Emergenza e pianificazione

INDICE ANALITICO GENERALE

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Sul tema si vedano le schede:

Previsione, prevenzione, programmazione

Pandemie: programmi

La assegnazione di beni scarsi

La costruzione di un progetto


Cosa è una emergenza

Il vocabolario Treccani definisce l’emergenza come “L’atto dell’emergere; in senso concreto, ciò che emerge. Circostanza imprevista, accidente. E, sull’esempio dell’inglese emergency, particolare condizione di cose, momento critico, che richiede un intervento immediato, soprattutto nella locuzione stato di emergenza”.

Treccani  https://www.treccani.it/vocabolario/emergenza/
Secondo il dettato della legge 225/1992, lo stato di emergenza è proclamato al verificarsi o nell’imminenza di calamità naturali o eventi connessi all’attività dell’uomo in Italia. Il Codice della protezione civile (d.lgs. n. 1/2018) all’art. 7 elenca le tipologie di eventi emergenziali di protezione civile, fra le quali rientrano (comma 1, lett. c) le "emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo".http://www.impegnocivile.it/progetti/aucis/documenti/corso%20lamberto/Pianificazione%20delle%20emergenze.pdf

Dal punto di vista della programmazione il concetto contiene diversi elementi, pur fortemente correlati tra di loro: l’urgenza, le dimensioni, l’imprevidibilità di un evento, la carenza delle risorse per fronteggiarlo, la possibile prevenzione.

La definizione di emergenza ed urgenza ha una chiara connotazione “politica” in quanto rimanda ad un sistema di valori: che cosa è urgente? Fronteggiare l’emigrazione? Il bullismo? Le discriminazioni? etc.

Non sempre è l’evidenza dei fatti che impone l’urgenza, la priorità, ma l’ ”interesse” che una parte pone ad un determinato problema.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce un'emergenza come lo stato in cui vengono interrotte le normali procedure e devono essere prese misure immediate (gestione) per evitare che si trasformi in un disastro, da cui è ancora più difficile riprendersi. La gestione dei disastri è un termine correlato, ma non dovrebbe essere equiparato alla gestione delle emergenze.

Ministero della salute  http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=1670&area=sanitaAnimale&menu=centrolotta

Per la Protezione Civile un piano di emergenza non è altro che il progetto di tutte le attività coordinate e di tutte le procedure che dovranno essere adottate per fronteggiare un evento calamitoso in un  determinato territorio, in modo da garantire l'effettivo ed immediato impiego delle risorse necessarie al superamento dell'emergenza ed il ritorno alle normali condizioni di vita.

Protezione civile http://www.impegnocivile.it/progetti/aucis/documenti/corso%20lamberto/Pianificazione%20delle%20emergenze.pdf

Proviamo a declinare il termine.

L’entità e le dimensioni: quale che sia la definizione di un evento quale emergente, è necessario definirne gli elementi costitutivi sia sul piano dei numeri che delle dimensioni (economiche, sanitarie, sociali, etc) coinvolte.

I costi: quali sono i costi conseguenti all’evento? A breve, medio e lungo periodo? La loro definizione è spesso problematica tra costi individuali e/o di gruppi, per la comunità di riferimento e/o per la società, materiali e non, diretti ed indiretti.

L’imprevidibilità: soprattutto dal punto di vista della programmazione occorre chiedersi quanto un evento sia imprevedibile. Una epidemia, una alluvione, il crollo di un ponte, etc.: quali probabilità hanno di verificarsi in una data situazione?

Il fattore tempo. L’urgenza porta con sé la percezione che occorra intervenire al più presto. Cioè diventa fondamentale la variabile, risorsa, tempo e, quindi, la differenza è costituita dalla presenza o meno di piani, procedure, modalità, precedentemente predisposti. Diversamente si improvvisa. E tendono a saltare tutte le regole: nel caso della programmazione tutti i modelli di riferimento.

