Merlo G., Bordone G., “Guida alla programmazione sociale. Teorie, pratiche, contesti”, Carocci faber 2025
BOX n. 35
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Tradizionalmente l'economia è quella "di mercato": si basa sul valore di scambio (quantità di beni o di moneta che si danno in cambio di un altro bene o servizio di cui si ha bisogno) e/o valore commerciale. Infatti, in senso classico e tradizionale l'economia è la scienza che consente la gestione razionale del denaro e l'allocazione ottimale di qualsiasi risorsa (tendenzialmente scarsa), per ottenere il massimo vantaggio a parità di spesa o il minimo dispendio a parità di risultato. (Merlo G., Bordone G., 2025 p. 69)
Tuttavia, questo non è il solo modo di intenderla ed applicarla: esistono da sempre approcci che possiamo definire “alternativi”. Approcci che tengono conto anche di altri principi come quelli di solidarietà, reciprocità, giustizia sociale, partecipazione, democrazia economica, attenzione all’impatto sociale (ed ambientale) e alle persone. Cioè creazione di un valore aggiunto sociale rispetto al semplice prodotto materiale.
Economie non tradizionali che possono comprendere, concettualmente e operativamente, molte declinazioni, spesso mal definite, che hanno anche portato a diverse accezioni di welfare che ad esse si richiamano come quelle denominate economia civile, sociale di mercato, solidale, circolare, sharing, ecc. Più in generale, tutti gli approcci economici attenti al sociale, con molte ibridazioni (Approcci economici).
Non parliamo solo del Terzo Settore senza scopo di lucro (associazioni, cooperative e mutue, fondazioni, imprese sociali), ma anche di parte del privato profit che, in forme e intensità anche molto diverse ed al di là di operazioni di camuffamento più o meno truffaldine, interessa molti settori economici, così come dallo schema seguente che illustra come, quasi senza soluzione di continuità, si passa dalle charities fino al business tradizionale.
Un mondo variegato anche con difficoltà di definizione, distinzione e classificazione che proviamo a descrivere nel modo seguente.
Si propone come possibile alternativa alla concezione capitalista del mercato nel superare la supremazia del profitto o del mero scambio strumentale dell'attività economica e finanziaria con principi come la reciprocità, la gratuità e la fraternità. L’obiettivo è la felicità pubblica (etica delle virtù e del bene comune), come dimensione sociale e relazionale, per cui non c’è felicità individuale senza quella pubblica. Secondo questo approccio, accanto e superando il classico duopolio Stato e mercato, è possibile dar vita ad istituzioni di welfare civile (pluralità degli attori economici) che si diffondono sul territorio attraverso forme di democrazia deliberativa che consentono di ascoltare e consultare i cittadini.
Un approccio che vede il superamento del welfare state attraverso un passaggio dal binomio “pubblico e privato” al trinomio “pubblico, privato e civile”, in cui è l'intera società, e non solo lo Stato, a farsi carico delle situazioni di bisogno: la società civile (ovvero associazioni, volontariato, cooperative sociali, imprese sociali, ipab, fondazioni, etc.), in quanto maggiormente in grado di interpretare sia la domanda di soggettivismo della società civile che la necessità di un maggiore coinvolgimento diretto dei territori, compartecipa alla programmazione in attuazione di un principio non più di solidarietà generalizzata, ma di sussidiarietà circolare e reciprocità.
Bruni L., Zamagni S., Economia civile, Efficienza, equità, felicità pubblica, Il Mulino 2004Cucculelli F., Economia civile, sociale, solidale, Bene Comune 2014Zamagni S., L'economia del bene comune, Città Nuova, 2007 Zamagni S., Bruni L., Dizionario di economia civile, Città Nuova 2009Zamagni S., La strada dell'economia civile per ridurre i divari regionali, Secondo welfare 2014Zamagni S., L’evoluzione dell’idea di welfare: verso il welfare civile, UbiMinor 2016Termine utilizzato per definire una parte specifica dell’economia: un gruppo di organizzazioni (storicamente raggruppate in quattro grandi categorie: cooperative, mutue sociali, associazioni e, più recentemente, fondazioni), che perseguono primariamente scopi sociali e sono caratterizzate da sistemi di governance partecipativi.
Caratterizza pertanto un tipo di economia improntata a rimuovere le distorsioni generate dal mercato sul piano distributivo, coniugando libertà di mercato e giustizia sociale.
I principi su cui si fonda sono: - prevalenza dell'individuo e dell'obiettivo sociale sul capitale; - adesione volontaria e aperta; - controllo democratico da parte dei soci (tranne che per le fondazioni in quanto non hanno soci); - combinazione degli interessi dei soci/utenti e/o dell'interesse generale.
“I fondamenti di tale modello stanno nella constatazione che il puro liberalismo non è in grado di garantire una soddisfacente equità sociale, ritenuta invece indispensabile proprio perché i singoli individui siano in grado di operare liberamente e in condizioni di pari opportunità; di converso, anche la piena realizzazione dell’individuo non può compiersi se non vengono garantite la libera iniziativa, la libertà di impresa, di mercato e la proprietà privata. È quindi necessario un ruolo ‘regolatore’ dell’autorità statale, i cui confini di intervento sono però problematici da definire con esattezza e, soprattutto, in modo oggettivo. L’intervento dello Stato, infatti, non deve guidare il mercato o interferire con i suoi esiti naturali: deve semplicemente intervenire laddove esso fallisce nella sua funzione sociale”. È una concezione storicamente legata alle associazioni popolari e alle cooperative come risposta di gruppi sociali vulnerabili e indifesi attraverso la creazione di organizzazioni di auto-assistenza alle condizioni di vita determinate dallo sviluppo del capitalismo industriale nel XVIII e XIX secolo (mutualismo e cooperazione).
