Gara di progetti

Programmazione per bandi di progetto,Call for proposal

INDICE ANALITICO GENERALE

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A cura di Laura Casella


Su questi temi si vedano anche le schede:

La costruzione di un progetto

Coprogettazione, coprogrammazione

Modalità di finanziamento pubblico

Pianificazione, programmazione, progettazione, le differenze

 

La gara di progetti (call for proposal), o meglio programmazione per progetti a “bando” (da non confondersi con l’affidamento di servizi e appalti), è una delle modalità di finanziamento diretto agli enti: uno strumento operativo di un programma le cui azioni sono realizzate da attori diversi dall’ente finanziatore che vuole perseguire determinati obiettivi.

Pur essendo uno strumento largamente utilizzato, è poco studiato, con scarsa letteratura specifica. Se ne presentano alcuni elementi analitici.

1.      Il modello di programmazione

Un bando di gara è il prodotto di finanziamenti che derivano dall’Europa, da una normativa nazionale o regionale, oppure ancora da una Fondazione. Soggetti diversi che, in quanto appartenenti al pubblico o al privato, rimandano a diversi modelli di programmazione, con scopi ed oggetti che in taluni casi possono essere comuni, ma con legittimazioni differenti. 

Teoricamente il modello si muove in una catena logica (pianificazione, programmazione, progettazione) che si muove dal macro al micro, dal logicamente superiore all’inferiore: «ognuno di essi rappresenta l’output del processo rispettivamente di pianificazione, programmazione, progettazione, ovvero di un percorso le cui fasi si ripetono, come in un “modello frattale”, nello stesso ordine, ma su scale di grandezza diverse, relativamente alle loro principali dimensioni (campo di intervento, metodi di confronto e partecipazione, risorse ecc.)». (Merlo G., p. 23)

In pratica la progettazione tramite bandi in parte supera l’approccio top down/sinottico per un approccio bottom up/ incrementale in un modello che si può definire “misto”: si guarda alla possibilità che, tramite la chiamata a progetto, si possa creare una comunità, condividendo il potere programmatorio progettuale tra enti diversi e utilizzando strumenti collaborativi . 

A dire il vero Siza (2004) suggerisce che la diffusa tendenza a scomporre il processo programmatorio in unità minime di progettazione, se non coordinate tra loro, muta radicalmente le relazioni tra piano e progetto, risultando «complessivamente indebolito il sistema di programmazione come insieme di atti interconnessi sui quali si esercitano azioni di coordinamento, si individuano obiettivi comuni e in questo senso parla di “shopping list”» cioè di elenchi di progetti slegati tra loro per i quali si richiede un finanziamento adeguato per cui la sommatoria non rappresenta e non esplicita un’organica e intrinsecamente coerente direzione di sviluppo. (Merlo G., 2014, p. 108)

Mentre Carazzone parla di “progettificio”: il terzo settore risulta oggi affamato di contributi, ma secondo l’Autrice la progettazione tramite bandi risulta inadeguata in quanto alimenta l’idea che il terzo settore debba costare poco. In particolare, i finanziamenti a bando per gli enti del terzo settore sono rivolti a progetti in cui non è previsto un finanziamento all’organizzazione stessa in modo che essa possa attrezzarsi al meglio per realizzare la propria mission indipendentemente dai singoli progetti. L’Autrice propone che siano le Fondazioni ad avere un ruolo maggiore nel sistema di governance, finanziando le organizzazioni che si mostrano meritevoli e non solo progetti.

2.      Impostazione del bando

È possibile distinguere tra:

Il primo problema, infatti, è quello della specificità territoriale: dato che si vuole premiare i migliori, non è detto che questi operino esattamente nei territori che presentano le problematiche più importanti.

Per correggere questo tipo di errore programmatorio sono possibili due soluzioni:

Resterà comunque un problema nel caso che dall’area di maggior prevalenza non arrivi alcun progetto; in tal caso il programmatore dovrà cercare soluzioni particolari e ad hoc (ad es. la creazione di una task force che si inserisca nella situazione) per garantirsi che l’intervento sia realizzato comunque.

