NOVEMBRE 2020

N.2 / II ANNO NOVEMBRE 2020

Tutti parlano dell’emergenza ambientale e climatica ; alluvioni , aumento costante della temperatura,

scioglimento dei ghiacciai, inquinamento, difficile smaltimento dei rifiuti; ne parlano i politici, gli

scienziati, gli uomini più importanti della Terra a partire da Papa Francesco, i cittadini comuni.

Bill Gates, per esempio, afferma che entro il 2050 bisogna arrivare a “zero carbonio”, per evitare un

disastro climatico.

Le decisioni da prendere ai vari livelli fanno però fatica a prendere corpo, gli interessi sono molteplici,

non è facile mettere tutti d’accordo su una tematica planetaria così vasta. Ci sono tante associazioni

e tanti volontari che lavorano nel settore per sensibilizzare tutti, in particolare i giovani.

Poi il discorso, inevitabilmente, si sposta sul ruolo della scuola : tutti dicono che, vista la lentezza nel

cambiamento dei comportamenti a livello planetario , una modifica radicale delle condotte dei singoli

avverrà solo quando tra i banchi avanzeranno i progetti concreti di studio di questi problemi. Quante

volte è già stata fatta questa riflessione a proposito di altre tematiche legate ad un’idea aggiornata di

cittadinanza : si vuole la scuola impegnata nell’educazione alimentare, stradale, alla salute, sessuale,

ecc…

Sorge però spontanea una domanda : la scuola del nostro tempo, non solo italiana, può davvero svolgere

un ruolo così importante e decisivo ? Questo numero di “pedagogia 2020” vuole cercare di dare,

nel suo piccolo, un contributo di riflessione in merito, fornendo alcune risposte , sciogliendo alcuni

dubbi e creandone altri.

"TERRAFUTURA....PER UN MONDO GREEN & BLUE"

Questo è il titolo pensato per questo numero monotematico; terrafutura è un’espressione creata da

Carlo Petrini (fondatore di Slow Food) per una sua recente pubblicazione in cui sono riportati i suoi

frequenti dialoghi con Papa Francesco . Green & Blu sono i colori che dovranno essere più presenti e

visibili in un mondo ecologicamente orientato.

1) EDITORIALE : perché un numero monotematico sull’emergenza climatica e ambientale

INTRODUZIONE

1) Editoriale

2) Cosa dicono le

Indicazioni Nazionali

PRIMA PARTE

3) Facciamoci alcune domande….

4) Esperienze da ricordare/proporre

5) L'ecopedagogia : cos'è ?

6) Può esserci un curricolo di

educazione ambientale ?

SECONDA PARTE

7) Il ruolo delle tecnologie in merito;

8) Bibliografia minima;

9) Intervista a….

TERZA PARTE

10) Le parole dell’inclusione (a cura di Elisa Cristini)

11) Un libro in tasca ( a cura di Maria Teresa Alberti)

12) Campo base ( a cura di Luca Pani )

13 ) Una frase in dono ( a cura di Giuliana Parrucci)

14 ) Conclusioni

(Là dove non precisato diversamente , i testi sono stati curati da Francesco Codebò)

Realizzazione grafica a cura di Sara Morchio

"TERRAFUTURA....PER UN MONDO GREEN & BLUE"

Per inquadrare il problema, è corretto vedere se le attuali indicazioni normative sostengono una prospettiva

di approfondimento, nella scuola dell’obbligo, delle problematiche ecologiche largamente intese.

In effetti nel testo del 2012 i riferimenti sono piuttosto precisi e ripetuti ; due sono le chiavi di lettura in

merito : una di tipo più “educativo” con una nuova idea di cittadinanza . L’altra, di tipo più “curricolare”

riguardante le competenze necessarie per una formazione adeguata su queste tematiche.

Nella premessa del testo viene delineata la prospettiva di formare in modo attivo cittadini del mondo e

si auspica un nuovo umanesimo.

Fondamentale il seguente passaggio :

Sul piano didattico viene tracciata una prospettiva multidisciplinare e si auspica che il percorso formativo

adeguato abbia inizio già dalla scuola dell’infanzia. Per la fascia d’età di competenza viene delineato

uno specifico campo d’esperienza definito “la conoscenza del mondo” e il taglio dato all’itinerario è fortemente

sperimentale e operativo.

Nel prosieguo i riferimenti più precisi si trovano nel testo di geografia e scienze.

I temi sono delineati con precisione, vediamo come :

Nel testo di scienze della scuola secondaria si dice che l’alunno al termine del percorso è consapevole del

ruolo della comunità umana sulla Terra, del carattere finito delle risorse, nonché dell’ineguaglianza

dell’accesso a esse, e adotta modi di vita ecologicamente responsabili.

2- COSA DICONO LE INDICAZIONI NAZIONALI

…. Bisogna diffondere la consapevolezza che i grandi problemi dell’attuale condizione umana (il

degrado ambientale, il caos climatico, le crisi energetiche, la distribuzione ineguale delle risorse, la

salute e la malattia, l’incontro e il confronto di culture e di religioni, i dilemmi bioetici, la ricerca di una

nuova qualità della vita) possono essere affrontati e risolti attraverso una stretta collaborazione non

solo fra le nazioni, ma anche fra le discipline e le culture.

Tutti questi obiettivi possono essere realizzati sin dalle prime fasi della formazione degli alunni. L’esperimento,

la manipolazione, il gioco, la narrazione, le espressioni artistiche e musicali sono infatti

altrettante occasioni privilegiate per apprendere per via pratica quello che successivamente dovrà

essere fatto oggetto di più elaborate conoscenze teoriche e sperimentali.

“riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, lotta all’inquinamento, sviluppo delle tecniche di produzione

delle energie rinnovabili, tutela della biodiversità, adattamento al cambiamento climatico: sono temi

di forte rilevanza geografica, in cui è essenziale il raccordo con le discipline scientifiche e tecniche. Il

punto di convergenza sfocia nell’educazione al territorio, intesa come esercizio della cittadinanza

attiva e nell’educazione all’ambiente e allo sviluppo.”

“La presenza della geografia nel curricolo contribuisce a fornire gli strumenti per formare persone

autonome e critiche, che siano in grado di assumere decisioni responsabili nella gestione del territorio

e nella tutela dell’ambiente, con un consapevole sguardo al futuro.

Il primo incontro con la disciplina avviene mediante un approccio attivo all’ambiente circostante,

attraverso un’esplorazione diretta; in questa fase la geografia opera insieme alle scienze motorie, per

consolidare il rapporto del corpo con lo spazio.”

Nel 2018 venne pubblicato un testo di aggiornamento denominato “per un nuovo scenario” . Si dice che

bisogna tener conto del fatto che c’è stata un ‘accelerazione nei cambiamenti e nei problemi a livello planetario.

Viene richiesto un maggior impegno per la sostenibilità e si richiama il concetto di cittadinanza attiva.

Supporto al testo è l’agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile ; viene detto che la scuola può far molto

per raggiungere i 17 obiettivi dell’agenda , tra i quali Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il

cambiamento climatico;

La geografia viene definita come una disciplina di cerniera tra le materie umanistiche e quelle scientifiche

nella prospettiva di una gestione dell’ambiente e del territorio consapevoli.

Un altro passaggio fondamentale è questo :

“La nostra Costituzione, le Raccomandazioni dell’Unione europea, i documenti del Consiglio d’Europa e

dell’ONU richiamano tutti ad un comportamento etico verso le persone, verso l’ambiente e il pianeta da praticare

nei comportamenti e nelle relazioni quotidiane. Lo studio delle scienze, della storia, della geografia,

delle arti, deve contribuire a costruire questa responsabilità globale.”

E’ necessario farsi alcune domande perché il testo delle Nuove Indicazioni riporta, ai vari livelli, gli obiettivi

da raggiungere ma non le “strade” per raggiungerli , lasciate all’autonomia didattica delle scuole e dei

singoli. Solo a livello di scuola dell’infanzia, in effetti, vengono dati alcuni spunti metodologico-didattici

utili anche per chi opera negli altri segmenti formativi..

Su questa tematica, comunque, non è facile fare una progettazione adeguata per vari motivi :

>> sono compresenti , come già detto, aspetti più formativi (la nuova idea di cittadinanza) e culturali/disciplinari

relativi a precise competenze da acquisire ;

>> si chiede di lavorare su un itinerario a lungo termine collocato sia nello spazio (vicino / lontano ) che

nel tempo ( presente / passato / futuro ) ;

>> trattasi di una prospettiva multidisciplinare e quindi

di difficile coniugazione;

3- FACCIAMOCI ALCUNE DOMANDE...

PRIMA PARTE

- C’è un ordine e un rigore da dare ai contenuti affrontati e alle esperienze progettate ?

- Quali sono le metodologie più adeguate ?

- Che spazio dare a queste problematiche nel PTOF ?

- Quali le attività da proporre in esterno ?

- Ci vogliono attrezzature particolari che possono facilitare la comprensione dei vari problemi ?

- Come concretizzare un percorso in continuità e di verticalità all’interno degli Istituti Comprensivi ?

Ecco quindi gli interrogativi che ci sembrano più adeguati :

>> non può esistere una progettazione

“standard” in quanto molto

importante è il contesto in cui la

scuola opera : un conto è trovarsi

in una zona industriale di una

grande città, un conto in un piccolo

paese inserito in una zona-parco;

pertanto, in particolare i libri di

testo che si rifanno ad un contesto

“standard” vanno utilizzati con

molta cura e parsimonia;

>> ci sono notevoli problemi ad adoperare

un linguaggio appropriato :

spesso i termini paesaggio,

ambiente, ecosistema, sostenibilità

e così via vengono usati con molta

disinvoltura ma in modo non

sempre preciso.

4) ESPERIENZE DA RICORDARE / PROPORRE :

Nell’attuale realtà scolastica si trovano alcuni paradigmi spesso sviluppati a seguito anche di proposte e

suggerimenti in particolare degli Enti Locali e del sistema produttivo-industriale.

Si trovano quindi molti percorsi sul “riciclo” legati, per esempio, alla raccolta differenziata portata

avanti ormai con efficacia in tante scuole.

Dato il potenziamento delle strumentazioni tecnologiche si fa molto uso di filmati e documentari su

aspetti geografico-scientifici proiettati e commentati direttamente in classe o in spazi appositi. I più

fortunati poi, se si registrano contemporaneamente tutte le condizioni favorevoli, possono raccontare di

essere stati in uno spazio-laboratorio a fare esperimenti scientifici.

Capillare la distribuzione di borracce grazie all’intervento spesso di sponsor locali , per ridurre , in

maniera sensibile il consumo della plastica, anche se in ogni supermercato c’è, appena si entra, un’ampia

e invitante scelta di marche di acqua minerale e altre bevande, tutte, ovviamente, in bottiglie di plastica.

Questo esempio per dire che sconfiggere la logica del mercato è molto difficile, anche perché le risorse di

chi produce sono molto più vaste e di rapida mobilizzazione.

