Presenti: Alessandra Co. (ospite), Alessandra Ce., Alessandro, Gabriella, Marisa, Massimo I., Michele, Oscar, Tomáš.
Tutti i partecipanti hanno letto il libro e si sono espressi così:
SÌ: Alessandra Co., Alessandra Ce., Gabriella, Marisa, Michele, Tomáš, Pierpaolo (via mail)
NO: Massimo I.
NÌ: Alessandro, Oscar
Tomáš (proponente, sì): Dopo le vostre reiterate insistenze, ho deciso di proporre finalmente uno scrittore ceco, e Hrabal, che nel mio Paese ha raggiunto grande notorietà, è uno dei pochi autori cechi tradotti in italiano. Conoscevo il film tratto da questo libro e ne sono stato condizionato sia per quanto riguarda la mia scelta sia per l'impressione positiva ricevuta dopo averlo letto. È una storia interessante che descrive situazioni assurde in uno stile poetico e nello stesso tempo ironico.
Marisa (sì): A una prima lettura il giovane Miloš sembra un goffo antieroe chapliniano i cui insuccessi amorosi lo spingono fino all'orlo del suicidio. Alla fine il suo complesso d'inferiorità lo porta a compiere un atto estremo di sacrificio, dimostrando così il suo contrapposto e facendo di lui un vero eroe. Qualcuno ha giustamente definito naïf il linguaggio di Hrabal, e tuttavia esso lascia intuire, attraverso descrizioni tragicomiche, una profondità d'introspezione psicologica riguardo ai personaggi che ruotano all'interno della piccola stazione, tutti messi in burletta con un senso acuto di umorismo. Ma Hrabal usa sapientemente anche l'arma della satira per denunciare le atrocità della guerra, dove tra i capri espiatori, accanto alle truppe naziste dirette al fronte e ai feriti, ci sono anche gli animali stipati a centinaia nei vagoni dei treni merci e condotti brutalmente al macello. Per contro, in mezzo a tutto quel frastuono di bombardamenti e di dolore rimangono intoccati i colombi allevati con cura maniacale dal capostazione, come se davvero incarnassero il simbolo della pace.
Massimo I. (no): È un romanzo che mi ha provocato fastidio, un romanzo che cerca di toccare più registri, umoristico, comico, paradossale, drammatico, ma senza riuscire veramente a centrarne la potenza. Iniziate le prime pagine, ho ripreso la lettura a tratti, perché avevo l'impressione che all'autore stesso non fosse chiaro dove andare a parare. Ammesso che Hrabal sia dotato di facilità di espressione attraverso la scrittura, penso che, tutto sommato, non sia sufficiente scrivere bene per scrivere un buon romanzo. La scrittura di Hrabal mi ha ricordato il linguaggio di certi autori sudamericani che con il loro stile barocco si pongono fuori della realtà e che pertanto non destano il mio interesse.
Gabriella (sì): Lo definirei tenerissimo. Dopo un'iniziale difficoltà di lettura, mi sono ritrovata a sorridere di certe descrizioni narrate con grande originalità e arguzia. È un racconto tragico e insieme comico, che riesce a sfumare le situazioni drammatiche, come le atrocità della guerra, con un tocco di leggerezza e di ironia. Ciò nonostante, alla fine del libro emergono la gravità e la pesantezza della guerra, quando il treno strettamente sorvegliato salta in aria e il giovane Miloš muore eroicamente. La storia che si legge è intrisa di forte umanità e si riconosce in Hrabal la grande capacità di esprimerla.
Oscar (nì): La parte iniziale, in cui il protagonista ricorda gli eventi vissuti dal padre e dal nonno, è un misto di sentimento e drammaticità. Poi la narrazione diventa sempre più sgangherata, usando un umorismo di scarso effetto. Secondo me, l'umorismo come pure la comicità piacciono quando toccano certe corde in cui ci si ritrova: in questo caso non sono riusciti a far presa su di me. Il linguaggio si colloca a metà fra il goliardico e il naïf fino ad arrivare alla parte finale in cui viene recuperata la drammaticità della situazione (che arriva piuttosto di sorpresa). Peccato, a mio avviso, che la frase con cui si chiude il racconto comprometta con il suo tono umoristico tutta la drammaticità della scena.