Un secondo problema è relativo al fatto che si tende a premiare la competenza progettuale, ma non si può essere sicuri a priori che a questa corrisponda un’analoga competenza nell’implementazione. In caso di bandi ricorrenti (programmi pluriennali) si può correggere un tale errore attribuendo dei punteggi relativi all’andamento di eventuali progetti presentati precedentemente (ad es. tempi, modi, risultati nella realizzazione dei progetti passati). In questo modo, però, si tende a perpetuare delle élite progettuali (vincono sempre gli stessi) che impediscono la nascita e la crescita di nuovi attori.

3.      Elementi problematici

È possibile approfondire gli elementi problematici che caratterizzano la programmazione per bandi utilizzando l’approccio dell’analisi SWOT, secondo due punti di vista differenti: da una parte quello di chi predispone i bandi, dall’altro di chi risponde alle chiamate a progetto (es. gli enti gestori dei servizi socioassistenziali, le cooperative sociali, etc.).

a.      Obiettivi del bando

Possono essere inclusi tra le opportunità. Di certo, non sarà un insieme di piccoli progetti a risolvere un determinato problema sociale, ma la progettazione tramite bandi contribuisce a creare cultura, a parlare di alcuni fenomeni magari sommersi, a creare una rete di soggetti istituzionali e non che si responsabilizzi di fronte all’emergere di determinati problemi e sperimenti delle modalità per affrontarli.

b.      Processo

Quattro sono le variabili che possono essere utilizzate per descrivere il processo:

c.       Creazione della partnership per la partecipazione

d.      Durata temporale

dei progetti messi a bando: risulta essere una forte minaccia. La durata del progetto è spesso troppo breve, uno o al massimo due anni per progetto, tanto che provoca discontinuità di interventi e non permette a chi risponde alla chiamata a progetto di poter programmare gli interventi nel tempo: ciò ha ricadute non solo sull’intera organizzazione dell’ente, ma anche sugli operatori e sui beneficiari del progetto. La situazione è peggiore se si tratta di un ente del TS, soprattutto per i piccoli enti che spesso sopravvivono grazie ai finanziamenti che derivano dal bando.

e.      Costo della partecipazione

al bando è un punto di debolezza, in quanto attrezzarsi per rispondersi alla chiamata a progetto significa investire energie, tempo, risorse economiche e di personale che non vengono ammortizzate su larga scala, con un’alta probabilità che siano a fondo perduto nel caso di mancata approvazione.

f.        Cofinanziamento

Quasi tutti i bandi prevedono una forma di cofinanziamento: cash (in denaro) o in valorizzazione di risorse rendicontabili (personale, attrezzature, etc) rappresentando un importante problema, soprattutto per gli enti più piccoli.

g.      Sostenibilità

Risultano efficaci proprio quei bandi di progetti che sono sostenibili anche alla fine del finanziamento perché avranno portato un cambiamento nelle modalità con cui i professionisti nella loro quotidianità lavorano su determinati temi o perché avranno rafforzato il sistema dei servizi già esistente offrendo una qualità maggiore. Se, dunque, il progetto avrà creato in quel territorio un capitale sociale che avrà permesso di costruire una comunità e di strutturare relazioni sociali che facilitino l’azione cooperativa di tutte i soggetti che appartengono a quel territorio. 

 

 

APPROFONDIMENTI

Carazzone C., Due miti da sfatare per evitare l’agonia per progetti del Terzo Settore, Il giornale delle Fondazioni, 2018

http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/due-miti-da-sfatare-evitare-l%E2%80%99agonia-progetti-del-terzo-settore

Goggins Gregory, A. & Howard, D. (2009). The Nonprofit Starvation Cycle, Stanford Social Innovation Review. Graduate School of business, University of Stanford.

Marocchi, G. (2018). Pubbliche amministrazioni e Terzo Settore tra competizione e collaborazione. Welfare Oggi, 2, 4-8.

Merlo, G. (2014). La programmazione sociale: Principi, metodi e strumenti. Roma, Carocci.

Pellizzari, S. (2018). Le diverse forme di relazione pubblico-privata nell’organizzazione dei servizi sociali e di Welfare. Welfare Oggi, 2, 9-13.

Rossi, P, & Colombo, M. (2018). La coprogettazione dei servizi di welfare sociale: innovazione, dilemmi istituzionali e sfide organizzative. Welfare Oggi, 2, 47-52.

Siza, R., (2003). Progettare nel sociale. Regole, metodi e strumenti per una progettazione sostenibile. Milano: Franco Angeli

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Laura Casella, luglio 2019