Campo base

resolver - risolvere

L'ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE IN TERRA CUBANA

INTERVISTA A DON CLAUDIO ARATA

di Luca Pani

La scuola è il più grande investimento di un Paese per il futuro e noi abbiamo bisogno di futuro, scrive Dacia Maraini nel suo ultimo libro La scuola ci salverà (Solferino 2021). Attenta osservatrice della scuola italiana, la Maraini riflette sull’importanza dell'istruzione, soprattutto nei momenti di crisi come quello che stiamo vivendo e sull’urgenza di garantire ai ragazzi una formazione sempre migliore. La scuola non può che diventare il metronomo del progresso di qualsiasi Paese del mondo, in particolare per quelle terre dove, ancora oggi, il diritto all'istruzione non è per nulla garantito. Pensiamo, ad esempio, al paese afgano, dove 4,2 milioni di bambini non sono iscritti a scuola, di cui 2,6 milioni sono bambine (dati UNICEF). Dal sogno di una scuola sempre più inclusiva, è nato in me il desiderio di intervistare Don Claudio Arata, sacerdote fidei donum della Diocesi di Chiavari, che da diversi anni porta avanti il suo preziosissimo lavoro a stretto contatto con i giovani nella diocesi di Santa Clara a Cuba. Emerge dalle risposte di Don Claudio un tratto peculiare dello spirito dei cubani: la tenacia costante nel cercare di risolvere - resolver - le tante difficoltà.

  • Don Claudio, come vivono i cubani questo momento di crisi economica e politica?

La pandemia del coronavirus che ha segnato e cambiato il mondo intero negli ultimi due anni, ha peggiorato una situazione economica e sociale già in difficoltà da anni nell'isola caraibica. La pandemia e le misure restrittive per contenerla hanno di fatto azzerato gli arrivi di turisti stranieri a Cuba con ricadute negative per l'economia nazionale e il mondo del lavoro. In questi lunghi mesi di ondata del coronavirus e di chiusure inevitabili tante attività produttive sono rimaste chiuse e gli adulti a casa senza poter lavorare. Sono rimaste chiuse anche le scuole e le università del Paese.

Davanti a questa situazione di crisi sanitaria, economica, sociale e politica i cubani, in un primo momento, hanno reagito con paura, tristezza e smarrimento. L'isolamento necessario per contenere il contagio, la mancanza di medicine per curarsi e l'aumento dei prezzi degli alimenti rispetto al salario hanno alimentato un senso di malcontento, insicurezza e fragilità, e hanno provocato anche impotenza, separazione e solitudine.

Una dei verbi più usati dai cubani è resolver, risolvere. I cubani cercano sempre di risolvere, di aggiustare le cose, di recuperare e così continuare a vivere con speranza e fiducia. È lo spirito profondo del cubano. Non si paralizza davanti alle difficoltà, anche grandi. Al contrario, cerca di reagire, di risollevarsi, di riparare per continuare a lottare, vivere e lavorare. Guardando soprattutto ai giovani, tanti di loro continuano a sognare un futuro lontano da Cuba, con migliori condizioni di vita e lavoro. Novità e speranza per Cuba vengono sempre dai giovani. In tanti di loro si è svegliata la coscienza e hanno cominciato ad esporsi, a metterci la faccia, a chiedere cambiamenti veri e profondi per il bene comune. I giovani desiderano una Cuba migliore, con tutti e per il bene di tutti, come diceva lo scrittore e leader dell'indipendenza cubana José Martí.

In mezzo a tante difficoltà ed incertezze quotidiane, tanti giovani e adulti hanno desiderio di tornare alla normalità e recuperare la vita di comunità: lavoro, studio, religione, vita sociale, amicizie. Credo vero quello che mi scriveva un giovane in questi giorni: La fe ha ayudado a muchos a mantener la esperanza de que iremos a algo mejor en algún momento. Sí, la fede in Qualcuno o Qualcosa ha dato e dà speranza e luce a tante persone in questo tempo così particolare e travagliato.

  • La scuola salva il mondo. Partendo da questa consapevolezza che, immagino, vivrai in prima persona a contatto con i ragazzi che ogni giorno incontri, quali prospettive dà l’istruzione a Cuba oggi alle nuove generazioni, soprattutto nei confronti degli ultimi?

