Stanotte l'ho vista (di Drago Jančar)

Proposto da Sonja

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di gennaio 2022

Sì: Alessandro, Gabriella, Luisella, Marinella, Oscar, Pierpaolo, Sonja
Nì:
Katia

Sonja (sì, proponente): Come avevo già detto nella presentazione della terna, questo libro l’ho scelto – assieme agli altri due – perché desideravo che come libro del mese fosse scelto un autore sloveno. Sono molto contenta però che la scelta sia caduta su Stanotte l’ho vista, innanzitutto perché Jančar è uno degli autori sloveni contemporanei più accreditati, in secondo luogo perché questo libro è scritto nel modo a me più congeniale. Già l’altra volta, commentando La canzone di Achille, ebbi modo di dire che apprezzo molto le opere nelle quali la narrazione si svolge come un intreccio di diverse prospettive. Ma questo libro non è soltanto questo: i diversi narratori non espongono soltanto il loro punto di vista bensì sono essi stessi, spesso del tutto inconsapevolmente, parte integrante e causa dei fatti. Inoltre, a Jančar va riconosciuto il merito di aver saputo magistralmente romanzare dei fatti veri, capitati ai signori di Strmol, Rado e Ksenija Hribar, vittime di quel terribile groviglio rivoluzionario causato dall’invasione tedesca, quando a una iniziale ribellione congiunta si sono sovrapposti interessi politici diversi, estrazione sociale e religiosa diversa, etnie diverse, idee diverse che hanno portato a una serie di alleanze, una più deleteria dell’altra. Il libro narra dunque di un periodo nel quale “semplicemente vivere” era un’illusione: le vicende travolgono non soltanto i principali attori dei fatti storici ma anche le persone semplici che vivevano ai margini di questi eventi burrascosi, persone che desideravano “semplicemente vivere”, come Veronika.


Luisella (sì): Innanzitutto ringrazio Sonja per aver proposto una terna tutta slovena. Conoscevo Pahor ma non gli altri due autori. Mi sento profondamente ignorante sulla letteratura slovena, per non dire sulla lingua di cui non so spiccicare nemmeno due parole. Una situazione che mi fa sentire imbarazzata e colpevole, perché si tratta di non conoscere qualcosa che fa parte della mia vita e del mio territorio. Quindi una mancanza grave.

Tutta la terna mi interessava. Ho già letto molto di Pahor e quando avrò tempo leggerò anche "La città nel golfo". "Il servo Jernej e il suo diritto" è stata una folgorazione, brevissimo ma davvero carico di significati. L'ho trovato kafkiano. E veniamo al libro scelto...

Bellissimo, ben costruito, affascinante, scorrevole. Questo escamotage delle testimonianze multiple sulla stessa vicenda o sullo stesso personaggio, naturalmente non è nuovo, ma Jančar lo maneggia benissimo. Mi è piaciuto molto anche lo stile, a tratti "alla Saramago", con i dialoghi inglobati nella narrazione, introdotti solo da una virgola. Una lettura che sulle prime può affaticare, ma che poi diviene coinvolgente.

Non ho avvertito fortissimo il fascino di Veronika che anzi all'inizio mi sembra solo una riccona stravagante e capricciosa. Ma certamente poi il personaggio diventa particolare e intrigante, soprattutto per questa sorta di ingenuo candore dinnanzi alle brutture e alle storture della Storia. Veronika sembra vivere in un mondo tutto suo. Vuole solo "vivere", appunto... Purtroppo non le sarà concesso e la sua fine sarà atroce.

Delle cinque voci che compongono il romanzo, ho apprezzato in particolare quella del medico tedesco, Horst, soprattutto per il ricordo della rana investita dall'auto e del commento di Veronika sugli occhietti ancora vivi della bestiolina. Horst immagina che - forse - anche dinnanzi agli occhi di Veronika morta qualcuno possa aver commentato allo stesso modo: guarda, questi occhi sono ancora vivi, allegri... Una similitudine che ho trovato commovente.

Forse la parte di Horst mi è piaciuta anche perché mi ha fatta pensare a "Suite francese" o ancora di più a "Il silenzio del mare", dove i rapporti di empatia amicizia attrazione o amore possono superare la barriera tra vittima del paese occupato e invasore dell'esercito occupante in nome della Bellezza, della condivisione della cultura, della musica, della letteratura...

Paradossalmente il capitolo che mi ha interessata di meno è l'ultimo (anche se drammaticamente decisivo) perché spiega ogni cosa e quindi fa cadere quel senso di attesa, di tensione e di drammatica curiosità che aveva caratterizzato tutto il libro.

Due sole note negative (che comunque non intaccano affatto il mio convinto "sì").

La prima: avrei preferito che le cinque voci fossero più marcatamente diverse, per rendere le differenze psicologiche dei narratori.

La seconda: ci sono alcuni scivoloni nella traduzione... Errori che non solo sono scappati di mano alla traduttrice ma anche alle due persone (che la traduttrice ringrazia nelle note) che hanno revisionato il testo italiano. Peccato.


Pierpaolo (): Libro che mi è piaciuto senza riserve, per la capacità dello scrittore di costruire una figura femminile indimenticabile, protagonista assoluta del romanzo, anche se assente, ricostruita attraverso 5 testimonianze, dopo la sua scomparsa nel gennaio del 1944.

