La spesa sociale in Europa

G. Merlo, La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti, Carocci 2014

Capitolo: 3.6. Le dimensioni della spesa sociale

BOX DI APPROFONDIMENTO  n.26

N.B. I riferimenti bibliografici si riferiscono alla sito bibliografia del testo. Nel caso di citazione si consiglia la seguente notazione: “Merlo G., La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti”, allegato web n.26, Carocci, 2014

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"La quantificazione delle dimensioni della spesa sociale appare tema particolarmente importante, ma non semplice, anche quando si definisse chiaramente il perimetro di osservazione: dal punto di vista produttivo abbiamo tre grandi e compositi gruppi (pubblico, profit, no profit), mentre da quello della spesa ci troviamo di fronte ad un mercato alimentato da quattro fonti di finanziamento: quella pubblico per la tutela di beni comuni, con lo Stato nelle sue diverse articolazioni, nelle differenti forme di erogazione e gestione nonché indirizzato di volta in volta a specifiche componenti dei cittadini o temi e problemi; la obbligatoria conpartecipazione alla spesa pubblica dei cittadini, prevalentemente sotto forma di pagamento di tickets al fine di ottenere determinati servizi e prestazioni; quella volontaristica del privato familiare e per la tutela individuale, o quella della “autotutela collettiva dei gruppi sociali organizzati” (Girotti 2000) per alcuni gli aspetti della vita visti come particolarmente importanti; quella delle aziende per forme di tutela dei propri lavoratori previste in alcuni contratti integrativi." (Merlo G., 2014, p. 95)

Al di là delle difficoltà di equiparazione dei diversi sistemi di previdenza ed assistenza, considerando le prestazioni per malattia, invalidità, vecchiaia, pensioni per i superstiti, famiglia, disoccupazione, edilizia sociale e lotta all’esclusione sociale, in media, i 27 paesi dell’Unione europea investono nelle politiche sociali il 29,4% del loro PIL: dato aumentato costantemente ogni anno, subendo un salto di 3,5 punti percentuali tra il 2007 e il 2009 per l’impatto sociale della crisi economica e finanziaria, e diminuito invece di 0,2% nell'ultimo anno sotto l'effetto delle politiche di austerità.

I dati sono territorialmente molto disomogenei sia in termini di PIL che come calcolo della spesa pro-capite a parità di potere di acquisto: Danimarca e Paesi Bassi spendono, per abitante, una volta e mezzo quello che spende l'Italia, il Lussemburgo spende 2 volte quello che spende l'Italia, e circa 9 volte di più che Bulgaria, Romania e Lettonia.

Assieme alla Polonia, l’Italia è da sempre il paese che in proporzione spende di più per gli anziani con il 60% della sua spesa sociale dedicato alle pensioni di vecchiaia e di reversibilità (dato spiegato in gran parte con la più alta percentuale anziani, di cui 2/3 donne, a livello europeo). (Eurostat 2012)

La composizione della spesa per la protezione sociale per funzioni mette in luce come nei paesi UE la quota maggiore di risorse, il 39,1 per cento, è destinata ai trasferimenti monetari di tipo pensionistico e alle prestazioni in natura per l’assistenza agli anziani (ad esempio per strutture residenziali, servizi di assistenza familiare etc.). Inoltre, la spesa per le pensioni ai familiari superstiti raggiunge nell’UE il 6,2 per cento del totale. In Italia queste due funzioni assorbono quote ancora più rilevanti, il 51,3 per cento per i trasferimenti pensionistici e le prestazioni in natura a favore degli anziani e il 9,4 per cento per le pensioni ai familiari superstiti. L’Italia, rispetto a quasi tutti gli altri paesi Ue, destina risorse residuali alle funzioni di protezione sociale dedicate all’esclusione sociale, alla disoccupazione, alle famiglia e alle persone con disabilità. In particolare si colloca all’ultimo posto (0,2 per cento rispetto alla media UE pari all’1,4 per cento) per le risorse destinate al sostegno al reddito, alle misure di contrasto alla povertà o alle prestazioni in natura a favore di persone a rischio di esclusione sociale. Al sostegno per la disoccupazione e alle politiche attive per il lavoro è allocato solo l’1,9 per cento della spesa, contro il 5,2 per cento dell’Europa. Per la famiglia il nostro sistema di protezione sociale impiega solo il 4,7 per cento della spesa, quota che ci colloca al penultimo posto della graduatoria UE. Le persone con disabilità possono contare su meno del 6 per cento delle risorse complessive per trasferimenti e servizi in loro favore collocandoci al 23esimo posto in Europa. Il nostro Paese si colloca, infine, al di sotto della media europea anche per la percentuale di spesa dedicata alla sanità, per i trasferimenti monetari in caso di malattia o infortunio. Tale ultima funzione assorbe il 26,4 per cento delle risorse, contro il 29,7 per cento del resto dei Paesi europei. (Istat 2008)