Se si dovesse poi fare una statistica su un vasto campione di classi, forse l’attività che ha preso più

campo, soprattutto nelle realtà urbane, è quella degli orti scolastici ; in Italia grande impulso l’ha dato

Slow Food con il progetto “Orti in condotta” . In un percorso fatto in un Istituto Comprensivo può quindi

succedere che un alunno compia a tre livelli diversi la stessa esperienza : prospettiva interessante

quando però mancano , forse, altre attività ugualmente importanti.

Soprattutto nelle scuole secondarie vengono organizzate settimane verdi con vari percorsi di esplorazione

del territorio, conoscenza degli ecosistemi , orientamento geografico sul campo , ecc ; non è raro

vedere che tali attività sono promosse all’inizio dell’anno scolastico per favorire la ripresa “dolce” delle

attività e il consolidamento del gruppo-classe.

E’ facile infine vedere sulla home page dei siti web di molti istituti una finestra dedicata a percorsi di educazione

ambientale ; molti istituti si definiscono “scuole ecologiche” in una prospettiva di green school.

Si può dire quindi che un certo movimento c’è , associato ad un mutamento nei comportamenti negli

alunni e nelle famiglie soprattutto delle classi iniziali del percorso formativo ; manca forse una visione

d’assieme, un ragionamento globale, anche perché è raro veder associare queste problematiche ai temi e

alle leggi dell’economia nel nostro mondo , materia molto marginale nei curricoli scolastici in quanto ritenuta

indigesta e forse scomoda.

Dopo questo rapido accenno ad alcune esperienze molto diffuse , puntiamo lo sguardo su esperienze più

classiche, molto in voga alcuni anni fa.

Intanto si puntava molto sull’osservazione : attività molto importante ma anche faticosa che però apriva

la mente al ragionamento e alla riflessione. Osservare facilitava anche l’acquisizione di un lessico appropriato

e migliorava la comunicazione nelle sue varie forme.

Fondamentali poi le uscite didattiche sul territorio e le visite ai musei da cui scaturivano spunti per

momenti di ricerca condotta in modo rigoroso sul piano metodologico.

5) L’ECOPEDAGOGIA COS’E’

Per spiegare correttamente le caratteristiche dell’ Ecopedagogia ci siamo avvalsi di un contributo pubblicato

sulla rivista Sapere.it di De Agostini nel nel 2012.

Promuovere un progetto di crescita, vita e civiltà nel pieno rispetto delle risorse umane e naturali. E'

questo, in estrema sintesi, il concetto che sta alla base dell'Ecopedagogia, movimento e filosofia che trova

le sue basi nel pensiero di Paulo Freire, educatore brasiliano.

In una società basata sempre di più sull'individuo e sullo sfruttamento indistinto delle risorse naturali,

su un pianeta vessato dall'inquinamento e dal surriscaldamento globale, l'ecopedagogia diventa un progetto

che fa della sostenibilità e della biofilia le sue colonne portanti.

Ecopedagogia significa, prima di tutto, riavvicinarsi alla propria casa, la Terra, ritrovando un rapporto

armonico e naturale con essa. Si tratta di un progetto educativo il cui scopo è quello di formare le nuove

generazioni ad una crescita verde e sostenibile.

Progetto educativo in cui convivono pedagogia ed ecologia, l'ecopedagogia altro non è che una formazione

partecipativa e creativa che insegna ad affrontare i problemi del reale con l'azione, la creatività e il dialogo.

L'ecopedagogia, infatti, non è mera educazione esperienziale fatta di attività all'aperto e contatto con la

natura. Sono la critica e la comprensione le armi principali che l'ecopedagogia ha a disposizione per

cambiare le sorti del mondo, oggi condannate dalla cultura industriale e da stili di vita poco sostenibili.

L'ecopedagogia non è il fine ultimo, ma il mezzo attraverso il quale è possibile un'alfabetizzazione ecologica

che vede l'uomo non come dominatore della Terra e della natura, ma come custode delle sue bellezze,

delle sue risorse e delle forme di vita che in essa vi abitano.

Non stupisce, quindi, che piano d'azione dell'ecopedagogia è, essenzialmente, la quotidianità e il reale:

attraverso un approccio multidisciplinare che attiva tutti i sensi, la vicinanza all'ambito quotidiano fa

dell'ecopedagogia un apprendimento concreto che, in accordo con la Carta della Terra dei Popoli, riscopre

l'importanza dell'etica ambientale.

Allo stesso tempo scopo e strumento, l’ecopedagogia è cittadinanza responsabile e modo per educare le

nuove generazioni (e non solo) ad abitare la Terra valorizzando e non distruggendo i beni in essa contenuti.

In altri termini, quindi, si può dire che l’ecopedagogia mette al centro la Terra invece dell’Uomo.

Prima di concludere questa pagina non si può fare a meno di riportare alla memoria quello che facevano

quasi quotidianamente alcuni “grandi” della pedagogia italiana : a Barbiana già si leggeva il giornale e da

ciò venivano tratti spunti per capire il Mondo ; nella scuola di Mario Lodi si faceva molta classificazione

degli esseri viventi e c’era un sistema rudimentale di database costituito da scatole suddivise in cartelle;

una di queste era denominata “storia della Terra e degli uomini “. La scatola era come un libro, la cartella

come un capitolo.

Forse in un nuovo progetto di “scuola ecologica” non si potrà prescindere da momenti di osservazione e

da vere ricerche condotte il più possibile dai ragazzi stessi.

6) PUO’ ESSERCI UN CURRICOLO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE ?

