Sì: Mirella, Marinella, Gabriella, Alessandra Ce., Alessandro, Marisa, Pierpaolo
Nì: Luisella, Oscar
No: Tomas
Mirella (sì, proponente): Ho proposto questo libro perché mi piace per lo stile e il contenuto. Speravo andando a Dublino di ritrovare quell’atmosfera, ma così non è stato. Anche il film mi era piaciuto molto. Amo Joyce e il suo linguaggio, perché sapeva esprimere in modo asciutto e fedele le situazioni di una realtà tipica della vita irlandese dell'epoca, ben diversa da quella della Gran Bretagna, da cui gli irlandesi prendevano le distanze. L'Irlanda, oggetto di odio e amore per Joyce, a seconda se si allontanava o avvicinava ad essa, era una terra ancorata ai suoi costumi, alla sua lingua, alla sua religione, insomma a tutto ciò che costituiva le sue tradizioni e la sua storia. I racconti evidenziano tutto ciò con un senso profondo di malinconia, che è la malinconia (e la nostalgia) di Joyce stesso verso la sua lontana Dublino.
Marinella (sì): Credo di avere letto il libro dopo avere visto il bellissimo film "The Dead" e ho scoperto un libro di racconti bellissimi. Il linguaggio è essenziale, moderno e innovativo. Nei racconti pare che non accada niente ma non è così. "I morti" è forse il mio racconto preferito in assoluto. Libro bellissimo.
Gabriella (sì): Ringrazio tanto Mirella per avermi fatto scoprire Joice che non ho mai letto in precedenza. Un ultimo regalo che ha fatto a tutti noi. Ho ammirato in Joyce la capacità di far sentire a chi legge, l’atmosfera della Dublino di fine ‘800, con l’illuminazione dei lampioni a gas e gli innumerevoli scorci di un tempo che fu. E l’abilità di rendere animate cose che non lo sono (vedi la descrizione delle bottiglie con le loro divise colorate, nel racconto de “I morti”) I primi racconti mi hanno lasciato una sensazione di sospensione, come se la storia mancasse di una fine. In quelli in cui si parla di violenza reale o immaginata su bambini da parte di uomini adulti e frustrati, ho provato palese malessere. Libro intenso, pregnante, in cui si percepisce il problema dell’alcolismo che afflisse il padre di Joyce e portò la famiglia alla rovina, e più tardi lui stesso. Mi è piaciuto molto.
Luisella (nì): Ho detto Nì per fare media tra il Sì per la soggezione verso Joyce, per lo stile favoloso e l'attenzione al dettaglio, e il No che magari avrei mosso all'autore se non si fosse trattato di un "mostro sacro", magari uno scrittore vivente, sconosciuto. Allora gli avrei rimproverato che tutti i racconti sembrano davvero troppo simili, per atmosfere, colori, disperazione (tranne "I morti", che secondo me si stacca di netto). L'ho letto tanti anni fa e mi era molto piaciuto, è stato uno dei libri dell'adolescenza, e credo abbia determinato anche il mio amore per la forma del racconto. Mi ha stupito il fatto che, sfogliandolo dopo tanto tempo mi sia caduto l'occhio (e il cuore) sugli stessi racconti che avevo amato allora, cioé: "Eveline", "La contropartita", "I morti", forse perché trattano di tematiche che in qualche modo ho sempre sentito come molto mie, intime. Eveline mi colpisce e mi commuove perché, a differenza di altri personaggi di altri racconti, che conducono la loro vitaccia senza che quasi niente accada, la protagonista ha una vera e concreta possibilità di fuga e di alternativa di vita, il fidanzato che la attende per partire insieme verso Buenos Aires. Ma lei alla fine rifiuta, pur sognandolo, pur desiderandolo, perché troppo invischiata in ricatti morali familiari, promesse fatte alla madre, e un senso del dovere che pregiudica ogni via alla sua felicità di donna. Come in molti altri racconti anche in Eveline c'è la scena della finestra (accanto al cretonne polveroso, e sembra proprio di sentirlo, l'odore acre di una ineliminabile polvere che entra nelle narici). Molti personaggi (il primo capoverso del primo racconto "Le sorelle", fino a Gabriel che osserva la neve cadere) guardano dalla finestra, come se non avessero una vita propria ma fossero condannati a spiare lo svolgersi della vita degli altri. "La contropartita" mi piace, nel suo orrore, perché aiuta a ragionare sulle violenze familiari (certo, senza accettarle né giustificarle!) Che giornata ha avuto un padre che picchia il figlio? Quanto si è sentito piccolo, schernito, misero? Quanto si sente fallito? E dunque, il solo essere nei confronti del quale può mostrare forza, è un bambino... "I morti" mi piace moltissimo, piace a tutti, ha un finale poetico, lirico, che tocca il cuore. Però lo sento estraneo alla raccolta. Lo considero quasi un romanzo breve, non per dimensioni ma per coralità e per senso del tempo (c'è un passato che emerge, mentre in altri racconti c'è quasi sempre un eterno grigio paralizzato presente senza alcuna radice). Anche i personaggi sono diversi, più benestanti, più lucidi, meglio inseriti in un contesto sociale "buono". Insomma, lo sento veramente staccato dal resto. Ma se Joyce ha deciso invece di inserirlo nella raccolta - dove i vivi non sono mai veramente vivi, mai pienamente padroni dell'esistenza, ma vengono solo trascinati dai giorni – e di inserirlo addirittura alla fine come un epilogo, lo ha fatto per porci una domanda: chi è veramente vivo, e chi è veramente morto? Il ragazzo morto per amore della giovane Gretta, che Gretta conserva nel cuore per tutta la vita tanto da scoppiare in lacrime al suo ricordo, ad esempio, non è forse più vivo di tutti gli altri personaggi che abbiamo appena conosciuto? Si è vivi se si è nell'amore e nella memoria di qualcuno.