Borzaga C., Calzaroni M., Fontanari E., Lori M., Primo Rapporto su “L’economia sociale in Italia”, Euricse e ISTAT 2021Carta dei principi dell'economia sociale di Social Economy Europe, l’associazione di rappresentanza dell’ES a livello europeoFumagalli A., Economia sociale di mercato, Traccani 2012Monzón, J.L. e Chaves, R. (2012). L'economia sociale nell'Unione europea. Bruxelles, CESEComitato economico e sociale europeo, Sviluppi recenti dell’economia sociale nell’Unione europea, 2016“Si riferisce ad un modello politico-economico creato dopo la Seconda guerra mondiale, in risposta al bisogno di diffondere fiducia nel nuovo sistema democratico in Germania. L’idea alla base di questo modello è quella di armonizzare il principio di libero mercato con quello di sicurezza sociale, attribuendo allo Stato un ruolo attivo nella promozione sia della competizione di mercato che di uno sviluppo sociale equilibrato. Questo approccio è stato spesso considerato una “terza via” tra il capitalismo “laissez faire” (minimo intervento da parte dello Stato ) e le economie pianificate e accentrate, in cui lo Stato dirige in modo esclusivo l’attività economica. È basata su due fondamenti dell’azione statale, chiaramente distinti, ma complementari: da un lato, l’applicazione del principio di competizione per mantenere stabili i prezzi e generare crescita e innovazione; dall’altro, misure relative alle politiche sociali per garantire giustizia sociale, correggendo gli outcome negativi e rafforzando il livello di protezione sociale. Nel senso più essenziale, l’economia sociale di mercato comporta che i mercati vengano incorporati nella società e che funzionino in modo da raggiungere sia l’efficienza economica sia il benessere collettivo. Molti dei principi dell’economia sociale di mercato sono diventati parte sostanziale del modello sociale europeo e hanno trovato espressione nel Trattato sull’Unione Europea.”
EU, Economia sociale e imprenditoria sociale, Social Europe guide Volume 4 2014Felice F., L'economia sociale di mercato, Rubettino 2008Un modello economico, un sistema di relazioni economiche e sociali, che mette al centro del proprio operare la vita delle persone, la qualità della vita e l’ambiente, per favorire lo sviluppo sociale locale attraverso la diffusione di legami basati sulla solidarietà.
In questo approccio la relazione è al primo posto rispetto al profitto e all'individualismo contrapponendo un approccio basato sulla gratuità e la condivisione. È l’idea di una economia fondata sulla solidarietà e sulla cooperazione, anziché sulla competizione, che permette di conciliare le esigenze di soggetti diversi come produttori, lavoratori, consumatori e risparmiatori. I principi di fondo sono: - nuove relazioni tra i soggetti economici, fondate su principi di cooperazione e reciprocità; giustizia e rispetto delle persone (condizioni di lavoro, salute, formazione, inclusione sociale, garanzia di beni e servizi essenziali); - partecipazione democratica; - disponibilità a entrare in rapporto con il territorio (partecipazione a progetti locali); - disponibilità a entrare in relazione con le altre realtà dell’economia solidale condividendo un percorso comune; - investimento degli utili per scopi di utilità sociale.
L'economia solidale assume forme e connotazioni differenti a seconda della latitudine e della cultura. Tendenzialmente nel “Sud del mondo” l’economia solidale riguarda iniziative legate all’autosostentamento, a opportunità di lavoro create nel settore informale del commercio o dell’autoproduzione, al mutuo sostegno in ambito comunitario. Nel “Nord del mondo” comprende iniziative rivolte alla solidarietà e alla sostenibilità ambientale, al recupero del legame sociale e all’innalzamento della qualità della vita. In Italia si possono associare a questo approccio iniziative come, ad esempio, il consumo critico, i bilanci di giustizia, i gruppi di acquisto solidali, il commercio equo e solidale, la finanza etica, il turismo responsabile, l'agricoltura biologica, le cooperative sociali e di produzione.
Cevi, Che cosa si intende per Economia SolidaleAA., Carta per la rete italiana d economia solidale, Rete Italiana di Economia Solidale 2007
Pertanto, l'approccio economico al sociale si riferisce ad un variegato e mal definito settore di finanziamenti ed interventi che riconosce alle imprese (for profit e non) un vero e proprio settore economico ed un potenziale di impresa, ma anche un ruolo di generatrici di valore sociale. Si tratta di un continuum, con molte forme di ibridazione, che può andare dalle charities fino al traditonal business delle imprese totalmente orientate al profit: differenti forme del volontariato organizzato, cooperazione e mutualismo, Benefit corporation, adesione a forme di Responsabilità sociale.
La UE ha puntato, da tempo, molto in questo settore (Social Business Initiative del 2011, Start-up and Scale-up Initiative del 2016) così che nel dicembre 2021 ha presentato un Piano d’azione per l’economia sociale (Action plan on the social economy) con la finalità di supportare, anche economicamente, gli investimenti sociali, gli attori economici e le imprese che vogliono avviare un’attività a vocazione sociale, crescere, produrre innovazione sociale e creare posti di lavoro; creare le condizioni affinché le imprese sociali possano prosperare; costruire opportunità e supportare lo sviluppo delle capacità interne; rafforzare il riconoscimento delle imprese sociali e il loro potenziale.
Iniziative che aprono spazi di mercato, profit e no, e sostengono nuovi attori in termini di possibili finanziamenti e interventi.
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