Presenti: Alessandra Co. (proponente), Alessandro, Gabriella, Luisella, Marinella, Marisa, Oscar, Pierpaolo, Tomas.
Sì: Marisa, Gabriella, Pierpaolo, Alessandra, Massimo I. (quest'ultimo, pur assente, ha inviato il suo pensiero, avendo letto il libro)
No: Alessandro, Tomas, Marinella
Perché Alessandra lo ha proposto: Erano gli ultimi giorni, mi ero scordata di scegliere la terna dei testi da proporre, e così ho preso in mano un po' di libri. Fra tanti Omaggio alla Catalogna soddisfava il mio bisogno di chiarezza, di coscienza, di rispetto dell'uomo. L'uso dell'Alto, degli ideali e dell'ingenua superficialità raccontate nel testo, mostrano un pezzo di storia e ci possono far comprendere meglio un autore conosciuto in altre vesti. In questi giorni poi, si parla tanto di Catalogna. Sono sempre troppe le ingiustizie e le violenze. La storia viene manipolata, usata, ma quando un uomo, idealista, intelligente e coraggioso ce la racconta, non va dimenticata.
Marisa (sì): Quest'opera di Orwell è un fedele reportage della guerra da lui combattuta in prima linea tra le file del POUM, il Partito Operaio di Unificazione Marxista. Scritto nel 1938, è un diario scarno, lucido e privo di retorica della vita di trincea, dove i miliziani combattevano più contro il freddo e i parassiti che contro il loro nemico e che Orwell descrive con una potenza narrativa che va al di là dei semplici fatti di cronaca. Ma è soprattutto una scottante e appassionata denuncia della guerra intestina fra comunisti e anarchici. Nelle “giornate di maggio” del 1937, durante gli scontri di Barcellona, la propaganda comunista e filocomunista infierì contro i miliziani, tacciati di trockijsmo e di connivenza con i fascisti di Franco, al punto che il POUM fu messo fuori legge e i suoi membri perseguiti, incarcerati e uccisi. In tutti questi eventi ebbe buon gioco l'URSS, secondo cui non era opportuno avviare un processo di rivoluzione che avrebbe messo in discussione i rapporti con gli altri paesi, ma era necessario combattere per la democrazia parlamentare sotto un governo centralizzato e di irreggimentare i movimenti operai in grandi partiti di massa. Insomma, i gruppi anarchici, incluso il POUM, rappresentavano un pericoloso rivale non allineato alla politica stalinista e al Comintern. Con profonda amarezza Orwell constata che socialismo non è più sinonimo di uguaglianza e che il microcosmo di società senza classi rappresentato dalle milizie è destinato a fallire. Si stava verificando un imborghesimento generale e una distruzione premeditata di quello spirito egualitario e libertario che guidò i primi mesi della guerra civile. Quest'opera letteraria, di grande onestà intellettuale, è estremamente illuminante sotto il profilo storico-politico, a prescindere dalla partigianeria di Orwell. D'altronde, la sua è una testimonianza diretta degli avvenimenti agli esordi del conflitto, che sconfessa le falsità diffuse dai media internazionali di allora e preconizza un epilogo drammatico della guerra civile, come poi di fatto avvenne con l'instaurazione nel 1939 del governo dittatoriale di Franco.
Tomas (no): Era indeciso tra il nì e il no. Al contrario del romanzo 1984 dello stesso autore, il libro mi è risultato noioso e superficiale, la lotta esposta era disperata e vana. Non mi è piaciuto.
Gabriella (sì): All'inizio c'erano troppe sigle, mi disorientavano e risultavano noiose. Invece, dopo la metà, la cronaca lucida dei fatti mi ha catturata. Ero lì con lui, mi è proprio piaciuto. Ignoravo nel dettaglio gli accadimenti. E' una testimonianza di prima mano. Splendida la descrizione dell'equità tra i soldati degli eserciti anarchici. Trovo splendida l'utopia che sembrava mancasse poco stesse per realizzarsi. La fine mi ha fatto provare i brividi, è attualissima: "… e l'Inghilterra dorme profondamente, scriveva Orwell. Ancora ora, il mondo quando non prova l'orrore della violenza dorme e ignora le ingiustizie."
Pierpaolo (sì): Estremamente onesto, autoironico e profetico. All’inizio mi dava fastidio l’inglese borioso e snob capace addirittura di prendersela per come gli spagnoli pronunciavano l’inglese, in mezzo al caos e lo sporco di una guerra civile. Ma poi l’ho sentito sincero ammiratore dello spirito spagnolo, anche perché nel disordine mediterraneo Orwell trova una speranza: qui nulla sarà mai troppo rigido, nemmeno il fascismo. Non mancano i tipici difetti da Istant book, scritto di getto senza troppe correzioni, ma è assolutamente privo di ogni retorica. Una descrizione così vera della vita di trincea ancora non l’avevo letta: «In guerra, tutti i soldati sono pidocchiosi, almeno quando ci sia un minimo di caldo. Gli uomini che si batterono a Verdun, a Waterloo, a Flodden, a Senlac, alle Termopili, avevano ognuno dei pidocchi che gli strisciavano sui testicoli. P. 58» Ho trovato attuale l’ambientazione catalana e l’autocritica all’isolazionismo inglese in tempo di Brexit. Giusta la scelta nella ristampa curata dalla traduttrice francese, a seguito di un carteggio con l’autore, di spostare in appendice i capitoli “politici”, 5 e 11, che interrompevano la narrazione.
Marinella (no): Tante cose interessanti, ma mi è risultato noioso. Per me un romanzo non riuscito, noioso.
Alessandro (no): Non è un romanzo, ma un reportage di un evento lontano. Noioso, non mi ha preso. Vicende che non trovo attuali.
Massimo I. (sì): Sono riuscito a leggere soltanto i primi capitoli di "Omaggio alla Catalogna". Mi è piaciuto: Orwell è un grande narratore perchè riesce a fotografare la realtà con ironia senza mai scadere nella pura elencazione di fatti (questa è appunto la differenza tra un vero scrittore e un cronista); il maggiore appunto che gli si può fare è che spesso traspare una certa accondiscendenza nei confronti degli spagnoli, la cui totale povertà, improvvisazione ed inefficienza viene confrontata con l'organizzazione e la superiorità degli inglesi. Viene da chiedersi tavolta se l'abbia portato ad immergersi nella guerra civile non tanto l'ideologia quanto la passione per lo studio scientifico della natura umana in condizioni estreme... E' naturalmente un libro drammatico ma non c'è mai la tristezza accorata cui è pervaso "1984", poichè si capisce che l'autore è un uomo giovane e comunque pieno di speranza (a proposito fino a qualche giorno ero convinto che "1984" si disputasse la palma del libro più triste che abbia mai letto con "stoner" e "non lasciarmi"... poi ho ascoltato per radio una parziale lettura de "la morte di ivan ilich"... che mi ha agghiacciato letteralmente, al punto di dover spegnere la radio per la sofferenza che mi provocava... quest'ultimo è diventato primo in questa classifica per distacco).
Prossimo libro: "Il gigante sepolto" di Kazuo Ishiguro (preferito a "Al Dio sconosciuto" di John Steinbeck e a "Tutto scorre..." di Vasilij Grossmann).
Prossimo proponente: Pierpaolo.
Prossimo incontro: 24 novembre.