Presenti: Alessandro, Katia, Pierpaolo, Luisella, Marinella, Oscar, Gabriella, Sonja.
Sì: Luisella, Pierpaolo, Marinella, Oscar, Gabriella.
Nì: Katia, Sonja.
Luisella (sì, proponente): Nella mia terna avevo proposto Yates con qualche scrupolo perché nel gruppo l'avevamo letto già due volte, con le raccolte di racconti "Undici solitudini" e "Bugiardi e innamorati". Eppure ho voluto farlo perché secondo me mancava il suo capolavoro che è questo, e sono felice che sia stato scelto e letto.
Revolutionary Road per me è un romanzo straordinario e banale, nel senso che la scrittura di Yates è straordinaria ed è al servizio di una storia banale (come piace a me), ovvero semplice, che potrebbe essere riassunta in poche righe.
Un matrimonio che non funziona, un amore che sembrava esserci e invece non è. Quante volte viviamo o osserviamo negli altri una situazione così?
Il miracolo della buona scrittura per me è questo: saper descrivere una storia semplice, saper penetrare le psicologie dei personaggi, saper dare spessore a tutto - a ogni gesto anche minimo, ogni parola anche normalmente insignificante, a ogni silenzio - e riuscire a farlo con un'attenzione da entomologo, ma senza freddezza, anzi, amando profondamente i personaggi, provando compassione per i loro sbagli, dolore partecipato per le loro pene. Yates sa fare questo.
A me piace questo tipo di storia, ambientata in contesti familiari, ovvero nell'atomo originale dove ogni felicità e ogni disperazione si decide.
I romanzi d'avventura, dove accadono molte incredibili cose, possono anche divertirmi, ma non mi dicono nulla, non aprono alcun spiraglio sulla mia comprensione dell'animo umano.
Che April e Frank non siano propriamente "positivi", non mi smuove dal mio giudizio entusiastico per il romanzo, perché - come ho già detto tante altre volte - non dò alcun giudizio morale sui personaggi letterari. Mi interessa il modo in cui vengono descritti non il modo in cui si comportano.
Marinella (sì): Nel gruppo avevamo già letto due libri di Yates, entrambi bellissimi, di fronte a questo libro non posso che sottoscrivere in pieno quanto detto da Luisella. Romanzo bellissimo, scritto molto bene, radiografia di un matrimonio infelice, descrizione perfetta dei personaggi. Tutto raccontato così bene da essere una compiuta sceneggiatura cinematografica. Infatti dal romanzo è stato tratto un bellissimo film con due protagonisti che ‘sono loro’, perfetti, April e Frank. Grazie Luisella per averci proposto questo romanzo.
Katia (nì): Un libro letto con grande fatica, mi è rimasta una certa inquietudine. La vita dei protagonisti, la famiglia Wheeler, è una sorta di trappola senza via d’uscita, una quotidianità fatta di apparenze ben lontana dalle aspirazioni di ognuno. La narrazione contrappone la fotografia di questa America fatta di casette con le staccionate bianche di legno, giardini fioriti, barbecue, bevute con gli amici, all’esistenza infelice dei protagonisti. In apparenza perfetti, felici, interiormente delusi, la loro vita famigliare è piena di frustrazioni, entrambi avrebbero voluto/desiderato qualcosa di diverso. Tutte le persone che li circondano hanno in comune questa infelicità per un motivo o per un altro. Si percepisce una grande solitudine senza via di fuga, una sorta di incomunicabilità diffusa. Perfino la coppia di pensionati nasconde un figlio schizofrenico. La figura di April è una donna pesantemente insoddisfatta che insegue questo suo desiderio di "fuga", il trasferimento a Parigi, con incredibile determinazione, con disperazione fino all’epilogo finale. Per tutto il libro si respira l’atmosfera stagnante, le infinite e violente discussioni non aprono spiragli, rimane sempre tutto immutato. La tragica fine sembra in qualche modo liberare i protagonisti dalla palude dove erano immersi, dove nessuno sembrava essere in grado di prendere una decisione. Solo April si ribella ponendo fine in maniera così drammatica alla propria vita. Se potessi commentarlo con una immagine lo farei utilizzando quella "delle piantine regalate ad April e lasciate seccare in cantina per sbadataggine".
Sonja (nì): Il libro è molto scorrevole (soprattutto nella seconda parte) e ben scritto ma è un libro che non mi ha parlato positivamente. Secondo me la società dei primi anni d’oro del dopoguerra è descritta con un po’ troppa enfasi. I vari personaggi rappresentano per me tutto ciò che detesto nelle persone: sono tutti, dal primo all’ultimo, dei terribili egoisti, persone per le quali è importante soltanto l’apparire, che non vivono la propria vita, ma la recitano a beneficio altrui e della propria vanità e quindi sono tutti fondamentalmente falsi, assolutamente noncuranti degli altri, nemmeno di chi dovrebbe star loro più a cuore. Un esempio per tutti: Aprii è assolutamente indifferente di fronte al fatto che condanna i propri figli a vivere la stessa vita, a subire le stesse “assenze” che sono toccate a lei e per le quali da bambina ha sofferto. Tutti recitano una parte, tutti nascondono a tutti quella che è la loro reale essenza. I discorsi sono falsi, nei loro rapporti non c’è niente di genuino. L’unica persona che ha il coraggio di parlare apertamente è chiusa in manicomio. Gli altri è come se comunicassero tra sordi. Forse per questo mi è parso il più genuino di tutti il vecchio Howard, un personaggio marginale, che però quando non gli va più di ascoltare ha la facoltà di tagliare i ponti con gli altri semplicemente spegnendo l’apparecchio acustico. Anch’io sono stata più volte tentata di spegnere il kindle e di non proseguire più con la lettura ma sono contenta di essere arrivata fino in fondo perché altrimenti non avrei scoperto il suo “segreto”. Secondo il mio parere questo personaggio non è affatto marginale perchè simboleggia quella che è la principale caratteristica di quella società: non sapere, oppure non volere, o aver paura di ascoltare gli altri.
Oscar (sì): Il mio giudizio fino a due giorni fa sarebbe stato un "nì", in quanto influenzato dall'interpretazione che Paola Pitogora ha fatto di questo romanzo per "Ad alta voce" di Radio RAI. La Pitagora ha caratterizzato i personaggi in maniera alquanto fastidiosa, rendendo April una stupida casalinga repressa e Frank un odioso borghese che si godeva, senza ritegno o rimorso, tutti i vantaggi di una società patriarcale. Poi per fortuna ho deciso di rivedere il film di Sam Mendes tratto da questo romanzo, in cui la bravura di Kate Winslet e Leonardo di Caprio mette sotto tutt'altra luce questi personaggi e questa storia (con un appropriato senso crescente di drammaticità). Mi sono rimasti impressi due momenti: quello in cui April dice a Frank "Sei la cosa più bella e preziosa che c'è al mondo: sei un uomo" (quanti danni può fare una società patriarcale) e poi lo scambio di battute tra Frank e John: "Forse stiamo scappando. Noi scappiamo dal vuoto disperato di tutta la vita qui, giusto?" "Il vuoto disperato... Ora l'ha detto, molte persone sono coscienti del vuoto ma ci vuole un gran fegato per vedere la disperazione.”
Prossimo libro: "Vite di uomini non illustri" di Giuseppe Pontiggia (preferito a "Di là dal fiume e tra gli alberi" di Ernest Hemingway e a "Le avventure di Gordon Pym" di Edgar Allan Poe).
Prossimo proponente: Alessandro
Prossimo incontro: 27 maggio