Il mestiere di scrivere (di Raymond Carver)

Proposto da Massimo I.

Riferimenti: IBS

Discussione di aprile 2017

Sì: Alessandra Co.

No: Marinella, Oscar, Marisa

Nì: Alessandro, Luisella, Pierpaolo

Massimo lo ha proposto per vari motivi, uno è quello di far cosa gradita alle scrittrici del nostro gruppo, l'altro è quello di contrapporre un personaggio diametralmente opposto per la sua modestia e umiltà a quell'insopportabile pallone gonfiato di Mullis, di cui abbiamo letto l'ultimo saggio; ci sono alcuni spunti interessanti: valga per tutti l'esperienza della precoce paternità, dipinta con una sincerità che non lascia scampo.

Alessandra Co. all’inizio era perplessa, anzi infastidita. Poi l’ha letto come atto d’amore verso Carver. Racconta le parti che le sono più piaciute. In sintesi il libro parla della necessità di raccontarsi e di riuscire a scrivere.

Oscar: ha letto metà libro, non può dire che non abbia trovato proprio niente, però si aspettava qualcosa di più tecnico, ma è un’autobiografia più che un testo di tecnica. E’ un omaggio all’Autore.

Luisella: Non ho letto il libro in modo ordinato, ho "saltellato" di qua e di là perché la forma estremamente disomogenea ha reso frammentaria anche la mia attenzione e la mia lettura. Andavo avanti alla ricerca di quei brani che più potevano interessarmi. Un interesse globale però da parte mia non c'è stato. Non partecipo quasi mai ai "Saggi", se sono venuta è perché ero attratta dall'argomento. Ho letto più di un libro di questo tipo. "On writing" di Stephen King è quello che più mi ha divertita e coinvolta, è un libro vivace e stimolante, per scrittori e lettori. Lo consiglio a tutti! "I ferri del mestiere" di Fruttero e Lucentini è anche molto piacevole. Pieno di esercizi di scrittura è l'altrettanto gradevole "Amata scrittura" di Dacia Maraini. Recentemente mi sono imbattuta in "Nel territorio del diavolo" di Flannery O' Connor... Insomma, avevo in mente questi libri ed ero curiosissima di leggere un testo simile scritto da Carver, scrittore che amo tanto. Invece poi ho scoperto che il libro è stato costruito da altri dopo la sua morte, assemblando interventi, conferenze, articoli... Come prodotto editoriale l'ho trovato furbetto e lo stesso titolo è ingannevole. Potevano chiamarlo "Raymond Carver: scritti vari". In alcuni punti, mi sarebbe piaciuto trovare in una nota a piè di pagina quello a cui Carver si riferiva. Ad esempio nel caso di una breve poesia, non sarebbe stato difficile inserirla, invece di costringere il lettore ad una ricerca esterna. Concludendo, mi sento di bocciare l'operazione editoriale. Ma il mio è un "Nì" appunto perché qualcosa di positivo c'è stato. Certe parti mi hanno fatto tenerezza: ad esempio quando Carver ricorda di quando, giovane fattorino, entrò in una villa e vide per la prima volta una biblioteca privata, e il proprietario gli regalò un libro e una rivista letteraria (una pubblicazione che lui nemmeno sapeva esistesse). O altre parti così in cui ho apprezzato la modestia e la sincerità dei suoi ricordi.

Marinella: non l’ha votato, avrebbe voluto discutere "L’illusione di Dio", comunque, come Oscar, una volta iniziato, si aspettava un libro di tecnica e infatti l’unica parte che l’ha interessata è "Una lezione di scrittura creativa". Insomma un libro che l’ha delusa perché si aspettava parlasse di altro.

Alessandro: l’ho iniziato ma non l’ho finito, non mi ha preso.

