La riforma sanitaria
Legge 833/1978
un esempio di come, attraverso un sistema di norme, si possa cercare di regolare, orientare, un fenomeno sociale
G. Merlo, La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti, Carocci 2014
Capitolo: 7.1. Le norme
BOX DI APPROFONDIMENTO n. 41
N.B. I riferimenti bibliografici si riferiscono alla sito bibliografia del testo. Nel caso di citazione si consiglia la seguente notazione: “Merlo G., La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti”, allegato web n.41, Carocci, 2014tutte le voci del sito
in argomento si vedano le schede:
Una breve analisi della normativa in campo sanitario permette di comprendere come lo Stato Italiano abbia affrontato, attraverso una riforma epocale, il tema del diritto alla salute dei propri cittadini.
“Nei decenni successivi all’instaurazione del nostro Stato unitario e sino alla fine della seconda guerra mondiale la tutela della salute fu intesa prevalentemente come tutela della salute collettiva con particolare attenzione ai profili della vigilanza igienico sanitaria. La tutela della salute del singolo cittadino non aveva riconoscimento di bene pubblico”. L’entrata in vigore della Costituzione e del suo art. 32 modificò completamente i termini della questione, dando ingresso, nel diritto costituzionale contemporaneo, alla salute come oggetto di tutela da parte della Repubblica. Prima dell'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, il sistema assistenziale era basato su enti mutualistici e casse mutue. Ciascun ente era competente per una determinata categoria di lavoratori che, con i familiari a carico, erano obbligatoriamente iscritti allo stesso e, in questo modo, fruivano delle cure mediche e ospedaliere. Il finanziamento si basava sui contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro. Il diritto alla tutela della salute era quindi correlato non all'essere cittadino, ma all'essere lavoratore (o suo familiare) con conseguenti casi di mancata copertura; vi erano, inoltre, sperequazioni tra gli stessi assistiti, vista la disomogeneità delle prestazioni assicurate dalle varie casse mutue. La Legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Riforma sanitaria) si è posto l’obiettivo di creare un sistema che “superasse sia la frammentazione del sistema mutualistico, sia quella dell’apparato organizzativo centrale e periferico. Le modifiche legislative successive alla legge n. 833, per quanto importanti[1], non hanno inciso sul nucleo essenziale del sistema e dei suoi principi di fondo: responsabilità pubblica della tutela della salute; universalità ed equità di accesso ai servizi sanitari; globalità di copertura in base alle necessità assistenziali di ciascuno, secondo quanto previsto dai livelli essenziali di assistenza; finanziamento pubblico attraverso la fiscalità generale; la portabilità dei convenzionali a livello nazionale.
Al di là delle specifiche norme, che, come si è visto, sono anche variate nel tempo, si possono, pertanto, individuare i cardini dell’azione programmatoria:
la responsabilità pubblica della tutela della salute della persona e delle comunità locali attraverso la creazione del Servizio Sanitario Nazionale il cui governo è esercitato da Stato e Regioni, secondo la distribuzione di competenze stabilita dalla revisione della Carta costituzionale,
la centralità della persona che si estrinseca in una serie di diritti fondamentali esercitabili da parte dei singoli utenti, tra cui la libertà di scelta del medico di medicina generale e del luogo di cura, diritti all’informazione e partecipazione,
l’universalità, l’uguaglianza e l’equità di acesso alle prestazioni ed ai servizi secondo il principio di appropriatezza, nella duplice accezione: clinica nella ricerca delle prestazioni più efficaci a fronte del bisogno accertato e come regime di erogazione della prestazione più efficace, ma al tempo stesso a minor consumo di risorse,
la globalità della copertura assistenziale e l’omogeneità nel godimento dei diritti fondamentali sull’intero territorio nazionale attraverso la definizione dei livelli essenziali di assistenza (diritto “finanziariamente condizionato[2]” che può introdurre vincoli di compartecipazione alla spesa),
il finanziamento pubblico attraverso la fiscalità generale ed, in particolare, con imposte dirette (addizionale IRPEF ed IRAP) e indirette (compartecipazione all’IVA, accise sulla benzina), residuali trasferimenti erariali ed entrate dirette derivanti dai ticket sanitari e dalle prestazioni rese a pagamento,
il metodo della programmazione[3] per orientare e coordinare gli obiettivi e l’attività dei diversi livelli istituzionali coinvolti nel garantire la tutela della salute (livello statale, regionale, aziendale e infra-aziendale), nonché per garantire la globalità degli interventi in materia di prevenzione, cura e riabilitazione,
la gestione attraverso aziende pubbliche (risale al riordino del 1992: così che l’intero territorio nazionale è coperto da una rete di aziende unità sanitarie locali ed aziende ospedaliere) e, a condizione del rispetto di determinati standard, l’integrazione tra soggetti erogatori pubblici, privati e privati senza scopo di lucro,
l’integrazione tra assistenza sanitaria ed assistenza sociale come modalità di coordinamento di tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione,
l’integrazione tra assistenza, formazione e ricerca attraverso la continuità strutturale tra i centri specializzati nella formazione del personale sanitario (Università) o nella ricerca biomedica e le strutture di ricovero e cura.