In Italia la spesa sociale é stimata per il 2008 in 51 miliardi anno, pari al 27% del PIL, di cui il 15,4% per la previdenza sociale (Stato), il 6,5% per la sanità (Regioni) e lo 0,4% per l’assistenza (Comuni). Della somma totale ben 43 miliardi sono erogazioni economiche gestiti direttamente a livello statale verso le persone.

A livello comunale la spesa ammonta a 6 miliardi e 662 milioni di euro, con un aumento del 4,1% sull’anno precedente, in linea con la tendenza a un lieve e continuo incremento osservata dal 2003, nonostante i vincoli imposti alla finanza comunale (patto di stabilità interno) e la riduzione dei trasferimenti statali ed in molti casi regionali.

Guardando al quadro complessivo delle fonti di finanziamento, nel 2008 i Comuni risultavano i principali finanziatori della spesa sociale con quasi il 70%, mentre il restante era quasi paritariamente diviso tra Stato e Regioni. A partire dal 2008, vi è poi stata un drastica riduzione delle risorse statali, tanto che nel 2011 il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali è stato tagliato del 50% rispetto al 2010 e la quota attribuita direttamente ai comuni è stata praticamente azzerata con un conseguente aumento della quota a carico delle casse comunali.

La spesa media pro-capite è di 111 euro, ma con un forte squilibrio territoriale: da un minimo di 30 euro pro-capite in Calabria e un massimo di 280 euro nella provincia autonoma di Trento. Al di sopra della media nazionale si collocano gran parte delle regioni del Centro-nord e la Sardegna, mentre il Sud presenta livelli mediamente più bassi di un terzo rispetto a quelli del Nord-est.

Famiglia e minori, anziani e persone con disabilità sono i principali destinatari delle prestazioni di welfare locale: su questre tre arre di utenza si concentra oltre lo 82% delle risorse impiegate, ovvero il 40,3% delle riosrse, prevalentemente dedicate a servizi educativi per la prima infanzia, seguiti da quelli per gli anziani (21,2%) e per le persone con disabilità (21,1%). L’impegno dei Comuni si estende anche agli interventi di sostegno alla povertà e all’esclusione sociale, al disagio degli adulti e ai senza fissa dimora, voci che complessivamente pesano il 7,7% sulla spesa sociale. (CittaItalia 2012)

Nell’area europea il finanziamento pubblico dei servizi sanitari rappresenta la scelta prevalente. Nel 2010, le famiglie italiane hanno contribuito con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 19,5 per cento, in calo di oltre cinque punti percentuali rispetto al 2000.

La spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l’1,8 per cento del Pil nazionale.

