Pianificazione strategica

INDICE ANALITICO GENERALE

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"Una modalità di pianificazione interessata non tanto alla produzione di un piano, quanto alla comprensione dei problemi attuali e futuri, ad assumere ora le migliori decisioni nella direzione di un futuro migliore a cui debba subordinarsi il presente, tanto che in questa ottica i piani perdono ogni pretesa di esaustività e assumono necessariamente un carattere sperimentale. (Teagno 2012, p. 27)

Una cornice, un luogo (fisico e virtuale), con ampio respiro temporale (15-20 anni) che lega e tenta di armonizzare i diversi ambiti di programmazione settoriale e le reti di relazione sottostanti e le diverse politiche pubbliche di intervento: sviluppo economico, sicurezza, ambiente, salute, cultura, etc. (Tanese, Di Filippo, Rennie, 2006, p. 11).

(Merlo G., 2014, p. 108)

Il tema è strettamente collegato alla possibilità di prevedere e prevenire situazioni giudicate negativamente.

A cura di Marina Ruffato

Per comprendere cosa si intende per pianificazione strategica è bene focalizzare l’attenzione sui due poli del termine: piano e strategia.

In generale la pianificazione può essere definita, semplicemente, come «l’attività processuale, di tipo concettuale ed empirico, che si conclude con la redazione di un “piano” contenente indicazioni a carattere tecnico-amministrativo»[1]. Per quanto riguarda la “strategia”, invece, essa nasce chiaramente in ambito militare in contrapposizione al concetto di “tattica”. I tempi della programmazione sono ciò che distingue i due concetti: la strategia è tesa al raggiungimento di un obiettivo di lungo periodo e si attua su scale dimensionali ampie; la tattica tende invece a un obiettivo di breve termine e si attua su scala ridotta. Trasferito nell’ambito del sistema di pianificazione territoriale e urbanistica, il termine strategico si riferisce «alle modalità decisionali che privilegia, quali la ricerca di livelli comunicativi e di reti di connessione e di coordinamento tra gli attori sociali»[2].

Si può perciò giungere ad una prima definizione: il piano diviene strategico «quando al suo interno vengono individuati i ‘risultati che si vogliono ottenere, il loro significato e il loro valore e vengono specificati i processi organizzativi per raggiungere i risultati e per verificare nel tempo le fasi intermedie del percorso per eventuali correzioni di rotta’»[3].

Gli elementi costitutivi.

Qui è sufficiente accennare al fatto che i primi esempi di piano strategico si collocano negli anni Sessanta e, benchè la letteratura sia divisa sull’origine (per qualcuno le radici della pianificazione strategica sono da considerare nella scienza del management e della organizzazione aziendale in ambito nordamericano; per altri nei piani territoriali inglesi, francesi e olandesi), possiamo dire che si tratta di un «processo con il quale si tenta di costruire un determinato futuro, predisponendo i mezzi più validi per far sì che esso si realizzi»[4]. Il passaggio dalla dimensione aziendale (privata) a quella pubblica (che si colloca negli anni Ottanta, quando la pianificazione strategica iniziò ad essere applicata in Europa nelle amministrazioni locali per pianificare l’ambiente urbano) ha permesso di dare una svolta agli obiettivi della pianificazione, che, distaccatasi dalle matrici aziendali, si è aperta all’ambiente locale, ha acquisito un diverso orizzonte temporale (circa 15-20 anni) e un approccio più pragmatico.

Gli elementi costitutivi sono quindi i seguenti:

La platea di attori si è allargata sempre più fino a coincidere con la comunità locale, la cui partecipazione è promossa fin dalla prima fase della pianificazione, poiché gli attori locali sono chiamati a pronunciarsi già al momento della definizione della “vision” (tipico termine del vocabolario della P. strategica) del piano stesso. I promotori intuiscono un momento o una situazione di crisi e propongono che, per risolverla, si realizzi un piano strategico su cui la società locale è chiamata a pronunciarsi. Essendo attivata fin dall’inizio la partecipazione locale, il piano non potrà che esprimere l’obiettivo della comunità, che, nonostante le diverse forme e linee strategiche che può assumere, sarà in generale quello del benessere dei singoli e della popolazione. (vedi anche: Profilo di comunità)

Le confluenze con la programmazione sociale.

