Il bosco delle volpi (di Arto Paasilinna)

Proposto da Marisa

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di marzo 2014

Sì: Alessandra, Marisa, Massimo M., Michele, Oscar, Piero, Tomáš

Nì: Gabriella, Giuseppe, Marinella, Massimo I.

Alla discussione non hanno partecipato Giovanna (libro non letto) e Maddalena (andata via anzitempo).

Marisa (sì, proponente): Le situazioni e i personaggi surreali, fiabeschi, sono narrati con un senso di umorismo che non tralascia nemmeno i fatti più tragici. In quell'eremo sperduto della foresta lappone si crea una convivenza in cui viene a galla l'aspetto umano più nobile, quello della solidarietà, dell'amicizia, dell'affetto, nonostante la reciproca diffidenza iniziale fra i personaggi. Una dimostrazione e una conferma di come viceversa la cosiddetta civiltà possa deteriorare i rapporti umani spingendo, come minimo, a velarsi di ipocrisia e di conformismo gli istinti più bassi dell'uomo. Questo romanzo è un piccolo grande omaggio alla libertà che forse si può trovare soltanto quando si è immersi nella natura.

Piero (sì): Ho trovato delle corrispondenze in Jack London per certi aspetti che riguardano la natura, che è la vera protagonista del romanzo. Natura che è capace di smussare le angolosità delle persone in quanto possono meglio ragionare nel suo contesto, natura intesa come medicina dell'animo umano. Naska, l'arzilla novantenne, è forse l'eroina del romanzo: è colei che si rifiuta e si ribella alla prigionia forzata dell'ospizio per vecchi e s'inserisce perfettamente nel ménage dei suoi nuovi amici.

Alessandra Co. (sì): Dopo un inizio di lettura che mi ha dato modo di abituarmi alla scrittura dell'autore, il romanzo mi ha interessato molto. Inverosimile, onirico, infantile, il mondo descritto è simile a un gioco che coinvolge i personaggi in eventi assurdi. È una favola, in cui però si riconoscono le situazioni che avvengono nella realtà. Dietro le dinamiche e i comportamenti assurdi s'intravedono quei processi autentici che fanno parte della nostra vita.

Gabriella (nì): La mia prima impressione è che l'autore si sia inventata la trama sul momento. I personaggi e le situazioni sono grotteschi, mentre le descrizioni della natura danno la percezione reale di sentire il rumore del vento e di vedere le aurore boreali. La natura fa emergere il lato migliore dell'uomo fino a trasformarne addirittura il carattere: si può cogliere un esempio nel maggiore Remes, che da dispotico e violento diventa un mite servitore e un tenero innamorato.

Giuseppe (nì): Effettivamente la trama sembra raccontata sul momento. Le situazioni demenziali non mi piacciono. Anche se la lettura è veloce e scorrevole, trovo il romanzo insipido, superficiale.

Marinella (nì): Inizialmente non riuscivo a entrare nel racconto, tanto le situazioni sono lontane dal mio modo di pensare e dalla mia formazione culturale. In un secondo tempo ho trovato la lettura quasi piacevole, come ad esempio la bellissima descrizione della scena di Natale. La trama è narrata con molta vividezza e si ha l'impressione di “vedere” le vicende che vi sono rappresentate, ma alla fine l'insieme della storia non mi ha convinto.

Massimo I. (nì): Faccio un parallelo con Amélie Nothomb: in ambedue si ritrova una fantasia sfrenata. In particolare penso che le opere di Paasilinna siano create da una mente infantile senza essere coadiuvate da vera intelligenza: un romanzo deve essere consequenziale e qui mancano i nessi logici e tutto è avulso dalla realtà, privo di umorismo e descritto con un cinismo da quattro soldi. È un autore assolutamente sopravvalutato.

Oscar (sì): È un autore che già conosco e che amo. Di Paasilinna ho letto "Piccoli suicidi tra amici" e "Il figlio del dio del Tuono", che vorrei proporre in una mia prossima terna. Le sue descrizioni richiamano lo stile di rappresentazione cinematografica, o più precisamente dei cartoni animati. Basti pensare al volpacchiotto Cinquecentino e alle sue apparizioni di animale semiaddomesticato. I vari passaggi tra una situazione e l'altra sono geniali, comici, paradossali, come la trovata della falsa icona russa - dipinta con un carboncino e con gli ammenicoli per il trucco da Remes e da Cristine – che finisce per diventare un autentico pezzo da museo custodito dalla Chiesa ortodossa finlandese ma rivendicata come oggetto originale dal metropolita di Costantinopoli.

Massimo M. (sì): È un romanzo geniale, dissacrante, ridicolo, di significato capovolto rispetto alla realtà. È una favola vista con lo sguardo infantile e ingenuo di un bambino. Ma dietro questa apparente superficialità si scorge l'assurdità di ciò che rappresenta la nostra società. Paasilinna ha proiettato nella natura la civiltà con tutte le sue comodità (ci sarà perfino una vasca da bagno!), così che i personaggi si sono costruiti un mondo a loro misura pur vivendo in un dorato isolamento. Penso che il racconto non sia affatto privo di coerenza, perché alla fine tutto il cerchio si chiude: infatti ognuno tornerà a vivere il proprio ruolo nella società, anche se qualcosa li avrà cambiati per sempre e in meglio. Mi è dispiaciuto finire il libro.

Tomáš (sì): A differenza de "La versione di Barney" e "La donna che sbatteva nelle porte", che avevano ambedue per protagonisti due beoni, questo romanzo mi è piaciuto. Anche il maggiore Remes, con tutto il suo vizio del bere, mi è riuscito simpatico: è un personaggio brutale che poi diventa remissivo, al punto di servire Oiva in tutto e per tutto e di trattare la vecchia Naska con tenerezza. Insomma, ho trovato questo libro molto scorrevole e divertente.

Michele (sì): Sullo sfondo del romanzo vi è la natura che salvifica, verso cui Oiva e Remes tentano di compiere la loro fuga dalla noia, dai doveri imposti dalla civiltà. È una ricerca della libertà, anche se essi non comprendono fino in fondo il significato della loro fuga. Pur di sentirsi nella normalità essi sentono il bisogno di crearsi dei limiti, ritornando così in una gabbia che li rinchiude nuovamente nell'assuefazione della vita sociale. Si è in presenza di un climax, dove c'è una crescita continua di fatti ed emozioni tesi al raggiungimento di obiettivi che però sono destinati a fallire quando tutto rientra nell'ordinarietà della vita. Scritto che non banalizza il significato dell'esistenza, la cui metafora è rappresentata da Naska, la vecchietta con i suoi ricordi e la nostalgia del passato, ancorata alle abitudini della sua terra perduta.


Prossimo libro scelto: "Estensione del dominio della lotta" di Michel Houellebecq (preferito a "Bartleby lo scrivano" di Herman Melville e a "Ethan Frome" di Edith Warthon)

Prossimo proponente: Giuseppe

Prossimo incontro: 25 aprile