Una donna bellissima e malinconica, misteriosa e piena di fascino, indipendente e libera, all’avanguardia sui tempi, proprio per questo incapace di passare inosservata e sarà proprio questo a trascinarla verso il gorgo della Storia, in cui tragicamente scomparirà.

È vero che le voci dei 5 testimoni sono uniformi, perché sono accordate sul tema del rimpianto, della nostalgia e, in definitiva, del rimorso, perché tutti si sentono a loro modo colpevoli di qualcosa, in questa vicenda:

  • Stevo, il suo amante, è colpevole di averla colpita e respinta da sé;

  • la madre è colpevole di aver cercato di far sì che Veronika tornasse col marito, lasciando Stevo a Maribor, mentre forse con lui poteva vivere felice;

  • il dottor Horst, che era innamorato di lei, ha il doppio rimpianto di non avere palesato i suoi sentimenti e, alla fine della guerra, di non aver fatto niente per impedire un ultimo inutile massacro commesso dal suo reparto in ritirata;

  • la governante Joži sente di non aver fatto tutto per salvarla dai partigiani, ed in particolare di non aver detto al giovane contadino Jeranek, lavorante della fattoria, che poi sarebbe diventato delatore partigiano, quanto aveva fatto Veronika per salvarlo dai sospetti dei tedeschi;

  • infine proprio Jeranek, che decenni dopo gli eventi ricorda la tristissima fine cui la sua gelosia ha condannato Veronika, per aver tentato di sollevare la violenza dei partigiani verso il dottor Horst, quella violenza che invece avrebbe colpito la protagonista.

Anche se l’epilogo può essere previsto dal lettore fin dalla prima pagina, quando la visione di Veronika appare a Stevo con tutte le caratteristiche del fantasma, ciononostante lo scrittore ha saputo tenermi incollato alle pagine fino alla fine, con una tensione crescente.

Lo scrittore, che dimostra anche una grande attenzione per la musica e le canzoni popolari, che utilizza e incorpora nella narrazione, costruisce così un perfetto valzer malinconico a 5 tempi, uno per ogni testimonianza, orchestrati attorno al tema del rimpianto e del rimorso, per le cose fatte, e ancora più per quelle che non si sono fatte: “Non sono le cose che si fanno ad accompagnarci ma quelle che non si fanno. Che si sarebbero potute fare, o almeno si sarebbe cercato di fare, ma non si sono fatte”.


Katia (nì): Il libro è scritto molto bene e si legge scorrevolmente, però l’ho trovato molto malinconico. L’eterna attesa vana della madre, per esempio, mi ha molto colpito, forse perché lavoro con gli anziani e riesco a immedesimarmi in certe situazioni. Ho avuto difficoltà con le voci narranti; non sempre riuscivo a distinguere bene un narratore dall’altro. Veronika è una donna libera e cerca di vivere come tale. Quella che invece non mi è piaciuta per niente e ha mosso in me sentimenti contrastanti è la descrizione dei partigiani. Mi è risultata molto di parte.


Alessandro (sì): Il libro mi ha fatto riflettere su quello che è il mio vissuto e queste riflessioni si possono riassumere in quattro punti:

  1. I tempi ora per fortuna sono cambiati anche se in questo senso forse si poteva fare qualcosa di più.

  2. La lettura mi ha dato delle emozioni: il contesto si fa via via più cupo, l’attesa vana della vecchia madre alla finestra è struggente.

  3. Veronica giganteggia con la sua personalità. Anch’io ho notato che lo stile dei personaggi purtroppo è molto simile però questo è mitigato dal fatto che ognuno possiede dati diversi riguardo ai fatti.

  4. Il clima di pesantezza che via via si infittisce fa riflettere. Il dramma infatti avviene fra persone che vivono insieme e piccoli screzi divengono grandi problemi, anche dovuti alla guerra sempre più incombente. Ma quale è la normalità? E’ questa oppure quella del passato?

In conclusione: non è un libro che mi porta a essere ottimista anche sul futuro.


Oscar (sì): Questo romanzo mi è piaciuto per diversi motivi: ogni capitolo aggiunge elementi e dettagli in maniera mirabile, l'alternanza dei punti di vista aggiunge dinamica alla storia, e il crescendo di emozioni porta con la giusta tensione al finale drammatico. Jančar riesce a creare nel lettore empatia per ognuno dei suoi personaggi, anche per quelli dai pesanti lati oscuri. La complessità delle circostanze della vita risulta quantomai evidente in tempi di guerra, quando il desiderio di garantirsi la sopravvivenza sfuma il confine tra il bene e il male.


Marinella (sì): Non ho potuto rileggerlo. L’ho letto anni fa e mi era piaciuto molto per la storia, per il racconto da più punti di vista – che pur se non originale è sempre interessante, per la scrittura, per il fascino della protagonista.

Prossimo libro: "Memorie di Adriano" di Marguerite Yourcenar (preferito a "Lo stadio di Wimbledon" di Daniele Del Giudice e a "Una scrittura femminile azzurro pallido" di Franz Werfel)

Prossima proponente: Gabriella

Prossimo incontro: 25 febbraio