Tempi difficili (di Charles Dickens)

Proposto da Annamaria

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di aprile 2013

Sì: Giovanna, Massimo I., Marinella, Annamaria, Marisa, Alessandra, Mirella

Nì: Giuseppe, Tomas

Annamaria (proponente): Sì

Lo lessi 15 anni fa e mi piacquero molto le caricature dei personaggi, le situazioni compassionevoli e patetiche quel sentimentalismo che lo rende un romanzo di quell’inizio ‘800. Devo ammettere che riletto ora mi è piaciuto un po’ di meno ma ne è valsa la pena: rimane un libro valido.

Massimo I: Sì

Dickens mi piacque molto in passato e avevo letto quasi tutto di suo, ma non questo. Qui ho trovato tutti i suoi pregi e i difetti, tra cui soprattutto l’intervenire nella storia con la sua morale in maniera assai evidente. Mi ha colpito il diverso trattamento tra l’operaio Stephen condannato a morire e Tom per il quale tutti si danno da fare per scappare: direi quindi che Dickens è molto classista.

Ho notato poi delle incongruenze nel testo (ad esempio nel discorso finale di Stephen ormai moribondo, il linguaggio diventa quasi poetico in contrasto con quello un po’ grossolano avuto nel resto del testo). Forse, per affrontare gli enormi debiti, Dickens si era messo a produrre molto, trascurando un po’ i dettagli dei suoi scritti. Ma con un sentimentalismo che abbonda e la sua vena umoristica (seppur sempre meno incisiva con il passare degli anni sostituita da una maggior tristezza) è riuscito a crearsi un grande successo.

Tomas: Nì

L’ho letto in ceco e il linguaggio mi sembrava molto strano, le persone si comportavano in maniera molto illogica, tutti i personaggi erano “esagerati” tant’è che mi è sembrato quasi un libro per bambini. Anche la città era anomale, anche se mi ha fatto pensare a Liverpool (che ho visto) e Mancherster. Mi ha disturbato anche il fatto che le classi sociali fossero così stereotipate.

Nonostante tutto ciò era molto scorrevole e riusciva a intrigare il lettore per scoprire come la storia sarebbe andata avanti.

Marisa: Sì

Siamo nel periodo della rivoluzione industriale e la città Coketown ne è l’emblema: un grande sviluppo che porta a un forte cambiamento sociale, il passaggio dall’uomo da individuo a macchina, operaio inserito in una catena di montaggio. Dickens denuncia questa ingiustizia ma non prova nessuna simpatia per il sindacato e ci presenta addirittura il sindacalista come uno che aggira le masse per il proprio interesse.

Le descrizioni caricaturali dei personaggi e dei paesaggi sono ben fatte. L’unica nota di umanità la si trova in Stephen e in Sissy, nel suo circo che, in quanto grottesco, si pone in antitesi con la realtà del produttivismo, dei “fatti”. Il circo diventa quindi la sola isola di gioia e serenità.

Secondo me, Dickens rimane però pessimista verso la società, troppo lontana dagli ideali di giustizia (un po’ come quella di oggi).

Marinella: Sì

Sono d’accordo con Marisa e Massimo. Ho letto Dickens quando ero ragazza e rileggendolo ora mi sono accorta che quando si è piccoli, non si capiscono molte cose. A quei tempi avevo privilegiato la storia mentre ora vedo che Dickens descrive la società del liberalismo (non a caso tra i nomi che usa ci sono Adam Smith e Malthus) ma non muove nessuna critica: è una società in cui lui sta benissimo e sebbene noti la disparità di vita tra gli aristocratici e gli operai non manifesta nessuna condanna.

Ora posso dire che il personaggio più positivo è Sissy: è lei che tira i fili della storia e salva le varie situazioni.

Mirella: Sì

L’ho letto in inglese ma a fatica…

E’ un romanzo autobiografico in cui Dickens descrive la miseria della sua infanzia dalla quale si è riscattato: ma una volta approdato tra i gentleman, guarda con disprezzo la gente povera che ha lasciato indietro...

Ma io ho letto “Grandi speranze”!!!! (saltando la parte centrale)

Rimane pur vero che Dickens è classista convinto e la bontà che traspare nei suoi romanzi è solo quella dei personaggi sempliciotti e non come una virtù che li eleva dalla loro misera condizione di operai o contadini.

Alessandra: Sì

Premetto che non ho finito il libro. Per questo ero indecisa tra Sì e Nì. Comunque ho preferito dare un giudizio positivo perché la lettura mi ha donato emozioni. La narrazione dell'abbandono di Sissy da parte del padre era strappalacrime, ma a me, con un po' di vergogna e sentendomi scema, le ha strappate sul serio.

Mi ha ricordato i libri che leggevo da bimba, quelli "formativi", Senza famiglia, Cuore, ecc…

Ho sentito di recente una trasmissione su Dickens alla radio: raccontavano la sua biografia e gli elementi autobiografici nei suoi libri. A mio avviso in questo testo in ogni personaggio c'è un pezzo di Dickens. Non lo leggo classista. Il suo raccontare la società del tempo evoca nel lettore un giudizio morale. Si legge una società dura e priva di attenzione all'altro, classista, presuntuosa, triste. E vedo, purtroppo, la nostra società sempre più simile a quella di allora.

Giovanna: Sì

Mi è piaciuto: mi è piaciuta la Signora Sparsit, il lato grottesco delle situazioni e dei personaggi, una bella carrellata in cui spicca la bella figura di Sissy . Ho trovato curioso il metodo pedagogico esageratamente puntato sui “fatti” e assai strano che una persona colta come il padre potesse ignorare il valore del lato umano della vita e dell’insegnamento. Ne contesto l’estremizzazione ma allo stesso tempo ne valorizzo l’idea di concretezza, soprattutto rispetto agli insegnamenti fondati su principi religiosi.

Giuseppe: Nì

Ho detto Nì perché, pur condividendo tanti aspetti positivi che sono stati elencati, ho dato agli aspetti negativi un peso forse maggiore di quanto hanno fatto gli altri.

Sono anch’io dell’idea che Dickens sia classista coglie le differenze di classe, le descrive ma non denuncia niente, non tenta nemmeno di dare un segnale salvando Stephen, anzi lo lascia morire spendendoci solo mezza pagina mentre si ingegna in mille modi pur di salvare il ladro Tom.

I personaggi grotteschi e le loro caricature (tra cui la fastidiosissima pronuncia di Searly, capo del circo, che pronunciava le “s” come “f”: quasi illeggibile!) mi hanno sorpreso: mi aspettavo un Dickens più attendo alle situazioni di pietà e commiserazione dei poveri.

Aggiungo solo che, sebbene so sia molto personale, mi ha indisposto il modo in cui ha presentato la teoria dei “fatti”: usa la matematica dei conti banali come esempio di una cosa limitata e insulsa. Ma la matematica è ben altro: sarebbe come dire che la letteratura è arida e inutile e proporre come esempio lo studio mnemonico del verbo avere.


Prossimo libro: “Il postino suona sempre due volte” di J. Cain (preferito a “Il buio oltre la siepe” di H. Lee e “Uomini e topi” di J. Steinbeck)

Prossimo proponente: Alessandra

Prossimo incontro: 31 maggio.

Concorso fotografico nr.22 per “Il velo dipinto” vinto da Giuseppe. Si decide inoltre di fermare CLASS al concorso nr.24: chiudiamo in bellezza con due anni di foto.