L’ipotesi curricolare in passato ha sempre avuto le caratteristiche di un approccio organico alle tematiche

oggetto di studio, un approccio visto soprattutto dalla parte di chi apprende ; negli anni, tale dimensione

si è un po’ affievolita, sono emerse altre modalità di programmazione , forse più adatte alla scuola

attuale. L’educazione ambientale in prospettiva ecologica sicuramente potrebbe essere sviluppata partendo

da un’idea di curricolo multidisciplinare e pluriennale, con un ‘ipotesi di sviluppo dal facile al difficile

e dal vicino al lontano.

Una delle maggiori difficoltà per agire in questo senso è però che oggi ci troviamo di fronte, sin dalle

prime classi, ad un’ipotesi formativa troppo segmentata in discipline e materie e peraltro poco “culturale”

; si parla sempre di storia, geografia, scienze spesso affidate a docenti diversi e a volte contrapposte

nei contenuti e nei metodi proposti.

Più si sale nel percorso formativo e più tali divaricazioni aumentano ; va poi aggiunto che anche la parte

di lavoro dedicata allo sviluppo di percorsi di nuova cittadinanza è molto complessa e innovativa e tale

da rimanere spesso tralasciata a seguito anche delle varie contingenze che via via si susseguono nell’attività

scolastica.

Da sempre è stato difficile assegnare a un docente o a più docenti che operano in sintonia e collegamento

tematiche di tipo educativo anche più semplici di questa che dovrebbe comunque avere un numero di ore

prestabilito e concordato nell’anno scolastico. Per spiegarsi meglio, lo specifico curricolo a chi dovrebbe

essere assegnato : al docente di scienze ? A quello di geografia ? Ad un altro che sente particolarmente la

tematica ?

Più ragionevole e semplice forse aprire nel PTOF una pagina dedicata a queste tematiche con indicazione

di alcune attività significative da svolgersi in maniera diffusa e omogenea , dopo aver considerato il contesto

in cui è collocata la scuola, nell’arco di tutto il percorso formativo ; negli istituti comprensivi , per

esempio, l’arco temporale da considerare dovrebbe essere quello degli undici anni, un tempo molto lungo

in cui avviene la maturazione verso la prima adolescenza.

Essendo presente nel PTOF l’itinerario formativo delineato e fatto proprio dagli Organi Collegiali assume-

rebbe maggior dignità , visibilità e impegno, anche verso le famiglie e la comunità locale.

Punto di partenza per realizzare quest’ipotesi dovrebbe essere il far propri gli spunti contenuti nella la

Carta della Terra e dei Popoli pubblicata nell’anno 2000 e facilmente consultabile sul web ; la Carta

mette al primo punto i seguenti principi :

PRINCIPI

I. RISPETTO E CURA PER LA COMUNITÀ DELLA VITA

1. Rispettare la Terra e la vita, in tutta la sua diversità

a. Riconoscere che tutti gli esseri viventi sono interdipendenti e che ogni forma di vita ha

valore, indipendentemente dalla sua utilità per gli esseri umani.

b. Affermare la fede nell'intrinseca dignità di tutti gli esseri umani e nel potenziale intellettuale,

artistico, etico e spirituale dell’umanità.

2. Prendersi cura della comunità vivente con comprensione, compassione e amore

a. Accettare che al diritto di possedere, gestire e utilizzare le risorse naturali si accompagna il

dovere di prevenire danni all'ambiente e di tutelare i diritti dei popoli.

b. Affermare che con l'aumento della libertà, della conoscenza e del potere cresce anche la

responsabilità di promuovere il bene comune.

3. Costruire società democratiche che siano giuste, partecipative, sostenibili e pacifiche

a. Assicurare che le comunità a ogni livello garantiscano i diritti umani e le libertà

fondamentali e forniscano a tutti l'opportunità di realizzare appieno il proprio potenziale.

b. Promuovere la giustizia sociale ed economica, per permettere a tutti di raggiungere

uno standard di vita sicuro e dignitoso, che sia ecologicamente responsabile.

4. Tutelare i doni e la bellezza della Terra per le generazioni presenti e future

a. Riconoscere che la libertà di azione di ciascuna generazione è condizionata dalle

esigenze delle generazioni future.

b. Trasmettere alle generazioni future valori, tradizioni e istituzioni capaci di sostenere

la prosperità a lungo termine delle comunità umane ed ecologiche della Terra.

Imprescindibile quindi la conoscenza “vera” del territorio e della comunità in cui la scuola è

posta, individuando con puntualità i suoi punti di “forza” e le criticità esistenti :solo in questo

modo, lavorando sul concreto, si coltiverebbe una nuova idea di cittadinanza proiettata nel

futuro e unita allo sviluppo reale di competenze nelle aree principali del sapere.

A questo punto era previsto il contributo di Valerio Sanguineti ; doveva raccontare quanto sta sperimentando

in modo laboratoriale circa interventi di semina e gestione della crescita in agricoltura con

uso del robot ; un percorso molto innovativo e adatto agli studenti degli Istituti Superiori. Purtroppo,

per problemi di lavoro, non ha potuto inviare il suo lavoro . Il testo verrà quindi pubblicato nel prossimo

numero della N. Letter.

7- IL RUOLO DELLE TECNOLOGIE IN MERITO;

8- BIBLIOGRAFIA MINIMA

SECONDA PARTE

La bibliografia in merito è veramente sconfinata ; è stato quindi molto difficile scegliere

alcuni testi veramente significativi e utili per approfondire sia le problematiche ambientali

che quelle più strettamente pedagogiche , eccoli :

>> Frabboni F., “L’ambiente come laboratorio – quando il territorio si fa aula didattica” , EIT,

1989;

>> Lagomarsini S. ,“Coltivare e costruire. Per un’ecologia senza miti” , LEF, 2018;

>> Mercalli L., “Non c’è più tempo “, Einaudi, 2018;

>> Papa Francesco, “Laudato sì”, 2015 . Questa enciclica è stata pubblicata in varie edizioni, sia

con commento che senza;

>> Petrini C., “Buono, pulito e giusto” , Einaudi, 2005;

>> Petrini C. ,“terrafutura – dialoghi con Papa Francesco sull’ecologia integrale”, Giunti, 2020.

