è un'enorme incoscienza e bisogno di vicinanza nel gettarsi nelle braccia del futuro psicologo, mentre gli altri, che dovrebbero essere a te più prossimi ti allontanano dicendo di volerti proteggere.
Ti accusano silenziosamente di un fardello che porterai da sola per anni e si allontanano giuduicanti. Ad Anna non resta che cercare di capire sperimentando quasi scientificamente il proprio vissuto.Non ci sono emozioni. Non potrebbe viverle perchè troppo dolorose ed assolutamente incomprensibili. Non possiamo viverle neppure noi lettori.
Da parte sua solamente un tentativo di analisi, non conclusa (fino a quando è la stessa tragedia che, ripetendosi, evidenzia un limite che può giustificare un'etica), non collocata in limiti mai consegnati da rapporti umani forse troppo superficiali. Ho tentato di giustificare la scrittura del testo. Non è un giudizio sul testo.Solo un'esposizione, una riflessione della possibile interiorità della scrittrice.
Maddalena: Prima domanda, mi è piaciuto? Risposta, mettetemi fra quelli del “no”. Tre considerazioni:
1) TORQUEMADA: Ecco un esempio di storia “finto-trasgressiva” – contiene un elemento di trasgressione (la forza della passione sovrasta tutto) ma però… perché il protagonista viene punito in quel modo orribile nel finale, divenendo causa della morte del figlio? Neanche Torquemada ai tempi dell’inquisizione avrebbe potuto trovare un finale più punitivo per l’orrendo peccatore. Infierire tanto vuol dire alla fine essere fortemente moralisti.
2) UN FINALE ALTERNATIVO: fino a tre quarti il libro pareva proprio un libro rosa della collana Liala.. Solo che quelli almeno finiscono bene, l’amore trionfa. Qui l’amore diventa orrore e morte. Quando ero arrivata a tre-quarti, mi ero fermata a immaginarmi alcuni possibili finali, poi leggere quello vero mi ha molto deluso. Vi propongo il mio finale alternativo preferito: ... si arriva alla vigilia del matrimonio, il nostro protagonista sta per uscire per incontrare Anna segretamente, ma si è dimenticato il portafoglio, allora fa un salto a casa, e lì vi trova….. sua moglie Ingrid a letto con Johnatan (il ragazzo della figlia). Rimane allibito, sua moglie però si avvicina e gli dice qualcosa tipo “Caro, sai, solo ora mi sembra di essere viva, mi annoiavo talmente tanto con te…” Chi la fa l’aspetti.
3) RICCHI E POVERI: Altra cosa che mi ha dato fastidio è che l’autrice si è facilitata estremamente il lavoro ambientando la vicenda tra gente ricchissima. Facile così “dove ci vediamo stasera?” “Aspetta tesoro, ho giusto 400.000 euro in tasca, mi compro un attimo un attico in piazza della Borsa e così abbiamo risolto il problema della serata”. Pensate invece le difficoltà narrative se fossero state persone normali (“Caro suocero, non posso venire alla tua mega tenuta di Harvey sabato, ho il turno di notte in fonderia…”). Ho pensato che se Anna non era così ricca, invece che in casa magari avrebbero fatto sesso in macchina e Martyn invece che cadere dalle scale, avrebbe al massimo tirato un calcio al parabrezza della cinquecento di Anna, slogandosi la caviglia. Da questo ho tratto la morale “a volte è meglio non avere soldi”.
Alessandro: Innanzitutto concordo con il finale di Maddalena: se erano tutti poveri non capitava la tragedia e il povero figlio si sarebbe semplicemente slogato la caviglia. Quindi, visto che il denaro non fa la felicità ma anzi porta alla tragedia, se qualcuno di voi desiderasse liberarsi del suo (poco o molto che sia) mi offro di liberarlo del pericoloso fardello.Il libro mi ricorda un po' una tragedia greca: alla trasgressione segue la terribile punizione degli dei. Forse c'è qualche altra possibilità...che ne dite?
Penultima considerazione: riusciremo a leggere qualcosa di un po' più leggero e dal finale lieto ma non stupido?
Giovanna: Il commento di Maddalena mi ha fatto ridere di gusto! Ho solo una cosa da dire, ed è che anni fa la figlia del mio capo è andata a fare un giro di interviste in UK a scrittrici in lingua inglese, e mi ha detto che Josephine Hart è una tipa sposata con un miliardario, e che vive ad altissimo livello: per cui, la collocazione dei suoi libri non è furbetta, nè strumentale per affascinare le donnette che leggono: ma è semplicemente lo strato sociale che conosce meglio, perchè ci vive. A parte ciò, ricordo che io dopo aver letto "I Malavoglia", mi dissi: "Voglio leggere solo libri in cui le donne si fanno il bagno tutti i giorni, e gli uomini indossano camicie di seta!" (citazione da Pitigrilli).