La seguente slide evidenzia come una carenza della pianificazione aumenta le difficoltà del fronteggiamento nel tempo in caso di disastro:

Alexander D., University College London

https://www.slideshare.net/dealexander/pianificazione-degli-interventi-di-emergenza-2731078

Le risorse. Se un evento viene previsto e si adotta un piano adeguato di fronteggiamento in termini di risorse (culturali, organizzative, umane, strumentali, etc), l’evento stesso non diventa emergenza o se ne riduce fortemente la sua valenza in quanto tale. Al contrario, se il sistema sottoposto ad uno stress era già carente, l’evento in questione tenderà a farlo collassare, aumentando la portata delle stesse conseguenze non volute.

La prevenzione. Se un evento viene previsto occorrerebbe sviluppare piani adeguati affinché questo non avvenga, risolvendo, o mitigando fortemente, il problema all’origine.

In questo senso ci si può porre il tema (un poco paradossale) di programmare l’emergenza: prevedere e prevenire una possibile situazione o evento; fare programmi per fronteggiarla nel caso che, comunque, si realizzi; predisporre le possibili azioni e le necessarie risorse. Il tutto in un tipico ciclo di programmazione.

I modelli di programmazione

Classicamente, per definire il modello di programmazione adottato, si utilizza lo schema di Tompson Tuden (Merlo G., 1994 p.110) che considera due variabili: il consenso sugli obiettivi da raggiungere e quello sui metodi. In particolare, l’approccio classico (teorico) alla programmazione prevede che quando le risorse sono scarse si adotti un modello sinottico, a partire dalle sue due assunzioni di base: la perfetta conoscenza del fenomeno ed una unica entità decisionale. “Vi sono .... alcune situazioni in cui questo approccio appare sicuramente efficace. Sicuramente in tutti i casi in cui la risorsa tempo appare limitata e occorre prendere decisioni in tempi rapidi, come nelle emergenze di protezione civile, o quando le risorse disponibili sono molto limitate e la discussione su come utilizzarle sarebbe paradossalmente troppo dispendiosa, ma anche nei casi in cui il contesto di programmazione vede pochi attori e un unico livello decisionale e, in generale, quando vi sia un alto grado di consenso sugli obiettivi da raggiungere, consenso congiunto a un alto livello di conoscenza delle strategie e delle tecniche per conseguirli.” (Merlo G., 1994, p.102)

Ma nella realtà la questione appare più complessa, con molte più variabili: non solo il consenso su obiettivi e modalità di intervento, ma anche le dimensioni sinottico ed incrementale, l’applicazione del principio di sussidiarietà, la direzione top down e bottom up, l’approccio più o meno formale. (vedi la scheda: Tompson Tuden ed i suoi sviluppi). Da qui la necessità di prendere in considerazione simultaneamente tutte queste diverse dimensioni al fine di rintracciare le caratteristiche di un processo programmatico in atto. Un’analisi di questo tipo ci condurrà a scoprire che nella realtà si trovano dei modelli ibridi, senza una applicazione rigida di modelli teoricamente definiti: le dimensioni individuate s’incrociano ed intrecciano moltiplicando diversi possibili modelli operativi, generando modelli che risultano dalla composizione delle diverse dimensioni prese in considerazione.

Il ruolo dei tecnici

La relazione tra gli aspetti politici e tecnici appare complesso, articolato e differente in ogni situazione (Merlo G. 1994, p.17 e seguenti ). In un approccio “razionale” (Merlo G., 1994 p.10 e seguenti, vedi: La costruzione di un progetto) la programmazione è “Un processo orientato al futuro, ad alta intensità conoscitiva e in appoggio al processo decisionale, costituito di parti tecniche e politiche in cui il carattere razionale di un’azione (scelta di efficienza) risiede nella capacità di anticipazione e in particolare nella capacità di previsione dei risultati delle diverse azioni, nella calcolabilità di vantaggi e svantaggi di ciascuna di esse e nel tentativo di ridurre l’incertezza delle decisioni e delle operazioni,” (Merlo G., 1994 p.21) al meglio delle informazioni disponibili al momento. (Merlo G., 1994, p.136). E, pertanto, predispone adeguati programmi di intervento.