La spesa sanitaria complessiva nel 2010 rappresenta il 9,0 per cento del Pil e viene finanziata per 7,2 punti percentuali con risorse pubbliche, mentre i restanti 1,8 punti sono coperti attraverso risorse dirette delle famiglie. Il contributo delle famiglie alla spesa sanitaria complessiva risulta in calo tra il 2000 e il 2010, mentre la spesa complessiva si accresce di quasi un punto e mezzo in percentuale di Pil; questo incremento è stato interamente finanziato attraverso un aumento della spesa pubblica. Il peso della spesa delle famiglie in percentuale di Pil è leggermente più alto nel Mezzogiorno (2,0 per cento) rispetto al Centro-Nord (1,7 per cento), ma la differenza va attribuita soprattutto al divario di reddito tra le due ripartizioni; le regioni in cui la quota è più elevata (superiore ai due punti percentuali di Pil) sono Friuli-Venezia Giulia, Calabria, Molise e Puglia. Considerando invece la distribuzione della spesa sanitaria tra le due componenti, pubblica e privata, il contributo delle famiglie alla spesa sanitaria totale è relativamente più basso nel Mezzogiorno (15,8 per cento) che nel Centro-Nord, dove si attesta al 21,3 per cento con una punta del 23,3 per cento nel Nord-est. La maggiore partecipazione delle famiglie alla spesa sanitaria totale si registra in Friuli-Venezia Giulia (27,0 per cento), seguita da Emilia-Romagna (25,1 per cento); ai livelli più bassi si collocano invece tutte regioni del Mezzogiorno, tra le quali spiccano Campania, Sardegna e Basilicata. Calcolata per famiglia la spesa sanitaria privata è pari a 909 euro per il Mezzogiorno e 1.163 euro per il Centro-Nord: confermando l’aspetto legato ai differenziali di reddito tra le ripartizioni. (Istat 2013)

Tra le spese per beni e servizi sanitari, le cure odontoiatriche rappresentano quelle più onerose, nel 2009 le famiglie che vi ricorrono spendono in media 373,40 euro. Seguono, per entità, le spese per infermieri e per servizi di fisioterapia e ginnastica correttiva e quelle per medici generici e specialistici: le famiglie che fanno ricorso a tali servizi spendono, in media, rispettivamente 148,29 e 114,49 euro al mese.

In generale una famiglie su due effettua spese per medicinali spendendo, in media, 80,94 euro al mese.

La percentuale di famiglie che effettua la spesa sale al 56,4 per cento nel caso di anziani, sia soli che in coppia, mentre la spesa sostenuta sfiora i 95 euro per le coppie di anziani senza figli.

Circa 73 euro è la spesa media mensile sostenuta dalle famiglie che effettuano analisi di diagnostica per immagini (radiografie, ecografie, eccetera): nelle Isole si osservano i valori più elevati, con 104 euro mensili, mentre i più bassi nel Nord, inferiori a 67 euro.

Se si tiene conto del numero di componenti la famiglia e della loro età, la spesa effettivamente sostenuta oscilla dai 56 euro dei single giovani-adulti ai 97 euro delle coppie di anziani senza figli.

Il 6,1 per cento delle famiglie sostiene spese per analisi di laboratorio, percentuale che scende al 4,0 per cento nel caso degli anziani, sia soli che in coppia. Gli esborsi maggiori si osservano nelle regioni del Centro (73,63 euro al mese) e tra le coppie di anziani senza figli (62,91 euro). (Istat 2009)




Approfondimenti:

EUROSTAT, GDP per capita in the EU in 2013

http://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/6839731/1-21052015-AP-EN.pdf/c3f5f43b-397c-40fd-a0a4-7e68e3bea8cd

Rapporto Eurostat sulla spesa per la protezione sociale, 2015

http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=1463139.pdf

EU, Sixth Report on Economic, Social and Territorial Cohesion, 2014

http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docoffic/official/reports/cohesion6/index_en.cfm

Eurostat, 2012

http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/3-27112012-AP/EN/3-27112012-AP-EN.PDFhttp://www.west-info.eu/files/eurostat9.pdf

Istat, Spesa per la protezione sociale nei paesi Ue (euro per abitante), 2012

http://noi-italia2015.istat.it/fileadmin/user_upload/allegati/S18I01G01pa_2014.xls

Fantozzi R., La spesa per protezione sociale in Italia e in Europa, Etica ed economia, 2014

http://www.eticaeconomia.it/spesa-per-protezione-sociale-in-italia-in-europa/

Istat, Struttura della spesa sociale per funzioni nell’Ue, dati 2008

http://www3.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/grafici/4_4.html

 

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