[1] “La prima riforma attuata con la Legge 833/1978, ha introdotto un nuovo sistema sanitario basato sulla copertura universale, segnando la fine del sistema mutualistico. Altri aspetti fondamentali di questa riforma sono stati l’istituzione delle Unità Sanitarie Locali (USL) e l’avvio del decentramento, affidando la gestione della sanità non solo allo Stato ma anche alle Regioni e agli Enti locali. Un successivo passo è stato realizzato con la seconda riforma (DL.vo 502/1992 e successive modifiche) con la trasformazione delle USL in Aziende (Aziende Sanitarie Locali o ASL) dotate di personalità giuridica e autonomia amministrativa ed economica e condotte da manager, responsabili della gestione delle ASL. Altro aspetto innovativo è stata l’introduzione del sistema dell’accreditamento delle strutture sanitarie, consentendo al cittadino di scegliere liberamente la struttura pubblica o privata (dotata dei prescritti requisiti) in cui curarsi. Tutte le novità introdotte dalle precedenti riforme vengono confermate nella terza riforma sanitaria (DL.vo 229/1999) con l’introduzione dei fondi integrativi da parte di sindacati, aziende, associazioni, Regioni ed Enti locali allo scopo di intervenire a completamento delle prestazioni escluse dal sistema sanitario, rimborsi di cure odontoiatriche, cure termali e altri tipi di prestazioni non convenzionali.” E. Agazio, P. Salerno e D. Taruscio, Servizi socio-sanitari: dalla Legge 833/1978 alla devolution, Istituto Superiore di Sanità.
[2] Vedasi quanto sviluppato al capitolo: La tematica dei diritti e la programmazione
[3] Il metodo della programmazione pluriennale costituisce un principio fondamentale ed uno degli elementi qualificanti del Ssn. A livello statale, il principale strumento di pianificazione è rappresentato dal Piano sanitario nazionale i cui principali contenuti sono: - le aree prioritarie di intervento, - i livelli essenziali di assistenza sanitaria da assicurare per il triennio di validità del Piano, - la quota capitaria di finanziamento per ciascun anno di validità del Piano, gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario nazionale verso il miglioramento continuo della qualità dell'assistenza, - i progetti obiettivo da realizzare anche mediante l'integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali, - le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria, le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi alla formazione continua del personale, - le linee guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza, - i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti.
Approfondimenti:
Assidai, Sanità pubblica, 8 tappe di una grande storia 2019
https://www.assidai.it/sanita-pubblica-8-tappe-grande-storia/Vincenti D., La storia della sanità pubblica dall’unità d’Italia ai giorni nostri Tesi di laurea 2016
https://tesi.luiss.it/18130/1/181511_VINCENTI_DAVIDE.pdfMarchini A., LA SANITA’ IN ITALIA DALLE SUE ORIGINI AD OGGI, CGL
https://www.fpcgil.it/wp-content/uploads/2021/06/LA-SANITA-IN-ITALIA-DALLE-SUE-ORIGINI-AD-OGGI.pdfTutti gli aggiornamenti del sito sulla
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