È un approccio che si richiama al principio dell’Evidence based (basata su prove di efficacia) della medicina e dal punto di vista amministrativo al principio della “ragionevolezza e forma di legittimazione democratica oggettiva” per cui ogni atto deve essere debitamente motivato anche a tutela della sua democraticità. (Si veda la scheda: Evidence based e Ragionevolezza delle norme)

Spesso ci si trova, semplificando enormemente, nella opposizione e scelta (politica) tra valori ed obiettivi differenti. Tipico è il caso dell’Ilva di Taranto (o l’attuale Covid19) tra la salute ed il lavoro, cioè la tenuta del sistema economico sociale.

In un approccio teorico e schematico, il ruolo dei tecnici sarebbe quello di studiare e rappresentare le due curve di rischio (ad esempio: per Livello di chiusura delle attività e la sua durata) al fine di permettere alla “politica” di scegliere in quale punto operare la scelta che ritiene opportuna. E predisporre gli adeguati interventi. Così come semplificato di seguito.

E' un quadro teorico semplificato a sole due dimensioni: sanitario e lavoristico. Ma quando parliamo di questi campi dovremmo declinarle ulteriormente in specifici settori (epidemiologia, clinica, virologia, etc.; economia macro e micro, per ambiti produttivi, etc.). Non solo, spesso avviene che gli stessi tecnici di uno stesso settore non trovino un accordo unanime. E se ne potrebbero aggiungere molte altre: in primis quella sociale in molte declinazioni.

Inoltre. per la costruzione di un vero modello sono molti gli elementi che occorrerebbe tenere in conto. Tra gli altri:
  • la definizione di Rischio, tra probabilità e severità
  • la complementarità delle due variabili Livello di chiusura e durata
  • l’articolazione del Livello di chiusura
  • la probabile interrelazione tra Rischi Sanitari e del Lavoro
  • il passaggio da questa rappresentazione statica ad una dinamica in cui le variabili si influenzano nel tempo.

Tralasciando le due scelte estreme (che avrebbero conseguenze reciproche difficilmente prevedibili, ma sicuramente nefaste), in linea teorica la scelta si può collocare sui valori intermedi: con nessuna chiusura si avrebbe un rischio sanitario massimo ed al contrario un nessun rischio sul lavoro. Al contrario, con livello di chiusura massimo, il rischio sanitario sarebbe nullo e massimo quello del lavoro.

In campo economico la scelta è essenzialmente riferita alla teoria dell'ottimo di Pareto, ma in campo sociale le cose si complicano poiché rimanda a scelte di prevalenza di valori.

Sarebbe a dire che, tra i tecnici, il programmatore si trova alla confluenza di molteplici competenze sulla base delle quali la “politica” deve prendere le sue decisioni ed orientare le azioni conseguenti.

Il caso del COVID19

Dal 2011 l’Organizzazione Mondiale della Sanità mette in guardia sull’arrivo di una nuova pandemia con il Pandemic influenza preparedness (PIP), in cui si legge che “l’implementazione di misure di risposta possono essere rafforzate con attività di preparazione avanzata”. Tale Piano, dal 2012 al 2019, ha potuto contare su quasi 200 milioni di dollari di “Partnership Contributions”. Nel 2018 l’OMS metteva a punto una guida pratica (WHO simulation exercise manual) per sviluppare e condurre simulazioni per testare i piani pandemici, cosa che in Italia non ha avuto seguito.

Da parte sua l’Unione europea con la sua Decisione N. 1082 del 2013 stabiliva: “norme in materia di sorveglianza epidemiologica, monitoraggio, allarme rapido e lotta contro le gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, compresa la pianificazione della preparazione e della risposta in relazione a tali attività, allo scopo di coordinare e integrare le politiche nazionali”. A cui l’Italia ha risposto con il Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale del 2006 ed Piano nazionale della prevenzione 2014-18.

