"L'Italia s'è desta" 

le contraddizioni del 

Liceo del Made in Italy



Di Andrea Poggiali


Allo scadere dell’anno 2023 il Parlamento ha approvato la Legge 206 “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy” che all’Articolo 18 istituisce l’omonimo Liceo. La prima anomalia che si può riscontrare nella proposta di istituzione del nuovo indirizzo, a mio parere, sta nel contesto in cui viene presentata, cioè all’interno di un dispositivo legislativo più generale sulla valorizzazione del Made in Italy che ha come finalità generale:“[...] valorizzare e promuovere, in Italia e all’estero, le produzioni di eccellenza, il patrimonio culturale e le radici culturali nazionali, quali fattori da preservare e tramandare non solo a fini identitari, ma anche per la crescita dell’economia nazionale nell’ambito e in coerenza con le regole del mercato interno dell’Unione europea” (Art.1).

Il fatto che il Governo voglia perentoriamente imporre tale indirizzo come liceo risulta cozzare in maniera eclatante con le finalità generali dell’ordine liceale. Il termine Liceo risale alla scuola fondata da Aristotele in Atene nel 335 A.C. che aveva come scopo la conoscenza disinteressata di tutte le scienze teoretiche, pratiche e poietiche. Studi liberali, cioè liberi, non asserviti a logiche commerciali. Anche nella definizione moderna si ritrova quel principio, infatti, essi “forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”. (Miur.it- I licei).


La proposta forzata

 

Molti sono i motivi per giudicare il nuovo indirizzo del tutto privo dei requisiti necessari per essere annoverato tra i licei e molti per rifiutarlo come proposta educativa tout court. Tanti, da essere in imbarazzo su quale prendere in considerazione per primo. Iniziamo dagli aspetti tecnici e procedurali. La proposta è stata forzatamente accelerata per prendere il via l’anno scolastico prossimo. Ciò comporta che le scuole, in questo caso quelle che hanno al proprio interno un LES (Liceo Economico Sociale), che già hanno elaborato e diffuso i propri PTOF dovrebbero rivederli in corso d’opera a iscrizioni già aperte. Inoltre il disegno complessivo di questo nuovo percorso non esiste ancora. È stato pubblicato il piano orario del primo biennio, ma quello dei successivi anni no. Seguiranno entro novanta giorni le linee guida. Mi chiedo come si possa, ancorché non pregiudizialmente orientati, decidere di iscrivere la propria figlia o il proprio figlio ad un percorso scolastico così fumoso: forse solamente sulla fiducia? Trascuro altri problemi tecnici come la mancanza si classi di concorso definite e certe per le nuove materie che l’indirizzo propone o cosa fare dei docenti appartenenti a classi di concorso non previste nell’indirizzo come ad esempio Scienze Umane. I licei che hanno un LES in ordinamento sono stati chiamati a richiedere le sezioni Made in Italy sotto la minaccia della decadenza del liceo Economico Sociale che, secondo il decreto andrebbe ad esaurirsi nonostante sia l’indirizzo più recentemente istituito ed abbia un ottimo riscontro in termini di gradimento e di iscritti, non solo sul nostro territorio. Queste considerazioni sono già sufficienti per mostrare quanto ideologica e disorganica sia la proposta.

Il liceo che non è un liceo

 

Spostando il focus sulle questioni di merito si può tranquillamente affermare che il liceo del Made in Italy, come già evidenziato nelle finalità, contraddice il suo nome, cioè non è affatto un liceo. Il giudizio che do non nasce da un’elitaria e spocchiosa presunta superiorità di quell’ordine, io stesso provengo da un Istituto Tecnico, ma da considerazioni oggettive sull’impianto epistemologico del sistema scolastico.  Le finalità dei licei sono molte, alcune di queste si rintracciano anche nelle poche righe relative alla presentazione del nuovo indirizzo (L 206/23, Art.18, commi 2a e 2c). Viene compromessa però la principale finalità, quella che le comprende tutte e distingue l’ordine liceale dagli altri: l’acquisizione sistematica dello spirito critico. 