Marisa (sì): È una Dublino malinconica dove regnano l'inettitudine, la paralisi, il grigiore. Ad una prima lettura ogni cosa è deprimente: come il ciondolare senza meta di giovani squattrinati il cui unico obiettivo è quello di procurarsi qualche scellino per annegare nell'alcol lo squallore quotidiano, o come i ragazzini assetati di forti sensazioni per sfuggire alla monotonia della scuola. Per lo più si tratta della vita di persone deboli e incapaci di mettere a nudo i propri sentimenti tenuti ben nascosti sotto una patina alterna di noia, spavalderia, goffaggine, pudore. I racconti apparentemente non hanno un vero inizio né una conclusione: sono episodi inseriti in un contesto di tempo e di spazio circoscritti che narrano il profondo disagio della solitudine, dell'indigenza e delle frustrazioni di vari personaggi in una città ristagnante dove nulla cambia in apparenza, nulla aiuta a uscire dall'immobilismo intellettuale e morale di una società appiattita, borghese, bigotta. Nell'ultimo bellissimo racconto, I morti, la penna di Joyce tocca punte di autentico lirismo nel raffigurare la sua Dublino, tanto amata e tanto odiata, che ora sembra illuminarsi al candore della neve che la copre. È un'epifania, che scuote l'animo di Gabriel quando prende coscienza che l'amore, l'esistenza, tutto - tranne la morte - è illusione.
Oscar (nì): Ho letto un po' a fatica i racconti nella prima metà del libro: le storie non contenevano una vera e propria trama, ma erano descrizioni minimaliste di situazioni e personaggi. Per cercare di vincere la mia pigrizia ho provato a proseguire attraverso un audiolibro, ma restava il fatto che tanti racconti non riuscivano a catturare la mia attenzione. Nel libro, comunque, ho trovato interessante la descizione di una società - quella irlandese - con le caratteristiche di una terra di frontiera: la forte identità culturale, la diffidenza verso le comunità confinanti, la protezione della lingua gaelica, mi hanno ricordato dinamiche e situazioni che viviamo qui nella nostra regione.
Tomas (no): Il libro l'ho trovato molto noioso, talmente tanto che durante la lettura dell'ultimo racconto, da voi molto apprezzato, mi sono addirittura addormentato. Per me i racconti devono essere delle piccole storie dove succede qualcosa, questi erano invece solo una colezione di immagini e sensazioni della città di Dublino che possono,secondo me, essere apprezzati solo della gente locale oppure di quella che adora la città e quindi riconosce i luogni descritti. Poi, forse meglio leggere libri italiani perché, visto quante diverse traduzioni del libro ci sono in giro, ho la sensazione che ognuno di noi abbia letto un libro diverso. (Segue il confronto tra varie traduzioni.)
Alessandro (sì): Come per Marinella, "I morti" è il racconto più bello che abbia mai letto. Mi colpisce la serenità e la tristezza, la malinconia e l'abbandono che sono presenti in tutto il racconto, ma soprattutto nella descrizione della nevicata. Avevo letto il racconto molti anni fa dopo aver visto l'omonimo film di John Huston e ringrazio Mirella per avermi dato l'occasione di leggere l'intera raccolta di racconti. Il libro mi sembra una sorta di polittico dove ogni quadro rappresenta magistralmente la vita di persone comuni di Dublino colte in momenti ordinari del loro vivere ma che, sotto la penna di Joyce, diventano esemplari e assumono una rara bellezza.
Pierpaolo (sì): La fortuna di Joyce in Italia è molto grande, fatto testimoniato dalla disponibilità, anche presso di noi qui questa sera, di tante traduzioni diverse. Forse che molte sono insoddisfacenti, anche se tutto sommato di un’opera ancora piuttosto semplice rispetto alle successive dello scrittore? La storia della fortuna di Joyce in Italia rivelerebbe sicuramente come sia uno scrittore influentissimo, ma forse poco letto. Nel libro troviamo una descrizione molto particolareggiata, curata e ricca di particolari, un’ambientazione così approfonditamente dublinese che però, attraverso le epifanie, rivela ai personaggi e attraverso la loro consapevolezza a noi lettori, l’universalità delle vicende intime e delle loro lunghe eco nella psicologia, al di là di ogni differenza sociale, cronologica e geografica. Ringrazio Mirella per avermi fatto finalmente leggere un libro che già dai primi approcci, mediati dal professore di inglese al liceo, attraverso la lettura di alcuni brani del racconto I morti, mi aveva molto emozionato. Resta ora, dopo aver visto la tanta differenza tra le traduzioni che abbiamo avuto a disposizione, la curiosità di provare a leggerlo in inglese, tanto più che ce n’è un’edizione Kindle disponibile gratuitamente.
Prossimo libro: "Madame Bovary" di Gustave Flaubert (preferito a "Ditelo a Sofia" di Magda Szabò e a "Il commesso" di Bernard Malamud)
Prossimo proponente: Tomas
Prossimo incontro: 24 giugno
Libro dopo libro ci siamo ritrovati uniti
da legami profondi e misteriosi.
Mirella ci manchi.
Il tempo aiuterà,
ma non permetteremo mai
che ti porti via dalle nostre vite.