Merito:
una parola per adulti?
(di L. Delucchi)

Introduco la mia riflessione facendo un breve tuffo nel passato: nelle società feudali i posti di rilievo si occupavano per eredità familiari, nelle società “borghesi” trionfava l'uomo che aveva sviluppato le sue capacità con buoni risultati, veniva esaltato l'uomo che si era fatto da sé. Quando è stata introdotta la parola "merito" si voleva incoraggiare l'impegno personale e la fatica necessaria per raggiungere un certo risultato.

Nella scuola è invalso un uso improprio della parola "merito", le impostazioni più recenti e le Indicazioni Nazionali non parlano di merito per quanto riguarda la scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, si dice infatti che: "la scuola realizza a pieno la propria funzione pubblica impegnandosi per il successo scolastico di tutti gli studenti, con una particolare attenzione al sostegno di tutte le forme di diversità, di disabilità o di svantaggio. Le diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate evitando che la differenza si trasformi in disuguaglianza "(Ind.Naz.2012).

Se si vogliono raggiungere gli obiettivi della scuola pubblica la vita della comunità scolastica deve puntare sulla cooperazione e non sulla competizione. Nella cooperazione infatti le diversità sia dal punto di vista intellettivo che da quello comunicativo ed emotivo possono ricevere un incoraggiamento a produrre i migliori risultati per tutti. Mentre il merito è rivolto solo al risultato in attività individuali, nella cooperazione c'è la condivisione di tanti contributi diversi, "lavorano in squadra gli investigatori, i pubblicitari, i dirigenti di azienda, i redattori di giornali. La medicina chirurgica opera in equipe, le riprese di un film si fanno con una troupe, c'è un team negli sport più danarosi, anche gli insegnanti dovrebbero lavorare in team"(S. Lagomarsini “Ultimo banco” – LEF pag.74).

Se nella scuola il lavoro di gruppo coinvolge più discipline e più abilità ogni bambino/a ,ragazza/o potrà avere un campo dove esprimersi al meglio e tutti sentiranno come proprio il risultato complessivo raggiunto, ai "bravi" insegna la condivisione, ai "meno bravi" fa provare l'orgoglio di aver dato un contributo importante. Tutto questo si può vedere in un gioco di squadra o in una drammatizzazione/recita. Un uso scorretto e non adeguato all'età della parola "merito" porta all'esclusione e alla sottolineatura della disuguaglianza. Valgono sempre le parole del Priore di Barbiana: "non si possono fare parti uguali fra disuguali".