Diritto alla casa
G. Merlo, La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti, Carocci 2014
Capitolo: 2.2 Diritti e beni comuni
BOX DI APPROFONDIMENTO n. 7
N.B. I riferimenti bibliografici si riferiscono alla sito bibliografia del testo. Nel caso di citazione si consiglia la seguente notazione: “Merlo G., La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti”, allegato web n.7, Carocci, 2014tutte le voci del sito
Scheda a cura di Martina Ferraris
Aggiornamento a cura di Giulia D’Este
Il tema dell’abitazione è trattato anche in altre diverse schede:
LA NORMATIVA: excursus storico
IL DISAGIO ABITATIVO: definizioni
IL FABBISOGNO ABITATIVO: una prima analisi nel territorio della provincia di Torino: esempio
EDILIZIA POPOLARE : cenni storici degli interventi pubblici nel settore
PIANO CASA - Piano nazionale 2014
Vedi anche: RISORSE PER IL WELFARE: ricognizione di tutte le risorse per il welfare
La nostra Carta Costituzionale non riconosce in modo esplicito il diritto alla casa.
Se ne parla indirettamente all'art. 14, comma 1 il quale prevede che il domicilio sia inviolabile, mentre l'art. 47, comma 2 attribuisce alla Repubblica il compito di favorire l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione.
Da ciò risulta che il bene casa è strumentale a esigenze di diversa intensità, da quella primaria di avere un “tetto”, a quella di avere uno spazio delimitato dove sviluppare in modo pieno i diritti della persona. (Questa differenziazione è resa dai due termini inglesi «house» e «home», che indicano rispettivamente la casa in quanto struttura di protezione e la casa come luogo di affetti e sviluppo della persona).
Date le risorse pur sempre limitate dello Stato, quali sono, tra tutti, i diritti che prioritariamente vanno garantiti e a che livello? Sarebbe a dire: esiste una gerarchia dei diritti per cui alcuni sono più importanti di altri?" (Merlo G., p. 50)
Il diritto all'abitazione, è individuato a livello internazionale da:
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (art. 25) per cui ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della propria famiglia, con particolare riguardo al diritto all'abitazione;
Patto Internazionale sui Diritti Economici, sociali e culturali del 1966[1] (art. 11, comma 1 ) che impegna gli Stati a riconoscere e attuare il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa alimentazione, vestiario e abitazioni adeguate, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita;
Dichiarazione Internazionale sui Diritti del Fanciullo del 1989 (art.27, comma 3), che afferma che gli Stati devono adottare i provvedimenti più adeguati per aiutare i genitori o altri che hanno la responsabilità del fanciullo ad attuare il diritto di ogni bambino ad un tenore di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale e ad offrire, se necessario, un'assistenza materiale e programmi di sostegno, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione, il vestiario e l'alloggio.
Anche se non in maniera esplicita, la Costituzione italiana tratta il tema dell'abitare in queste sedi:
Art. 47, “La Repubblica favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.
art. 42, in cui, parlando di proprietà privata, definisce come essa sia “riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
art. 14, per il quale il domicilio è inviolabile;
art. 31[2], per cui “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”, racchiudendo in modo implicito l'abitazione.
Anche numerose sentenze della Corte Costituzionale hanno affrontato il tema dell’abitare in quanto fondamentale ambito di sviluppo della persona e contestualmente comincia ad emergere la necessità di prevedere il diritto all’abitazione come diritto sociale”:
Sentenza 252/1983[3], la quale afferma che l'abitazione costituisce un bene primario per l'individuo che necessita di tutela, ma non la considera come un presupposto al soddisfacimento dei diritti inviolabili dell'uomo;
sentenza 49/1987[4], la quale afferma che “è doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione”;
sentenza 217/1988[5], secondo cui occorre fare riferimento all'art.47 della Costituzione al fine di rendere effettivo il diritto delle persone bisognose ad avere un alloggio di proprietà. Mediante tale sentenza inizia ad esserci un'apertura verso la definizione di diritto all'abitazione come un diritto sociale, infatti essa afferma: “creare le condizioni minime di uno Stato Sociale, concorre a garantire al maggior numero di cittadini possibile un fondamentale diritto sociale quale quello dell'abitazione, contribuire affinché la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l'immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso”;
sentenza 404/1988[6], la quale riafferma l'esistenza del diritto all'abitazione e ne indica l'inviolabilità della stessa.
Ne emerge un quadro non ben definito. A tal proposito Simone Scagliarini[7] indica come nella normativa tale diritto viene trattato prendendo in considerazione solo la sua accezione “debole”, per cui prevale il diritto a veder messe in atto misure di agevolazione ai fini della disponibilità di un alloggio rivolte ai soggetti in stato di bisogno. Essendo contrapposto al libero mercato, non viene considerato il carattere “forte” di diritto soggettivo ad ottenere un alloggio in proprietà.
Nei fatti, “il quadro giuridico internazionale porta a ritenere che il diritto all’abitazione abbia più a che fare con la volontà politica dei governi che con l’effettiva possibilità di assicurare in breve tempo abitazioni alla popolazione”. (Civitarese Matteucci S., Gardini G.[8])
O, ancora, un quadro in cui, quando si passa dai diritti a specifiche prestazioni connesse, si parla di “prestazioni doverose che costano” o anche di “diritti condizionati”, ossia sottoposti all’effettiva disponibilità di risorse e, pertanto, di diritti che possono assumere una valenza relativa. (Giorgis, 2006)[9]
Esso, infatti, dipende largamente da diversi fattori, quali:
disponibilità, accessibilità dei terreni;
acquisto degli stessi ad un prezzo equo;
disponibilità a basso prezzo dei materiali;
diritto delle persone a scegliere dove vivere.
