Gli occhiali d’oro (di Giorgio Bassani)

Proposto da Marinella

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di aprile 2016

Sì: Marisa, Oscar, Michele, Luisella, Pierpaolo, Alessandra Ce., Alessandro, Mirella, Marinella

Nì: Tomas, Massimo I., Alessandra Co., Maddalena

Marinella (sì, proponente): Il libro l’avevo letto tanti anni fa, l’ho proposto perché mi piace Bassani di cui amo moltissimo ‘Il giardino dei Finzi Contini’. L’ho riletto con piacere per la sua costruzione raffinatissima. Il giovane ebreo (Bassani stesso?) racconta la storia di Fadigati. E’ la storia di due diversità in un periodo storico, quello delle leggi razziali, in cui non erano tollerate.

Mirella (sì): E’ una descrizione di Ferrara molto lucida, senza sentimentalismi. Tratta di due personaggi emblema della diversità non accettata. Mette in evidenza l’ipocrisia. Il dottore viene accettato finché non mette in luce la sua diversità. La narrazione porta direttamente al finale, costruzione stringata. Leggendo il libro ho apprezzato ancora di più il film. L’ho letto pensando alle immagini del film. Film stupendo.

Alessandra Co. (nì): l’avevo già letto. Ritrovo i ‘Finzi Contini. Scritto bene ma niente di più.

Tomas (nì): ‘Finzi Contini’ mi era piaciuto molto. Questo lo trovo troppo breve e un po’ trascurato. Sembra un racconto scritto velocemente.

Maddalena (nì): L’argomento è importante ma mi piacciono i racconti con colpi di scena e con finali che mi meraviglino e qui non ci sono. In questo libro poi mancano le emozioni. I cattivi presagi delle leggi razzali mi hanno ricordato i diari di Etty Hillesum, giovane olandese ebrea che teneva un diario per motivi personali (racconta di amori e problemi) in cui riportava anche notizie dell'attualità che stava vivendo e l'evolversi della persecuzione. Colpisce come le prime "timide" misure antisemite venissero accettate con l'idea che "pazienza, se si tratta solo di rinunciare ad andare in bici nel parco, o a altre cose simili...". Nessuno si aspettava la terribile escalation che sarebbe avvenuta. Il padre del protagonista in "Gli occhiali d'oro" crede alle rassicurazioni della polizia. L'elemento comune è che le persone qualsiasi faticano a immaginare fin dove può arrivare il Male. E questo secondo me è un monito (attualissimo) a stare molto attenti ai segnali premonitori dell'attecchire di un pensiero pericoloso (come l'attuale xenofobia e terrore nei confronti dei profughi e dei migranti).

Luisella (sì): Il mio è un Sì, il libro di Bassani mi è piaciuto. Purtroppo l'ho letto molto in fretta, e questo non gli rende giustizia. Ma ho comunque apprezzato la scrittura piana, sobria, classica, un po' distante forse, che però ho trovato molto adatta. Mi è piaciuto come Bassani si avvicina al personaggio in maniera quasi cinematografica, come in un piano sequenza che inizia lontano, in alto, a volo d'uccello, per poi scendere e osservare Fadigati sempre di più nel dettaglio. L'ambulatorio, le abitudini, il passeggio tra la folla, quali vetrine lo attraggono, il modo di vestire... Trovo che fino ad un certo punto tutto sia molto morbido. Anche quando sorgono i primi "sospetti" su di lui, la gente li esprime comunque in modo rarefatto: basta una strizzatina d'occhio, la gomitata, la frase sospesa (uno così...), restando in un clima generale di stima e rispetto. Fino a quello che invece mi sembra un momento forte (e di cesura che introduce a una sorta di seconda parte), quasi uno schiaffo al lettore. Quando sul treno, a chi gli chiede chi sia Fadigati, Deliliers risponde definendolo "vecchio finocchio". Una frase che mostra in un lampo sia il carattere crudele di Deliliers sia come il pettegolezzo strisciante sia divenuto ormai molto marcato e cattivo. Unica critica: ho trovato troppo brusco e poco credibile il passaggio dalla riservatezza con cui Fadigati vive la sua omosessualità alla vacanza a Riccione durante la quale mangia dorme e va in spiaggia con Deliliers, senza più pudore. Mi sarebbe piaciuta maggiore introspezione psicologica in questo punto, per capire bene che cosa passa nel cuore di Fadigati, cos'è che lo induce a superare tutte le sue cautele, i timori, il riserbo. Ma naturalmente questo non sarebbe stato possibile, visto che Bassani usa l'io narrante del giovane amico testimone della vicenda, espediente che non consente di entrare più di tanto nell'animo del protagonista. In certi momenti, Fadigati con Deliliers mi ha fatto ripensare a Antonio Dorigo e Laide: stessi meccanismi, stessa personalità debole che, più viene trattata male, più cerca la compagnia e l'approvazione del suo "aguzzino".

Alessandro (sì): mi ha colpito il senso di solitudine, intensa e inevitabile, il senso di vergogna, l’odio per se stesso di Fadigati e come viene descritta la voce collettiva della città. Non ci sono colpi di scena, è un quadretto che fa parte di un polittico cui si aggancia.