Per formare tale habitus è necessario avere uno sguardo libero e non pregiudiziale sulla realtà non solo nelle discipline generali come Italiano, Lingue straniere e STEM, ma anche in quelle di indirizzo come Diritto ed Economia politica. Invece il Liceo del Made in Italy si fa strumento di promozione, infatti al Comma b) dell’Art.18, definisce tra gli obiettivi: “sviluppare negli studenti, sulla base della conoscenza dei significati, dei metodi e delle categorie interpretative che caratterizzano le scienze economiche e giuridiche, competenze imprenditoriali idonee alla promozione e alla valorizzazione degli specifici settori produttivi del made in Italy”; obiettivo che palesemente contraddice il presupposto stesso del liceo e la sua epistemologia. Non ci può essere un punto di partenza così ideologico che limita la portata della libera ricerca e del libero insegnamento garantiti dalla Costituzione “Made in Italy” all’Art. 33. Un impianto come quello proposto non è certo liceale. Richiedere la nuova opzione per i licei rappresenta inoltre un rischio, il nuovo indirizzo potrebbe essere un “cavallo di Troia” per smantellare il presupposto stesso della licealità. Se oggi si deve promuovere il Made in Italy perché è bene e la “promozione” diventa un obiettivo liceale, domani cosa si dovrà promuovere? A riprova di questo si trovano nello stesso Art.18 comma 2 alle lettere f) e g) due ulteriori elementi che sono in contrasto con la prospettiva liceale: il legame tra il percorso secondario superiore e gli ITS, e il concetto di “apprendistato” che trasforma i PCTO polarizzando gli obiettivi sulle aziende piuttosto che sulla formazione. Per quanto riguarda il primo punto, ricordo che gli Istituti Tecnici Superiori sono stati istituiti per dare un profilo specialistico alla formazione tecnica, non a quella liceale, riguardo al secondo, lettera g) si tratta di una forzatura dell’esistente. In questo momento l’ex Alternanza scuola-lavoro favorisce l’acquisizione di conoscenze e competenze in rapporto con il territorio funzionali, almeno in teoria, alle finalità e agli obiettivi del liceo, nella nuova versione sembra che il focus si sposti sull’azienda. Infatti viene istituita e incentivata (inizialmente con un milione di euro) una fondazione con lo scopo di promuovere le aziende Made in Italy nei Licei.


Lo spirito critico

 

Ogni periodo storico è caratterizzato da un proprio paradigma economico e culturale. La legge Gentile, ad esempio, approvata giusto cento anni prima dell’attuale 206/23, nasceva sotto il segno del neoidealismo ed era funzionale al fascismo insediatosi l’anno precedente e ad una società elitaria e gerarchizzata avendo come scopo la selezione della classe dirigente. Allora era sufficiente una ristretta élite per far funzionare uno Stato monarchico e tradizionalista, in cui il settore agricolo era ancora preponderante. Il Liceo Classico era il vertice indiscusso della piramide culturale, la scuola più completa e formativa. Il sistema scolastico invitava all’obbedienza, a conformarsi al movimento dello Spirito che si incarnava nelle discipline di studio e, per trasposizione, nel docente. In Italia è la scuola che nasce dalle sperimentazioni degli anni Sessanta che riconosce lo spirito critico come vero obiettivo didattico. È la scuola che dà piena attuazione alla Costituzione, quella che si ispira ai principi espressi da Don Milani[1], da Paulo Freire[2], da John Dewey[3] e da Lamberto Borghi. Quest’ultimo, ad esempio, definiva la scuola come una “comunità di liberi dubitanti”. “Borghi dimostra come non possano esistere studio e cultura – sempre basati sulla ricerca, sull’approfondimento – senza il rifiuto dell’autoritarismo, senza l’abbandono della concezione di verità come dato assoluto e oggettivo”[4]. Questo spirito critico dovrebbe caratterizzare ogni indirizzo scolastico, soprattutto un liceo. La legge attuale di istituzione del Made in Italy risponde invece a criteri marcatamente consumistici e di protezionismo culturale, nega il valore dello spirito critico facendo della promozione di un modello economico la propria ragion d’essere.

Le richieste insistenti del MIM, attraverso la pressione gerarchica sui licei delle Scienze Umane che sono stati chiamati più vote a deliberare affermativamente l’apertura del nuovo indirizzo, anche quando avevano già espresso parere negativo, inducono a pensare che stia spirando un vento autoritario sulla scuola. Conforta che molti Collegi Docenti abbiano respinto la proposta salvaguardando la propria dignità e la propria autonomia.

  

[1] Milani, L., L’obbedienza non è più una virtù, Libreria Editrice Fiorentina, Fi

[2] Freire P., Pedagogia da autonomia, Paz e Terra, Sao Paulo, 2005

[3] Dewey J., Come pensiamo, Raffaello Cortina, Mi, 2019

[4] Fulghesu F., https://www.micromega.net/lamberto-borghi-una-scuola-libera-per-una-societa-nuova-e-migliore/