>> Bianchi E., “Ogni cosa alla sua stagione”, Einaudi,2010

>> Piketti T., “Il capitale nel XXI secolo “, Bompiani, 2014

All’ itinerario di ricerca sui libri si può aggiungere anche un percorso sul web. Tra i tanti

segnaliamo i seguenti siti tematici :

>> www.ecopedagogia.it;

>> www.lagricultura.it;

>> www.montessorinet.it;

>> www.slowfood.it

9) INTERVISTA A….

Abbiamo fatto alcune domande ad Ainino Cabona “nativo” del nostro territorio e particolarmente appassionato

ed esperto di queste tematiche ; Ainino Cabona, pensionato, è stato dirigente scolastico fino al

2008 dell’Istituto Superiore “Natta – Deambrosis” e della Scuola Media di Sestri Levante (GE). Prima era

stato dirigente del CIDI e collaboratore della Direzione Scolastica Regionale a Genova.

Laureato in Chimica all’Università di Genova, fin da docente e per tutta la carriera nella scuola si è occupato

di ambiente e di educazione ambientale. Ora è titolato Operatore Tutela Ambiente Montano CAI

Liguria e coltiva piante da frutto antiche.

D. Quale ruolo propulsivo può avere la Scuola riguardo agli interventi su ambiente e clima?

R. il ruolo della scuola è importante quanto quello delle Istituzioni politiche. Infatti, poiché prepara le

nuove generazioni, una corretta conoscenza dell’ambiente è il presupposto per decisioni consapevoli e

partecipate. Ovviamente questo vale per le scuole nelle società aperte e democratiche che per fortuna

nel mondo sono numerose. Naturalmente per fare ciò occorre un approccio pedagogicamente corretto. Il

metodo è un approccio positivo all’ambiente evitando il catastrofismo e l’educazione attraverso la paura.

E’ necessario avere e dare fiducia nelle capacità dell’uomo di governare i processi, compresi quelli estremi

come i cambiamenti climatici anche attraverso la scienza e la tecnologia.

D. Quali problemi vanno risolti per migliorare l’efficacia di quanto fatto a scuola?

R. Per fortuna ora non si parla più dell’ora di Educazione Ambientale, mentre la recente istituzione

dell’Educazione alla Cittadinanza può offrire spunti utili. L’Educazione Ambientale, l’Educazione allo

Sviluppo Sostenibile, l’Ecologia come nel tempo è stata chiamata l’Educazione all’Ambiente è più efficace

se è sviluppata nelle discipline scolastiche. Comunque la parola “educazione” mi piace perché richiama

la finalità della scuola. Occorre sviluppare tali concetti dalla scuola dell’infanzia alle superiori adattandola

alle diverse età e alle fasi dello sviluppo degli studenti. Rivedere le discipline alla luce dell’Educazione

Ambientale. Rafforzare lo studio della Geografia delle Scienze e dell’‘Economia e della Tecnologia.

Formare e aggiornare i docenti su tutti gli argomenti ambientali.

D. Ricordi progetti ed esperienze significative in quest’ambito?

R. Sul versante formazione e aggiornamento docenti sono stati fatti molti interventi, anche grazie

all’azione di varie associazioni. Tuttavia è mancata una visione di insieme e un piano nazionale specifico.

Sul versante attività nelle scuole molti sono stati i progetti. Dei più significativi nel Tigullio ricordo

questi:

- l’Istituto “Deambrosis-Natta” di Sestri Levante ha gestito dal 2003 al 2006 il progetto europeo “A scuola

di SIC” studiando e visitando i 28 siti di Interesse Comunitario (SIC) della Liguria. Nel 2006 il lavoro si è

finito con una pubblicazione. Al progetto hanno partecipato 25 scuole dall’infanzia alle superiori di tutto

il territorio regionale. Il progetto si è svolto con la collaborazione di diversi enti tra cui Regione Liguria e

ha approfondito il tema della “Rete Natura 2000”, riguardante gli aspetti naturalistici rilevanti del territorio

regionale.

- Negli anni scolastici dal 2004 al 2008 l’Istituto “Deambrosis-Natta” con l’Area Marina Protetta di Portofino

e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha realizzato un progetto “Il mare

a scuola” con attività per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado. Il progetto è terminato

con la stampa di tre libretti di materiali didattici per i tre livelli di scuola.

- Nel 2016 promosso dal CAI di Chiavari, dal CNR, dalla Rete scolastica “Carlo Merani” del Tigullio

nell’ambito del terzo convegno mondiale sui terrazzamenti è stato promosso un concorso sul tema “I

terrazzamenti nel Tigullio. Storia, ambiente e rischio idrogeologico”.

Il concorso è stato rivolto alle scuole dell’infanzia, primaria, medie e superiori con una mostra finale dei

lavori e con partecipazione di classe. Molti lavori sono stati presentati nella mostra con una resa grafica

e di modelli notevole.

- Nel 2018 l’istituto “Natta-Deambrosis” ha concluso un progetto PON su “Potenziamento dell’educazione

al patrimonio culturale, artistico e paesaggistico” con la collaborazione del Musel di Sestri Levante,

insieme agli Istituti Comprensivi “De Andrè” di Casarza Ligure e di Sestri Levante .

