La certificazione aziendale della parità di genere
cosiddetto "bollino rosa"
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In argomento:
Responsabilità sociale di impresa
Elementi dalla Tesi di Laurea Magistrale in Politiche e servizi sociali, Università di Torino, A.A. 2023-24
A cura di Alice Verani
Si tratta di una certificazione volontaria che le aziende possono richiedere agli Organismi di certificazione accreditati per attestare la conformità dell'organizzazione di impresa ai principi di parità tra i generi (come l'equità salariale, politiche paritetiche di formazione e avanzamento di carriera, attenzione alla genitorialità, luogo di lavoro adeguato, etc...)
La certificazione può essere ottenuta con la procedura UNI/PdR 125:2022.
UNI/PdR 125:2022, Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator - Indicatori chiave di prestazione) inerenti alle Politiche di parità di genere nelle organizzazioni. http://www.lavorosi.it/fileadmin/user_upload/PRASSI_2022/Prassi-di-riferimento-UNIPdR-PDR100866103.pdf
La certificazione si colloca all’interno dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – dell’Agenda 2030, in cui con il goal 10 si vuole ridurre l’ineguaglianza all’interno e fra le Nazioni e con il goal 5 che si prefissa l’obiettivo di raggiungere l’uguaglianza e l’emancipazione di genere.
Ed è chiaramente collegata alla Responsabilità sociale di impresa ed agli investimenti sostenibili e responsabili (criteri ESG).
La questione è fortemente legata anche all’attuazione del PNRR che tra le priorità trasversali indica la Parità di genere (le altre sono i Giovani ed il Mezzogiorno con il riequilibrio territoriale) e che la mette al centro della Missione 5 "Inclusione e Coesione".
In particolare, le Missioni e le Riforme del PNRR saranno valutate dall'UE sulla base dell’impatto che avranno nel recupero del potenziale dei giovani, delle donne e dei territori, e nelle opportunità fornite a tutti, senza alcuna discriminazione (raccomandazioni specifiche della Commissione Europea sull’Italia del 2019 e del 2020).
La logica è che per realizzare un vero cambiamento di paradigma è necessario che i principi di parità di genere e di rispetto delle diversità siano integrati negli obiettivi aziendali ed è quindi necessario per le organizzazioni dotarsi di adeguati strumenti attraverso i quali:
porre l’attenzione e fissare precisi obiettivi per ogni fase lavorativa delle donne all’interno delle organizzazioni,
misurare in modo chiaro e standardizzato i progressi realizzati,
certificare i risultati raggiunti seguendo processi qualificati e trasparenti.
L’attenzione è rivolta a:
selezione ed assunzione, retribuzioni e carriere;
genitorialità e cura della famiglia;
conciliazione dei tempi vita – lavoro;
attività di prevenzione di ogni forma di molestia ed abuso;
bias gestionali e processi di gestione,
ciascuno con specifici indicatori di performance.
In Italia la Certificazione nasce con il D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) che all’articolo 46 recita: “Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta.”
DLGs 198/2006 https://www.gazzettaufficiale.it/dettaglio/codici/pariOpportunita
Inoltre, nella sua versione definitiva, il nuovo Codice degli appalti (D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36) la prevede quale leva strategica per la riduzione del divario di genere. Il comma 7 dell’art. 108 dispone che: “Al fine di promuovere la parità di genere le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese che attestano, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all’art. 46-bis del codice delle pari opportunità”.
http://www.lavorosi.it/fileadmin/user_upload/PRASSI_2023/gazzetta-dlgs-31-marzo-2023-n-36-nuovo-codice-appalti.pdf
Pertanto:
le imprese, sotto propria responsabilità (qualora abbiano proceduto ad ottenere tale certificazione), possono dichiarare di possedere i requisiti richiesti dalla norma utile al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità;
le stazioni appaltanti dovranno prevedere l’inserimento di un punteggio premiale per le imprese che procedono ad effettuare in autocertificazione tale attestazione.
link a due degli enti certificatori di cui le parlavo, al di fuori e precedenti all'UNI 125:2022, https://www.edgeempower.com/ e https://winningwomeninstitute.org/gender-equality-certified/
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Giorgio Merlo aprile 2024