Il diavolo in corpo (di Raymond Radiguet)

Proposto da Marinella

Riferimenti: IBS, Wikipedia

Discussione di maggio 2021

Sì: Alessandro, Luisella, Marinella, Oscar, Sonja
No:
Pierpaolo

Marinella: Ho scelto i libri da "Ad alta voce", libri francesi, da cui siano stati tratti dei film. "Il diavolo in corpo" l'avevo letto tantissimi anni fa e mi era piaciuto molto per la scrittura e per l'originalità della storia leggermente scandalosa. Passati più di cinquant'anni mi ha un po' delusa la traduzione assai datata e ovviamente non ho più trovato scandalosa la vicenda. Mi è comunque piaciuto.

Alessandro: Anch'io l'ho ascoltato con "Ad alta voce", non mi è piaciuta molto la lettura di Paola Pitagora. Il libro è piacevole, si inserisce nella tradizione francese dei romanzi scandalosi, come Madame Bovary o come i romanzi di Jean Genet, talmente scandalosi per l'epoca da non venir nemmeno pubblicati. Ho apprezzato il carattere socio-letterario, fa scandalo la giovane età dei protagonisti. Il finale drammatico ricompone l'ordine stabilito a costo della vita della protagonista, come sempre paga la donna. Mi chiedo se ci sono storie di adulterio a lieto fine...

Oscar: La storia avvincente e lo stile di scrittura elegante mi hanno decisamente fatto piacere l'ascolto di questo romanzo (e per fortuna Paola Pitagora lo ha recitato con uno stile meno platealmente teatrale rispetto a "La signora Dalloway", nostra precedente lettura). I protagonisti vengono travolti dagli eventi, oltre che dalla passione, pur risultando entrambi più emotivamente maturi di quanto la loro età farebbe supporre. Ammetto che negli ultimi tempi, a leggere di passioni amorose, mi sento un po' come un diabetico davanti alla vetrina di una pasticceria, per cui c'era questo sfondo di irritazione che mi accompagnava nell'ascolto del romanzo. Sarà per questo che sul finale tragico una parte di me ha malignamente pensato: "ecco, vi sta bene!!".

Luisella: Dico sì, anche se con poco entusiasmo. È un romanzo sicuramente scorrevole (l'ho letto in due serate) e godibile, ma non è detto che questo sia un bene. Talvolta un libro ostico, pieno di inciampi buche e trappole, mi dà più soddisfazione. Non riesco a considerarlo il CAPOLAVORO di cui tutti parlano. Alcune cose mi colpiscono e mi incuriscono. Mi colpisce il fatto che, nonostante Radiguet fosse praticamente coetaneo del protagonista, mi par di sentire la voce di un uomo anziano che ricorda con nostalgia e tenerezza una passione giovanile. Avverto una distanza siderale. Non mi capacito che a scrivere sia stato un ragazzo. Mi colpisce anche che, mentre scriveva dell'amore per una fanciulla, Radiguet fosse coinvolto in una relazione con Jean Cocteau. Una relazione lunga cinque anni, dai quindici ai venti, cioè fino alla morte. Da un lato, è stato bravo a immedesimarsi in un altro tipo di amore, ma ipocrita, dall'altro lato, a non scrivere invece di quello che viveva davvero (che sì, per l'epoca, sarebbe risultato davvero "letterariamente scandaloso"). Mi colpisce infine il tono aforistico e sentenzioso (anche questo gli conferisce quel tono da uomo maturo che si volta indietro dopo aver capito tutto). Sono tantissime le frasi che potrebbero essere decontestualizzate e diventare - appunto - deliziosi aforismi da salotto. In alcuni momenti mi ha fatto sorridere, come quando il ragazzo si accinge al primo incontro d'amore con Marthe e, avendo detto ai genitori che se ne andrà in gita con un amico, riceve dalla insistente madre il cestino della merenda. Un cestino che lo farebbe sfigurare davanti all'amante e che quindi decide di nascondere in un cespuglio. Episodio carino che mi fa, appunto, sorridere. Ma in un romanzo così, il sorriso non ci sta. Insomma, l'ho letto volentieri, ma nulla di più. Non mi è entrato nelle vene come dovrebbe fare un romanzo su una ossessione..."

Sonja: Il mio è un sì convinto perché il libro mi ha colpita profondamente sia come narrazione che come contenuto. Mi ha commosso da un lato la capacità del giovane autore di immergersi nella psicologia adolescenziale e dall’altro ho ammirato la maturità dimostrata nell’affrontare le problematiche di quell’età. Ho avuto come la sensazione che presentisse la propria fine precoce; il suo eroe infatti da spensierato dodicenne nel giro di quattro anni diventa uomo più che maturo. E’ come se in lui Radiguet cercasse di vivere l’intera vita in uno spazio breve. Certamente è vero che dall’adolescenza è uscito anche lui da poco, ma la capacità di scrivere un testo su un argomento spinoso - e all’epoca da tutti sottovalutato - con una profondità simile, non è da tutti i ventenni. A colpirmi è stata soprattutto la maturità di pensiero che dimostra alla fine: la capacità del protagonista di mantenere questo enorme segreto per sé in nome del bene comune, soprattutto quello del figlio. La sua sarà una vita segnata dalla rinuncia e dal rimorso e, non per ultimo, dal dubbio di essere la causa della morte di Marta. Questo ragazzo semplice, educato all’antica, mi ricorda un po’ Agostino di Moravia: pure lui alle prese con il “diavolo” delle crisi adolescenziali che alla fine però fanno tenerezza e ci strappano un sorriso. Penso che la morte precocissima di quest’autore ci abbia tolto la possibilità di leggere dei grandi capolavori.


Prossimo libro: "Chirù" di Michela Murgia (preferito a "Come il vento tra i mandorli" di Michelle Cohen Corasanti e a "Momo a Les Halles" di Philippe Hayat)

Prossima proponente: Luisella

Prossimo incontro: 25 giugno (si spera nel giardino di Sonja)