Ritengo che tutte le scuole del Tigullio e Golfo Paradiso sviluppino attività di Educazione Ambientale,

anche come prosecuzione delle esperienze precedenti. L’ impulso degli Enti parco e Aree Marine Protette,

del Ministero dell’Istruzione e di altri Istituzioni, Enti e Associazioni è fondamentale.

D Qui nel nostro territorio cosa dovrebbero sapere in merito i ragazzi al termine del percorso

formativo?

R. E’ ancora valido lo slogan “Pensare globalmente, agire localmente”. Perciò anche per gli studenti del

Tigullio vale una preparazione la più ampia possibile sui problemi globali come cambiamenti climatici,

desertificazione, inquinamento. Insieme con questi dovrebbero conoscere i problemi locali come il dissesto

idrogeologico, le polveri sottili, l’inquinamento delle falde di acque potabili, l’inquinamento del mare.

Inoltre dovrebbero saper trasferire le conoscenze nel nostro ambiente: saper costruire muretti (L’arte di

costruire muretti è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco), coltivare piante, allevare animali. Il tutto

nella dimensione della scuola che deve circoscrivere gli obiettivi da raggiungere. Inoltre dovrebbero

conoscere il paesaggio particolarmente vario e interessante in Liguria che è Tutelato dall’art. 9 della

Costituzione.

Conclusioni

Mi permetto di fare una modesta proposta. La rivista online Pedagogia 2020 potrebbe promuovere un

censimento delle esperienze di EA nel Tigullio.

Grazie Ainino per i preziosi suggerimenti e buon lavoro !

SOSTENERE E NON PRETENDERE

(A CURA DI ELISA CRISTINI)

TERZA PARTE

Cari lettori,

in questa rubrica ho il desiderio di condividere uno stile educativo basato sull’accompagnare i nostri

alunni sostenendoli nel loro percorso di crescita, senza imporre, spingere, forzare il cambiamento

ritenuto opportuno. Spesso, come insegnanti, osserviamo atteggiamenti, situazioni, difficoltà nel

vissuto dei bambini che partecipano alla vita scolastica e grazie alle competenze acquisite, organizziamo

interventi per produrre un miglioramento della situazione.

Partendo dal principio che questo è il nostro ruolo educativo e didattico e che sia doveroso organizzare

interventi efficaci e funzionali, che scaturiscano da letture competenti delle situazioni osservate,

credo fortemente essenziale una competenza del docente nel saper attendere e sostenere il processo

di crescita dell’alunno.

Capita a volte che alcune strategie d’intervento mosse da nostre aspettative e desideri di cambiamento

vadano nella direzione di: “spingere”, “forzare” il processo di acquisizione, mentre credo necessario

in primo luogo, sostenere con capacità di attesa e lentezza l’alunno nella sua specificità. Molte

ricerche sostengono quanto sia fondamentale permettere al bambino di acquisire le capacità rispettando

il proprio tempo di crescita, le spinte più efficaci dell’operare sono interne al soggetto. Inoltre

credo sia necessario per noi insegnanti riflettere su quanto siamo disposti a cambiare, a metterci in

discussione, a crescere ed imparare dalla relazione instaurata con l’alunno. A volte c’è il rischio di

pretendere di sapere cosa è giusto per l’altro, questo non rende libera la persona di crescere trovando

in sé le proprie risorse.

Desidero condividere con voi un’esperienza vissuta che racconta il senso dello stile educativo e che è

nato da un incontro speciale con una bimba della scuola dell’infanzia. La bimba che frequentava il

primo anno di scuola dell’infanzia, ultima di molti fratelli, ad un certo punto ha smesso di parlare solo

all’interno della scuola. Appena varcava l’ingresso non proferiva più parola, neanche con la mamma

che la accompagnava quotidianamente. Questa situazione si era protratta per alcuni mesi e le insegnanti

preoccupate mi avevano chiesto, come referente di sostegno, di svolgere alcune osservazioni.

Un pomeriggio, dopo alcuni giorni di osservazione, decisi di dedicare un tempo lungo di partecipazione

alla vita scolastica. Le insegnanti nel tempo precedente, avevano cercato di coinvolgere l’alunna

attraverso giochi strutturati, responsabilità, consegne speciali, attività mirate alla produzione linguistica,

ma tutto questo sembrava non portare ad un cambiamento.

Quel pomeriggio ebbi l’intuizione che non era la bimba che doveva sforzarsi a parlare, ma che ero io a

dover trovare un modo per comunicare rispettando il suo limite. Iniziai a disegnare vicino a lei e solo

dopo un lungo tempo di silenzio, anche ad interagire dialogando sul disegno effettuato. Avevo chiaro

che la mia comunicazione non doveva mirare allo spingere la bambina a rispondermi, ma le racconta

10-

12- CAMPO BASE ( A CURA DI LUCA PANI)

vo del disegno che ognuna di noi stata effettuando. Il tempo passava e la bambina era sempre più

coinvolta nel lavoro che stavamo producendo, osservavo il suo piacere nel disegnare insieme, tanto

che ad un certo punto mi disse avvicinandosi al mio orecchio, sotto voce, quale personaggio stava

disegnando. Mi emoziono ancora nel raccontare questa esperienza e le maestre che seguivano con

silenzio e pazienza il momento, avevano gli occhi lucidi nell’ascoltare le parole della bimba.

