Luisella: Innanzitutto, perché l'ho scelto? Beh, se ben ricordate tutta la terna (Pavese, Quarantotti Gambini e Moravia) era accomunata da alcuni argomenti: libri legati visceralmente al territorio (le Langhe, Trieste, Roma), tutti di autori italiani e tutti legati all'epoca del fascismo e della guerra (prima durante o dopo), temi su cui desideravo riflettere. “Il conformista” l'ho scoperto grazie a Ad Alta voce su Radio Rai, l'ho ascoltato (non letto) splendidamente interpretato da Tommaso Ragno: lettura affascinante che dava rilievo ancor di più alla raffinatezza del linguaggio di Moravia. Preso poi anche il libro di carta, ho ritrovato e goduto di alcuni brani. Il libro mi è piaciuto moltissimo, su due fronti: quello dello stile e quello dei contenuti. Lo stile è sofisticato, colto, perfetto. I contenuti sono intensi e intriganti, pur parlando di un eroe negativo (ma di questo, come dico sempre, non mi importa; non mi piace mai dare giudizi morali su un personaggio). Ho apprezzato innanzitutto che si inizi dall'infanzia perché è lì che tutto nasce; dalle rappresentazioni che vengono messe in scena in una famiglia e di cui il bambino è spettatore. Cosa sente? Cosa vede? Cosa gli rimane impresso negli occhi? I genitori appaiono lontanissimi, in rapporto quasi inesistente col figlio. Mi sono piaciuti i personaggi minori, sapientemente tratteggiati: ad esempio la madre di Giulia, o la stessa madre di Marcello (quando lui andrà a trovarla da adulto). Ho letto da più parti che questo sarebbe un romanzo sull'innocenza e sulla perdita dell'innocenza. Non sono d'accordo con queste interpretazioni. Marcello non è mai innocente, nemmeno da bimbo, ha in sé qualcosa di morboso e di viziato fin dalla prima infanzia, quando desidera dare la morte a delle piccole creature. Non vedo un momento scatenante in cui la sua purezza venga sporcata. Nemmeno nell'incontro con Lino vedo un ragazzino innocente che viene molestato. Anzi, lo ritengo abbastanza consapevole di quel che succede e del potere sensuale che può esercitare sull'uomo. Mi pare che Marcello sia in una posizione di forza rispetto a Lino. Ciò che segue, negli anni, è molto coerente e in linea con il suo carattere negativo e morboso; non è necessariamente conseguenza dell'omicidio che crede di aver commesso. E poi, se davvero soffrisse di questo male compiuto, se davvero desiderasse ritrovare l'innocenza perduta, si presterebbe all'organizzazione – con freddezza e premeditazione - di un altro delitto? Trovo che questo romanzo sia occasione di riflessione sulle proprie debolezze, sui momenti cardine in cui – tutti noi – abbiamo commesso qualcosa di guasto. È anche occasione per una riflessione di tipo politico e civico: cosa siamo disposti a fare, ad accettare, pur di sentirci “conformi” a ciò che viene richiesto? Altra riflessione possibile è quella sul bullismo (anche se ancora non si chiamava così) di cui Marcello è vittima. Quanto male produce? E quanto altro male potrà commettere la vittima una volta trasformata in altro carnefice? Di questo romanzo mi piace molto anche il “non detto”. Interi lunghi periodi della vita di Marcello non vengono raccontati. E questo va bene perché obbliga il lettore ad un'attività immaginifica di integrazione dei vuoti, ad un lavoro di collaborazione con l'autore. Invito infine i lettori a delle considerazioni sul senso di fatalità, come se nulla fosse nelle nostre mani. C'è una pagina in cui tutto ciò che Marcello ha fatto viene ricordato in una sorta di lista e ogni sua azione viene introdotta con “aveva dovuto...”. Una lunga serie di “aveva dovuto” che lo inchiodano alla sua esistenza esattamente così come è stata. Viene da chiedersi: avrebbe potuto, Marcello – potremmo, noi tutti - con uno slancio di volontà, rivoltarci contro il destino già scritto? A ciascuno la sua risposta. Grandissimo romanzo, grandissimo autore che riscopro solo oggi, dopo che le poche frequentazioni scolastiche (La noia, Gli indifferenti) me l'avevano fatto – non so perché - detestare.
Marisa: Trovo la scrittura di Moravia qui piuttosto lenta e prolissa, anche là dove traspare la sua innegabile capacità di introspezione psicologica (che indubbiamente deve molto alla psicoanalisi freudiana). La perdita dell’innocenza, la paura dell’abbandono, la ricerca spasmodica dell’omologazione sociale, il senso di colpa: tutto ciò fa parte di un groviglio di sentimenti che il protagonista porta con sé lungo una narrazione ricca di personaggi. La trama scava nell’Io del protagonista a partire dalla sua infanzia, che riceve un imprinting incrinato da un’educazione priva di affetti e di attenzioni. Ed ecco che da adulto il protagonista mostra una personalità offuscata dall’illusione che il conformarsi in tutto e per tutto al momento storico in cui sta vivendo gli permetta finalmente di confondersi con la massa e redimerlo dal suo peccato originale: quello di aver commesso da bambino atti brutali e compulsivi verso gli animali e poi, quasi involontariamente, un omicidio. Invece il suo conformismo lo porterà a rendersi complice di un delitto politico al servizio dell’OVRA in nome di una causa che egli ritiene giusta. Si trova dunque incastrato in una sorta di predestinazione al male cui ha tentato invano di sottrarsi. A ciò si assommano l’amara consapevolezza del fallimento in amore, l’assenza di autostima, il senso di inadeguatezza, il bisogno di conferme. Ne esce, tranne che alla fine, il ritratto di un personaggio grigio, ambiguo, che certo non vuole ispirare empatia.
Oscar: Ho ascoltato "Il conformista" letto dall'attore Tommaso Ragno per la trasmissione "Ad alta voce" di Radio RAI (ottima l'interpretazione attoriale e appropriata la colonna sonora a sottolineare i vari momenti). Un gran piacere ascoltare la nostra lingua italiana così maltrattata dai nostri contemporanei e invece così rispettata e valorizzata da Moravia. E anche il viaggio introspettivo del protagonista è stato assai interessante da seguire: un'intera vita alla ricerca dell'approvazione altrui, o forse di una fantomatica, inafferrabile autoapprovazione. Mi sono chiesto quante di queste dinamiche personali e sociali sarebbero rimaste valide e sensate se la storia avesse avuto luogo nei nostri giorni. Ho letto una vecchia intervista di Bernardo Bertolucci in cui spiegava come, nella sua trasposizione cinematografica, aveva sostituito il meccanismo del "destino", cardine nel romanzo di Moravia, con le meccaniche dell'inconscio. In effetti la storia che Moravia ci racconta segue un'evoluzione già scritta dal destino, contro cui il protagonista può ben poco.
Prossimo libro: "L'odore del sangue" di Goffredo Parise (preferito a "La pianista" di Elfriede Jelinek e a "Il doppio sogno" di Arthur Schnitzler)
Prossima proponente: Alessandra Ce.
Prossimo incontro: 25 ottobre