Pierpaolo: Il mio nì è un quasi sì, molto più che no. Sì perché mi permette di conoscere Carver, che prima non conoscevo che per sentito nominare. Raramente capita di leggere pagine così sincere, ed è difficile immaginare uno scrittore affermato più umile. Sento quindi una grande simpatia per Carver. No, perché non mi piace il lavoro fatto dai curatori, anzi lo trovo un po’ irritante. Come i dischi di raccolta di successi che escono dopo la morte di qualche musicista famoso e vanno a inquinarne la discografia con scelte che mai l’artista avrebbe fatto. Così la lettura che ne risulta è difficile, perché l’opera manca completamente di organicità. Ne manca, credo, per due motivi. Il primo è evidente. Probabilmente mai Carver aveva pensato di scrivere un manuale di scrittura creativa. Dopo la sua morte prematura, i due editor, con il sostegno della vedova, hanno riunito per il mercato italiano testi sulla scrittura di diversa origine (articoli su commissione, prefazioni, lezioni sbobinate). Questo libro esiste solo in Italia, dove forse ha cavalcato il successo delle scuole di scrittura creativa nate in quel periodo (1997), proprio sulla scorta di esperienze americane come quella di Carver. Un altro motivo della disorganicità credo sia più intimo: anche come scrittore Carver è stato piuttosto frammentario, per le vicissitudini biografiche e per naturale inclinazione e ispirazione. Nella sua descrizione di talento, il talento di cui credo fosse pieno, insiste sulla capacità di amplificare un particolare, di provare sinceramente stupore per piccoli avvenimenti familiari e comuni, visti in modo radicalmente personale. Non c’è l’ambizione di costruire grandi opere organiche. Credo che Carver probabilmente non avrebbe voluto lasciarci un manuale organico di scrittura creativa - come nemmeno, ad esempio, un saggio di storia della letteratura americana, o un romanzo, o un grande poema (forse un canzoniere, questo forse sì). Ma chissà cosa avrebbe fatto se il cancro non ce l’avesse portato via a solo 50 anni. In questo libro ciò che brilla è Carver, i difetti sono inevitabili data la natura della raccolta! In questi testi, Carver racconta momenti quotidiani che l’hanno segnato come scrittore: la nascita e la cura dei due figli, la povertà e il poco tempo prezioso a disposizione, l’incontro “magico” con l’uomo anziano e sconosciuto che gli regala la rivista Poetry, la volontà di pubblicare delle poesie, la frequenza dei corsi di scrittura di John Gardner e l’attenzione che questi gli presta, così come letteralmente gli presta anche lo studio e la macchina da scrivere con cui esercitarsi la domenica. Così, con un tono confidenziale e pieno di modestia, Carver mette in mostra il suo approccio alla scrittura: ne esce un’idea di narrativa (e poesia) anti-retorica e non auto-referenziale, realistica, capace di vedere il quotidiano da un punto di vista del tutto nuovo. Una narrativa fatta anche di movimento, di sviluppo, di trama. Una narrativa che, in fondo, risponde a una sola regola: essere chiara e sincera, per cercare con rispetto la comunicazione e l’empatia con il lettore. Questa è la responsabilità dello scrittore, rispettare il lettore, essere sincero con lui.

Marisa: Mi aspettavo tutt'altro dalla lettura di questo saggio: un testo più organico che indagasse i "segreti della magia" che aiutano uno scrittore nel suo processo creativo. Mi piace pensare a Kafka che lavorando tutto il giorno alle Assicurazioni Generali rubava al riposo le ore notturne pur di scrivere, a Proust rintanato in una stanza insonorizzata per dare voce alla sua Recherche, e ancora a Svevo con la sua prosa influenzata da dialettismi ma intrigante ed innovativa. Quale era il moto dell'animo che li spingeva a un livello artistico così unico, inconfondibile, tale da rendere la loro fama ampiamente riconosciuta? Essi amavano la scrittura sopra ogni altra cosa, tanto che la tecnica linguistica di ognuno si sposava con il vero talento. E' ovvio che, oltre il talento, serve far tesoro delle proprie esperienze, dar vita a uno stile autentico, avere capacità di autocritica e di ironia oltreché il dono dell'immaginazione. Ciò premesso, sono convinta che non esista un metodo vero e proprio che insegni l'arte dello scrivere, tranne i soliti trucchi del mestiere di cui si avvalgono certi scrittori per innalzare se stessi al rango di artisti della penna. Più che un saggio, questa è una raccolta di episodi biografici a mio parere poco interessanti, che in appendice propone una lunga serie di esercizi di consultazione macchinosi. L'impressione complessiva che ne ho ricavato è quella di un pot-pourri mal imbastito e infarcito di luoghi comuni.


Prossimo saggio: "Iliade. Il poema della forza" di Simone Weil (preferito a "Alce Nero parla" di John G. Neihardt e a "Il terzo spazio. Oltre establishment e populismo" di Yanis Varoufakis).

Prossimo proponente: Oscar

Prossimo incontro: 14 luglio