Con pazienza la bimba ha ripreso a comunicare con grandi e piccini anche all’interno della scuola,

forse era una difficoltà non ancora radicata e aver trovato un modo per sostenere il momento vissuto

ha reso possibile il cambiamento. Questa esperienza mi ha insegnato quanto sia fondamentale sostenere

il processo di crescita dei nostri alunni, attendendo con pazienza e gentilezza.

Elisa Cristini

IL MONDO...LA MIA CASA

Da qualche giorno ritornano nella mia mente alcune immagini che mi hanno colpito non poco a proposito

della plastica e spazzatura accumulata nei pressi del Campo Base dell’Everest nel maggio del 2018. In

buona parte residui lasciati da alpinisti incivili. Mai come in questo articolo che mi presto a scrivere risuona

forte il titolo che ho scelto per questa rubrica: “Campo Base”. Una montagna di spazzatura, (bottiglie di

plastica, bombole di ossigeno vuote, lattine, attrezzature alpinistiche e altro) è triste dirlo, ma da tempo

l’Everest ha perso il suo fascino di montagna immacolata e, soprattutto a causa delle spedizioni commerciali,

oggi è sempre più ricoperta di rifiuti umani. Nell’Aprile del 2018, riporta il Global Times, la Cina in un

tentativo di pulizia ha recuperato 8,5 tonnellate di rifiuti presso il Campo Base. Una buona notizia è che

anche il governo nepalese ha lanciato una campagna di pulizia sul versante dell’Everest il 14 Aprile 2019 e

che in poco più di una settimana ha ottenuto degli ottimi risultati per tentare di ridurre l’inquinamento.

Uno scatto che non ci lascia indifferenti. Documenta con rara schiettezza la condizione dei nostri oceani.

Uno scatto che ci sprona a “darci una mossa”, a non perdere tempo, ad accettare l’idea che il mondo è la

nostra casa, e ne dobbiamo avere estrema cura.

Nel docu-film del 2016 “A Plastic Ocean” (visibile su Netflix) del giornalista australiano Craig Leason, a

proposito della plastica si dice: “la plastica è meravigliosa perché è durevole. La plastica è terribile perché

è durevole”. Nel 2011 Craig parte alla ricerca della balenottera azzurra al largo dello Sri Lanka, un luogo

che ha la fama di essere incontaminato. Eppure, persino tra quelle acque, il giornalista si imbatte in rifiuti

di plastica, una vera e propria piaga che ha devastato l’ecosistema del nostro pianeta. Le balenottere,

questi enormi mammiferi spalancano la bocca, inghiottendo l’acqua, per trattenere i krill e i pesci minuscoli.

Così facendo inghiottono tonnellate di plastica. Le plastiche più pericolose nell’oceano sono le cosiddette

“lacrime di sirena”: le microplastiche, così piccole da risultare impercettibili ad occhio umano e per

questo facilmente ingeribili dalla fauna marina e poi dall’uomo.

Documentare è il primo passo, ma non basta, occorre agire, mettere in atto nuovi stili di vita per salvare

il mondo e chi lo abita. Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato sii”, dopo aver analizzato la situazione in

cui ci troviamo (inquinamento e cambiamento climatico, la questione dell’acqua, la perdita di biodiversità,

il degrado sociale etc..) chiede a tutti gli esseri umani, credenti e non credenti una conversione, un

cambiamento, una cura del mondo che non può più attendere.

Il mondo è in pericolo. Non possiamo nasconderlo né a noi né ad altri. Un primo passo importante, che si

può tradurre anche in una proposta di progetto educativo - ambientale, per giungere insieme ad una soluzione,

è documentare attraverso la fotografia, la ripresa video, la scrittura di articoli di cronaca, le conseguenze

dell’inquinamento negli ambienti naturali e nei contesti in cui viviamo. L’attività di documentazione,

in tutte le sue forme, apre gli occhi sulla cruda realtà, ma ci stimola non poco a mettere in atto tutte le

soluzioni possibili per recuperare tempo perso. Tra gli scatti fotografici finalisti del Wildlife Photographer

of the Year 2017, prestigioso concorso che raccoglie e seleziona il meglio della fotografia naturalistica a

livello mondiale, c'è anche "Sewage Surfer", lo scatto di Justin Hoffman che ritrae un cavalluccio marino

intento a trascinare un cotton fioc rosa. La foto, realizzata in Indonesia, è diventata il simbolo del "mare

di plastica" che invade e inquina le nostre acque.Tra gli scatti fotografici finalisti del Wildlife Photographer

of the Year 2017, prestigioso concorso che raccoglie e seleziona il meglio della fotografia naturalistica

a livello mondiale, c'è anche "Sewage Surfer", lo scatto di Justin Hoffman che ritrae un cavalluccio

marino intento a trascinare un cotton fioc rosa. La foto, realizzata in Indonesia, è diventata il simbolo del

"mare di plastica" che invade e inquina le nostre acque.

Concludo con questa citazione di San Francesco, che sintetizza magistralmente l’invito alla “conversione”

che ci chiede il Pontefice nella sua Enciclica e che il Creato attende da noi:

“Cominciate col fare ciò che è necessario,

poi ciò che è possibile,

e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.”

Luca Pani

12-

(A CURA DI M.T. ALBERTI)

Autore: Jean Giono

Editore: Salani - Glisrici

È la storia di un pastore che ostinatamente e senza

tornaconto personale pianta querce in una landa

desolata.

È l'uomo che si riconcilia con la natura e l' aiuta a rinascere.

Il messaggio che arriva è profondo e ha per protagonista

l' albero, gli alberi e le loro esistenze;

i semi posti nella terra, che è la loro culla , i giovani

alberi che si nutrono delle sostanze che la natura

stessa gli fornisce, i rami protesi verso la luce, le foglie

e i frutti che regalano un impatto di colori e forme e già

il nostro cuore ammirandoli batte forte nel godimento,

nella bellezza.