Michele (sì): Libro che inizia con la fine eppure ci tiene agganciati. E’ avvincente. Bassani è coraggioso, non usa colpi di scena, la storia E’ un colpo di scena. Ebrei, omosessuali sono colpi di scena. Lo stile pacato ci impressiona, quindi lo trovo un libro con forti colpi di scena. Non si può paragonare ai ‘Finzi Contini’ che descrive un ambiente chiuso, loro decidono chi entra e chi esce dalla loro casa, qui no, sono le persone che decidono di entrare e di uscire. Stile silenzioso, pacato. E’ importante la musica nel libro. E’ un libro colto.

Alessandra Ce. (sì): Il libro va bene così. Stile che conduce piano nella vita dei personaggi e del tempo. I sentimenti ci sono ma non vengono rivelati. Mi è piaciuto tanto lo stile pacato e silenzioso.

Massimo I. (nì): Positiva l'ottima descrizione ambientale: leggendo ti trovi immediatamente immerso nel clima dell'epoca e riesci a percepire i colori, i suoni, quasi gli odori dell'epoca. Anche lo stile pacato non mi dispiace, sebbene un po' troppo lento. Fastidio e noia invece per certa terminologia “classista” (anche se non bisogna dimenticare che ancora negli anni Cinquanta e Sessanta i ceti sociali erano ben distinti e spesso impermeabili l'uno con l'altro): “la donna di servizio”, che non merita neanche il nome, “le donnette”, “tipi dei sobborghi, se non addirittura di campagna”, “due ragazze qualunque, da portare in pineta, come era facile, o due signorine di buona famiglia, da intrattenere sulla spiaggia sotto i vigili occhi di un'altra signora Lavezzoli”... sono estratti che penso non abbiano bisogno di commento, sono stati scritti da un riverito e ammirato frequentatore dei salotti buoni di Sinistra, ma potrebbero benissimo essere stati scritti per esempio da Buzzati, che mi pare avesse un diverso orientamento politico... Ma Bassani era un antifascista, e ha fatto anche qualche mese di galera in quanto tale! Ma se il regime invece delle leggi razziali, avesse emanato delle norme a discapito dei filatelici o degli entomologi, quanti della ricca borghesia ebraica che magari erano fascisti della prima ora, avrebbero cambiato orientamento? Mi viene da pensare alla Danimarca, l'unico Paese che ha avuto l'ardire di rigettare apertamente le imposizioni razziste da parte dei nazisti (ricordare la famosa frase su il re di Danimarca che sarebbe stato il primo ad appuntarsi la stella gialla?): in questo eroico Stato, quanti ebrei erano fascisti e poi sono diventati antifascisti, e poi celebrati in quanto tali? Va beh, la sto facendo troppo lunga...

Pierpaolo (sì): Bassani è uno degli scrittori con la missione di ricordare quello che era avvenuto negli anni del fascismo. Chiavi particolari sono la nostalgia e la malinconia. Parla della Ferrara ebraica degli anni 20 e 30. Racconto lungo che fa parte di una serie scomparsa di racconti. Mancano colpi di scena? ma come possono esserci se racconta di una storia che tutti conoscono. Mi piace moltissimo la descrizione di presentimenti, di cose che stanno per finire, il destino degli ebrei, l’estate dell’adolescenza... Sappiamo già come va a finire eppure è avvincente.

Marisa (sì): In questo breve romanzo Bassani affronta con estrema delicatezza il tema dell'emarginazione che accomuna l'uomo dagli occhiali d'oro e il giovane studente ebreo. Così, come le sue analisi sono equilibrate nel rievocare l'origine ancestrale della persecuzione subita dagli ebrei, anche il suo linguaggio è altrettanto misurato quando esprime per bocca dell'io narrante - il suo alter ego - il profondo, totale senso di solitudine e di scetticismo in contrasto alle speranze ambiziose, da parte della comunità israelita, in un futuro benigno. Lo sfondo di Ferrara nel periodo fascista e prebellico fa da cornice a una società ricca e borghese che è ostile a tutto ciò che intralcia gli stereotipi di una vita condotta all'insegna del perbenismo e dell'ipocrisia. È una città in cui regna un'atmosfera di oscuri presentimenti e di pregiudizi antisemiti che sfoceranno ben presto nelle leggi razziali del '38. Le ultime pagine sembrano chiudere definitivamente la parentesi di un capitolo - quello della gioventù spensierata - che si riassume nelle parole amare dell'io narrante: Che cosa volevo? Che cosa pretendevo, io? Quasi egli volesse ritrarsi con la rassegnazione e l'impotenza di chi riconosce nel flusso degli eventi nient'altro che l'impronta del destino.

Oscar (sì): Non ho letto il libro, ma ho ascoltato le registrazioni di RAI3. Come Luisella, trovo brusco il passaggio alla vacanza a Riccione e l’abbandono alla passione. Sono rimasto male nel finale, mi sembra che il ragazzo narrante sia rimasto quasi indifferente alla notizia della morte del dottore.


Prossimo libro: "Gente di Dublino" di James Joyce (preferito a "Piccoli equivoci senza importanza" di Antonio Tabucchi e a "Passeggeri notturni" di Gianrico Carofiglio)

Prossima proponente: Alessandra Ce.

Prossimo incontro: 27 maggio