Ci troviamo ancora nello splendido e accogliente giardino di Sonja, a Longera, e fa piuttosto fresco, ma è piacevole coprirsi dopo il grande caldo di metà agosto. Sono presenti Alessandro, Katia, Luisella, Marinella, Oscar, Pierpaolo, Silvano e naturalmente la padrona di casa, Sonja, con le sue gatte. Tranne Silvano, che non lo ha letto (ma che contribuisce in maniera fondamentale alla riuscita della riunione con buon vino, pane ed insalata russa fatti in casa), tutti esprimono parere positivo sul libro.
Pierpaolo (proponente): Ho ri-proposto questa raccolta di racconti di Levi, con La peste di Camus e Il cimitero di Praga di Eco, in una terna che voleva riflettere sulla pandemia (direttamente con La peste, sull’uso politico di quelle che oggi chiamiamo fake news con Eco) ed è stato scelto un libro che evidenzia il ruolo fondamentale che scienza e razionalità hanno avuto nella vita e nella poetica di Levi, che le ha poste al centro della sua rinascita dopo l’esperienza subita in guerra.
Il libro, pur essendo una raccolta di testi in molti casi pre-esistenti, è molto unitario, e racchiude, tra i due estremi di Argon e Carbonio, in 21 racconti dedicati ciascuno a un elemento della tavola periodica, tutta l’autobiografia umana, professionale (da chimico) e letterario dell’autore.
Il primo e l’ultimo racconto fanno da cornice alla raccolta e sono dedicati ad uno degli elementi più diffusi nell’atmosfera, pur essendo un cosiddetto gas nobile, il primo e ad uno dei meno diffusi, eppur più vitali per la sua capacità di legame, il secondo.
Il primo è una struggente rievocazione che ricostruisce la comunità ebraica in Piemonte a partire dalla lingua che parlavano, una sorta di “yiddish” destinato a scomparire con Levi stesso e con gli ultimi testimoni, così come la civiltà che l’aveva creata e difesa, anche con la propria chiusura e col rifiuto di mescolarsi con i gojim (i cristiani), spazzata via dalla Shoah.
L’ultimo, Carbonio, seguendo le vicende di un singolo atomo di quell’elemento, dalla sua nascita all’interno delle stelle, fino alla sua presenza nel cervello dell’autore nel momento esatto in cui sta scrivendo il punto finale sull’opera, apre una prospettiva cosmica e laicamente spirituale sulla vita, rivelando, anche in questo caso, il ruolo centrale dell'esperienza del lager nella vita dell’autore, con la descrizione della liberazione nell’atmosfera sotto forma di Anidride dell’atomo, attraverso il processo di combustione della calce in un forno e il suo passaggio “attraverso il camino”.
Riferimenti diretti o indiretti alla seconda guerra mondiale e al lager sono presenti in tutti o quasi i racconti, che pur rivelano anche il grande talento anche satirico e umoristico dell’autore, lasciando al lettore l’interrogativo di che scrittore sarebbe stato Levi, se non fosse stato costretto a vivere la tragica esperienza di Auschwitz.
La stessa domanda se la pone anche il curatore della raccolta Tutti i racconti (dove ho letto la raccolta di cui parliamo) Marco Belpoliti nell’introduzione, definendo felicemente Levi uno “scrittore centauro”, incline a ibridare memoria e fantasia, scienza e fantascienza, testimonianza e addirittura “giallo”.
Sono contento che sia piaciuto a tutti, e curioso di sentire cosa ne pensate.
Marinella: Il libro mi è piaciuto moltissimo, non mi sento di dire di più perché mi sembra che ridurlo al concetto di bello/brutto sia sminuire un'opera così importante. E' l'autobiografia di Primo Levi che in 21 racconti che portano come titolo 21 elementi periodici parla di ebraicità, famiglia, lavoro, chimica, leggi razziali, guerra, campi, matrimonio... Tutto raccontato con sensibilità e umanità.
Oscar: Ho apprezzato molto quest'opera di Levi, indubbiamente complessa, articolata su più piani: quello personale dell'autore, quello professionale, quello politico. I miei racconti preferiti sono "Ferro" (in cui racconta del suo amico Sandro, vittima del regime fascista), "Cerio" (prigionia nel campo di lavoro di Monowitz), "Titanio" (racconto di una bambina che contempla, ammirata, il lavoro di un imbianchino) e "Vanadio" (l'autore ritrova Muller, il capo del laboratorio chimico di Auschwitz, con cui può confrontarsi alla pari, da uomo libero).
