L'isola di Arturo (di Elsa Morante)

Proposto da Pierpaolo

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di gennaio

Votano Sì Pierpaolo, il proponente, Alessandro, Marinella e Marisa.

Non hanno potuto leggerne a sufficienza per farsene un’idea precisa Gabriella, Luisella e Silvano.

Pierpaolo: ho proposto questo libro perché mi piaceva molto, lo volevo inserire con Buzzati (Il deserto dei tartari) e Tomasi di Lampedusa (Il gattopardo) in una terna di “classici” del ‘900 italiano, e avevo piacere di sentire cosa ne pensavate, ma anche di vedere se avessi ritrovato, leggendolo, le stesse emozioni di quando l’ho letto la prima volta, che come età ero più vicino ai 16 di Arturo che ai 35 del padre Wilhelm (che viene definito vecchio nel libro). Mi è piaciuto molto, trovandolo più struggente. È un libro che ha del mito e della fiaba, che sono due modi di conoscere il mondo tipici l’uno della civiltà umana preistorica, caratterizzata dall’oralità e l’altra dell’infanzia o pre-adolescenza. Il racconto restituisce in modo quasi miracoloso il vissuto delle estati della nostra prima gioventù, evocando in modo quasi fisico la sensazione del sole, del mare, del sale e l’impressione di attesa di qualcosa che deve succedere. La Morante ricostruisce in modo eccezionale lo stato d’animo del giovane Arturo, che ha fretta di bruciare le tappe e di diventare adulto, entrando così nel misterioso e appunto mitico mondo dei grandi, rappresentato dal padre, mondo dal quale si sente escluso. Intanto vive ogni istante nella natura con un'intensità che rende magico e unico quel periodo della sua vita, come di quella di tutti noi. Di qui il senso di malinconia, di rimpianto che cogliamo nelle pagine e che ci ammalia, mentre vorremmo poter dire ad Arturo di non essere così impaziente e di vivere con ancora più partecipazione quell’età acerba che sembra diluita e infinita, ma che noi sappiamo essere un attimo prezioso ed irripetibile. Vorremmo poter dire a quel ragazzino, che anche noi siamo stati e che è ancora dentro di noi, che il futuro della sua vita da adulto sarà necessariamente inferiore rispetto alle aspettative, così come la realtà della vita di suo padre non è quella dell’eroe salgariano che lui immagina.

Marisa: È la storia toccante di Arturo, ragazzo quattordicenne, in cerca dell’affermazione della propria identità. Ama l’immagine della madre morta nel darlo alla luce e ama incondizionatamente il padre, bello e altrettanto sfuggente. La figura paterna viene da lui idealizzata, forse anche per scongiurare la propria solitudine, ed egli ne brama l’amore e l’attenzione in quei rari momenti in cui il padre fa ritorno a casa dopo assenze periodiche e misteriose, che Arturo giustifica in nome del presunto diritto paterno di agire in piena libertà e autonomia. Il rapporto sporadico col padre, che gli riserva pochi e distratti gesti di attenzione, diviene ancora più problematico quando la misoginia di Arturo, alimentata dalla gelosia, si traduce in disprezzo verso la giovane matrigna fino a tramutarsi dapprima in rispetto e poi in amore profondo, quasi volesse ripagarla della sua cieca e totale dedizione al marito despota. Grande è la potenza narrativa con cui la Morante sa trasmettere i sentimenti dei personaggi. Arturo per primo ci suscita emozione mostrando tutte le debolezze e fragilità di un ragazzo alle soglie dell’età adulta di fronte all’indifferenza del padre, quest’ultimo intento solamente a rincorrere amori effimeri divenendone succube. La matrigna, moglie bambina, diventa un emblema di purezza che Arturo riveste di un’aura quasi angelica. Alla fine, il distacco dall’amata isola segnerà una svolta necessaria e dolorosa, l’abbandono definitivo dell’infanzia con tutti i sogni e le illusioni legati al padre e la presa di coscienza di una nuova realtà assieme a una riaffermata identità.

Marinella: un libro estremamente maturo ma capace di raccontare tutto con gli occhi del ragazzino. Personaggi indimenticabili, libro magnifico.

Ad Alessandro il libro è piaciuto molto. Lo reintitolerebbe “L'(infanzia) isola(ta) di Arturo”. La vicenda sembra piena di rimpianti, di cose desiderate e solo in parte fatte da Arturo. Alcuni passaggi che hanno colpito Alessandro in maniera particolare sono relativi all’infanzia (“La mia infanzia è come un paese felice” e “Il presente mi pareva un’epoca perenne, come una festa di fate”), alla solitudine (“Allora, ero preso da una compassione quasi fraterna di me stesso. Tracciavo sulla rena il nome: ARTURO GERACE aggiungendo È SOLO; e ancora, di seguito, SEMPRE SOLO”) e al dolore del protagonista (“Avrei voluto trasformarmi in una statua, per non sentire piú niente”). Interessante la figura del padre, amato profondamente dal figlio anche quando quest’ultimo sta per lasciare l’isola per sempre (“E l’unico amore mio di quegli anni tornò a salutarmi. Gli dissi ad alta voce, come se davvero lui fosse lí accosto: – Addio, pà”). Padre e figlio, per ragioni diverse, sono portatori di una profonda solitudine come appare chiaro nelle ultime pagine nelle quali si rivela l’amore dell’uomo per un carcerato (“Quei quattro versi, col loro motivo che lui cantava lento, strascinato e gridato, mi pareva proprio che ragionassero della stessa solitudine mia: di quando me ne andavo girovagando scansato da N., senza amicizie né felicità né riposo”). Alessandro esprime anche la sensazione che il libro, per quanto sia scritto da una donna, esprima un punto di vista molto maschile e si sorprende che possa piacere tanto alle donne.


Prossimo libro: "La simmetria dei desideri" di Eshkol Nevo (preferito a "Il castello" di Franz Kafka e a "I Buddenbroock" di Thomas Mann)

Prossimo proponente: Oscar

Prossimo incontro: 28 febbraio