Ma ogni albero è molto di più, trasmette il senso profondo

della vita e quando la sua finisce il suo disfacimento

è fonte per altri esseri viventi; il ricordo di lui, di

ciò che è stato è nostalgia pura.

Potremmo rifletterci negli alberi.

In questo nostro tempo in cui l' incuria e il saccheggio

del pianeta sono evidenti questa storia realmente accaduta

può toccarci il cuore e la mente e la nostra risposta

potrebbe realizzarsi in operosità consapevole e

reattiva.

Questo libro è un autentico gioiello di semplicità,

saggezza e speranza.

Titolo: " L'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI"

Se c’è una persona che ha a cuore l’ambiente più di ogni altra cosa,quella è Greta Thunberg,la

giovane attivista svedese di cui ho selezionato due delle sue frasi più belle e significative in difesa del

Pianeta:

13- UNA FRASE IN DONO ( a cura di G. Parrucci)

“ Non è necessario

andare in un luogo

preciso per protestare

contro il cambiamento

climatico,perché il

problema è ovunque”.

“ Se non troviamo

soluzioni nell’attuale

modello di sviluppo,

significa che dobbiamo

cambiarlo”.

14- Conclusioni

Non è facile tirare le fila di quanto scritto in questo numero ; nelle pagine precedenti il quadro presentato

è molto ampio e ricco di spunti e problematiche.

Partiamo da alcune riflessioni di carattere generale, diremmo più sociologiche, per calarci poi nel

mondo della formazione.

Il primo dato da tener presente, sottolineato più volte dagli esperti, è che “non c’è tempo da perdere

per salvare il Pianeta”; si pensa che una data “simbolo” sia il 2050, cioè dopodomani : un messaggio

molto forte, difficile da recepire dalla scuola che lavora su tempi medio-lunghi.

Questa prospettiva mette a dura prova soprattutto la nostra generazione, “accusata” di essere stata

incapace di consegnare ai giovani sia un mondo migliore che gli strumenti materiali e culturali per

affrontare il futuro. I millenials, tra l’altro, per la prima volta, dopo tanto tempo, si troveranno ad avere

a disposizione risorse economiche inferiori rispetto a chi è vissuto prima. Tutte le previsioni dicono che

aumenterà la povertà, si ridurranno gli stipendi, si diffonderà il precariato, caleranno le nascite.

Ecco quindi , per esempio, cosa potrebbe succedere in un istituto :

- DA SUBITO :

fin dalle prime classi lanciare concretamente la prospettiva di una nuova cittadinanza green , pensando

ad azioni e comportamenti quotidiani da diffondere sistematicamente anche nelle famiglie e nella

comunità locale : risparmiare risorse (carta, plastica, acqua,..) evitare sprechi ( di cibo, energia,

carburante…) privilegiare gli spostamenti con mezzi ecologici….. ; l’idea di nuova cittadinanza “planetaria”

è molto aggregante e concreta, può sostituire termini e obiettivi fumosi come favorire la socializzazione,

educare allo stare insieme, ridurre l’emarginazione…..

Sui muri delle scuole e delle classi , nei PTOF e nei siti WEB dovrebbero quindi essere esplicitate chiaramente

le azioni che la scuola sta sperimentando ogni giorno per difendere il Pianeta.

- IN ATTESA DI AVERE UN CURRICOLO DI EDUCAZIONE “GREEN” :

fare un patto a livello di Collegio Docenti indicando i livelli minimi di attività che dovrebbero essere

fatte in tutte le classi e sezioni, partendo dalla Scuola dell’Infanzia ; abbiamo pensato che tutti , in un

anno, sempre per esempio, dovrebbero avere “diritto” almeno a :

>> Un’esperienza di semina, coltivazione e raccolto;

>> Un’uscita sul territorio basata su fasi di osservazione guidata;

>> L’analisi di un problema ecologico presente vicino alla scuola;

>> L’effettuazione di un esperimento scientifico eseguito correttamente sul piano metodologico;

>> La visita ad un museo.

I docenti, a livello di dipartimento, devono anche chiarire cosa si intende per conoscenza precisa del

territorio;… i ragazzi, al termine del percorso formativo, cosa dovrebbero saper individuare ? I confini

? I punti più importanti ? I monti? I fiumi ? I problemi e i rischi presenti ? I progetti più significativi di

intervento ? Hanno i ragazzi anche un’idea dello sviluppo storico della comunità locale ?

Per dare ancora più concretezza e motivazione, ai ragazzi più grandi, dopo precise fasi di verifica,

potrebbe essere data la patente di “Guida del territorio”, da inserire nel Portfolio e spendibile in collaborazione

con associazioni ambientali varie..

Per dar corso ai progetti ritenuti più validi e concreti i Dirigenti Scolastici e i docenti dovrebbero preliminarmente

procedere a : - individuare i docenti più motivati, - verificare le competenze presenti

(spesso gli insegnanti al di là dei loro titoli ufficiali, hanno altre competenze acquisite fuori dai percorsi

tradizionali di studio) , - stabilire “chi deve fare che cosa”, - formare un gruppo incaricato di redigere

, progressivamente, il curricolo locale di educazione green.

Per adesso ci fermiamo qui ; torneremo ancora su questa tematica molto complessa, anche perché

alcuni lettori ci hanno già mandato riflessioni e proposte varie di prosecuzione dei lavori. Anticipiamo

solo che è allo studio una fase puntuale di censimento di beni, problemi e progetti.