Massimo M.: Ho finito ieri il libro e sono sostanzialmente d'accordo con Luisella. Molti romanzi sono fondati su delle idee di base non particolarmente originali, ed è la capacitaà degli autori a trasformarli comunque i capolavori indimenticabili. In questo caso l'idea portante è la forza inarrestabile della passione, che trascina alla rovina un uomo e quanto ha costruito intorno a lui. L'autrice purtroppo dimostra fin dalle prime pagine di non essere sempre all'altezza del compito. Confrontate la rovina causate dalle indegnità morali e malgrado ciò la tragica grandezza di protagonisti di memorabili romanzi quali ad esempio "Una storia di San Francisco", o "Una tragedia americana" o "Lolita", o ancora "Papà Goriot" e capirete cosa intendo dire.
L'impianto del romanzo è, per così dire, scolastico. Le prime cinquanta-sessanta pagine ad esempio sono scritte per far esclamare al lettore che il protagonista è stato proprio fortunato, non gli manca nulla, cosa vorrebbe di più oltre ad essere ricco, sano, con una bella moglie due figli e una promettente carriera nientemeno come ministro? Poi avviene l'incontro con la femme fatale e in modo inopinato, troppo inesplicabile inizia il dramma, che tutti i lettori nel frattempo aspettavano con ansia, tanto stucchevole era l'atmosfera (d'accordo, concediamo che l'effetto era voluto dall'autrice). La Hart poi, è evidentemente assai fiera della sua concezione filosofico-esistenzialista sul "danno" (se non ricordo male questa geniale trovata, uno che ha subito un danno nel passato, danneggia gli altri poichè è riuscito a sopravvivere) e la ripete svariate volte nel corso del romanzo (neanche avesse inventato le tre leggi della robotica di Asimov!) e questo per giustificare il comportamento di Anna, che si dibatte tra atteggiamenti masochisti da Histoire d'O e altri da seduttrice tipo Emanuelle (notare che sono tutti libri contemporanei). Un'altra debolezza del libro sono i dialoghi, inesistenti tra i due amanti (impegnati a far altro), molto forzati e ripetivi tra marito e moglie che continua a dire, petulante: "Caro, sai che non mi piace tanto quell'Anna?" Come accennavo prima, il protagonista - è emblematico che già adesso non mi ricordo più come si chiama - non riesce mai ad acquisire una sua tragica grandezza, neppure nel finale. E a proposito del finale, anche l'artificio di mandare a capoverso con tono piatto le tre ultime frasi appare un po' scolastico. Un racconto che ho scritto io a ventidue anni e che ho ripudiato terminava dopo un drammatico tentativo di suicidio in modo praticamente analogo, con frasi del tipo: "Le luci erano spente." "L'uomo scese a valle." "Senza fretta."
Sulla copertina ho letto che la Hart ha venduto ancora prima di terminare questo suo primo romanzo i diritti a undici case editrici per 550.000 dollari e Luis Malle ha subito deciso di girare il film ( che non ho mai visto). Che c....fortuna spropositata!!!
Comunque il giudizio finale non è del tutto negativo. Il libro è scorrevole alla fine, malgrado i dialoghi, le ripetizioni, i personaggi di contorno privi di spessore, riesce a tener desta l'attenzione e a incuriosire fino al finale. E poi non è pretenzioso come ad esempio "Creatura di sabbia" o "il Minotauro".
Marinella: Concordo con lei che non si possa neanche immaginare un altro al posto di irons, aggiungo che non vedrei neanche nessuna altra al posto della binoche, che le due madri, miranda richardson e leslie caron, sono semplicemente perfette e tontolone in giusta misura rupert graves, il figlio, detto tutto questo, non trovo che il film sia tra i più riusciti di louis malle, regista che amo molto e che considero straordinario in "au revoir les enfants" e in "lacombe lucien", film che trattano entrambi dell'adoloscenza, tema molto caro al regista, ne "il danno" il sesso non è troppo "sporco" (definizione di woody allen) e al contrario un po' troppo patinato e ben fotografato...... ma forse semplicemente la binoche non è la jeanne moreau di "les amants"............
E la conclusione di irons, quando rivede la binoche dopo tanti anni e dopo le tante sciagure che lui ha causato, "era come tutte le altre", non mi soddisfa molto...... anche se in fondo perfino proust dice di odette "mi sono rovinato la vita per una che nemmeno mi piaceva" (è una mia parafrasi perchè non ricordo le esatte parole).......
A parte questa mia piccola critica il film è molto affascinante e godibile, il romanzo l'ho letto per curiosità dopo aver visto il film e all'epoca non l'avevo trovato per niente male.....
Liviana: Il libro l'ho letto quando era da poco uscito e quindi una decina e passa di anni fa... tutto sommato non mi era dispiaciuto (a parte il finale s'intende) perchè allora confesso mi piacevano molto di più i libri che contenessero tematiche sull' animo umano tratteggiate in maniera un po'oscura (ero anche, per lo meno come lettrice ma anche come essere umano un po' più ingenua). Il tutto per dire che forse oggi ad un'ulteriore lettura non mi piacerebbe più come allora.