Purtroppo come le scuole ed università di tutto il mondo, anche quelle cubane hanno vissuto e stanno ancora vivendo un tempo difficile a causa delle chiusure per il coronavirus. Pensate che a Cuba le scuole ed università sono chiuse dallo scorso gennaio e riapriranno per tutti il 15 novembre. Questo vuol dire che bambini, ragazzi e giovani non hanno potuto riunirsi per studiare per quasi un anno intero. In questi mesi parlando con adolescenti e giovani ho sentito forte il desiderio in loro di poter ricominciare ad uscire, incontrarsi, stare insieme e studiare imparando cose nuove. Nonostante le forme di didattica a distanza, provate anche qui a Cuba, con tanti limiti e direi scarsi risultati, credo che tutti noi, adulti e ragazzi, abbiamo riscoperto l'importanza fondamentale della scuola in presenza, non solo come esperienza di studio ed apprendimento, ma anche come palestra di relazioni e buona convivenza. Proprio per questo motivo la scuola ha un'importanza unica in tutti i Paesi e dovrebbe salvare il mondo. A scuola impariamo a stare insieme e ad entrare in relazione con il diverso; impariamo a rispettare l'altro e a lavorare tutti insieme per un progetto comune; impariamo ad entrare a contatto con potenzialità e limiti nostri e degli altri e a dialogare nella differenza in maniera buona e propositiva. In poche parole, impariamo che l'altro da noi non è un nemico da combattere ed abbattere, ma una risorsa unica ed indispensabile per costruire qualcosa di buono e originale nella nostra vita e nel mondo.

Partendo dalla mia esperienza missionaria a Cuba, sento forte la sfida per adulti e scuola a formare coscienze libere e ad accompagnare i giovani nel cammino della libertà. Libertà di pensare con la propria testa; libertà di prendere la parola e dire quello che veramente si pensa; libertà di sognare, creare e proporre idee ed esperienze nuove.

Un aspetto che sempre mi è piaciuto della scuola cubana e quello dell'attenzione umana versi tutti e dell'inclusione. Ho davanti a me l'esempio dei bambini delle comunità di campo, sperdute tra il verde dei campi di canna da zucchero, il rosso della terra e l'azzurro del cielo. In questi villaggi non manca la escuelita primaria, la scuola elementare con le sue aule e le sue maestre. Questo è segno di una scuola che desidera raggiungere tutti, anche i più lontani.


  • Don Lorenzo Milani amava dire che spesso la scuola rischia di essere un ospedale che cura i sani e respinge i malati, e di conseguenza non possiamo che assistere ad una dispersione scolastica sempre più evidente. Quali consigli daresti ad educatori, insegnanti, affinché la scuola sia uno spazio sempre più inclusivo?

Parlando di dispersione scolastica, anche qui a Cuba abbiamo forte il timore che alla ripresa della scuola dopo la chiusura per il coronavirus, tanti ragazzi non vogliano tornare in classe perché non ne sentono l'urgenza. C'è il rischio di una ulteriore dispersione scolastica che potrebbe impoverire i ragazzi e tutta la comunità.

Per creare una scuola sempre più accogliente ed inclusiva credo sia fondamentale per insegnanti ed adulti spendere tempo ed energie per stare in mezzo ai ragazzi e praticare con loro l'arte dell'ascolto. Quando ci troviamo davanti ad un ragazzo è forte la tentazione di riempirlo di parole. Lui è il destinatario delle nostre parole e del nostro insegnamento. In realtà la prima esperienza da vivere sarebbe quella di stare con loro e ascoltare con cuore e mente quello che sentono e dicono. Dallo stare con loro e da un ascolto empatico può nascere un accompagnamento/insegnamento vicino a loro e fecondo perché capace di generare vita, fiducia, senso di responsabilità e desiderio di lasciare qualcosa di buono nel mondo.

Altro piccolo suggerimento è quello della credibilità. Che i ragazzi possano vedere in noi presenze affidabili, credibili e coerenti. Che i ragazzi possano vedere negli adulti persone che mettono in pratica e vivono quello che insegnano e dicono.