Sonja: Il mio non poteva essere che un sì! E senza nessun aggettivo in quanto permettersi di commentare un capolavoro del genere sarebbe come mettersi a sindacare sulla Divina Commedia. Da un inizio difficile, soprattutto per chi non ha dimestichezza con l’ebraico, il libro è un continuo crescendo che raggiunge il culmine – secondo me – nel capitolo Carbonio, dove le singole particelle di carbonio che si disperdono nell’universo ed entrano a far parte di noi e degli altri organismi, sono come una benedizione che scende sull’umanità attraverso il sommo sacrificio, come il sangue cristico che attraverso il Golgota entra in ogni individuo. E’ sicuramente il libro autobiografico più avvincente e commovente che mi sia capitato tra le mani.
Luisella: Purtroppo non ho letto tutti i racconti e ho avuto una lettura frammentaria e varia (qualcosa ho letto, qualcosa ho ascoltato in audiolibro, e questo mi ha creato talvolta una certa confusione) ma mi riprometto di riprendere a breve i pochi racconti che ho saltato.
Un libro bellissimo, straordinario, che pure io non avevo votato e che non avevo nessuna voglia di leggere. Le ragioni erano stupidissime (mi vergogno a dirle): ad esempio, il fatto che non mi piacesse la chimica, e trovavo assolutamente incredibile che letteratura e chimica potessero “legarsi” in un modo accattivante... E invece, “Il sistema periodico” è stato una sorpresa eccezionale.
Mi sono anche resa conto di sapere molto poco di Levi.
Capita, a volte, con quegli autori divenuti “classici” - cioè quelli di cui si parla a scuola, di cui si legge qualche brano nelle antologie. Crediamo di sapere tutto, crediamo che ci appartengano, non si fa bene come, per osmosi. E non approfondiamo quanto dovremmo.
Ad esempio di Levi non sapevo che avesse scritto così tanto (oltre ai due tre libri più noti): non sapevo che fosse soprattutto un autore di racconti; non sapevo che avesse fatto il chimico per così tanti anni della sua vita; non sapevo che fosse molto insofferente di fronte al divario ingiustamente scavato dai mass media tra cultura umanistica e scienza (non c'è alcun distacco tra scrittore e uomo di laboratorio, insisteva a dire nelle interviste, le due cose si compenetrano benissimo).
Pensare allo scienziato o al tecnico chiuso nel suo laboratorio, come a una persona arida e fredda, è quanto di più sbagliato e superficiale si possa fare. Ed è un errore che dopo questo libro non commetterò mai più.
Non sapevo nemmeno che ci fossero dei dubbi (che ora sono anche miei) sulla versione del suicidio che io avevo sempre sentito come dato per certo.
Dopo aver visto alcune interviste e dopo aver trovato in ogni riga di questo libro il suo amore per la vita, la sua speranza negli uomini (nonostante il lager), la sua curiosità vorace per la materia e per il mondo che ci circonda, io nutro molti dubbi sul suicidio e propendo invece per l'incidente.
Naturalmente nessuno può dirlo (si conosce così poco l'animo altrui... e persino il proprio!) e in fondo conta poco: la lezione e la testimonianza di Levi vanno al di là del modo in cui è morto, stanno nelle pagine, che sono di una bellezza viva e struggente e di un valore imprescindibile.
Grazie a questa lettura ho scoperto e apprezzato non solo un libro, ma una persona che mi pare eccezionale per sobrietà equilibrio intelligenza.
È superfluo dire che l'opera ha una lingua raffinata, coltissima ma mai rigida, anzi palpitane di emozioni e di vita, e anche di ironia talvolta, o di un sorriso innocente e bambino come in Titanio.
Il livello è altissimo in tutti i racconti, ma in particolare mi rimarranno nel cuore Ferro, Argento, Vanadio, e naturalmente Carbonio, con la sua chiusa eccezionale.
È un racconto commovente e consolatorio. Pensare a quell'atomo che “esce da un camino” non può non far pensare a chi è morto nei lager, e questa idea mi si è mischiata a una poesia che ho sentito giorni fa, di un poeta sloveno di Gorizia, David Bandelj.
Parla di un uomo che visita Auschwitz e alla fine della giornata si accorge di avere le scarpe sporche di polvere e fango. Gli viene il pensiero che quella polvere possa, almeno parzialmente, essere composta anche di quello che in quel tempo tremendo usciva dai camini... Allora la gratta dalle suole, la mette in una scatolina. Depone la scatolina sotto terra, per dare degna sepoltura a quella polvere.
Leggendo la storia (inventata ma del tutto plausibile) dell'atomo di carbonio, mi viene davvero da pensare alla vita eterna. Non quella che la religione ci promette, ma quella che la scienza ci garantisce. Se esistiamo oggi, vuol dire che siamo sempre esistiti (dal big bang) ed esisteremo per sempre. Certo sotto forme molto diverse, e privi di coscienza, ma esisteremo...
Prossimo libro: "La stanza di Giovanni" di James Baldwin (preferito a "Le transizioni" di Pajtim Statovci e a "Febbre" di Jonathan Bazzi)
Prossimo proponente: Silvano
Prossimo incontro: 24 settembre