Alessandra Ce. (sì): Dopo una prima sensazione di smarrimento il libro mi è piaciuto sempre di più. Hrabal ha saputo raccontare dei veri e propri drammi in maniera mai banale. Egli possiede il grande talento di mediare la gravità delle situazioni con mano leggera, umoristica. Solo nella parte finale l'umorismo lascia il posto alla realtà, dove le scene di crudezza includono anche gli animali, che si potrebbero comparare allegoricamente agli ebrei quando venivano ammassati nei treni merci e trattati come “bestie”. Libro conciso, breve, bello.
Alessandro (nì): Dopo una certa difficoltà iniziale il libro mi è piaciuto. La parte narrativa con le sue descrizioni-flash è interessante anche per la dimensione comica che la caratterizza, come l'episodio che riguarda i timbri ferroviari stampigliati dal capomanovra sul sedere della telegrafista. Altra descrizione, di tutt'altro tono, è quella dei soldati di passaggio diretti al fronte e ancora l'altra del soldato tedesco con cui il protagonista condivide la morte. Gli eventi drammatici sono sottolineati dalla situazione altrettanto drammatica di queste truppe destinate a combattere una guerra di cui non conoscevano né il risvolto né la fine. Hrabal descrive tutto ciò in maniera misurata, equilibrata.
Michele (sì): Anch'io ho trovato la parte iniziale poco chiara. Ma dopo aver individuato la chiave di lettura - l'elemento surreale - mi è stato facile interpretare questo racconto nel verso giusto. È interessante seguire il percorso del protagonista, fatto in parte dai ricordi riguardo alle vicissitudini del nonno e del padre, fino alla maggiore età costellata di insicurezze, ossessioni, paura di fallire nei suoi rapporti con le donne. Hrabal approfitta di molti spunti autobiografici per descrivere l'ambiente e gli avvenimenti che fanno da sfondo al suo romanzo: infatti, tra le decine di mestieri, egli svolse anche quelli di manovratore, capostazione e telegrafista ferroviario. I suoi scritti, forse perché caratterizzati dall'aspetto eccessivamente grottesco, furono censurati dal regime comunista, sebbene circolassero clandestinamente all'estero dove erano ben conosciuti e apprezzati.
Alessandra Co. (sì): E' un libro molto "visivo" adatto a diventare un film, rivedo vivide molte immagini: il capostazione davanti all'ispettore con i vestiti lordati dagli escrementi dei suoi adorati colombi. Il ragazzo che si arrampica e resta appeso, l'amore e i carri armati, i baci e le bombe. Mi ha ricordato Joyce, per lo stream of consciousness. E l'immagine della donna distesa sul cielo mentre fanno l'amore mi ha ricordato alcuni versi del giovane Joice che amo: "…cammina leggera perché cammini sui miei sogni" che sono tutto quello che ha e che ha disteso sotto ai suoi piedi, come drappi di cielo. E mi è tornata alla mente Barbara di Prevert. Un libro tenero e crudo, c'era "Eros e Thanatos". E nella scena finale riesce a cancellare anche quel poco odio che il protagonista, ragazzo sensibile e, a mio avviso, diverso, è riuscito a provare prima della morte.
Pierpaolo (sì, via mail): È un autore che amo, amo il suo stile riconoscibilissimo, i periodi molto lunghi, come il racconto davanti a una buona birra, con un fiume di parole che corrono tentando di dire tutto il senso di una vita. Sono pochissimi i punto a capo, è come una corsa a perdifiato. Vuole ricreare uno stile colloquiale (vedi le ripetizioni), ma molto ricercato. L'immagine del nonno che fidandosi dell'ipnosi avanza contro i panzer deve far pensare agli studenti praghesi disarmati che tentano di convincere i carristi del Patto di Varsavia, ma fa ricordare anche lo sconosciuto inerme di Tienanmen che ferma la colonna di carri cinesi. E poi tutto il racconto è pieno di immagini indimenticabili: il capostazione che sembra una statua piena di piccioni, la telegrafista belloccia che si fa timbrare il sedere, il manovratore che supera i suoi problemi sessuali alla luce del grande bombardamento di Dresda, e anche, su un registro tragico, le sofferenze, degli uomini e degli animali, che sembrano accomunati da uno stesso destino di morte insensata. Potentemente visionario. Alla fine stranamente manca del tutto la dimensione dell'odio, c'è come una fatalità che muove le fila, e non esiste una fortuna che ci aiuta, ma solo il caso che ci condanna.
Prossimo libro (proposto da Massimo I.): "Ethan Frome" di Edith Wharton (preferito a "Lasciami entrare" di John Ayvide Lindquist e a "Follia" di Patrick Mac Grath)
Prossimo incontro: 28 agosto 2015
Prossima proponente: Alessandra Co.