Per Bilancia[10] il diritto all'abitazione appare come “un diritto sociale di grandi incertezze” che ha ricevuto specificazione solo se messo in relazione con altri diritti individuali e interessi pubblici. In particolare, assume significato come:
diritto a ricevere una casa in assegnazione a seguito dell'attuazione di politiche pubbliche per la costruzione di alloggi (ritenuto condizionabile dalla quantità di risorse disponibili);
diritto alla stabilità di godimento del proprio alloggio (relativo ai vincoli di durata dei contratti e canoni di locazione);
diritto strumentale al godimento di altri diritti e libertà.
Numerose sono le questioni connesse con l'esercizio del diritto all'abitazione, infatti esso rappresenta un importante presupposto per: libertà, lavoro, famiglia, salute, sicurezza e benessere. Tuttavia si pongono molte problematiche nella fruizione di tale diritto, derivanti da:
vincoli finanziari che lo rendono quindi finanziariamente condizionato;
complicato intreccio di competenze legislative statali e regionali;
necessità di un'attenta programmazione;
difficoltà nel garantire il rispetto di tutti i diritti ad esso collegati o in conflitto.
Si ricordi, infine, come anche in Europa le politiche per la casa hanno subito negli ultimi decenni profonde trasformazioni fino a portare l’UE a considerarla come uno dei fattori fondamentali per prevenire e combattere l'esclusione sociale in Europa, includendo l'accesso all'abitazione a prezzi convenienti tra gli obiettivi della nuova Agenda Europea 2020[11].
NOTE
[1] “Patto internazionale di New York relativo ai diritti economici, sociali e culturali”, concluso a Nuova York il 16 dicembre 1966.www.onuitalia.it/diritti/patti1.html[2] “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
[3] http://www.giurcost.org/decisioni/1983/0252s-83.html
[4] http://www.giurcost.org/decisioni/1987/0049s-87.html
[5] http://www.giurcost.org/decisioni/1988/0217s-88.html
[6] http://www.giurcost.org/decisioni/1988/0404s-88.html
[7] Scagliarini S., “Diritti sociali nuovi e diritti sociali in fieri nella giurisprudenza costituzionale”,Gruppo di Pisa, 2012. p. 12.http://www.gruppodipisa.it/wp-content/uploads/2012/08/ScagliariniDEF.pdf.
[8] Civitarese Matteucci S., Gardini G., “Diritto alla casa e uguaglianza sostanziale: dalla edilizia economica e popolare ai programmi di riabilitazione urbana”, Barcellona, 16-17 dicembre 2004.http://www.pausania.it/files/relaz_gardini_civitarese.pdf
[9] Giorgis a. (2006), Diritti sociali, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, vol. iii, Giuffrè, Milano, pp. 1903 ss.
[10] Bilancia F., “Brevi riflessioni sul diritto all'abitazione”, in Istituzioni del federalismo n. 3, aprile 2010. pp. 235-236
[11] Www.ec.europa.eu/europe2020/index_it.htm
Nel primo dopoguerra, in considerazione della gravissima situazione abitativa e lavorativa italiana, ispirandosi da un lato alle teorie economiche keynesiane[1] e d’altro lato a quelle sociali di Beveridge[2], con LN 43-1949, il Parlamento Italiano approva il cosiddetto “Piano Fanfani” (dal promotore) “per incrementare l'occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori".
Il Piano, inizialmente ampiamente finanziato con il Piano Marshall, della durata di due cicli di 7 anni ciascuno, si realizzerà attraverso il sistema di gestione INA-Casa ed il contributo sui salari di tutti i lavoratori (0,60% da parte dei lavoratori e dell'1,20% da parte dei datori di lavoro) a cui si aggiunge un contributo dello Stato del 4,30%. Nei soli primi sette anni di vita verranno investiti complessivamente 334 miliardi di lire per la costruzione di 735.000 vani, corrispondenti a 147.000 alloggi. Alla fine dei quattordici anni di durata del Piano, i vani realizzati saranno in totale circa 2.000.000, per un complesso di 355.000 alloggi, attraverso 20.000 cantieri che porteranno ad impiegare circa 41.000 lavoratori edili all'anno, costituenti un impiego pari al 10% delle giornate-operaio dell'epoca (Istituto Luigi Sturzo 2002).
NOTE
[1] John Maynard Keynes, economista inglese del primo novecento, è considerato il padre della macroeconomia. In contrasto con la teoria economica neoclassica, ha sostenuto la necessità dell'intervento pubblico nell'economia con misure di politica fiscale e monetaria, qualora una insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione.[2] Nel 1944, su incarico del governo inglese, W. Beveridge pubblicò “Il pieno impiego in una società libera” (Rapporto Beveridge) che si basava su tre pilastri: la costruzione di un sistema di previdenza sociale capace di intervenire in tutti i momenti critici della vita di una persona (la disoccupazione, gli incidenti sul lavoro, la malattia, la vecchiaia), l’elaborazione di un sistema di assistenza sanitaria universale e accessibile gratuitamente a tutti, una politica economica basata sul pieno impiego e sulla riduzione generalizzata (fino all’eliminazione) della disoccupazione.
Martina Ferraris 2015, Giulia d’Este 2021
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