Il punto di contatto sta nel fatto che la pianificazione strategica si è aperta al sociale e la programmazione sociale ai temi dello sviluppo.

Entrambe si occupano del benessere, anche se con alcune differenze. Quella sociale, soprattutto in seguito alla legge 328/2000, mira a favorire il benessere dei singoli e della popolazione in generale, ma in essa resta prevalente la logica dei diritti: deve garantire uguaglianza e universalità, efficienza ed efficacia, qualità dei risultati attesi. La pianificazione strategica, invece, si pone prevalentemente nella logica dello sviluppo: favorire lo sviluppo del territorio, rendere l’immagine più attrattiva per ottenere maggiori investimenti, migliorare le infrastrutture per garantire maggiori collegamenti, e, conseguentemente, il benessere della comunità.

Riguardo alla “vision” possiamo dire che, per quanto riguarda la pianificazione strategica, l’idea condivisa del futuro della città che gli attori locali sono chiamati ad esprimere fin dall’inizio della pianificazione costituisce uno dei due elementi fondamentali dei piani di ultima generazione, tanto da essere definiti appunto visionari; mentre nella programmazione sociale si tende a concentrarsi su bisogni e soluzioni, ma all’interno di scelte sui valori e priorità, oltre che sulla base di conoscenze tecniche.

Un altro punto di contatto è la confluenza della pianificazione strategica da un lato e della programmazione sociale dall’altro verso un processo che potremmo considerare deliberativo, in cui, cioè, si favorisce la discussione tra vari attori con diversi punti di vista, le cui preferenze non sono date, ma endogene al processo. Si pensi a strumenti tecnico-amministrativi quali gli atti d’intesa, gli accordi programma, i contratti d’area.

Aspetto più problematico è quello costituito dal tema della integrazione delle politiche.

In campo specificamente sociale tale approccio è definito dalla legge 328/2000 che, partendo da un quadro di valori ed obiettivi condivisi, promuove un metodo di programmazione integrato, plurilivello e pluriattore secondo i principi di sussidiarietà verticale e orizzontale mirando alla realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali (sanità, istruzione, politiche attive di formazione, avviamento e di reinserimento al lavoro). Diversamente nella P. strategica il tema viene affrontato pragmaticamente ed in qualche modo inconsapevolmente (in alcuni casi, per esempio Torino, lo stesso piano contiene più vision, quasi a significare una discordanza sui valori e gli obiettivi da perseguire).

In particolare le ulteriori condizioni ritenute necessarie per l’integrazione delle politiche (l’intenzionalità politica, un contesto territoriale abbastanza ampio, il legittimo interesse, le risorse ed il potere, un sistema di osservazione coordinato) trovano maggiori difficoltà ad essere assolte nel campo della P. strategica. 



[1] Cangelli F., Piani strategici e piani urbanistici: metodi di governo del territorio a confronto, Torino, Giappichelli, 2012, p. 70.[2] Siza R., Progettare nel sociale : regole, metodi e strumenti per una progettazione sostenibile, Milano, Franco Angeli, 2002, p. 57.[3] Cangelli F., Piani strategici e piani urbanistici: metodi di governo del territorio a confronto, Torino, Giappichelli, 2012, p. 70.[4] Ibidem.


Approfondimenti

Bertuglia Cristoforo Sergio, Rota Francesca Silvia, Staricco Luca, Pianificazione strategica e sostenibilità urbana : concettualizzazioni e sperimentazioni in Italia, Milano, Franco Angeli, 2004.

Cangelli Francesca, Piani strategici e piani urbanistici: metodi di governo del territorio a confronto, Torino, Giappichelli, 2012.

Negri Nicola, Busso Sandro, La programmazione sociale a livello locale, Roma, Carocci, 2012.

Perulli Paolo, Piani strategici. Governare le città europee, Milano, Franco Angeli, 2004.

Siza Remo, Progettare nel sociale : regole, metodi e strumenti per una progettazione sostenibile, Milano, Franco Angeli, 2002. 



In allegato:

Marina Ruffato, "Il sociale nella pianificazione strategica: una analisi comparata di approcci diversi", Tesi di Laurea Magistrale -Università di Torino, Dipartimento Culture, politica, società - Corso di Laurea in Scienze del governo,  AA 2013-14

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Marina Ruffato marzo 2015