Definizione di ambiti territoriali di programmazione

G. Merlo, La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti, Carocci 2014

Capitolo: 4.6. Le dimensioni ottimali della programmazione a più livelli

BOX DI APPROFONDIMENTO  n. 33

N.B. I riferimenti bibliografici si riferiscono alla sito bibliografia del testo. Nel caso di citazione si consiglia la seguente notazione: “Merlo G., La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti”, allegato web n.33, Carocci, 2014

INDICE ANALITICO GENERALE

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Sul tema si vedano anche le schede:

BACINI "NATURALI" 

L'IDENTIFICAZIONE DI BACINI DI UTENZA


LA COSTRUZIONE DI UN PROGETTO

Per una trattazione dal punto di vista dei servizi per gli utenti, si veda la scheda: Partizioni amministrative, servizi e diritti.



L'Ambito Territoriale rappresenta la sede principale della programmazione locale, concertazione e coordinamento degli interventi dei servizi sociali e delle altre prestazioni integrate, attive a livello locale. L'Ambito è individuato dalle Regioni, ai sensi della L. 328/2000. In particolare, in base all'articolo 8, comma 3 lettera "a", tramite le forme di concertazione con gli enti locali interessati, spetta ad esse la determinazione degli Ambiti Territoriali, delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei sevizi sociali a rete. Le Regioni esercitano, quindi, la funzione di programmazione, coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali, garantendone l'adeguamento alle esigenze delle comunità locali, nonché di verifica della rispettiva attuazione a livello territoriale.

Ministero del Lavoro e delle Politiche socialihttps://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/Sistema-informativo-servizi-sociali/Pagine/Ambiti-Territoriali-del-SIUSS.aspx#:~:text=%E2%80%8BL'Ambito%20Territoriale%20rappresenta,328%2F2000. 

"Operativamente le domande a cui occorre rispondere sono del tipo: cosa può dare in più un nuovo livello di area più vasta? cosa costa in termini di appesantimento della programmazione e di necessità di strutture? Ma anche: Il livello più vicino al cittadino è in grado, per competenze e strutture, di assolvere ai compiti di programmazione?


Per rispondere si possono utilizzare in linea generale alcuni indicatori: alcuni numeri assoluti, come la popolazione ed il numero dei Comuni; la dispersione e la variabilità «orizzontale», come la densità, la morfologia, l’estensione, la presenza di specificità locali, etc.; la dispersione e la variabilità «verticale», come la differenza degli indicatori orizzontali tra i diversi livelli, ad esempio la differenza di popolazione tra il Capoluogo, la Provincia e la Regione.

Sarebbe a dire che, al di là di altri fattori di tipo qualitativo (es. particolarità, storie, vocazioni, etc. di specifici territori) l’introduzione di un livello di più vasta area ha senso come strumento di articolazione della programmazione quando vi è una «adeguata» (né troppo, né poco!) distanza in termini di indicatori rispetto all’unità più piccola." (Merlo G., 2014, p.125)

Si veda la scheda: La composizione dell'osservazione quantitativa e qualitativa


IL CASO DELLE PROVINCE ITALIANE

Il grafico che segue indica il numero di Comuni per ciascuna Provincia italiana. Come si noterà la media di Comuni è di 76, ma la dispersione è alta e ve ne sono moltissime che ne hanno molti di meno.

Due Province hanno meno di 10 comuni, una sola ne ha più di 260 e la moda (17) si colloca tra 20 e 30. 

La tabella che segue confronta per alcuni indicatori tre Province italiane: per la Toscana la Provincia di Prato, per l’Emilia Romagna la Provincia di Bologna, per il Piemonte quella di Torino. 

Come si noterà sono evidenti notevolissime differenze relativamente a tutti gli indicatori ed in particolare rispetto alla superficie, la popolazione ed il numero di Comuni. Si noti in particolare la numerosità e la percentuale di Comuni inferiori ai 5.000 abitanti che possono presentare problemi di competenza e capacità programmatorie, nonché di risorse.

La terza tabella analizza quattro diverse situazioni relativamente alla differenze di numero di abitanti tra la Regione, una delle Province ed il relativo Capoluogo, cioè relativamente al fenomeno dell’inurbamento. 

A parte le evidenti differenze numeriche per cui la Lombardia ha 2,6 volte la popolazione della Toscana, la Provincia di Milano ne ha quasi 16 volte quella di Prato ed il Comune di Milano 7 volte quello di Prato, vale la pena di puntare l’attenzione sulla collocazione (dispersione) degli abitanti nelle diverse situazioni.

Il grafico che segue rappresenta la popolazione residente (in percentuale) in ciascun Capoluogo, nel resto del territorio provinciale ed infine nel resto del territorio regionale. 

Come si noterà la situazione appare estremamente differente: ai due estremi troviamo la Provincia di Prato con un pressoché totale appiattimento della Provincia sul Capoluogo (solo 60.139 abitano in Provincia al di fuori del Capoluogo stesso) ed una numerosa popolazione che abita nel resto della Regione (3.431.306 al di fuori della Provincia); mentre all’opposto troviamo la Provincia di Torino con la più alta dispersione della popolazione tra Capoluogo, Provincia e Regione (1.369.423 abitano in Provincia al di fuori del Capoluogo e 2.123.580 nel resto della Regione).

Sul tema, molto attuale, vedasi:

Provincia di Torino, Il governo d'area vasta nella provincia di Torino, 2008

http://www.provincia.torino.gov.it/speciali/2008/governo_area_vasta/pdf/dossier.pdf

Oliveri L., Abolire le Province? Si risparmia poco, La Voce info 2011

http://www.lavoce.info/abolire-le-province-si-risparmia-poco/

Censis, Rileggere i territori per dare identità e governo all’area vasta, Dalla mappatura del territorio nazionale una ridefinizione delle funzioni di governo intermedio, 2013 

http://www.upinet.it/docs/contenuti/2013/11/Rapporto%20finale%20DEFINITIVO%20_28%20ottobre%202013_.pdf

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