Allora l’evento Covid19 era imprevisto? I piani hanno avuto seguito? Erano stati redatti in maniera adeguata?

Pandemic influenza preparedness 2011  https://www.who.int/influenza/pip/en/WHO simulation exercise manual 2018  https://apps.who.int/iris/handle/10665/254741UE, Decisione N. 1082/2013  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013D1082&from=EN

Nell’affrontare l’emergenza ci si è trovati di fronte ad una struttura decisionale molto articolata (vedi le competenze definite dalla Riforma Costituzionale del Titolo V) che ha impedito l’applicazione di un semplice modello sinottico. O, meglio, nei fatti, questo è stato applicato a più livelli (Stato, Regioni, Comuni) in cui ogni Entità ha rivendicato la propria autonomia nella definizione dei due assunti di base, con una evidente confusione direzionale ed operativa.

Confusione sostanzialmente diversa da quella definita come programmazione plurale. (Merlo G., 1994 pag 112 e seguenti).

Diversa dalla distinzione tra programmazione orientativa, indicativa e operativa e dalla definizione delle dimensioni ottimali della programmazione a più livelli (modello assi-misure-azioni e l’analisi dei determinanti) che prevede sistemi di concertazione e metodologie abbastanza definite (es. doppia piramide rovesciata, sistemi a spirale). E differente anche dallaMulti Level Governance che rimanda alla dispersione di autorità decisionale tra i diversi livelli: “un sistema di continue negoziazioni tra diversi livelli territoriali: sovrazonale, nazionale, regionale e locale” (caratteristico del sistema strutturato dall’Unione Europea e all’interno degli Stati membri), il cui fine è il superamento dei conflitti, la regolazione dei processi decisionali e l’adozione di metodi cooperativi, consensuali e democratici, riconoscendo anche il ruolo giocato dalla società civile nello di sviluppo della società.

In ultimo, nel caso specifico, si noti che il Governo ha istituito un Comitato Tecnico Scientifico “in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario”, mentre non è chiaro da chi e come siano stati valutati gli altri rischi. Sarebbe a dire che non vi è stato alcun momento tecnico di ipotesi della loro composizione, precedente alle decisioni politiche.

Ocdpc n.663 del 18 aprile 2020http://www.protezionecivile.gov.it/amministrazione-trasparente/provvedimenti/dettaglio/-/asset_publisher/default/content/ocdpc-n-663-del-18-aprile-2020-ulteriori-interventi-urgenti-di-protezione-civile-in-relazione-all-emergenza-relativa-al-rischio-sanitario-connesso-all 

Approfondimenti

Alexander D., University College London

https://www.slideshare.net/dealexander/pianificazione-degli-interventi-di-emergenza-2731078

Alexander J. C. et al., Cultural Trauma and Collective Identity, University of California Press, Oakland 2004

Ciliano F., Mantineo G.A., Medicina dei disastri e d'emergenza, Simone 2007

Gazzetta Ufficiale, Decreto M. 13 febbraio 2001: criteri di massima per i soccorsi sanitari nelle catastrofi

http://www.protezionecivile.gov.it/amministrazione-trasparente/provvedimenti/dettaglio/-/asset_publisher/default/content/decreto-ministeriale-del-13-febbraio-2001-criteri-di-massima-per-i-soccorsi-sanitari-nelle-catastrofi

Lupton D., Il rischio. Percezioni, simboli, culture, Il Mulino, Bologna 2003

Migliorati L., Rischio, una parola pericolosa. Uno studio sulla funzione sociale del rischio, QuiEdit, Verona 2006

Quarantelli E., Disastri, Enciclopedia delle scienze sociali 1993

https://www.treccani.it/enciclopedia/disastri_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/

Turner B. A. e Pidgeon N. F., Disastri: dinamiche organizzative e responsabilità umane, Edizioni di Comunità, Torino 2001

Walter F., Catastrofi. Una storia culturale, Colla Editore, Vicenza 2009

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Giorgio Merlo gennaio 2021